Il potere di autotutela soggiace alla più ampia valutazione discrezionale dell’amministrazione competente e non si esercita in base ad un’istanza di parte, avente al più portata meramente sollecitatoria e inidonea

Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 19 aprile 2018, n. 2380.

Il potere di autotutela soggiace alla più ampia valutazione discrezionale dell’amministrazione competente e non si esercita in base ad un’istanza di parte, avente al più portata meramente sollecitatoria e inidonea, come tale, ad imporre alcun obbligo giuridico di provvedere, con la conseguente inutilizzabilità del rimedio processuale previsto avverso il silenzio inadempimento della p.a.

Sentenza 19 aprile 2018, n. 2380
Data udienza 1 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2419 del 2017, proposto da:

Si. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Al. Ca., Ci. Si., domiciliato ex art. 25 Cod. proc. amm., presso la segreteria sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);

contro

Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Li. Fr. De Fa., domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, piazza (…);

nei confronti

ID. di Fi. An. & C. S.a.s. (mandataria) e S.M. S.r.l. (mandante), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, in proprio e quali società della costituita ATI, rappresentate e difese dall’avvocato An. Ab., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);

per la riforma della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. II, n. 5832/2016, resa tra le parti, concernente la declaratoria di illegittimità:

– del silenzio inadempimento formatosi sull’istanza proposta dalla ricorrente con nota inviata a mezzo pec in data 14/7/16, con la quale si diffidava il Comune di (omissis), in persona del Sindaco legale rappresentante pro-tempore e del Responsabile del relativo procedimento a provvedere a risolvere l’eventuale contratto in essere e revocare l’aggiudicazione di cui alla determinazione nr. 2 del 20/1/16 del servizio di refezione scolastica in favore dell’A.T.I. Id. Fo. s.r.l. – S.M. s.r.l. per difetto del requisito di regolarità fiscale previsto dall’art. 38 co. 2 lett. g) d.lgs. 163/06, nel termine di trenta giorni dalla sua ricezione;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e altri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2018 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Ca. e Gi. su delega di De Fa.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Rilevato che:

con la sentenza impugnata il Tar della Campania, sezione seconda, ha respinto il ricorso proposto dalla società Si. Srl, per la declaratoria di illegittimità del silenzio inadempimento serbato dal Comune di (omissis) sulla nota della ricorrente inviata a mezzo PEC in data 14 luglio 2016, con la quale si diffidava l’ente comunale, in persona del Sindaco legale rappresentante pro-tempore e del Responsabile del relativo procedimento, a provvedere a risolvere l’eventuale contratto in essere e revocare l’aggiudicazione di cui alla determinazione n. 2 del 20 gennaio 2016 del servizio di refezione scolastica in favore dell’A.T.I. Id. Fo. – S.M. per difetto del requisito di regolarità fiscale previsto dall’art. 38, comma 2, lett. g), d.lgs. n. 163 del 2006;

a fondamento della domanda, la ricorrente, seconda classificata nella gara per l’affidamento del servizio di cui sopra, aveva sostenuto l’obbligo di provvedere del Comune in ragione dell’accertamento della carenza in capo all’A.T.I. aggiudicataria del requisito della regolarità fiscale che sarebbe stato contenuto nella sentenza del Tar Campania n. 3356 del 6 luglio 2016, resa in un giudizio promosso dalla stessa A.T.I. contro il provvedimento di un altro Comune (omissis), di revoca dell’aggiudicazione di una gara analoga per l’esistenza del debito fiscale;

il Tribunale -dato atto della resistenza in giudizio dell’intimato Comune di (omissis) e della controinteressata A.T.I. fra le società Id. di Fi. An. & C. s.a.s. e S.M. s.r.l.- ha ritenuto l’insussistenza dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere su una richiesta di autotutela su un provvedimento non impugnato nei termini di legge, come da giurisprudenza della stessa sezione riprodotta nella motivazione (Tar Campania, Napoli, sez. II, 5 dicembre 2016, n. 5621);

la sentenza è stata impugnata dalla società Si. S.r.l., con due motivi;

il Comune di (omissis) e l’A.T.I. controinteressata, nonché in proprio le società mandante e mandataria, si sono costituiti per resistere al gravame;

all’esito della camera di consiglio del 1° marzo 2018 è stata riservata la decisione.

