Sotto il profilo dell’eccesso di potere in senso assoluto il sindacato è circoscritto alla coerenza generale del metro valutativo adoperato oppure alla manifesta incongruità del punteggio

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 16 agosto 2018, n. 4947.

La massima estrapolata

Sotto il profilo dell’eccesso di potere in senso assoluto il sindacato è circoscritto alla coerenza generale del metro valutativo adoperato oppure alla manifesta incongruità del punteggio, avuto riguardo agli incarichi ricoperti, alle funzioni espletate ed alle positive valutazioni ottenute durante tutto l’arco della carriera degli scrutinandi; mentre l’eccesso di potere in senso relativo è rilevabile solo se il giudice amministrativo nell’esaminare le varie posizioni dei parigrado valutati -senza effettuare una comparazione tra le stesse e ricercando la coerenza generale delle valutazioni contestualmente espresse in rapporto ad elementi oggettivi di giudizio- accerti il mancato rispetto della logica del metodo di valutazione e la violazione della regola dell’uniformità di giudizio.

Sentenza 16 agosto 2018, n. 4947

Data udienza 22 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3709 del 2015, proposto da:
Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);
contro
Sa. Lu., rappresentato e difeso dall’avvocato Ro. Mo., con domicilio eletto presso lo studio Ro. C/O Sc. Mo. in Roma, via (…);

sul ricorso numero di registro generale 3982 del 2015, proposto da:
Sa. Lu., rappresentato e difeso dall’avvocato Ro. Mo., con domicilio eletto presso lo studio Studio Mo.-Sc. in Roma, via (…);
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);
nei confronti
Fr. Ge. non costituito in giudizio;
per la riforma
quanto al ricorso n. 3709 del 2015 e al ricorso n. 3982 del 2015:
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA SEZIONE I BIS, n. 13316/2014, resa tra le parti, concernente la mancata iscrizione nel quadro di avanzamento al grado superiore per l’anno 2010.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Sa. Lu. e del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 marzo 2018 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Ro. Mo. e l’Avvocato dello Stato Pi. Ga.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per il Lazio il Sig. Sa. Lu. invocava l’annullamento dell’esito del giudizio di avanzamento al grado di Brigadiere Generale per l’anno 2010 di cui al provvedimento del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare – prot. n. M-D/GMIL-03-II/5/2/247084 dell’11 maggio 2010, comunicato al ricorrente il 14 giugno 2010, in base al quale l’ufficiale interessato aveva appreso di essere stato dichiarato idoneo all’avanzamento al grado superiore, ma non iscritto nel relativo quadro per effetto del punteggio ottenuto (punti 27,93) e la posizione conseguita nella graduatoria di merito finale 10° posto.
2. Il primo giudice, premesso che le doglianze dedotte sia con il ricorso principale che con i successivi motivi aggiunti potevano sintetizzarsi in un unico articolato con cui si prospettavano una serie di argomentazioni rivolte a dimostrare la sussistenza di un vizio di eccesso di potere in termini relativi, e cioè che il metro di giudizio adottato dalla Commissione Superiore d’Avanzamento era stato benevolo per l’ufficiale Ge., unico iscritto nel relativo quadro di avanzamento in relazione alla disponibilità di posti per la promozione al grado di Brigadiere Generale per l’anno 2010, e meno per il ricorrente, accoglieva il ricorso solo in parte.
Il primo giudice faceva precedere la disamina dei motivi di ricorso dalla considerazione che non avrebbe seguito, come criterio di indagine, la stretta comparazione della valutazione del ricorrente rispetto a quella del singolo aspirante, utilmente collocato nella graduatoria finale per la promozione in discussione, dato che in tal modo si finirebbe per trasformare, di fatto, l’accertamento della predetta uniformità dei criteri di giudizio in un’inammissibile valutazione comparativa.
