Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 3 novembre 2017, n. 5084.  L’occupazione di un bene del privato da parte della P.A., illegittima perché mantenuta sulla base di un decreto di occupazione d’urgenza scaduto nella sua efficacia e non seguito nei termini da un provvedimento di esproprio, costituisca un illecito permanente

[….segue pagina antecedente]

8. Il signor Fr. si è costituito in giudizio per resistere all’appello aderendo alle motivazioni del primo giudice, chiedendo la condanna del Comune per responsabilità aggravata e sollecitando la trasmissione degli atti alla Corte dei conti.

9. Si è costituito in giudizio anche il Consorzio Co. Sp. per contrastare l’appello nella parte in cui, criticando la sentenza impugnata, ha sostenuto la legittimazione passiva del Consorzio stesso.

10. Con ordinanza 16 luglio 2014, n. 3188, la Sezione ha respinto motivatamente la domanda cautelare del Comune che è stato condannato alla rifusione delle spese della fase (per un totale di 1.500 euro).

11. Con memoria depositata il 19 settembre 2017, il signor Fr. ha rinnovato le proprie argomentazioni, sottolineando la perdurante inazione del Comune.

12. Con memoria depositata il successivo 21 settembre, il Consorzio Co. Sp. ha insistito sul proprio difetto di legittimazione passiva.

13. All’udienza pubblica del 26 ottobre 2017, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

14. In via preliminare, il Collegio:

a) osserva che la ricostruzione in fatto, sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non è stata contestata dalle parti costituite ed è comunque acclarata dalla documentazione versata in atti. Di conseguenza, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono darsi per assodati i fatti oggetto di giudizio;

b) dà atto che il Comune appellante non ha impugnato i capi della sentenza che hanno respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per omessa presentazione della denuncia ICI, dichiarato applicabile l’art. 42 bis t.u., affermato la possibilità dell’accordo bonario fra le parti, assodato la responsabilità civile del comune per omessa tempestiva conclusione della procedura di esproprio, fissato i criteri per la liquidazione degli accessori sulla sorte capitale. Su questi capi si è formato il giudicato interno.

14. E’ infondato il primo motivo dell’appello, che denuncia il difetto di giurisdizione del G.A.

14.1. Va dato atto che in passato, quanto all’individuazione del giudice titolare del potere di iusdicere su occupazioni originariamente legittime, ma non seguite nei termini di legge dal decreto di esproprio, la giurisprudenza della Corte di cassazione e quella del Consiglio di Stato hanno talvolta seguito percorsi non coincidenti, ciascun giudice rivendicando a sé la giurisdizione in materia, sia pure con varie sfumature e distinguendo particolari sotto-ipotesi (per le Sezioni unite, si vedano per tutte 16 luglio 2008, n. 19501; 23 dicembre 2008, n. 30254; per il Consiglio di Stato, si veda invece, per tutte, l’Adunanza plenaria 30 luglio 2007, n. 9, secondo cui “la omessa conclusione del procedimento mediante tempestiva pronuncia del decreto di esproprio, impedendo la formalizzazione dell’acquisizione al patrimonio pubblico del bene realizzato, connota la precedenteattività dispiegata dall’Amministrazione in termini materiali o comportamentali: ma, pur privato del suo naturale sbocco costitutivo e quindi illegittimo, questo comportamento di impossessamento e irreversibile modifica del bene altrui resta pur sempre, nel senso ora detto, riconducibile all’esercizio del pubblico potere”; e le successive pronunzie conformi).

14.2. Tuttavia già l’ordinanza delle Sezioni unite 23 gennaio 2012, n. 832 (richiamata dall’ordinanza cautelare della Sezione n. 3188/2014), prendendo le mosse dalla sentenza della Corte costituzionale 11 maggio 2006, n. 191 (che ha fatto seguito all’analoga pronuncia 6 luglio 2004, n. 204), ha ristretto la fattispecie di comportamento della P.A. adottato in carenza di potere (con conseguente riconoscimento della giurisdizione del G.O.) a “due sole ipotesi, aventi ormai carattere residuale”:

a) quando il provvedimento contenente la dichiarazione di pubblica utilità sia giuridicamente inesistente o radicalmente nullo;

b) nelle ipotesi di sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità individuate dall’art. 13, terzo comma, della legge 25 giugno 1865, n. 2359, nel caso di inutile decorso dei termini finali in essa fissati per il compimento dell’espropriazione e dei lavori (senza che sia intervenuto il decreto ablativo o si sia verificata la c.d. occupazione espropriativa); e dall’art. 1, co. 3, della legge 3 gennaio 1978, n. 1, in caso di mancato inizio delle opere “nel triennio successivo all’approvazione del progetto”: a nulla rilevando che in entrambe le fattispecie il potere ablativo fosse in origine attribuito all’Amministrazione, in quanto sarebbe decisivo che tale attribuzione fosse circoscritta nel tempo direttamente dal legislatore e fosse già venuta meno all’epoca dell’utilizzazione della proprietà privata.

14.3. L’ordinanza n. 832/2012 ha ritenuto rientrare nella giurisdizione esclusiva del G.A., invece, le occupazioni illegittime preordinate all’espropriazione attuate in presenza di un concreto esercizio del potere, riconoscibile per tale in base al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano (pur se poi l’ingerenza nella proprietà privata o la sua utilizzazione nonché la sua irreversibile trasformazione siano avvenute senza alcun titolo che le consentiva, ovvero malgrado detto titolo); nonché l’ipotesi, qui non ricorrente, in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia stata emessa e successivamente annullata in sede amministrativa o giurisdizionale, perché anche in tal caso si è in presenza di un concreto riconoscibile atto di esercizio del potere, pur se poi lo stesso si è rivelato illegittimo e per effetto dell’annullamento ha cessato retroattivamente di esplicare i suoi effetti.

14.4. In seguito, questo revirement delle Sezioni unite civili si è stabilizzato nel principio di diritto enunziato dall’ordinanza 27 maggio 2015, n. 10879, secondo il quale “l’azione finalizzata al risarcimento dei danni che si pretendono conseguiti ad una occupazione iniziata, dopo la dichiarazione di pubblica utilità, in virtù di un decreto di occupazione d’urgenza, e proseguita anche dopo la sopravvenuta inefficacia di tale dichiarazione rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. g), c.p.a., in quanto riconducibile in parte direttamente e in parte mediatamente a un provvedimento amministrativo” (nello stesso senso, quindi, Sezioni unite, ordinanza 19 luglio 2016, n. 14793).

[…segue pagina successiva]

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *