Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 6 giugno 2014, n. 2880

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUARTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8166 del 2012, proposto da:

Gi.Sa., rappresentato e difeso dall’avv. Gi.Pe. e presso lo studio di questi elettivamente domiciliato in Roma, al corso (…), per mandato a margine dell’appello;

contro

– Gi.Ge., rappresentato e difeso dall’avv. Fa.Ci. e presso lo studio di questi elettivamente domiciliato in Roma, alla via (…), per mandato a margine della memoria di costituzione e contestuale appello incidentale;

– Gi.Ti., rappresentato e difeso dall’avv. Gi.Ma. e presso lo studio di questi elettivamente domiciliato in Roma, al viale (…), per mandato a margine della memoria di costituzione nel giudizio d’appello;

nei confronti di

– Ministero della Giustizia, in persona del Ministro in carica;

– Consiglio Superiore della Magistratura, in persona del Vice Presidente pro-tempore;

entrambi rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliato per legge in Roma, alla via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I, n. 8450 del 12 ottobre 2012, resa tra le parti, con cui, , in accoglimento dei ricorsi n. 11239/2011 (proposto da Gi.Ge.) e n. 553/2012 (proposto da Gi.Ti.), ciascuno dei quali integrati da motivi aggiunti, previa riunione dei medesimi, e respinta l’eccezione d’irricevibilità per tardività di quest’ultimo, sono stati annullati la deliberazione del C.S.M., assunta nell’adunanza del 2 novembre 2011, il previo concerto espresso dal Ministro della Giustizia con nota del 4 ottobre 2011, e il d.P.R. del 9 novembre 2011, pubblicato il 15 febbraio 2012, con i quali Giovanni Sa. è stato nominato nell’ufficio direttivo requirente di primo grado di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, con condanna alle spese del giudizio di primo grado, liquidate in Euro 4.000,00 per ciascuno dei ricorrenti

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Gi.Ge. e Gi.Ti., e l’appello incidentale proposto da Gi.Ge.;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del e Consiglio Superiore della Magistratura e del Ministero della Giustizia e l’appello incidentale proposto dalle Autorità suddette;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 novembre 2013 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Gi.Pe. ed altri (…);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.) Con appello spedito per la notifica a mezzo del servizio postale raccomandato il 16 novembre 2012, ricevuto dalle parti intimate il 20 novembre 2012, e depositato in Segreteria il 19 novembre 2012, Giovanni Sa. ha impugnato la sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sez. I, n. 8450 del 12 ottobre 2012, resa tra le parti, con cui, in accoglimento dei ricorsi n. 11239/2011, proposto da Gi.Ge., e n. 553/2012, proposto da Gi.Ti., ciascuno dei quali integrato con motivi aggiunti, previa riunione dei medesimi, e respinta l’eccezione d’irricevibilità per tardività del ricorso proposto dal Ti., sono stati annullati la deliberazione del C.S.M., assunta nell’adunanza del 2 novembre 2011, il previo concerto espresso dal Ministro della Giustizia con nota del 4 ottobre 2011, e il d.P.R. del 15 febbraio 2012, con i quali l’appellante è stato nominato nell’ufficio direttivo requirente di primo grado di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, con condanna alle spese del giudizio di primo grado, liquidate in Euro 4.000,00 per ciascuno dei ricorrenti.

1.1) Giova premettere che:

– il dott. Giovanni Sa., controinteressato intimato nel giudizio di primo grado e odierno appellante, è magistrato di settima valutazione di professionalità (qualifica corrispondente a quella pregressa di magistrato di cassazione con funzioni direttive superiori), con funzioni di Sostituto Procuratore generale presso la Corte di Cassazione;

– il dott. Gi.Ge., ricorrente in primo grado e odierno appellato (nonché appellante incidentale), è magistrato di settima valutazione di professionalità, con funzioni di Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania;

– il dott. Gi.Ti., ricorrente in primo grado e odierno appellato, è magistrato di settima valutazione di professionalità, con funzioni di Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Catania;

