Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 12 ottobre 2017, n. 4731. Nel processo amministrativo, una questione proposta per la prima volta in grado di appello è inammissibile

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4.2.2 Inoltre, si presenta del tutto ininfluente ai fini del presente giudizio la circostanza che la procedura in questione non sia giunta a coprire tutti i posti messi a concorso.

4.3 Il terzo motivo d’appello è in parte inammissibile ed in parte infondato.

4.3.1 L’appellante ha censurato la sentenza di primo grado prospettando la nullità o, comunque, l’illegittimità del bando del 2005 in quanto, in assenza del prescritto atto autorizzativo, intervenuto solo nel 2008, il corso-concorso non avrebbe potuto essere bandito.

4.3.2 La censura è inammissibile in quanto non proposta in primo grado per il divieto di jus novorum già esplicitato al punto 4.1 della presente sentenza

4.3.3 L’appellante, nell’ambito dello stesso motivo, ha posto altresì in rilievo che l’amministrazione avrebbe dovuto effettuare la riapertura dei termini per la partecipazione al concorso e per il possesso dei titoli richiesti alla data del 18 giugno 2009 (successiva al necessario atto autorizzatorio dell’11 marzo 2008), piuttosto che ad una data risalente a quasi 4 anni prima.

Il Collegio – nel premettere che l’appello avverso la sentenza di primo grado non può consistere nella mera reiterazione delle censure prospettate con il ricorso di primo grado, ma deve contenere, ai sensi dell’art. 101 c.p.a., “specifiche censure contro i capi della sentenza gravata” e ciò in quanto oggetto del giudizio di appello è la sentenza di primo grado e non il provvedimento impugnato in quel giudizio – rileva, comunque, che la prospettazione dell’appellante, secondo cui la modifica della lex specialis del corso concorso avrebbe dovuto imporre all’Amministrazione una generale riapertura dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione e per il possesso dei requisiti richiesti, non può essere condivisa.

L’appellante, in sostanza, ritiene non solo che il termine per la presentazione delle domande dovesse essere riaperto, ma anche che al nuovo termine dovesse farsi riferimento per la maturazione dei requisiti prescritti.

Costituisce regola generale, derivante dai principi di imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa, che, alla modifica sostanziale di una procedura concorsuale, debba far seguito la riapertura dei termini per la presentazione delle domande.

La “modifica sostanziale” della procedura concorsuale, che impone la riapertura dei termini per la presentazione delle domande, corrisponde, in particolare, all’allargamento della potenziale platea di partecipanti; in tal caso, in ragione della nuova modalità di tutela del pubblico interesse volto alla selezione dei candidati “migliori”, la riapertura dei termini costituisce atto logicamente consequenziale per consentire la partecipazione anche a coloro i quali, pur potenzialmente interessati, non avevano potuto presentare una domanda ammissibile in quanto sprovvisti dei requisiti richiesti dal bando, successivamente ampliati.

Il Collegio, a prescindere dalla considerazione che non sussiste una corrispondenza necessaria tra il dies ad quem del termine riaperto e la data cui fare riferimento per il possesso dei requisiti, rileva che, nel caso di specie, non vi è stato alcun ampliamento dei requisiti di partecipazione richiesti dal bando e, quindi, nessun ampliamento della potenziale partecipazione, per cui, come correttamente messo in rilievo dal TAR, non sussisteva alcun obbligo per la Corte dei Conti di riaprire i termini per consentire la partecipazione a chi avesse maturato medio tempore i requisiti già richiesti dal bando oggetto di modifica.

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