Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 6 giugno 2016, n. 2394

L’opera, per la quale si chiede l’esenzione del pagamento degli oneri urbanizzativi, sia, per le sue oggettive caratteristiche e peculiarità, deve essere esclusivamente finalizzata ad un utilizzo dell’intera collettività; non è sufficiente, quindi, che l’opera sia legata a un interesse generale da un nesso di mera.Tale accertamento, pertanto, non può essere fondato sulla base della sola destinazione che il titolare dell’opera intende soggettivamente imprimere sulla stessa, se non provocando un’evidente elusione del sistema normativo che prevede come regola generale, in un’ottica di corretto governo del territorio ex art. 9, comma 2, Cost., l’imposizione contributiva per l’ottenimento dei titoli edilizi, rispetto alla quale i casi di deroga sono di stretta interpretazione

 

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 6 giugno 2016, n. 2394

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello nr. 8723 del 2015, proposto dal
Comune di Rimini, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Ma.As.Fo., con domicilio eletto presso l’avv. Ma.Te.Ba. in (omissis),
contro
He. – Ho.En. Ri.Am. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. An. Ca., con domicilio eletto presso l’avv. Ad.Gi. in (omissis),
per l’annullamento,
previa sospensione,
della sentenza del T.A.R. dell’Emilia-Romagna, Sezione Prima, nr. 383/2015 depositata in data 17 aprile 2015, non notificata, con la quale il ricorso proposto da He. – Ho.En. Ri.Am. S.p.a. è stato accolto, “nei sensi di cui in motivazione” e, per l’effetto, il Comune di Rimini condannato alla restituzione alla ricorrente di quanto indebitamente incamerato a titolo di oneri di urbanizzazione, oltre agli interessi legali dalla domanda giudiziale (data di notificazione del ricorso) al saldo, con compensazione delle spese di lite, ma con la rifusione alla ricorrente del contributo unificato.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di He. – Ho.En. Ri.Am. S.p.a.;
Viste le memorie prodotte dal Comune appellante (in data 7 aprile 2016) e dalla società appellata (in date 6 novembre 2015, 9 e 19 aprile 2016) a sostegno delle rispettive difese;
Vista l’ordinanza di questa Sezione nr. 5068 del 10 novembre 2015, con la quale è stata accolta la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 12 maggio 2016, il Consigliere Raffaele Greco;
Uditi l’avv. Ma.Te.Ba. (su delega dell’avv. Fo.) per il Comune appellante e l’avv. Ca. per l’appellata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il Comune di Rimini ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensiva, la sentenza con la quale il T.A.R. dell’Emilia-Romagna ha accolto il ricorso proposto dalla società He. – Ho.En. Ri.Am.S.p.a., per l’annullamento del provvedimento con cui lo stesso Ente territoriale ha chiesto e ottenuto il pagamento di € 141.430, 24 a titolo di oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e per la successiva condanna dello stesso alla restituzione di quanto indebitamente percepito.
A sostegno dell’appello, l’istante ha dedotto:
1) violazione dell’art. 34 cod. proc. amm. e dell’art. 112 cod. proc. civ. (richiamato dall’art. 39 cod. proc. amm.) per avere la sentenza pronunciato oltre i limiti della domanda (ultra petita), violazione dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm. (in relazione all’utilizzazione, in supporto alla domanda attorea, di fatti diversi da quelli espressamente allegati e provati dal ricorrente in primo grado);
2) violazione dell’art. 35 cod. proc. amm. per mancata dichiarazione di inammissibilità del ricorso proposto in primo grado (attesa la mancata impugnazione del titolo abilitativo edilizio a monte e l’inidoneità lesiva della censurata nota prot. 7613 del 15 gennaio 2007, attesa la sua natura meramente ricognitiva);
3) violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 1, lettera f), della legge 28 gennaio 1977 (ora art. 17, comma 3, lettera c), del d.P.R. 6 giugno 2001, nr. 380 (in relazione alla sussistenza, nella specie, dei requisiti soggettivo e oggettivo per l’esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione);
4) eccesso di potere per illogicità manifesta, irragionevolezza e contraddittorietà manifesta fra giudicati; errato presupposto di fatto e di diritto (con riferimento al contrasto interno allo stesso T.A.R. in relazione alla stessa materia relativa all’esenzione del pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria).
Si è costituita in giudizio l’appellata He. – Ho.En. Ri.Am.S.r.l., la quale ha controdedottoin toto alle doglianze di parte appellante, concludendo per la conferma della sentenza di primo grado.
All’esito della camera di consiglio del 10 novembre 2015, questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare formulata dal Comune appellante.
Di poi, le parti hanno ulteriormente argomentato con memorie le rispettive tesi.