In ragione della dette premesse il TAR rilevava che in merito alla valutazione di cui alla lett. a) dell’art. 26 della legge n. 1137/1955 e dell’art. 8 del D.M. n. 571 del 1993, fosse ravvisabile un palese vizio di eccesso di potere sotto l’aspetto delle difformità di valutazione dei due ufficiali in competizione per il conferimento del grado superiore. Quanto alla valutazione di cui alla lett. b) del suindicato art. 26 e dell’art. 9 del D.M. n. 571, la violazione dedotta non poteva essere riscontrata nella misura in cui implicava una sorte di giudizio comparativo che sfugge in questa sede al giudice adito soprattutto per effetto degli stessi criteri sopra indicati. Né per ritenere incongruo e viziato il giudizio sul punto della CSA, sulla falsariga degli elementi forniti dalla parte istante, potevano essere di ausilio i criteri di cui all’art. 9 del citato D.M. n. 571/93 per l’ampiezza e la genericità degli elementi significativi in esso riportati. In relazione alla valutazione di cui alla lett. c) del suindicato art. 26 e dell’art. 9 del D.M. n. 571, invece, il primo giudice rilevava che l’attribuzione a discapito del ricorrente di un punteggio inferiore non aveva oggettivamente riscontro, anche in considerazione del fatto che non era dato conoscere quali fossero state quelle capacità intellettuali complessive tali da considerarsi “assolutamente straordinarie”. Per ciò che concerne la valutazione delle qualità di cui alla lett. d) dell’art. 26 già citato, come integrato dagli artt. 10 e 11/bis del D.M. n. 571/1993, mancando elementi concreti di sicuro valore nei confronti del Colonnello Ge., si può fondatamente presumere che nella valutazione della predetta Commissione sia sussistente un vizio logico ed una disparità di trattamento che inficiano pertanto il giudizio finale. Pertanto, il giudice di prime cure accoglieva il ricorso limitatamente alla valutazione dei predetti ufficiali per ciò concerne gli elementi di giudizio di cui alle lett. a), c) e d) del citato articolo 26 della legge n. 1137/1955, imponendo quindi un riesame delle rispettive posizioni e facendo salvi gli ulteriori provvedimenti della p.a..
3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello l’amministrazione, lamentandone l’erroneità, in quanto il rilievo del “vizio di eccesso di potere in senso relativo”, accertato dal Giudice di primo grado, sarebbe privo di fondamento, poiché nell’avanzamento a scelta degli Ufficiali a gradi di notevole rilevanza, quale deve considerarsi quello finalizzato alla promozione a Brigadiere Generale, l’apprezzamento discrezionale della Commissione raggiungerebbe la massima latitudine, stante la necessità di scegliere soggetti estremamente qualificati per l’esercizio di complesse e delicate funzioni di comando, tra aspiranti aventi tutti alti titoli.
Pertanto, un vizio di eccesso di potere in senso relativo potrebbe essere ravvisato, nei ridotti limiti del sindacato esercitabile su attività permeata da rilevanti margini di discrezionalità valutativa, solo quando sussistano le due seguenti condizioni: che il profilo professionale del ricorrente, riferito ai quattro gruppi di elementi che l’art. 1058, comma 5 del Codice dell’Ordinamento Militare (c.o.m; ) fa obbligo di considerare, si presenti, al riscontro documentale, privo di elementi negativi, tanto da rendere evidente la riduttività della valutazione compiuta dalla Commissione rispetto ai meriti dell’Ufficiale; che invece la documentazione dei pari grado assunti a riferimento, per confortare la censura di disomogeneità dei criteri valutativi, dimostri in modo immediato una ingiustificata supervalutazione dei loro titoli. Nella fattispecie la valutazione della Commissione riguarderebbe Ufficiali dotati di ottimi precedenti di carriera e, pertanto, in presenza di punteggi differenti, seppur di qualche centesimo, sarebbe ben possibile, se non addirittura necessario, attribuire a ogni candidato un giudizio pressoché identico. Non andrebbe sottaciuto, infatti, che l’art. 702 D.P.R. n. 90/2010 prescrive che “la Commissione (…) esprime un giudizio di merito assoluto nei confronti di ciascun ufficiale scrutinando (…) “, di talché la valutazione effettuata non potrebbe che essere una valutazione globale della personalità e del profilo del candidato, che si sostanzierebbe in conclusione in una valutazione numerica finale (il punto di merito). Le stesse schede di valutazione, per la loro intrinseca natura, non potrebbero dare conto minuziosamente del curriculum del valutando. Ciò che rileverebbe, pertanto, è la non incoerenza interna tra le schede di valutazione e il curriculum del militare alla stregua della documentazione caratteristica. Dunque sarebbe ben possibile che a punteggi numericamente differenziati in misura minima corrispondano proposizioni valutative di contenuto identico per l’impossibilità di seguire con variazioni terminologiche le sottili differenze numeriche senza incorrere in vizi di altra natura.