– sia l’appellante che gli appellati hanno partecipato, unitamente ad altri candidati, alla procedura selettiva di valutazione comparativa per il conferimento dell’incarico direttivo requirente di primo grado di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania;

– nella seduta del 2 novembre 2011 il Consiglio Superiore della Magistratura ha esaminato tre distinte proposte, formulate dalla competente quinta commissione consiliare permanente, di cui la prima, che aveva riportato il maggior numero di voti (tre), era favorevole al dott. Giovanni Sa. (proposta A), la seconda (sostenuta da due voti) al dott. Gi.Ti. (proposta B), la terza (proposta C), appoggiata da un solo voto, al dott. Gi.Ge., su ciascuna delle quali era stato conseguito il concerto del Ministro della giustizia;

– all’esito dell’illustrazione e discussione, sono state votate le tre proposte, che hanno riportato rispettivamente voti dieci (la proposta A), voti otto (la proposta B) e voti sette (la proposta C); quindi, poiché nessuna aveva raccolto il numero di voti richiesti (la metà più uno dei votanti), si è proceduto a votazione per ballottaggio, in esito alla quale è stata approvata la proposta A, che ha raccolto tredici voti, mentre la proposta C ne ha contati undici e la proposta B due, con conseguente nomina del dott. Giovanni Sa. all’ufficio direttivo requirente di merito di primo grado di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania.

1.2) Con ricorso in primo grado n.r. 11239/2011, Gi.Ge. ha impugnato la deliberazione suddetta, le proposte della quinta commissione relative ai controinteressati, il concerto ministeriale espresso sulle medesime, nonché la deliberazione dell’1 giugno 2011, con la quale il Plenum del Consiglio aveva rinviato alla quinta commissione la pratica relativa al conferimento dell’ufficio semidirettivo requirente di primo grado di Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Milano, non procedendo quindi a nominare il dott. Giovanni Sa., destinatario della proposta della commissione consiliare.

Quanto a quest’ultimo provvedimento l’interessato ne deduceva l’illegittimità, evidenziando che la proposta, favorevole al dott. Sa., di nomina all’ufficio semidirettivo requirente milanese, non avrebbe potuto essere rinviata in commissione, in assenza di espressa e tempestiva revoca della domanda, cui non è equiparabile la comunque tardiva dichiarazione di acquiescenza all’eventuale nomina di altro candidato, con la conseguenza che il Consiglio deve concludere il relativo procedimento con la nomina del Sa. all’ufficio semidirettivo, la declaratoria di decadenza della domanda relativa all’ufficio direttivo, e la nomina al medesimo del ricorrente “classificato come secondo, ovvero, in estremo subordine, riaprire la comparazione tra gli altri candidati rirnasti in competizione”.

Con riferimento, poi, alle proposte A e B e alla deliberazione approvativa della prima, il ricorrente rivendicava le proprie attitudini specifiche incomparabilmente superiori all’ufficio direttivo requirente per aver svolto funzioni di Sostituto Procuratore presso l’ufficio requirente catanese nonché di sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello del distretto, con impegno in numerosi e rilevanti processi, oltre alle doti organizzative rivenienti dall’esperienza di componente del C.S.M. e presidente di commissioni consiliari in precedente consiliatura, e avendo presentato un articolato progetto organizzativo dell’ufficio da ricoprire, con esperienze più qualificate e aggiornate sia rispetto al Sa. (che ha trattato un più limitato numero di processi di criminalità organizzata e non ha conoscenza della realtà criminale catanese e siciliana in generale), sia rispetto al Ti. (che ha più risalente esperienza, avendo svolto dal 2001 l’ufficio ministeriale di Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, e quindi l’ufficio requirente di secondo grado).

Con successivi motivi aggiunti, Gi.Ge. ha impugnato il decreto del Presidente della Repubblica del 9 novembre 2011, pubblicato sul bollettino ufficiale del Ministero della Giustizia del 15 febbraio 2012, con cui è stata formalizzata la nomina del Sa. a Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, deducendone l’invalidità derivata.

