Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 12 ottobre 2017, n. 4731. Nel processo amministrativo, una questione proposta per la prima volta in grado di appello è inammissibile

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Nel caso di specie, il decreto segretariale del 19 giugno 2009 ha modificato il bando di concorso a 150 posti per la passaggio dall’area B all’area C – posizione economica C1 bandito con decreto segretariale del 23 aprile 2005, prevedendo quanto segue:

– i 150 posti sono così suddivisi: 131 posti per il profilo di collaboratore amministrativo; 12 posti per il profilo di collaboratore informatico; 4 posti per il profilo di collaboratore tecnico; 3 posti riservati al personale appartenente ai ruoli locali in servizio presso la Corte dei conti di Bolzano;

– i candidati che hanno presentato domanda di partecipazione entro il termine del 31 ottobre 2005 e non abbiano ricevuto notizia di esclusione devono trasmettere una dichiarazione riguardante la scelta vincolante della tipologia della prova scritta d’esame;

– la prova d’esame non consiste nello svolgimento di un elaborato, ma in un test articolato su 60 quesiti a risposta multipla in un massimo di 45 minuti;

– corsi di durata, complessivamente, non superiore a trenta giorni lavorativi.

Nessuna di tali modificazioni ha inciso sui requisiti di partecipazione né, in presenza tra l’altro di un inalterato numero di posti a concorso, può ritenersi integrare una modificazione dell’originario bando in termini sostanziali.

Ne consegue che nessun obbligo sussisteva per l’amministrazione procedente di riaprire i termini al fine di consentire la partecipazione a chi, non disponendo a suo tempo dei requisiti necessari alla partecipazione, li avesse medio tempore conseguiti.

4.4 L’ultimo motivo di appello – secondo cui il bando sarebbe illegittimo nella parte in cui ammette a partecipare tutti i soggetti collocati nell’area funzionale B del ruolo della Corte dei Conti, indipendentemente dalla qualificazione come B1, B2, B3 e B3S, per conseguire la collocazione nell’area funzionale superiore – si rivela inammissibile e, comunque infondato.

4.4.1 In primo luogo, l’appellante, non avendo titolo a partecipare alla procedura concorsuale, è priva di legittimazione, in assenza di un interesse qualificato, a dedurre la relativa censura.

4.4.2 Ad ogni buon conto, in relazione al medesimo corso concorso, in un giudizio introdotto da dipendenti amministrativi della Corte dei conti in posizione economica B3 super, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, con decisione 12 febbraio 2010, n. 788, con motivazione da cui questo Collegio non ha alcuna ragione per discostarsi, ha rappresentato che: “il passaggio da B1/B2 a B3, ancorché disciplinato in modo peculiare, reca uno spostamento meramente ‘internò a una stessa area, come tale non assimilabile a procedura concorsuale” e che “con riguardo poi alla concreta disciplina contenuta nel bando de quo ? i diversi punteggi previsti per ciascun anno di servizio nelle diverse posizioni economiche dell’area B ? appaiono idonei a determinare una diversa collocazione nella graduatoria per l’accesso al corso-concorso, in modo da valorizzare adeguatamente la differente professionalità dei dipendenti inseriti in classe B3”.

La sentenza appellata, inoltre, ha tra l’altro evidenziato che “i punteggi per l’anzianità sono differenziati in relazione alla posizione di appartenenza degli aspiranti (in particolare: punti 1,00 per i B3; punti 0,75 per i B2; punti 0,50 per i B1)”.

Pertanto, non può ritenersi che l’Amministrazione abbia attribuito all’anzianità una funzione “del tutto abnorme” quale quella censurata dalla giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte Costituzionale, n. 194 del 2002 e n. 1 del 1999).

Ne consegue che, anche sotto tale profilo, non potendosi ritenere violata la giurisprudenza costituzionale che esclude la progressione per saltum, la sentenza merita di essere confermata.

5. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.

Il Collegio rileva, inoltre, che la pronuncia di inammissibilità ed infondatezza del ricorso in appello (la cui formulazione ha contribuito a disattendere il principio di sinteticità sancito dall’art. 3, comma 2, c.p.a.) si basa, come sopra illustrato, su ragioni manifeste che integrano i presupposti applicativi dell’art. 26, co. 1, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio, sostanzialmente recepita, sul punto in esame, dalla novella recata dal decreto-legge n. 90 del 2014 [cfr. sez. V, 9 luglio 2015, n. 3462; sez. V, 21 novembre 2014, n. 5757; sez. V, 11 giugno 2013, n. 3210; sez. V, 26 marzo 2012, n. 1733; sez. V, 31 maggio 2011, n. 3252, cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative e alla determinazione della misura indennitaria, conformemente, per altro, ai principi elaborati dalla Corte di cassazione (cfr. da ultimo sez. VI, n. 11939 del 2017 e n. 22150 del 2016)].

6. La condanna dell’appellante ai sensi dell’art. 26 c.p.a. rileva, eventualmente, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2 quinquies, lett. a) e d), della legge 24 marzo 2001, n. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% per spese generali), in favore dell’amministrazione resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 settembre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli – Presidente

Giuseppe Castiglia – Consigliere

Luca Lamberti – Consigliere

Nicola D’Angelo – Consigliere

Roberto Caponigro – Consigliere, Estensore

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