In definitiva, sarebbe pienamente giustificata la prevalenza dell’originario controinteressato in quanto:
riguardo alle “qualità fisiche, morali e di carattere”, il ricorrente avrebbe conseguito 1 encomio solenne, 12 Encomi semplici (di cui 7 tributati nel grado rivestito all’atto della valutazione) e 4 elogi, a fronte di 1 encomio solenne e 11 encomi semplici (di cui 8 tributati nel grado rivestito all’atto della valutazione) e 1 elogio conseguiti dal Ge.. Invero quest’ultimo, a differenza del Lu., avrebbe conseguito l’Encomio Solenne nell’ultimo anno oggetto di valutazione e, pertanto, ciò rileverebbe quale nuovo elemento sopraggiunto (quid novi) in relazione alla documentazione matricolare e caratteristica già valutata dalla Commissione nel precedente giudizio d’avanzamento;
con riferimento alle “qualità culturali ed intellettuali” il Lu. avrebbe frequentato n. 24 corsi (buona parte dei quali, peraltro, di durata non superiore a 3 giorni), avrebbe espletato 16 incarichi di insegnamento e avrebbe conseguito 178 crediti formativi ECM nell’ambito del Programma Nazionale Educazione Continua in Medicina; mentre il Ge. avrebbe frequentato n. 19 corsi, avrebbe espletato 15 incarichi di insegnamento e avrebbe conseguito addirittura 352 crediti formativi ECM nell’ambito del Programma Nazionale Educazione Continua in Medicina. Entrambi vantano la Laurea in Medicina e Chirurgia e 2 Specializzazioni, ma il Ge., a differenza del ricorrente, potrebbe vantare ben 2 pubblicazioni; inoltre, anche nell’ambito delle aggettivazioni relative alle “Qualità intellettuali e culturali” della documentazione caratteristica, nel grado, il Lu. avrebbe registrato un elevato numero di voci non apicali);
con riferimento all'”attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore”, voce la cui valutazione implicherebbe, peraltro, l’esercizio di una maggiore discrezionalità da parte della Commissione, andrebbe rimarcato con fermezza che la valutazione di che trattasi comporterebbe uno spostamento della prospettiva della valutazione stessa dal passato (incarichi ricoperti, documentazione caratteristica, corsi frequentati, titoli acquisiti, ecc.) al futuro, in un giudizio prognostico che intende esaminare in quale misura l’Ufficiale saprà far fronte alle nuove e diverse responsabilità nell’esercizio delle funzioni di livello superiore.
Considerando che tale valutazione risulta connessa a tutti gli elementi desumibili dalla documentazione matricolare e caratteristica tra cui, in particolare, gli incarichi espletati durante la carriera e specialmente nel grado rivestito, assumerebbe indiscusso rilievo la circostanza dell’espletamento di delicati incarichi dirigenziali per più di 10 anni da parte del Ge. (8 mesi in incarico di Capo Reparto, ben 123 mesi con incarico di Capo Dipartimento e in parziale contemporaneità l’incarico di Capo Area Medica del Policlinico Militare, previsto per il grado superiore e svolto nei 3 mesi precedenti alla valutazione in titolo), a differenza del Lu. che avrebbe ricoperto per 9 mesi l’incarico di Capo Reparto e per 87 mesi quello di Capo Dipartimento presso il Policlinico Militare di Roma. L’incarico di Capo Area Medica svolto dal Ge. risulterebbe essere un incarico afferente al grado superiore, con indiscutibile riflesso, quindi, sul possesso da parte del controinteressato della qualità di cui alla lett. d) del comma 5 dell’art. 1058 del c.o.m. e, cioè, l’attitudine a ricoprire incarichi del grado superiore. In definitiva, come la documentazione personale del Lu., pur degna della massima considerazione, non presenterebbe, in assoluto, quegli elementi così eccezionali da evidenziare una inadeguata attribuzione del punteggio e una conseguente non appropriata collocazione nella graduatoria di merito per l’anno considerato.
4. Costituitosi in giudizio, l’originario ricorrente invoca la reiezione dell’appello dell’amministrazione, evidenziando come sia quest’ultima a reclamare una giudizio di merito da parte del g.a. nella materia de qua non consentito. Inoltre, l’amministrazione appellante avrebbe travisato il contenuto stesso della sentenza di prime cure. Nelle successive difese l’originario ricorrente contesta le valutazioni contenuto nell’appello dell’amministrazione circa il peso da attribuire agli elementi valutativi rinvenienti dai curricula degli interessati.
5. Con appello incidentale autonomo l’originario ricorrente impugna la sentenza di prime cure in relazione a quei capi con i quali il TAR ha disatteso in parte il ricorso di primo grado, sicché la pronuncia gravata non gli consentirebbe di ottenere il superamento in graduatoria dell’odierno appellato. Il detto gravame pone in luce l’erroneità della sentenza di prime cure nella parte in cui non ha accolto la doglianza avente ad oggetto la valutazione di cui alla lett. b) del suindicato art. 26 e dell’art. 9 del D.M. n. 571. In particolare, il primo giudice avrebbe omesso di considerare tra i criteri di valutazione, quello della tendenza di carriera, né avrebbe accertato correttamente l’erronea valutazione operata dalla commissione in ordine alla rilevanza in concreto degli incarichi espletati. Inoltre, la sentenza impugnata risulterebbe contraddittoria nella misura in cui utilizza alcuni elementi offerti dall’originario ricorrente per ritenere sussistente un vizio di disparità di trattamento sugli altri profili esaminati dalla Commissione, valutandoli, invece, non rilevanti nel capo della sentenza che ha disatteso le ragioni dell’odierno appellante incidentale.