1.3) A sua volta con ricorso in primo grado n.r. 553/2012 Gi.Ti. ha impugnato la deliberazione del C.S.M. del 2 novembre 2011, le proposte della quinta commissione relative ai controinteressati, il concerto ministeriale espresso sulle medesime, deducendone l’illegittimità:

– in relazione alla contestazione del requisito dello “spiccato rilievo” che aveva consentito la valutazione di candidati fuori dalla fascia di anzianità di otto anni di positivo esercizio delle funzioni rispetto al candidato più giovane, e rivendicando di essere, tra i tre candidati, l’unico “in fascia” e come tale legittimato al conferimento dell’ufficio requirente direttivo di primo grado;

– in relazione alla carenza in capo al Sa. di attitudini direttive pari o superiori a quelle dell’interessato (investivo di funzioni direttive requirenti di primo grado già come Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Nicosia, e poi di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta -nelle quali aveva condotto i noti processi per le stragi di Capaci e di via d’Amelio-, e poi di incarico ministeriale quale Direttore del Dipartimento degli affari penali, e poi di funzioni direttive requirenti di secondo grado come Procuratore della Repubblica presso la Corte d’Appello di Catania), nonché di esperienze specifiche in tema di criminalità organizzata di stampo mafioso (viceversa possedute dall’interessato, anche con riferimento al contesto territoriale catanese);

– in riferimento all’atipicità delle ragioni addotte a svalutazione della proposta di nomina del ricorrente, siccome in qualche modo riferite a ragioni di salute, e comunque a maggiori “energie” del candidato più giovane, all’età anagrafica, ex se i rilevante e comunque costituente elemento di validazione del possesso di maggior esperienza nelle funzioni, all’indimostrato coinvolgimento in dinamiche conflittuali di contrasti a suo tempo innescatesi nell’ufficio requirente catanese.

Con successivi motivi aggiunti, il Ti. ha poi impugnato la deliberazione del C.S.M. del 1° giugno 2011 – con la quale il Plenum del Consiglio aveva rinviato alla quinta commissione la pratica relativa al conferimento dell’ufficio semidirettivo requirente di primo grado di Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Milano, non procedendo quindi a nominare il dott. Giovanni Sa., destinatario della proposta della commissione consiliare- deducendo censure consimili a quelle svolte dal dott. Ge..

Con ulteriori motivi aggiunti, è stato poi impugnato il decreto del Presidente della Repubblica del 9 novembre 2011, pubblicato sul bollettino ufficiale del Ministero della Giustizia del 15 febbraio 2012, con cui è stata formalizzata la nomina del Sa. a Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, deducendone l’invalidità derivata.

1.4) Nel giudizio di primo grado si sono costituiti il Consiglio Superiore della Magistratura e il dott. Giovanni Sa., che a loro volta hanno dedotto:

– l’irricevibilità per tardività del ricorso n.r. 553/2012, proposto dal Ti., che aveva avuto conoscenza tempestiva della deliberazione consiliare, tanto da sollecitare, quale Procuratore Generale, il c.d. anticipato possesso delle funzioni conferite al Sa., e comunque la sua infondatezza, nonché l’inammissibilità dei motivi aggiunti impugnatori della deliberazione dell’1 giugno 2011;

– l’infondatezza del ricorso n.r. 11239/2011, proposto dal Ge., e l’inammissibilità oltre che l’infondatezza dell’impugnativa, pure ivi contenuta della deliberazione consiliare del 1° giugno 2011.

1.5) Con sentenza del n. 8450 del 12 ottobre 2012, il T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I, in accoglimento dei ricorsi n. 11239/2011 e n. 553/2012, previa riunione dei medesimi, e respinta l’eccezione d’irricevibilità per tardività di quest’ultimo, sono stati annullati la deliberazione del C.S.M., assunta nell’adunanza del 2 novembre 2011, il previo concerto espresso dal Ministro della Giustizia con nota del 4 ottobre 2011, e il d.P.R. del 9 novembre 2011, pubblicato il 15 febbraio 2012, con i quali Giovanni Sa. è stato nominato nell’ufficio direttivo requirente di primo grado di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, con condanna alle spese del giudizio di primo grado, liquidate in Euro 4.000,00 per ciascuno dei ricorrenti.