All’udienza del 12 maggio 2016, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. La società He. – Ho.En. Ri.Am. S.r.l., concessionaria della gestione di servizi pubblici locali (di acqua, gas e rifiuti) presso il Comune di Rimini, ha chiesto e ottenuto dallo stesso il rilascio di un permesso di costruire per la ristrutturazione e l’ampliamento di un immobile di sua proprietà.
Il Comune, in forza del titolo rilasciato, ha quantificato in € 141.430,24 l’importo dei relativi oneri di urbanizzazione primaria e secondaria (come comunicato con nota prot. nr. 7613 del 15 gennaio 2007).
La società beneficiaria del titolo edilizio, a fronte di tale richiesta, pur adempiendo a quanto richiestole, ha proposto ricorso giurisdizionale avverso la summenzionata nota comunale lamentando che le opere da realizzare, dato il loro carattere pubblicistico (trattandosi di strutture destinate a ospitare le attività direzionali/amministrative e di accoglienza del pubblico fruitore dei servizi erogati), sarebbero esenti dal pagamento degli oneri di urbanizzazione in virtù dell’art. 9 comma 1, lettera f), della legge 28 gennaio 1977, nr. 10.
2. Con la sentenza oggetto dell’odierno gravame, il T.A.R. dell’Emilia-Romagna ha accolto il ricorso, ordinando pertanto al Comune la restituzione alla società istante di quanto percepito, con i relativi interessi.
3. La ricostruzione in fatto che precede, corrispondente a quella ricavabile dagli atti e dalle statuizioni di prime cure, non risulta contestata dalle parti costituite per cui, vigendo la preclusione di cui all’art. 64, comma 2 c.p.a., deve considerarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.
4. Tutto ciò premesso, l’appello è fondato e pertanto meritevole di accoglimento.
5. Ed invero, seguendo l’ordine logico-giuridico delle questioni sollevate nel gravame in epigrafe, vanno analizzate preliminarmente le questioni di rito sottese ai primi due motivi di appello, le quali però non appaiono meritevoli di favorevole delibazione.
5.1. Col secondo mezzo, il Comune appellante lamenta l’inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata impugnazione del titolo abilitativo su cui si fonda la pretesa economica in contestazione; si sostiene, in particolare, che la lesione denunciata si sarebbe definitivamente consolidata con il titolo abilitativo a suo tempo rilasciato all’istante, in cui era fissato il quantum economico dovuto, rispetto al quale la nota prot. nr. 7613 (questa sola impugnata) assumeva meri caratteri partecipativi.
Tali doglianze, tuttavia, non sono fondate alla luce della consolidata giurisprudenza in tema di controversie relative all’an e al quantum degli oneri di urbanizzazione: infatti, secondo costante orientamento, l’azione volta alla declaratoria di insussistenza o diversa entità del debito contributivo per oneri di urbanizzazione può essere intentata a prescindere dall’impugnazione o esistenza dell’atto con il quale viene richiesto il pagamento, trattandosi di un giudizio di accertamento di un rapporto obbligatorio pecuniario, e quindi avente a oggetto diritti soggettivi, proponibile nel termine prescrizionale dinanzi al giudice amministrativo attesa la sua cognizione esclusiva ex art. 133, comma1, lettera f), cod. proc. amm. (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 ottobre 2014, nr. 5072; nello stesso senso, ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, 7 maggio 2015, nr. 2294; id., sez. IV, 19 marzo 2015, nr. 1504; id., 21 agosto 2013, nr. 4208).
5.2. Col primo motivo di gravame, parte appellante lamenta in sostanza la nullità della sentenza impugnata per violazione del principio generale di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato di cui al combinato disposto degli artt. 39 cod. proc. amm. e 112 cod. proc. civ.
Ad avviso dell’appellante, il giudice di primo grado avrebbe posto a fondamento della decisione fatti diversi da quelli utilizzati dal ricorrente per ottenere l’annullamento della nota comunale: in particolare, per giustificare l’esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione si sarebbe fatto leva sulla particolare destinazione (zona F4) del terreno su cui le opere dovevano essere erette, aspetto totalmente non curato dal ricorrente in primo grado, il quale aveva incentrato la propria impostazione solo sulle intrinseche caratteristiche dell’opera erigenda.
Tale doglianza è però infondata, essendo principio giurisprudenziale pacifico che il principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato attiene, come desumibile dallo stesso dato letterale, allo stretto rapporto fra ciò che la parte ricorrente chiede, tramite il “petitum immediato”, al giudice e ciò che lo stesso deve statuire; non rilevano, quindi, ai fini del rispetto di tale principio – che costituisce fondamentale corollario dei principi del giusto processo ex art. 111 Cost. -, i fatti posti in essere ai fini del supporto della domanda, i quali possono essere liberamente apprezzati e valutati exofficio dal giudice, purché sempre nell’ottica della domanda della parte.