6. Costituitasi in giudizio l’amministrazione invoca il rigetto dell’odierno gravame.

DIRITTO

1. Preliminarmente, deve disporsi la riunione degli appelli in quanto proposti avverso la stessa sentenza ex art. 96, comma 1, c.p.a.
2. Giova premettere un quadro normativo di riferimento, per quanto possibile sintetico.
E’ noto che gli avanzamenti normalizzati degli ufficiali al grado superiore possono assumere due distinte forme: ad anzianità e a scelta, salvo quello per meriti eccezionali.
La relativa disciplina, già costituita dalle disposizioni “comuni” di cui alla legge 12 novembre 1955, n. 1137 intitolata “Avanzamento degli ufficiali dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica”, integrata dal d.m. 2 novembre 1993, n. 571, è stata poi in ampia parte rideterminata dal d.lgs. 30 dicembre 1997, n. 490, recante “Riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell’avanzamento degli ufficiali, a norma dell’articolo 1, comma 97, della L. 23 dicembre 1996, n. 662”; l’intera materia è stata poi oggetto della novella di cui d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (recante “Codice dell’ordinamento militare”).
Avuto riguardo alla cornice normativa ratione temporis, occorre rammentare che:
– “Per l’avanzamento al grado superiore l’ufficiale deve possedere i requisiti fisici, morali, di carattere, intellettuali, di cultura, professionali, necessari per bene adempiere le funzioni del nuovo grado. Aver disimpegnato bene le funzioni del proprio grado è condizione indispensabile ma non sufficiente per l’avanzamento al grado superiore” (art. 8 comma 1 della d.lgs. n. 490/1997, già art. 1 della legge n. 1137 del 1955);
– il giudizio sull’avanzamento a scelta è demandato ad apposite Commissioni di avanzamento (superiore per gli ufficiali superiori; ordinaria per gli altri ufficiali) (art. 10 della d.lgs. n. 490/1997, già art. 9 della legge n. 1137 del 1955);
– ai fini dell’avanzamento l’ufficiale deve essere riconosciuto idoneo dalla commissione, in quanto giudicato in possesso dei requisiti fisici, morali, di carattere, intellettuali, di cultura, professionali, necessari per bene adempiere le funzioni del nuovo grado, sulla base degli elementi risultanti dalla documentazione caratteristica e matricolare dell’ufficiale ed essere inoltre compreso in una graduatoria di merito, nel numero dei posti corrispondente a quello delle promozioni da effettuare disposte secondo l’ordine di graduatoria (art. 15, 16, 17 del d.lgs. n. 298/2000, già art. 3 commi 3 e 4 della legge n. 1137 del 1955);
– gli ufficiali scrutinandi sono compresi in apposite aliquote di ruolo (art. 20 della legge n. 1137 del 1955) e sono valutati sulla base dei documenti caratteristici, ed in specie del libretto personale (art. 23 della legge n. 1137 del 1955);
– le commissioni di avanzamento devono anzitutto dichiarare se l’ufficiale valutato sia o meno idoneo all’avanzamento, quindi attribuiscono a ciascun ufficiale giudicato idoneo “…un punto di merito da uno a trenta e, in base al punto attribuito, compila(no) una graduatoria di merito di detti ufficiali, dando, a parità di punti, precedenza al più anziano in ruolo” (art. 25 della legge n. 1137 del 1955);
– al fine dell’attribuzione del punto di merito per gli ufficiali di grado non superiore a colonnello o corrispondente ogni componente della commissione “…assegna all’ufficiale un punto da uno a trenta per ciascun complesso di elementi di cui alle seguenti lettere: a) qualità morali, di carattere e fisiche; b) benemerenze di guerra e comportamento in guerra e qualità professionali dimostrate durante la carriera, specialmente nel grado rivestito, con particolare riguardo all’esercizio del comando o delle attribuzioni specifiche, qualora richiesti dalla presente legge ai fini dell’avanzamento, al servizio prestato presso reparti o in imbarco; c) doti intellettuali e di cultura con particolare riguardo ai risultati di corsi, esami, esperimenti; d) attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore, con specifico riferimento ai settori di impiego di particolare interesse per l’Amministrazione. Le somme dei punti assegnati per ciascun complesso di elementi di cui alle lettere a), b), c), d) sono divise per il numero dei votanti, e i relativi quozienti, calcolati al centesimo, sono sommati tra di loro. Il totale così ottenuto è quindi diviso per quattro, calcolando il quoziente, al centesimo. Detto quoziente costituisce il punto di merito attribuito all’ufficiale dalla Commissione” (art. 26 della legge n. 1137 del 1955);
– gli elenchi degli idonei e dei non idonei e le graduatorie di merito sono sottoposti al Ministro per l’approvazione (art. 27 della legge n. 1137 del 1955) e sulla scorta degli elenchi degli idonei e delle graduatorie sono formati i quadri di avanzamento, che, per quello a scelta, comprende “…gli ufficiali idonei e compresi, nell’ordine di graduatoria, nel numero dei posti corrispondente a quello delle promozioni da effettuare” e che hanno validità “…per l’anno cui si riferiscono” (art. 30 della legge n. 1137 del 1955); l’ufficiale iscritto nel quadro di avanzamento “…è promosso secondo l’ordine della sua iscrizione nel quadro stesso”, a seconda del grado con decreto del Presidente della Repubblica, con decreto del Presidente del Consiglio o con decreto ministeriale (art. 33 della legge n. 1137 del 1955);
– le disposizioni della legge n. 1137 del 1955 vanno integrate, quanto alle modalità procedurali e ai contenuti dei giudizi di avanzamento, con quelle del d.m. 2 novembre 1993, n. 571, recante il “Regolamento concernente modalità e criteri applicativi delle norme contenute negli articoli 25 e 26 della L. 12 novembre 1955, n. 1137, riguardanti le procedure ed i punteggi per l’avanzamento a scelta degli ufficiali delle forze armate”, che per quanto qui interessa dispone che:
— la valutazione degli ufficiali si basa “…sugli elementi risultanti dalla documentazione di cui all’art. 23 della legge 12 novembre 1955, n. 1137…”, integrati, a richiesta delle commissioni, da informazioni fornite dagli ufficiali che hanno o hanno avuto “…alle dipendenze il valutando” e deve “…tener conto di tutti i precedenti di carriera dell’ufficiale da giudicare” (art. 2 del d.m. n. 573 del 1993);
— i vari giudizi di avanzamento nel tempo concernenti lo stesso ufficiale “sono autonomi tra loro”, anche se la commissione sia composta dagli stessi membri, epperò la diversità di valutazioni, positive o negative, “…deve trovare giustificazione in elementi di giudizio intervenuti nel tempo e risultanti dalla documentazione di cui al precedente art. 2” (art. 3 del d.m. n. 573 del 1993);
— l’avanzamento a scelta si svolge attraverso due fasi valutative, la prima “…diretta ad accertare l’idoneità complessiva all’avanzamento di ciascun ufficiale in rapporto alle funzioni da adempiere nel grado superiore”, la seconda “…rivolta a determinare, attraverso l’attribuzione di un punteggio di merito, la misura in cui si ritiene che le qualità, le capacità e le attitudini siano possedute da ciascun ufficiale giudicato idoneo”, con conseguente formazione della graduatoria degli ufficiali giudicati idonei (art. 4 del d.m. n. 573 del 1993);
— la prima fase valutativa è, più in particolare, “…diretta ad accertare, con un apprezzamento globale, se l’ufficiale abbia assolto in modo soddisfacente le funzioni del grado rivestito e se risulti complessivamente in possesso dei requisiti morali, di carattere, fisici, intellettuali, di cultura e professionali, tali da evidenziare la piena attitudine all’esercizio delle funzioni del grado superiore” (art. 5 del d.m. n. 573 del 1993);
— la seconda fase valutativa si risolve, attraverso l’attribuzione del punteggio, e nella sintesi da questo espresso, in un “…giudizio di merito assoluto nei confronti di ciascun ufficiale scrutinando, previa valutazione collegiale delle sue qualità, capacità e attitudini” (art. 6 del d.m. n. 573 del 1993); i punteggi di merito per le varie categorie di requisiti di cui all’art. 26 della legge n. 1137 del 1955 rappresentano “…l’espressione di una valutazione di sintesi da parte di ciascun componente della commissione e non la somma di punteggi parziali assegnati per ogni elemento nell’ambito della categoria medesima” (art. 7 del d.m. n. 573 del 1993);
— in particolare, le qualità morali e di carattere, come risultanti dalla documentazione caratteristica e specialmente evidenziate nel grado rivestito, vanno apprezzate in “…relazione ad un modello ideale della figura dell’ufficiale, quale risulta dai valori indicati nel regolamento di disciplina militare e rapportato sempre alla realtà sociale dello specifico periodo storico. Sono altresì considerate le punizioni, gli elogi e gli encomi ricevuti, avuto particolare riguardo alle relative motivazioni”; mentre la rilevanza delle qualità fisiche va “…rapportata alla specifica fascia di età correlata ai vari gradi ed alla fisionomia del ruolo e del Corpo di appartenenza”, non mutando invece quella del decoro della persona (art. 8 del d.m. n. 573 del 1993);
— la valutazione delle qualità professionali “…dimostrate durante la carriera e specialmente nel grado rivestito…” va desunta dalla “…analisi di tutti gli elementi desumibili dalla documentazione personale, tra cui in particolare: benemerenze di guerra e di pace; incarichi di comando o attribuzioni specifiche o servizi prestati presso i reparti o in imbarco; incarichi di particolare responsabilità ; incarico attuale; specifiche attitudini e versatilità dimostrate in relazione al ruolo di appartenenza ed alle differenti situazioni d’impiego; encomi, elogi o punizioni, con particolare riguardo alle relative motivazioni”, con “adeguata considerazione…(della) motivazione al lavoro che, completando le qualità professionali, è l’espressione dell’interesse diretto agli obiettivi organizzativi e della conseguente partecipazione con senso del dovere, della responsabilità, della disciplina, nonché con spirito di abnegazione e di sacrificio” (art. 9 del d.m. n. 573 del 1993); peraltro, “La rilevanza degli incarichi non è comunque di per sé attributiva di capacità e di attitudini, le quali vanno sempre accertate in concreto” (art. 10 del d.m. n. 573 del 1993);
— quanto alle qualità intellettuali e di cultura esse vanno considerate “…prevalentemente in relazione alla fisionomia istituzionale del ruolo cui…(l’ufficiale)…appartiene ed all’affidamento che può derivarne in termini di efficienza per l’Amministrazione”, non costituendo quindi “…il possesso di titoli non attinenti ai predetti fini…elemento di particolare considerazione”, mentre “…sono elementi essenziali da valutare…in particolare: l’iter formativo; i risultati dei corsi e degli esami previsti ai fini dell’avanzamento e per l’aggiornamento ed il perfezionamento della formazione professionale; gli altri corsi in Italia ed all’estero; i titoli culturali; la conoscenza di lingue straniere debitamente accertata; le pubblicazioni” (art. 11 del d.m. n. 573 del 1993).
— altro elemento da valutare è la tendenza di carriera, ovvero il raffronto tra qualità, capacità e attitudini “…risultanti dalle graduatorie definitive dei concorsi per il reclutamento e dei corsi…con quelle effettivamente dimostrate dall’ufficiale durante il successivo impiego” nonché “l’andamento complessivo della progressione di carriera” (art. 12 del d.m. n. 537 del 1993);
— quanto alle norme procedurali è sufficiente qui ricordare che le commissioni sono convocate dal Ministro ed assumono deliberazioni valide con la presenza di almeno i due terzi dei componenti con diritto di voto; la votazione relativa a ciascun ufficiale scrutinando deve essere “preceduta…da un approfondito esame collegiale delle sue qualità e capacità “; è giudicato idoneo all’avanzamento l’ufficiale scrutinando che “…riporti un numero di voti favorevoli superiore a due terzi dei votanti”; il punto di merito è assegnato “…previa discussione…(e)… collegialmente…”; di tutte le attività della commissione è redatto processo verbale sottoscritto da tutti i componenti e sottoposto, assieme agli elenchi dei non idonei, degli idonei e alla graduatoria, all’approvazione del Ministro (art. 13 del d.m. n. 573 del 1993).
2.1. Così delineato il quadro normativo di riferimento, è agevole comprendere come il giudizio valutativo di idoneità, e ancor più quello di merito assoluto (e quindi non comparativo) espresso con l’attribuzione del punteggio, costituiscano esplicazione di apprezzamenti di amplissima discrezionalità “tecnica” che hanno riguardo alla percezione globale e complessiva di tutto il complesso di qualità manifestate dall’ufficiale (sia pure riferite a “indicatori” tipizzati) nel corso dell’intera carriera, di tal ché il sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo è “confinato” (salvi i casi di violazioni delle regole formali procedurali) in uno spazio assai limitato, se non angusto, come delineato dai vizi funzionali dell’eccesso di potere in senso assoluto e in senso relativo.
Il primo si fonda sulla valutazione della coerenza generale del metro valutativo e della non manifesta incongruità e irragionevolezza del giudizio e del punteggio assegnato in rapporto agli elementi di valutazione (eccesso di potere in senso assoluto).
Il secondo, invece, attiene alla verifica della coerenza del metro valutativo utilizzato nei confronti dell’ufficiale ricorrente e degli ufficiali parigrado meglio graduati e collocati in posizione utile all’iscrizione in quadro di avanzamento, assumendo consistenza quando, senza tralignare in una indagine comparativa preclusa al giudice amministrativo, sia ictu oculi evidente la svalutazione dell’interessato o la sopravvalutazione degli ufficiali graduati in posizione utile (eccesso di potere in senso relativo).
Secondo giurisprudenza consolidata di questa Sezione, sotto il profilo dell’eccesso di potere in senso assoluto il sindacato è appunto circoscritto alla coerenza generale del metro valutativo adoperato oppure alla manifesta incongruità del punteggio, avuto riguardo agli incarichi ricoperti, alle funzioni espletate ed alle positive valutazioni ottenute durante tutto l’arco della carriera degli scrutinandi; mentre l’eccesso di potere in senso relativo è rilevabile solo se il giudice amministrativo nell’esaminare le varie posizioni dei parigrado valutati -senza effettuare una comparazione tra le stesse e ricercando la coerenza generale delle valutazioni contestualmente espresse in rapporto ad elementi oggettivi di giudizio- accerti il mancato rispetto della logica del metodo di valutazione e la violazione della regola dell’uniformità di giudizio.