In sintesi il giudice amministrativo capitolino:

– ha respinto l’eccezione pregiudiziale d’irricevibilità del ricorso n.r. 553/2012, rilevando come, ai sensi dell’art. 17 comma 1 della legge della l. 24 marzo 1958, n. 195 tutti i provvedimenti relativi ai magistrati debbano essere assunti, sia pure in conformità con le deliberazioni del Consiglio Superiore della Magistratura, e a seconda dei casi, con decreto del Presidente della Repubblica o con decreto del Ministro della Giustizia, e che la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, che sostiene l’esigenza di tempestiva impugnazione delle deliberazioni del Consiglio Superiore della Magistratura, considerando i suddetti provvedimenti ” mero atto di esternazione” finisce per privarli “del valore provvedimentale attribuito dalla legge”, equiparandoli “ad una meccanica attività di pubblicazione, che è invece concettualmente del tutto distinta”, laddove invece “se il decreto è vincolato nel suo contenuto, non è comunque dovuto, almeno nell’ipotesi in cui la deliberazione consiliare cui segue sia affetta da vizi formali immediatamente percepibili, che ne riguardino gli elementi essenziali”; pervenendo alla conclusione che “l’interessato può scegliere se impugnare nel termine ordinario la deliberazione, ovvero attendere la conclusione dell’iter e gravare il provvedimento conclusivo, che della prima recepisca il contenuto, nel termine ordinario dalla conoscenza di tale provvedimento conclusivo, senza che il ricorso possa essere per questo dichiarato inammissibile per l’omessa impugnazione -o per l’impugnazione tardiva- della deliberazione”; ad ogni modo, ha rilevato il T.A.R., “nella fattispecie, il Ti. ha avuto notizia della nomina nella sua veste di procuratore generale della Repubblica, e non come partecipante alla procedura”, né, non essendo stata data comunicazione diretta della deliberazione consiliare ad alcuno dei candidati proposti per la nomina, e in presenza di indirizzi giurisprudenziali oscillanti (era stata richiamata la più risalente giurisprudenza in ordine alla non immediata impugnabilità delle deliberazioni del C.S.M.), potrebbe negarsi “la rimessione in termini per errore scusabile, anche d’ufficio, ex art. 37 c.p.a”;

– ha ritenuto inammissibile l’impugnativa della deliberazione del 1° giugno 2011, di restituzione alla quinta commissione della pratica relativa al conferimento dell’ufficio semidirettivo requirente di primo grado di Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Milano, rilevando come non sussistesse, al momento della proposta e della deliberazione di nomina del Sa. all’ufficio direttivo requirente di Catania, “alcuna preclusione attuale”, né potendo essa determinarsi in funzione dell’annullamento della detta deliberazione, poiché “Soltanto se il procedimento per la nomina a procuratore aggiunto fosse rinnovato (ché, nel frattempo, esso è stato portato a compimento, con la nomina di un altro magistrato, la quale dovrebbe essere oggettivamente travolta, sia questi o meno un controinteressato successivo) ed il Sa. fosse nominato -ciò che è soltanto probabile- solo allora ne deriverebbe, a posteriori, l’illegittimità della scelta compiuta dal Consiglio deliberandone la nomina a procuratore di Catania: ma, anche in tal caso, a ben vedere, assegnando un dubbio valore retroattivo alla nomina milanese”, e concludendo sul punto che “la nomina oggetto di questo giudizio non può essere annullata, per effetto della scelta compiuta nell’altro procedimento, giacché tale scelta non si trasmette di per sé nell’altro procedimento e non è idonea a determinarne l’illegittimità”;

– ha accolto i due ricorsi: evidenziato che la circolare recante il c.d. testo unico degli uffici direttivi e semidirettivi al § 1.2.2.), al punto c.2) “attribuisce rilievo, nella valutazione delle attitudini agli uffici direttivi di merito, senza che costituisca titolo preferenziale, per gli uffici direttivi di Procuratore della Repubblica in zone caratterizzate da rilevante presenza di criminalità organizzata di tipo mafioso, alla particolare esperienza specifica acquisita presso una Procura, una Procura generale della Repubblica o presso la Procura Nazionale Antimafia, per un periodo non inferiore a quattro anni negli ultimi quindici, come alle esperienze maturate nella trattazione dei procedimenti relativi ai reati indicati dall’art. 51 comma 3 bis c.p.p.”; ha ritenuto che “nel momento della scelta compiuta dal Plenum, il Ge. disponeva di tale elemento, così come il Ti.; non lo possedeva invece il Sa., che, se ha certamente ampia competenza in materia di terrorismo, anche internazionale, non dispone di particolari esperienze in materia di criminalità organizzata mafiosa, riferita o meno al territorio in cui egli sarebbe andato a svolgere funzioni direttive, con un significativo deficit rispetto ad una parte dei suoi stessi futuri sostituti”, senza che possano rilevare “le esperienze internazionali del Sa., dettagliatamente descritte nella scheda -tra cui quella in Tagikistan- (che) non paiono in alcun modo equivalenti: non si vede, secondo comune buon senso, e non lo spiega comunque il provvedimento, quale sia la loro attinenza, essendo affatto differente la funzione esercitata ed il contesto ambientale”, non potendo riconoscersi una compensativa valenza di “altri elementi di merito o attitudinali”, e segnatamente al “alcune puntuali iniziative organizzative, spesso in collaborazione paritetica con altri colleghi, necessariamente limitate dal fatto che egli non ha mai esercitato funzioni od incarichi giudiziari direttivi o semi-direttivi (cui non può evidentemente supplire la partecipazione al Consiglio superiore della magistratura) avendo prestato servizio (dopo i primi quattro anni come pretore) dapprima presso la Procura della Repubblica di Roma (1984-2002) e poi presso la Procura generale della Cassazione (dal 2007)”; valenza ancor meno predicabile in riferimento alla posizione del Ti., che nonostante ” le ben rilevanti esperienze professionali”, non è stato prescelto “per imprecisate ragioni di salute, perché troppo avanti negli anni e perché comunque non estraneo alla situazione di contrasto esistente all’interno della Procura di Catania”, ossia per circostanze irrilevanti (età) o assunte in modo generico e apodittico (ragioni di salute) o indimostrate (assunto coinvolgimento nella dinamica conflittuale”;

– ha conclusivamente precisato che la fondatezza dei due ricorsi non implica il riconoscimento che i ricorrenti abbiano titolo a conseguire essi stessi la nomina “spettando soltanto al Consiglio superiore della magistratura di rivalutare le posizioni dei candidati, pur conformandosi alla motivazione contenuta nella presente decisione”;

– ha infine disposto la cancellazione di talune espressioni, contenute nella memoria depositata dal difensore del Sa. in data 31 maggio 2012, ritenute sconvenienti e/o offensive nei confronti del Ge., “a pagina 26 dalla riga 15 alla fine, ove si tende a mettere nuovamente in dubbio la correttezza del Ge. nella vicenda, già accertata sia dal giudice penale che dall’organo disciplinare”.

2.) Con l’appello sono stati dedotti i motivi di seguito sintetizzati:

1) Irricevibilità del ricorso Ti.

Il controinteressato ha conseguito piena conoscenza degli elementi essenziali della deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura, di conferimento all’appellante dell’ufficio requirente direttivo di primo grado, sin dal 4 novembre 2011, posto che in tale data, con propria nota e nella qualità di Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Catania, richiamata appunto l’intervenuta nomina, ha richiesto sia al Consiglio che al Ministro della Giustizia che l’appellante fosse immesso nell’esercizio delle funzioni inerenti all’ufficio in via di anticipazione (c.d. anticipato possesso), rispetto all’emanazione e registrazione del decreto presidenziale di nomina.