Considerato che:

col primo motivo (Error in iudicando- Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della l. 7.08.1990 n. 241 e s.m.i.-Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, co.1, lett. g) del d.lgs. 163/06 del 12/4/06. Violazione dell’art. 30 C.P.A. in relazione al considerando 122 dir. 2014/24/UE e alla Dir. Ricorsi 89/665/CEE, modificata con le direttive 92/13/CEE e 2007/66/CE), l’appellante contesta l’affermazione del giudice a quo circa l’insussistenza dell’obbligo di provvedere della p.a. sulla richiesta di autotutela perché la società istante avrebbe avuto l’onere di impugnare tempestivamente la delibera di aggiudicazione di cui alla determina 2 del 20 gennaio 2016 del Comune di (omissis);

a tale fine deduce, in punto di fatto, che le problematiche che hanno condotto all’istanza di autotutela per cui è causa sarebbero emerse solo in epoca successiva; che, in particolare, la carenza del requisito di regolarità fiscale sarebbe emersa in una fase di verifica amministrativa successiva all’aggiudicazione definitiva ed avrebbe dovuto portare all’esclusione d’ufficio dalla gara (come accaduto nei confronti della stessa A.T.I. aggiudicataria da parte di altri due Comuni, il Comune di Arzano ed il Comune di Casavatore); che, con sentenza del Tar Campania n. 3356 del 6 luglio 2016, si era dichiarata la legittimità della revoca disposta da questo secondo Comune e si era accertato il mancato possesso del requisito di regolarità fiscale in capo alla S.M. s.r.l.; che comunque il momento in cui si era avuta la conoscenza della situazione di irregolarità fiscale dell’aggiudicataria da parte della ricorrente era successivo all’inoppugnabilità dell’aggiudicazione definitiva;

osserva, quindi, in diritto che la “lettura tradizionale dell’azione sul silenzio inadempimento”, seguita dal primo giudice, avrebbe il limite di escludere dall’ambito della tutela giurisdizionale amministrativa la fase di esecuzione dell’appalto, affidata in tal modo solo alla vigilanza delle autorità indipendenti quali l’ANAC o dell’autorità giudiziaria contabile o penale, senza alcuna possibilità di intervento del giudice amministrativo; che questa opzione interpretativa sarebbe in contrasto con le norme di rango comunitario relative alla materia in questione indicate nella rubrica del motivo, soprattutto quanto all’accesso alle procedure di ricorso “per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto un interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che recepiscono tale diritto”; che la lettura restrittiva delle norme in tema di silenzio amministrativo, specie dopo l’entrata in vigore dell’art. 120 bis Cod. proc. amm., avrebbe l’effetto della restrizione dell’area di sindacabilità delle tematiche dell’affidamento e dell’esecuzione dei contratti pubblici, con lesione degli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione.

Ritenuto che:

debba essere qui ribadito il principio -affermato nella sentenza impugnata ed espressione di un consolidato indirizzo giurisprudenziale- per il quale il potere di autotutela soggiace alla più ampia valutazione discrezionale dell’amministrazione competente e non si esercita in base ad un’istanza di parte, avente al più portata meramente sollecitatoria e inidonea, come tale, ad imporre alcun obbligo giuridico di provvedere, con la conseguente inutilizzabilità del rimedio processuale previsto avverso il silenzio inadempimento della p.a. (cfr., tra le tante, Cons. Stato, VI, 6 luglio 2010, n. 4308; IV, 24 maggio 2010, n. 3270; id. V, 30 dicembre 2011, n. 6995; id., V, 3 maggio 2012, n. 2548; id., VI, 15 maggio 2012, n. 2774; id., 3 ottobre 2012, n. 5199; id., VI, 11 febbraio 2013, n. 767; IV, 24 settembre 2013, n. 4714; 7 luglio 2014, n. 3426; 26 agosto 2014, n. 4309; sez. IV, 14 maggio 2016, n. 1012; nonché, di recente, id., IV, 7 giugno 2017, n. 2751);

