Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

Sezione IV

Sentenza 7 aprile 2014, n. 1609

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2126 del 2011, proposto da:
Ministero dell’Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, Comando Provinciale di Napoli Guardia di Finanza, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Giuseppe L., rappresentato e difeso dall’avv. Aristide De Vivo, con domicilio eletto presso Federica Scafarelli in Roma, via Giosuè Borsi N. 4;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE I n. 12796/2010, resa tra le parti, concernente della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE I n. 12796/2010,

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Giuseppe L.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2013 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Avvocato dello Stato Urbani Neri e Avv. Mazzeo, per delega dell’Avv. De Vivo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso in appello, depositato in data 21.3.2011, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, appellava la sentenza del TAR Campania – sezione di Salerno – n. 12796 del 2010, favorevole alla parte appellata, sig. Giuseppe L., militare ricorrente avverso sanzione disciplinare della consegna semplice.

Con decreto n.1513/2012 veniva dichiarata la perenzione del ricorso in appello, ai sensi dell’art. 81, per la mancanza di presentazione di istanza di fissazione di udienza nel termine annuale. Tuttavia, avverso tale decreto il Ministero dell’Economia proponeva opposizione, deducendo che la domanda di fissazione di udienza era indicata nell’atto di appello in data 21.3.2001 e che la Segreteria l’ha rinvenuta in data 9.6.2012, come risulta dagli elaborati del sua sistema informatico. Con sentenza n. 2954/2013, in accoglimento dell’opposizione, la Sezione ha disposto la rimessione del ricorso nel ruolo generale di merito, sicchè il gravame, alla pubblica udienza del 29 ottobre 2013, è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’appello in esame controverte della legittimità di una sanzione disciplinare della consegna semplice, irrogata al militare appellato in ragione di taglio di capelli alla “skinhead”, ritenuto in contrasto con i doveri di decoro sanciti dal regolamento militare (dpr n.545/1986, vigente all’epoca dei fatti e poi sostituito dal decreto n. 66 del 2010).

Contro detta misura l’interessato ha proposto ricorso al superiore gerarchico (ricevendone il rigetto) e conseguentemente ha adìto il TAR Campania, sez. di Salerno.

Con la sentenza gravata il Tribunale ha accolto il ricorso del sig. L., affermando l’illegittimità del provvedimento “de quo”, in quanto il taglio contestato (peraltro non inusuale) non può ritenersi in contrasto col decoro della persona del militare né con il corretto uso dell’equipaggiamento militare prescritti dalla citata normazione.

Il Ministero ricorrente contrasta questo orientamento, argomentando che:

– la portata generale dell’art. 18 del previgente regolamento (ed ora dell’art 721 del nuovo ordinamento) non può essere ostacolata dall’erroneo rilievo (del ricorrente e del TAR) per cui essa non precisa quale sia il taglio di capelli che detto decoro assicura; ne deriva che in àmbito disciplinare possono essere sanzionati comportamenti che contravvengano anche ad ipotesi concettuali o, come precisato dalla giurisprudenza costituzionale, a valori cui si ispirano le regole di comportamento;

– i concetti di decoro e dignità richiamati dalle cennate disposizioni sono formulati a tutela del prestigio delle forze armate, informato a valori di sobrietà e compostezza, con i quali deve senz’altro ritenersi incompatibile un’acconciatura del tutto insolita od inusuale;

– in ogni caso il giudice di prima istanza si è indebitamente sostituito alle valutazioni di tipica competenza del comando militare, in un caso in cui esse non appaiono peraltro né illogiche né contraddittorie.

L’appello è fondato, in particolare sulla base di quest’ultimo rilievo.

E’ anzitutto caratteristica di tutte le sanzioni di “corpo” la ampia gamma delle infrazioni ad essa correlabili e la loro non corrispondenza a comportamenti dettagliatamente tipizzati dalle norme, ma che cionondimeno radicano la propria legittimità nel generale dovere di osservanza dei doveri previsti dal regolamento. Tale connotazione apre perciò un ampio spazio di valutazione riservato all’amministrazione militare, in particolare in merito ai concetti di decoro e dignità dell’aspetto e del comportamento esteriori. In tale campo, il TAR è certamente entrato affermando che “un tipico e non inusuale “taglio di capelli”, non appare, all’evidenza, in contrasto con il decoro della persona e dell’Amministrazione militare di appartenenza …”. Né tale valutazione trova maggior forza giuridica nel fatto, invero difficile da smentire, per cui la contestata acconciatura risulta oggi tutt’altro che inusuale, ma al contrario un comportamento alquanto diffuso. Tale diffusione, infatti, lungi dal costituire un parametro in favore della decorosità, si riscontra nella società posta all’esterno della comunità “forze armate” e che del tutto liberamente tende ad esprimersi attraverso mode individuali di qualsiasi forma, la cui valutazione in termini di decoro entra peraltro in un campo di assoluta opinabilità.

Al contrario le forze armate sono regolate da un complesso di norme e principi (che gli appartenenti si obbligano ad osservare) i quali, in virtù di pubblici interessi ed in quanto rivolti a soggetti cui si chiede una disciplina “speciale”, possono trovare del tutto legittimamente un’applicazione in senso compressivo di alcuni profili di libertà comportamentale, seppur secondari, della persona, praticabili invece senza impedimenti dai soggetti che non vi fanno parte. Né infine potrebbe giovare all’appellato rilevare, come sembra far pensare il richiamo al corpo dei “marines” USA, che alcune fogge non sono incompatibili col decoro ma tipiche; in quei casi, infatti, l’aspetto esteriore non usuale per un militare trova fondamento o in compiti operativi particolari o in immagini caratterizzanti storicamente il corpo di appartenenza, risultando perciò tollerate se non autorizzate da prassi o disposizioni interne al medesimo.

– Conclusivamente il ricorso è meritevole di accoglimento.

– Le spese di entrambi i gradi di giudizio sono poste a carico dell’appellato, in ragione del carattere alquanto “temerario” della controversia avviata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, accoglie l’appello proposto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Condanna la parte appellata al pagamento, in favore del Ministero della Difesa, delle spese di entrambi i gradi di giudizio, che liquida complessivamente in Euro tremila (3.000), oltre accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2013 con l’intervento dei magistrati:

Marzio Branca, Presidente FF

Nicola Russo, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore

Andrea Migliozzi, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/04/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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