Ne consegue che il termine scadeva il 3 gennaio 2012, onde esso era irrimediabilmente spirato alla data del 9 gennaio 2012, di notificazione del ricorso in primo grado n.r. 553/2012.

Né può condividersi l’assunto del giudice amministrativo capitolino circa il superamento del rilievo d’irricevibilità del ricorso in funzione di opzione ermeneutica secondo la quale l’interessato avrebbe comunque impugnato tempestivamente, con motivi aggiunti, il decreto presidenziale di nomina, ritenuto l’effettivo atto di natura provvedimentale indicato dall’art. 17 comma 1 della legge 24 marzo 1958, n. 195, in contrasto con indirizzi della giurisprudenza amministrativa ormai consolidati da un trentennio, posto che la deliberazione del C.S.M. è l’atto provvedimentale conclusivo della procedura concorsuale relativa al conferimento degli uffici direttivi, direttamente e autonomamente impugnabile, laddove il decreto presidenziale “…è un provvedimento con valenza meramente esternativa, al più contestabile solo per vizi suoi propri a da chi vi abbia interesse”.

D’altro canto lo stesso interessato ha provveduto ad impugnare in via diretta, e sia pure in modo tardivo, la deliberazione del C.S.M., con ciò riconoscendone la valenza provvedimentale e l’immediata efficacia lesiva.

Né, a cospetto di consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, può evocarsi, in ciò dovendosi censurare in modo ulteriore i rilievi contenuti nella sentenza gravata, alcun errore scusabile e quindi il beneficio della rimessione in termini.

Del pari assai labile è l’argomentazione secondo la quale non potrebbe rilevare la conoscenza acquisita dall’interessato quale titolare dell’ufficio direttivo requirente di secondo grado anziché quale candidato partecipante alla selezione, essendo inscindibile l’unico fatto conoscitivo in capo alla persona fisica, non potendosi poi seriamente dubitare che un alto magistrato sia pienamente consapevole dei termini e dell’autorità giurisdizionale dinanzi ai quali proporre l’impugnativa, ciò che svaluta altresì la pure richiamata circostanza della carente indicazione di tali elementi formali nella deliberazione consiliare, escludendo che per tale modo si possa riconoscere alcun errore scusabile e quindi il beneficio della rimessione in termini.

2.) Nel merito

L’impugnata sentenza è erronea e merita d’essere riformata per essere anzitutto inficiata da errore di fatto laddove, richiamando la circolare recante il c.d. testo unico degli uffici direttivi e semidirettivi sul conferimento degli uffici direttivi, e in specie il par. 1.2.2.), punto c.2), ha ritenuto che, a differenza degli altri due candidati in comparazione, l’appellante non potesse vantare “particolari esperienze in materia di criminalità organizzata mafiosa, riferita o meno al territorio in cui egli sarebbe andato a svolgere funzioni direttive, con un significativo deficit rispetto ad una parte dei suoi stessi futuri sostituti”.

Tale circostanza è smentita in modo documentale posto che “il Sa. ha svolto per oltre sei anni all’interno degli ultimi quindici funzioni requirenti presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma che costituisce pacificamente esperienza specifica continuativa in ufficio requirente specializzato in criminalità organizzata (ex art. 51, co. 3 bis. cpp) presso una Procura della repubblica”.

D’altro canto il requisito non era stato contestato dai ricorrenti in primo grado, onde esso profila un chiaro vizio di ultrapetizione in cui è incorso il giudice amministrativo capitolino.