nel caso di specie, peraltro, la contestazione dell’aggiudicazione è basata sull'(asserita) insussistenza del requisito fiscale emersa dopo il provvedimento di aggiudicazione definitivo: per un verso, si tratta di mancanza di condizione di efficacia dell’aggiudicazione che si è ritenuto possa essere contestata dal concorrente utilmente collocato in graduatoria se abbia già impugnato l’aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 31 luglio 2012, n. 31 e Ad. Plen. 25 febbraio 2014, n. 10, nonché Cons. Stato, III, 6 giugno 2014, n. 2872); per altro verso, anche a voler ammettere l’autonoma impugnabilità dell’aggiudicazione per fatto sopravvenuto, la società istante, come rileva la controinteressata, vi avrebbe dovuto provvedere nel termine decadenziale breve di cui all’art. 120 cod. proc. amm. decorrente dalla conoscenza, previo accesso agli atti (cfr. Cons. Stato, III, 22 luglio 2016, n. 3308) ovvero, come rileva il Comune, tutt’al più, come extrema ratio, vi avrebbe dovuto provvedere nello stesso termine decorrente dalla conoscenza aliunde acquisita del fatto condizionante negativamente l’efficacia dell’aggiudicazione (pacificamente coincidente con la data del 7 aprile 2016, di presentazione di una prima istanza rivolta al Comune di (omissis));

poiché la società qui appellante non ha mai avanzato alcuna istanza di accesso agli atti né ha mai impugnato l’aggiudicazione definitiva in favore dell’A.T.I. qui appellata, questa è divenuta irrevocabile ed il ricorso proposto avverso il silenzio finisce per aggirare la disciplina di cui agli artt. 120 Cod. proc. amm. e 79 d.lgs. n. 163 del 2006.

Ritenuto altresì che:

a quanto detto si deve aggiungere che costituisce ius receptum che il dovere di provvedere della p.a. venga meno quando l’istanza del privato sia rivolta ad ottenere l’estensione ultra partes del giudicato, in coerenza col principio in forza del quale la sentenza ha forza di legge tra le parti;

pertanto, non rileva che l’accertamento dell’insussistenza del requisito fiscale in capo all’A.T.I. controinteressata sia contenuto in una sentenza che ne ha respinto il ricorso contro il provvedimento di revoca adottato per questa ragione da altro Comune, all’esito di un giudizio svoltosi tra altre parti, senza perciò che nemmeno rilevi se tale giudizio si sia o meno concluso con sentenza irrevocabile;

infine, non sono pertinenti le censure con le quali l’appellante, basandosi sul disposto dell’art. 120 bis Cod. proc. amm., invoca l’intervento del giudice amministrativo nella fase esecutiva dei contratti pubblici, atteso che la norma processuale presuppone che sia già pendente una controversia riservata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, lett. e), punto I, Cod. proc. amm.,, non certo che si attivi un procedimento sul silenzio serbato dalla p.a. sull’esercizio di poteri o facoltà contrattuali;

l’esecuzione del contratto, stipulato tra le parti qui appellate il 26 aprile 2016, è sottratta sia alla giurisdizione amministrativa che, correlativamente, ad azioni esperibili da parte di terzi estranei all’accordo contrattuale.

Considerato che:

il secondo motivo censura la mancata compensazione delle spese da parte del Tribunale Amministrativo Regionale;

l’articolo 26 Cod. proc. amm. stabilisce, al comma 1, la regola secondo cui, “Quando emette una decisione, il giudice provvede anche sulle spese del giudizio, secondo gli articoli 91, 92, 93, 94, 96 e 97 del codice di procedura civile.”;

il codice del processo amministrativo conferma perciò il principio -seguito dal giudice di primo grado nella sentenza impugnata- secondo cui la pronuncia sulle spese del giudizio è soggetta alla stessa disciplina prevista per il processo civile;

poiché la regola fissata dall’art. 91 cod. proc. civ. è la condanna alle spese in base al criterio della soccombenza ed il potere di compensare le spese di giudizio, in presenza dei presupposti oggi rigorosamente fissati dall’art. 92 cod. proc. civ., è discrezionale, la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (cfr. già Cass. S.U., 15 luglio 2005, n. 14989; nonché, tra le altre, Cons. Stato, IV, 24 ottobre 2017, n. 4890);

per di più, nel presente giudizio l’art. 92, comma secondo, cod. proc. civ. andrebbe applicato nel testo introdotto dal d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito nella legge 10 novembre 2014, n. 162, che consente la compensazione in ipotesi specifiche qui non ricorrenti (per soccombenza reciproca ovvero soltanto “nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza delle questioni dirimenti”).

Conclusivamente:

l’appello va respinto;

le spese del secondo grado seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore di ciascuno degli appellati.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese del grado che liquida, in favore di ciascuno degli appellati, nell’importo complessivo di Euro 2.200,00 (duemiladuecento/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella – Presidente

Fabio Franconiero – Consigliere

Raffaele Prosperi – Consigliere

Alessandro Maggio – Consigliere

Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere, Estensore

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *