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Avverso tale decisione la ricorrente interponeva appello, insistendo per l’annullamento degli atti impugnati in primo grado e per il subentro nel contratto, oltre alla reintegrazione in forma specifica ovvero al risarcimento del danno per equivalente.
Si costituivano in giudizio sia l’ANAS che la Ti. Sc., la quale proponeva anche appello incidentale, con cui articolava i motivi di impugnazione non esaminati dal giudice di primo grado.
Con ordinanza 23 giugno 2016, n. 2805, la Sezione disponeva una consulenza tecnica d’ufficio.
Eseguito l’incombente ed acquisiti gli ulteriori scritti difensivi delle parti, la causa passava in decisone alla pubblica udienza del 26 gennaio 2017.
Con sentenza 13 febbraio 2017, n. 607, la V Sezione del Consiglio di Stato accoglieva l’appello principale e respingeva quello incidentale, dichiarando nel contempo l’inefficacia del contratto stipulato con la Ti. Sc. e disponendo il subentro nel medesimo dell’Ati capeggiata dall’appellante principale.
Avverso la suddetta sentenza la Ti. Sc. s.p.a. proponeva ricorso per revocazione parziale, limitatamente alla parte in cui era stato disposto il subentro dell’Ati fra la Co. Sa. s.p.a. (ora s.r.l.) e la Be. Co. s.r.l. nel contratto stipulato dall’ANAS con la medesima Ti. Sc..
Deduceva, a tal fine, i seguenti motivi di impugnazione:
In via rescindente. Revocazione ai sensi degli art. 106 cod. proc. amm. e art. 395, n. 4, cod. proc. civ. Pronuncia non richiesta;
In via rescindente. Revocazione ai sensi degli art. 106 cod. proc. amm. e art. 395, n. 4, cod. proc. civ. Omessa pronuncia;
In via rescissoria. Rinnovo del subprocedimento di verifica dell’offerta anomala dell’ATI Sa.;
Si costituiva in giudizio la Co. Sa. s.r.l., eccependo l’inammissibilità del ricorso per difetto dei presupposti della revocazione e, comunque, la sua infondatezza, con conseguente richiesta di reiezione.
Anche l’ANAS s.p.a. si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
Con ordinanza 27 giugno 2017, n. 2698, la Sezione respingeva l’istanza cautelare proposta dalla ricorrente, per difetto dei presupposti di legge.
Successivamente le parti ulteriormente illustravano, con apposite memorie, le proprie tesi difensive, e all’udienza del 16 novembre 2017, dopo la rituale discussione, la causa passava in decisione.
Ad un compressivo esame degli atti di causa, il ricorso dev’essere considerato inammissibile.
Con il primo motivo di impugnazione, la Ti. Sc. s.r.l. deduce che sia nel giudizio sia di primo grado, sia in quello di appello, l’Ati Sa. non avrebbe mai chiesto direttamente il subentro nel contratto, indicandolo come obiettivo sempre e comunque subordinato alla riedizione del subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.
Per l’effetto, il giudice d’appello sarebbe incorso in un evidente errore di fatto, mal avendo interpretato il contenuto delle domande formulategli (o, altrimenti detto, per non essersi avveduto che nessuna domanda di subentro diretto gli era stata proposta).
Addirittura, l’iniziale domanda di subentro (pur “subordinata” nei termini intesi dalla ricorrente) non veniva più formalizzata nelle successive memorie difensive depositate in corso di causa, di talché la stessa avrebbe dovuto, a rigore, considerarsi abbandonata.
Giova, al riguardo, brevemente riassumere i presupposti ed i caratteri dell’odierno giudizio.
Il rimedio della revocazione ha natura straordinaria e per consolidata giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, V, 5 maggio 2016, n. 1824), l’errore di fatto idoneo a fondare la domanda di revocazione, ai sensi del combinato disposto degli articoli 106 Cod. proc. amm. e 395 n. 4 Cod. proc. civ., deve rispondere a tre requisiti:
a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo così un fatto documentale escluso, ovvero inesistente un fatto documentale provato;
b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;
c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa (cfr. Cons. Stato, IV, 14 maggio 2015, n. 2431).
Inoltre, l’errore deve apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (Cons. Stato, IV, 13 dicembre 2013, n. 6006).
L’errore di fatto revocatorio è configurabile nell’attività preliminare del giudice, relativa alla lettura ed alla percezione degli atti acquisiti al processo quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale, ma non coinvolge la successiva attività d’interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni, ai fini della formazione del convincimento.
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