In definitiva, non sussiste il vizio di ultrapetizione quando a fondamento della domanda vengono poste in essere ragioni giuridiche diverse da quelle allegate dalle parti (cfr. Cass. civ., sez. III, 28 ottobre 2015, nr. 21930; id., sez. II, 11 aprile 2013, nr. 8909; id., sez. III, 11 ottobre 2006, nr. 21745).
6. Fondato è invece il terzo motivo, col quale il Comune appellante si duole del fatto che il giudice di primo grado non abbia fatto buon governo della consolidata interpretazione della norma di cui al citato art. 9, comma 1, lettera f), della legge nr. 10/1997 (ora art. 17, comma 3, lettera c), del d.P.R. 6 giugno 2001, nr. 380) la quale prevede che: “…Il contributo di cui al precedente art. 3 non è dovuto (…)per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
Ad avviso dell’appellante, in particolare, tenuto conto della specifica opera in costruzione (edificio destinato a ospitare le strutture tecnico-amministrative della società), non poteva ritenersi integrato il requisito oggettivo necessario per l’esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione.
Tale prospettazione merita condivisione in ragione delle seguenti considerazioni.
6.1. Va innanzi tutto premesso, che, secondo costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, ai fini del regime premiale di cui alla norma citata, è indispensabile accertare la sussistenza di due profili, uno di carattere soggettivo, l’altro oggettivo.
Sotto il primo aspetto, bisogna tenere conto delle specifiche qualità soggettive del richiedente il titolo abilitativo: alla luce, infatti, dell’evoluzione del concetto di pubblica amministrazione, inteso non più meramente in senso formalistico ma funzionalistico, possono ottenere lo sgravio edilizio dequo non esclusivamente le amministrazioni formalmente previste e riconosciute come tali dalla legge, ma anche soggetti privati (imprenditori individuali, società per azioni) che esercitino un’attività pubblicisticamente rilevante, ponendosi in una condizione di longa manus della p.a.
Tuttavia, in forza della seconda peculiarità, è necessario anche focalizzare l’attenzione sull’opera, in funzione della quale il titolo edilizio viene chiesto e rilasciato.
Su quest’ultimo punto, va registrato un orientamento restrittivo della giurisprudenza amministrativa, essendo necessario dimostrare che l’opera, per la quale si chiede l’esenzione del pagamento degli oneri urbanizzativi, sia, per le sue oggettive caratteristiche e peculiarità, esclusivamente finalizzata ad un utilizzo dell’intera collettività; non è sufficiente, quindi, che l’opera sia legata a un interesse generale da un nesso di mera strumentalità (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 luglio 2014, nr. 3421; id., sez. V, 7 maggio 2013, nr. 2467; id., sez. IV, 2 marzo 2011, nr. 1332; id., sez. VI, 5 giugno 2007, nr. 2981).
Tale accertamento, pertanto, non può essere fondato sulla base della sola destinazione che il titolare dell’opera intende soggettivamente imprimere sulla stessa, se non provocando un’evidente elusione del sistema normativo che prevede come regola generale, in un’ottica di corretto governo del territorio ex art. 9, comma 2, Cost., l’imposizione contributiva per l’ottenimento dei titoli edilizi, rispetto alla quale i casi di deroga sono di stretta interpretazione.
6.2. Da tali considerazioni discende che, nel caso di specie, pur essendo pacifica la natura di affidataria di servizio pubblico della società richiedente il titolo edilizio (circostanza peraltro non contestata dal Comune), la stessa, con il titolo abilitativo richiesto, ha inteso realizzare una “struttura destinata ad ospitare le attività direzionali/amministrative”, la cui evidente polifunzionalità, anche alla luce della natura privatistica della società stessa, impedisce l’esclusiva funzionalizzazione della stessa a scopi unicamente pubblicistici.
A fronte di ciò, poco condivisibilmente il primo giudice ha giustificato la natura pubblicistica dell’opera sulla base della destinazione del suolo su cui la stessa doveva essere eretta (zona F4), laddove invece la verifica deve essere evidentemente condotta esclusivamente sulle caratteristiche intrinseche dell’opera, e non su elementi esteriori quale è la disciplina urbanistica (peraltro suscettibile di variazioni) del territorio su cui la stessa deve essere collocata.
7. L’accoglimento del motivo di appello testé esaminato, essendo ex se sufficiente a far concludere nel senso della fondatezza dell’impostazione del Comune, esonera il Collegio dall’esame della questione posta col quarto mezzo.
8. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 cod. proc. civ., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: cfr. explurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, nr. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, nr. 7663).
Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
9. In considerazione della peculiarità della vicenda esaminata, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Raffaele Greco – Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Oberdan Forlenza – Consigliere
Depositata in Segreteria il 06 giugno 2016.

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