La deliberazione consiliare ha dato conto in modo ampio della vastità delle esperienze dell’appellante, maturate “quale componente o quale applicato alla trattazione dei procedimenti di particolare rilevanza assegnatigli (esperienza peraltro persino risalente a prima del 1992, essendo il dr. Sa. stato designato a quell’articolazione dell’ufficio proprio per la sua pregressa esperienza specifica in materia). Esperienza che ha riguardato tutti i reati indicati dall’art. 51, comma 3 bis c.p.p., dal traffico internazionale di stupefacenti in forma organizzata al sequestro di persona a scopo di estorsione (con liberazione degli ostaggi, uno dei quali manu militari)” (di seguito si richiamano i vari procedimenti e processi penali trattati, con indagini afferenti a vertici di Cosa Nostra, come quanto al coinvolgimento nel delitto “Pecorelli” o nell’omicidio di Ro.Ca., o relativi a collegamenti con organizzazioni mafiose straniere -mafia cinese- o ancora organizzazioni criminali romane collegate a Cosa Nostra, o al coordinamento di indagini relative agli attentati mafiosi del 1993), ribadendo altresì le esperienze organizzative anche informatiche e quelle concernenti la creazione di strutture investigative centrali con compiti anche di polizia giudiziaria in repubbliche della ex Unione Sovietica (Tajikistan, Kirghizistan, Kazakistan), oltre all’incontestabile vastissima esperienza nel campo del terrorismo italiano e internazionale, con i noti nessi con la criminalità organizzata anche mafiosa.

In definitiva il T.A.R., muovendo da un rilievo affatto erroneo, e svalutando tutti gli elementi della articolata e vasta motivazione a sostegno della scelta dell’appellante (come testualmente riproposta), ha finito per sovrapporre a quelle del C.S.M. proprie valutazioni e apprezzamenti preclusi al sindacato giurisdizionale di legittimità.

Del pari, e con riferimento alla valutazione comparativa con il Ti., non può disconoscersi che l’ufficio direttivo requirente di primo grado richiede impegno e energie “incomparabili sul versante dell’energia fisica e mentale rispetto a quelle di requirente in appello”, in tal senso dovendosi intendere i riferimenti alla condizione soggettiva dell’appellato.

Altrettanto esauriente è valutazione comparativa operata dal C.S.M. tra “l’esperienza semidirettiva del Ge., peraltro esercitata in DDA in forma meramente collaborativa e senza un’attribuzione di specifiche responsabilità organizzative, con le varie esperienze organizzative del Sa.”.

Analogamente, non possono essere considerati ultronei i rilievi relativi all’opportunità, divisata dall’organo di autogoverno, di conferire l’ufficio direttivo a un candidato estraneo “estraneo all’ ambiente degli uffici giudiziari e requirenti catanesi”, ossia al contesto locale nel quale si era determinata situazione di conflittualità, ancorché riguardando in modo diretto l’altro appellato dott. Ge., e ciò a prescindere da profili soggettivi di rimproverabilità, su un piano di merito pure insindacabile (e non censurato in modo specifico dal Ge.).

Da ultimo si censura la disposta cancellazione di espressioni ritenute offensive poiché esse contengono riferimenti a fatti oggetto di valutazione disciplinare o giudiziaria costituenti continente esercizio del diritto di difesa e non già valutazioni “che possano ritenersi ingiustamente offensivi per il Ge”.

3.) Con memoria difensiva e contestuale appello incidentale, spedita per la notifica a mezzo del servizio postale raccomandato 6 dicembre 2012, ricevuta dalle parti intimate il 10-12 dicembre 2012, e depositato in Segreteria il 7 dicembre 2012, Gi.Ge. ha dedotto, a sua volta, la correttezza della sentenza impugnata, evidenziando come essa abbia ritenuto in modo affatto condivisibile che il Sa. fosse privo del requisito dell’esperienza specifica, e rivendicando comunque il possesso di maggiori capacità e attitudini, in assoluto rispetto al nominato, a confronto del quale può vantare sia una specifica e consolidata esperienza inquirente in materia di criminalità organizzata mafiosa, sia con riferimento al contesto siciliano generale che a quello catanese in modo peculiare, nonché lo svolgimento pregresso anche di funzioni requirenti di secondo grado, sia rispetto al Ti., le cui esperienze inquirenti sono più risalenti poiché egli fu investito dell’incarico extragiudiziale di Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria sin dal 2001 e ha poi svolto funzioni requirenti direttive di secondo grado, non senza rammentare di esser stato l’unico candidato ad aver presentato un articolato progetto organizzativo dell’ufficio.

