Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 6 novembre 2017, n. 5125. Il trasferimento ex art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992 è disposto a vantaggio e nell’interesse esclusivo non dell’Amministrazione ovvero del richiedente, ma del disabile

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Lo stesso decreto di trasferimento, del resto, reca l’esplicito ed inequivoco riferimento al comma 5 dell’art. 33 della l. n. 104.

Ciò premesso, il Collegio osserva che, nel merito della problematica in esame, possono richiamarsi le argomentazioni svolte in una recente pronuncia resa da questa Sezione su questione analoga alla presente.

Nella sentenza di questa Sezione n. 4671 del 9 ottobre 2017, in particolare, si è affermato, con traiettorie motivazionali in toto replicabili nella presente sede, che “il trasferimento ex art. 33, comma 5, della l. n. 104 è disposto a vantaggio e nell’interesse esclusivo non dell’Amministrazione ovvero del richiedente, ma del disabile: il movimento, dunque, ha natura strumentale ed è intimamente connesso con la persona dell’assistito”: “si è, in particolare, di fronte ad un movimento non definitivo, ma subordinato ad un presupposto di fatto esterno ed estraneo all’ambito lavorativo, la cui perdurante presenza è condizione non solo per l’iniziale disposizione del trasferimento, ma anche per la sua perdurante efficacia”.

Ne consegue che “il decesso del disabile svuota ab interno la funzione stessa del provvedimento, irrimediabilmente privato della propria costitutiva ragione d’essere, e, dunque, impone all’Amministrazione la revoca del movimento a suo tempo disposto: l’interesse pubblico all’ottimale allocazione del personale, non più compresso dal concorrente interesse alla cura del disabile e di rilievo parimenti pubblico in virtù della qualificazione normativa recata dalla l. n. 104, torna, infatti, a riespandersi pienamente”.

Del resto, “a dispetto del nomen juris, la revoca in esame non presenta tratti di discrezionalità: si tratta, di contro, di un atto doveroso nell’an e vincolato nel quomodo, d’indole decadenziale, con cui l’Amministrazione, sulla scorta del venir meno dell’unico presupposto fattuale posto a fondamento di una precedente determinazione di mobilità che, altrimenti, non sarebbe stata assunta, ricostituisce lo status quo ante, non essendovi più alcun motivo per continuare a mortificare l’interesse pubblico all’ottimale allocazione del personale ed il concorrente interesse individuale degli altri dipendenti allo scrutinio, in condizioni di parità, delle proprie istanze di trasferimento (cfr. Cons. Stato, sez. IV, ord. 18 dicembre 2015, n. 5620; ord. 26 febbraio 2016, n. 653; ord. 15 settembre 2017, n. 3871)”.

Emerge, dunque, la non condivisibilità della decisione assunta in prime cure e, specularmente, la correttezza dell’operato dell’Amministrazione, la quale del resto – anche in epoca precedente l’entrata in vigore dell’art. 33 comma 7-bis della legge n. 104 – nelle sue circolari aveva già chiaramente indicato che i trasferimenti ex lege n. 104 risultavano condizionati alla permanenza dell’attività assistenziale.

Ne consegue che – ai sensi appunto dell’art. 33 comma 7-bis citato e di quanto comunque previsto dalla normativa interna – il D.A.P., una volta deceduto il soggetto a beneficio del quale il trasferimento del dipendente era stato disposto, non poteva che stabilire la revoca del movimento, senza poter in tale sede valorizzare altri profili, pur umanamente comprensibili (cfr. la memoria depositata nel procedimento amministrativo da parte del sig. -OMISSIS-, prodotta dall’Amministrazione in prime cure come allegato n. 5).

Possono eccezionalmente compensarsi le spese del doppio grado di giudizio, in considerazione della particolarità della vicenda e della pregnanza dei sottesi interessi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso svolto dal sig. -OMISSIS-.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 22, comma 8, d.lgs. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Anastasi – Presidente

Fabio Taormina – Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere

Leonardo Spagnoletti – Consigliere

Luca Lamberti – Consigliere, Estensore

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