Nell’uno come nell’altro caso, però, l’incoerenza della valutazione (e quindi del punteggio assegnato) devono emergere dall’esame della documentazione con assoluta immediatezza, ovvero deve essere “palesamente ed immediatamente” evidente l’inadeguatezza del punteggio in rapporto ad un livello macroscopicamente ottimale di precedenti di carriera e di qualità, tanto da porne in luce l’abnormità (che può essere predicata, in particolare, quando l’interessato occupi posizioni di graduatoria prossime a quelle degli ufficiali parigrado con punteggio tale da consentire l’iscrizione nel quadro di avanzamento e meritevoli di conseguire il grado superiore in misura non superiore all’interessato).
3. Tanto premesso occorre esaminare dapprima l’appello incidentale autonomo proposto dall’originario ricorrente, che non è fondato e deve essere, pertanto, respinto. Innanzitutto risulta destituita la tesi di fondo che anima il detto gravame, ossia che l’accoglimento delle censure contenute nel ricorso di primo grado sulle lett. a), c) e d) dell’airt. 26 della legge n. 1137/1955 evidenzi un’intrinseca contraddittorietà della pronuncia di prime cure, laddove non ha ritenuto sussistente alcun eccesso di potere relativo in relazione alla valutazione espressa dall’amministrazione sulla lett. b) dell’art. 26 della legge n. 1137/1955. Infatti, l’eventuale eccesso di potere relativo nei termini sopra descritti ben può riguardare uno degli aspetti descritti dalle citate lettere senza, necessariamente, contagiare la valutazione operata sugli altri. Se alcuni elementi valutativi, infatti, possono essere trasversali rispetto ai giudizi che devono essere resi, ciò non toglie che ogni categoria mantiene una sua specificità ed autonomia di giudizio e di punteggio.
Per ciò che concerne il punto b) del predetto art. 26, comma 2, l’art. 9 del D.M. n. 571 individua i seguenti criteri di massima: la valutazione delle qualità professionali, dimostrate durante la carriera e specialmente nel grado rivestito, deve essere condotta attraverso l’analisi di tutti gli elementi desumibili dalla documentazione personale, tra cui in particolare: benemerenze di guerra e di pace; incarichi di comando o attribuzioni specifiche o servizi prestati presso i reparti o in imbarco; incarichi di particolare responsabilità ivi compresi quelli a carattere interforze ed internazionali; incarico attuale; specifiche attitudini e versatilità dimostrate in relazione al ruolo di appartenenza ed alle differenti situazioni d’impiego; encomi, elogi o punizioni, con particolare riguardo alle relative motivazioni.
Adeguata considerazione deve essere riconosciuta alla motivazione al lavoro che, completando le qualità professionali, è l’espressione dell’interesse diretto agli obiettivi organizzativi e della conseguente partecipazione con senso del dovere, della responsabilità, della disciplina, nonché con spirito di abnegazione e di sacrificio.
Nel ponderare gli elementi curricolari in relazione ai detti parametri la valutazione dell’amministrazione appare immune da censure, dal momento che, da un lato, i giudizi espressi rispetto ai detti elementi appaiono coerenti rispetto ai giudizi espressi per ognuna delle parti interessate e non consentono di ravvisare una disparità di trattamento in termini di giudizio espresso tra le parti stesse. In questo senso appare pienamente legittima la valutazione dell’amministrazione che valorizza mai in modo contraddittorio elementi eterogeni degli interessati, giungendo ad un giudizio complessivo che vede l’appellante superato dall’appellato di pochissimi centesimi di punto, ossia 0,03. Né l’appellante dimostra che uno o più elementi curricolari posseduti imponessero anche alla luce delle citate norme del D.M. 537/1993, la necessaria prevalenza nel punteggio. Né, infine, il giudizio elaborato dalla Commissione risulta contraddittorio rispetto al punteggio assegnato, considerato che l’unico profilo che vede l’appellante superare l’appellato è relativo alla progressione di carriera: ottimo contro buono. Mentre quest’ultimo supera il primo sia per la voce “Capacità professionali dimostrate durante tutta la carriera”: assolutamente eccezionali contro eccezionali, sia nella voce “Incarichi relativi alle attribuzioni specifiche per l’avanzamento”: encomiabili contro più che lodevoli.
La pronuncia di prime cure, quindi, merita di essere confermato sotto questo profilo, tendendo in definitiva l’appello a provocare una rivalutazione da parte del Collegio nella ponderazione dei singoli elementi curricolari e nella conseguente formulazione dei giudizi ed assegnazione dei punteggi, che si tradurrebbe in un’indebita ingerenza nel merito amministrativo.
