Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 3 novembre 2017, n. 5084.  L’occupazione di un bene del privato da parte della P.A., illegittima perché mantenuta sulla base di un decreto di occupazione d’urgenza scaduto nella sua efficacia e non seguito nei termini da un provvedimento di esproprio, costituisca un illecito permanente

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17.1. Il motivo è inammissibile.

17.2. Con il ricorso di primo grado – che nella struttura sembra risentire l’influsso della teorica dell’occupazione appropriativa, ormai non più sostenibile a seguito delle note sentenze della C.E.D.U. – il signor Fr. ha sostanzialmente dedotto l’illegittima posizione dell’Amministrazione rispetto al terreno di sua proprietà, oggetto di occupazione d’urgenza e mai espropriato. Nel prendere posizione sul punto il primo giudice ha fatto ricorso all’art. 42 bis t.u. (né, come detto, il Comune ha espressamente contestato tale capo della sentenza), le cui disposizioni, per testuale disposto di legge (co. 8), si applicano anche ai fatti avvenuti anteriormente alla sua entrata in vigore.

17.3. A questo proposito giova rammentare che la Corte costituzionale, investita della questione di legittimità costituzionale dell’art. 42 bis t.u. sotto una pluralità di profili, ha ritenuto la norma conforme a Costituzione nel segno di una ricostruzione sistematica che ne sottolinea il carattere di eccezionalità:

“? l’assenza di ragionevoli alternative all’adozione del provvedimento acquisitivo va intesa in senso pregnante, in stretta correlazione con le eccezionali ragioni di interesse pubblico richiamate dalla disposizione in esame, da considerare in comparazione con gli interessi del privato proprietario. Non si tratta, soltanto, di valutare genericamente una eccessiva difficoltà od onerosità delle alternative a disposizione dell’amministrazione, secondo un principio già previsto in generale dall’art. 2058 cod. civ. Per risultare conforme a Costituzione, l’ampiezza della discrezionalità amministrativa va delimitata alla luce dell’obbligo giuridico di far venir meno l’occupazione sine titulo e di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, la quale ultima non risulta mutata neppure a seguito di trasformazione irreversibile del fondo. Ne deriva che l’adozione dell’atto acquisitivo è consentita esclusivamente allorché costituisca l’extrema ratio per la soddisfazione di “attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico”, come recita lo stesso art. 42-bis del T.U. delle espropriazioni” (sentenza 30 aprile 2015, n. 71, § 6.7.).

17.4. Tanto premesso, il Collegio rileva che il Comune deduce in maniera del tutto generica ed apodittica la violazione dei criteri di legge per la determinazione e quantificazione del danno risarcibile (ex lege n. 359 del 1992), nonché per la eccessiva onerosità della restituzione in forma specifica (in supposta e non motivata applicazione degli artt. 2058 e 2933 c.c.), cosicché la doglianza, nel suo complesso, non può essere presa in considerazione stante la sua evidente inammissibilità.

18. Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello è solo parzialmente fondato (in punto di prescrizione: v. § 15) e solo in questa parte va accolto, con parziale riforma sul punto della sentenza impugnata e conferma integrale quanto al resto.

19. Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate per la metà fra la parte appellante e il signor Fr., attesa la parziale reciproca soccombenza, e, quanto alla residua metà, vanno poste a carico del Comune, soccombente per il resto, nella misura indicata nel dispositivo, comprensiva dell’importo già liquidato all’esito della fase cautelare, tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.

Le spese di lite possono essere compensate integralmente in relazione al rapporto processuale corrente fra il Comune e il Consorzio Co. Sp.

20. Resta a carico del Comune, a tali fini da ritenersi totalmente soccombente, il contributo unificato relativamente ad entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi e nei limiti esposti in motivazione, e, per l’effetto – in parziale riforma della sentenza impugnata, che conferma quanto al resto – respinge in parte qua il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

Compensa per metà le spese del doppio grado di giudizio fra il Comune appellante e il signor An. Fr., e condanna il Comune al pagamento in favore di quest’ultimo dell’altra metà, che liquida nell’importo di euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre agli accessori di legge (15% a titolo di rimborso delle spese generali, I.V.A. e C.P.A.), comprensivo delle spese della fase cautelare.

Compensa integralmente le spese di lite nei riguardi del Consorzio Co. Sp.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli – Presidente

Oberdan Forlenza – Consigliere

Giuseppe Castiglia – Consigliere, Estensore

Daniela Di Carlo – Consigliere

Nicola D’Angelo – Consigliere

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