Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 24 novembre 2017, n. 5480. In tema di espropriazione per pubblica utilità

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12. Innanzitutto, non può essere condivisa la tesi del comune di (omissis) in ordine all’inammissibilità del ricorso di primo grado. Secondo parte appellante, la delibera impugnata, la n. 6 del 22 luglio 2016, non avrebbe avuto carattere lesivo essendo di mera riapprovazione del progetto definitivo dell’opera. Il procedimento di esproprio, invece, era già stato completato e non impugnato con una serie di provvedimenti assunti nell’anno 2014 e pubblicati nell’albo pretorio dello stesso Comune (non essendo intervenuto all’epoca l’acquisto del bene da parte dell’appellato non sarebbe stata fatta la comunicazione diretta allo stesso).
Dagli atti di causa emerge però che i procedimenti espropriativi precedenti alla delibera impugnata sono stati attivati sull’erroneo presupposto della proprietà comunale del bene nel frattempo passata al signor Va. Ho. con gli atti di compravendita richiamati in premessa (segnatamente i ruderi della ex chiesa del SS. Rosario venduta allo stesso dall’ente proprietario, cioè la Parrocchia Santa Maria Assunta di (omissis)).
Tale cessione, in quanto relativa ad un bene vincolato, è stata poi autorizzata dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali con provvedimento prot. 3672 del 25 giugno 2015, comunicato con atto prot. 9853 del 17 settembre 2015 al comune di (omissis) che non ha esercitato il diritto di prelazione. In ogni caso, i provvedimenti del 2014 non sono mai stati comunicati all’appellato.
La delibera impugnata del 2016 non è stata dunque un atto meramente ricognitivo, giacché si è resa necessaria, come evidenzia lo stesso Comune, per le “varie esigenze contrapposte pervenendo alla conclusione della necessità dell’esproprio del bene”, con una nuova valutazione dei fatti.
Tale delibera, con cui in sostanza si è approvato il progetto, si è dichiarata la pubblica utilità, si è adottato il decreto di esproprio e stabilita l’immissione nel possesso, ha superato, incorporandola e sostituendola, la precedente delibera consiliare risalente all’anno 2014, è stata poi impugnata nei termini dall’appellato.
13. Quanto all’erronea conclusione del T.a.r. sulla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di cui alla delibera impugnata (n. 6/2016), va rilevato che l’art. 21 octies della legge n. 241/1990, richiamato dalla parte appellante, non può trovare applicazione nella materia espropriativa nella quale è necessario dar modo agli interessati di partecipare al procedimento.
Per tale ragione, il giudice di primo grado ha ritenuto manifestamente fondato il mezzo d’impugnazione nel quale si lamentava la violazione degli artt. 11 e 16 del D.P.R. 327/2001, nonché dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, avendo il signor Ho. dimostrato come la comunicazione di avvio del procedimento gli fosse stata spedita tra il 20 ed il 21 luglio 2016, ossia contestualmente alla data (20-22 luglio 2016) di adozione della delibera impugnata, che, come sopra detto, ha recato la dichiarazione di pubblica utilità, la riapprovazione del progetto inerente i ruderi della chiesa del SS. Rosario di (omissis) e l’assegnazione dei termini per lo svolgimento della procedura espropriativa.
14. D’altra parte, è pacifico che in tema di espropriazione per pubblica utilità l’avviso di cui all’art. 11 del d.P.R. n. 327/2001 debba contenere, per essere legittimo, l’indicazione delle particelle e dei nominativi, quali indefettibili elementi diretti ad individuare i soggetti espropriandi ed i beni oggetto del procedimento amministrativo, avendo lo scopo di essere idoneo a garantire l’effettiva conoscenza, di guisa che il proprietario inciso sia posto in grado di optare o non per la partecipazione procedimentale in chiave difensiva (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 aprile 2013, n. 2070).
In sostanza, in forza di quanto previsto dagli artt. 11 e 16 del D.P.R. n. 327/2001, all’appellato andava inviato l’avviso di avvio del procedimento e del deposito degli atti volti a promuovere l’adozione dell’atto dichiarativo di pubblica utilità, con l’indicazione del nominativo del responsabile del procedimento.
Il mancato assolvimento del duplice obbligo di comunicazione ha quindi implicato l’illegittimità dell’atto dichiarativo della pubblica utilità e degli altri atti successivi, a nulla rilevando che l’interessato abbia avuto comunque conoscenza del procedimento. Peraltro, tale obbligo di comunicare l’avvio del procedimento non può considerarsi superfluo neanche se afferente ad una procedura di rinnovazione di precedente progetto di opera pubblica o di dichiarazione di pubblica utilità conosciuta da parte dei proprietari interessati (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 9 dicembre 2010, n. 8688). La mancata comunicazione ex art. 11, d.P.R. n. 327/2001 lede infatti il diritto di quest’ultimi a partecipare in chiave difensiva al procedimento, determinando l’illegittimità del provvedimento così assunto, senza potersi invocare neppure la previsione del comma 2 dell’art. 21octies, della legge n. 241 del 1990, per prevenire la pronuncia caducatoria (cfr. T.a.r. per il Friuli-Venezia Giulia, Trieste, sez. I, 3 ottobre 2016, n. 411).
15. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e per l’effetto va confermata la sentenza impugnata.
16. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.
17. In ragione della complessità della vicenda le spese di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Oberdan Forlenza, Presidente FF
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore
Giovanni Sabbato – Consigliere

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