4. Venendo, invece, all’appello principale deve rilevarsi che in relazione alla valutazione di cui alla lett. a) del citato art. 26 della legge n. 1137/1955 e dell’art. 8 del D.M. n. 571 del 1993 il sindacato del primo giudice si è sempre mantenuto nell’alveo fisiologico sopra descritto per il contezioso in esame. Al riguardo, merita di essere confermata la conclusione del primo giudice in ordine alla presenza di un vizio di eccesso di potere relativo, dal momento che la sia pur marginale prevalenza del Ge. sul Lu. per solo 0.01 centesimi di punto non si spiega alla luce del giudizio sintetico operato dalla Commissione, che, infatti, fa prevalere il Ge. nonostante riconosca un giudizio migliore all’appellante incidentale sotto il profilo delle qualità fisiche: eccellenti per il secondo, ottime per il primo. E nonostante il maggior numero di benemerenze riportate dall’appellante incidentale rispetto a quelle del Ge., che sfocia comunque in un giudizio sintetico equipollente per la voce: “Qualità morali e di carattere”. In questo caso è l’amministrazione appellante ad invocare un giudizio sostitutivo di questo Collegio, che, come detto, non può essere operato.
Alla stessa conclusione deve giungersi per ciò che riguarda la doglianza dell’appello principale che censura il capo della sentenza impugnata nella parte in cui ravvisa una disparità di trattamento nella valutazione di cui alla lett. c) del suindicato art. 26 e dell’art. 9 del D.M. n. 571. In questo caso, infatti, il primo giudice ha correttamente rilevato che la Commissione dà atto invece a favore del ricorrente di risultati elevati nell’iter formativo, nei corsi e negli esami, mentre al Ge. si limita a definire gli stessi come molto buoni, ma ciò nonostante gli tributa un punteggio superiore rispetto a quello dell’originario ricorrente. La commissione, in particolare, in sede di giudizio nonostante formuli giudizi più lusinghieri per l’originario ricorrente sia per la voce: “Risultati conseguiti nell’iter formativo, nei corsi e negli esami” che per la voce: “Capacità effettivamente dimostrate durante i successivi impieghi”, facendo prevalere il Ge. solo per la voce: “Capacità intellettuali complessive”, assegna a quest’ultimo una prevalenza di punteggio, che non risulta comprensibile. Anche in questo caso l’amministrazione appellante argomenta in ordine al peso assunto dai singoli elementi curricolari per altro eterogenei tra le parti, invocando un giudizio sostitutivo di questo Collegio che non può essere svolto.
5. Diversa sorte merita l’ultima censura contenuta nell’appello principale, con la quale si critica il capo della sentenza di prime cure, che ha ritenuto illegittima la valutazione delle qualità di cui alla lett. d) dell’art. 26 già citato, come integrato dagli artt. 10 e 11/bis del D.M. n. 571/1993. In relazione a ciò a fronte di una aggettivazione per la voce: “Attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore, con specifico riferimento ai settori di impiego di particolare interesse per l’amministrazione” in termini di “elevatissima” per l’originario ricorrente e di “assolutamente pregevole” per l’originario controinteressato, la Commissione assegna a quest’ultimo un punteggio superiore rispetto al primo di 0,25 centesimi. Una simile scelta a differenza di quanto ritenuto dal primo giudice è pienamente compatibile con i diversi incarichi svolti e consente di comprendere come l’amministrazione abbia inteso premiare sia pure con un leggere scostamento di punteggio il Ge., valorizzando la maggior durata dei mesi complessivi di incarico, ricoperto da quest’ultimo, quale Capo Dipartimento presso il Policlinico Militare (123 anziché 87) oppure la anticipata acquisizione del grado dirigenziale (tre anni prima) rispetto all’esperienza più differenziata dell’appellante incidentale. Il premio in termini di punteggio offerto al Ge. dall’amministrazione è, infatti, coerente rispetto alla differenza di elementi curricolari e sottende una scelta opinabile quanto discrezionale, non tacciabile di illogicità o di incoerenza, e in quanto tale non ulteriormente sindacabile dal g.a.
6. In definitiva, l’appello principale deve essere accolto solo in parte, mentre va respinto l’appello incidentale, da ciò discende la parziale riforma dell’impugnata sentenza e l’accoglimento solo in parte del ricorso di primo grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti:
– riunisce gli appelli;
– accoglie in parte l’appello principale;
– respinge l’appello incidentale;
e, per l’effetto, in parziale riforma dell’impugnata sentenza accoglie nei termini sopra indicati il ricorso di prime cure e annulla il provvedimento impugnato nei sensi e nei modi di cui in motivazione.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Troiano – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere
Oberdan Forlenza – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere, Estensore
Daniela Di Carlo – Consigliere

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