Ribadita, altresì, la correttezza della disposta cancellazione di espressioni offensive, è stato impugnato in via incidentale il capo della sentenza relativo alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnativa della deliberazione consiliare dell’1 giugno 2011, di rinvio in commissione della proposta di conferimento al Sa. dell’ufficio requirente semidirettivo di primo grado di Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Milano, in assenza di espressa e tempestiva revoca della domanda, cui non è equiparabile la comunque tardiva dichiarazione di acquiescenza all’eventuale nomina di altro candidato.

Sotto tale aspetto, e censurando i rilievi svolti dal giudice amministrativo capitolino, è stata posta in evidenza che tra tale deliberazione e quella successiva di conferimento dell’ufficio direttivo catanese sussiste un “c.d. nesso di presupposizione necessaria”, e che se si fosse concluso il primo procedimento la domanda del candidato “sarebbe automaticamente decaduta ex art. 5.2 T.U. sulla Dirigenza Giudiziaria…” e che “il dott. Ge., secondo classificato, si sarebbe visto assegnare l’incarico di Procuratore della Repubblica di Catania”.

4.) A sua volta il Consiglio Superiore della Magistratura e il Ministro della Giustizia, che con memoria difensiva depositata l’11 dicembre 2012 avevano formulato rilievi adesivi all’appello principale, con appello incidentale successivo, notificato il 14 dicembre 2012 e depositato il 22 dicembre 2012, ha impugnato la sentenza, deducendo con rilievi sostanzialmente omogenei a quelli dell’appellante principale:

1) Irricevibilità del ricorso in primo grado del dott. Ti.

2) Insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali del C.S.M.

5.) Con memoria di costituzione in giudizio depositata il 10 giugno 2013, Gi.Ti., a sua volta, ha dedotto la piena tempestività della propria impugnativa, evidenziando, in sintesi, come il decreto presidenziale o ministeriale (a seconda dei casi) costituisce atto provvedimentale costitutivo e produttivo di effetti, non necessariamente vincolato, comunque integrativo dell’efficacia della deliberazione consiliare, onde la notificazione del ricorso prima e indipendentemente dalla sua emanazione e pubblicazione era affatto tuzioristica, risultando all’opposto affatto tempestivi i motivi aggiunti coi quali è stato impugnato il decreto presidenziale, e in ogni caso sussistendo tutte le circostanze idonee a consentire il riconoscimento dell’errore scusabile e del beneficio della rimessione in termini.

Nel merito è stata altresì rivendicata la correttezza della sentenza, ponendo in luce come il Sa. non vantasse esperienza d’incarichi direttivi o semidirettivi, a fronte dell’esperienza direttiva di primo e secondo grado dell’appellato, quest’ultimo nello stesso distretto di Corte d’Appello, con conoscenza approfondita dei fenomeni criminali mafiosi siciliani e catanesi, e lamentando la carente motivazione dello “spiccato rilievo” che ha consentito il superamento dell’interessato, unico candidato “in fascia”, oltre a rilievi consimili a quelli dell’altro appellato Ge. in ordine alla mancata conclusione del procedimento relativo all’incarico di procuratore aggiunto e alla ribadita atipicità dei criteri sottesi alla negativa valutazione della propria maggiore anzianità anagrafica, alla pretesa conflittualità interna all’ufficio requirente di primo grado, e alle presunte maggiori energie richieste dall’incarico.

5.) Le parti, con ulteriori memorie difensive, depositate l’11 giugno 2013, hanno ulteriormente illustrato le proprie difese e l’appellato Ge. con memoria depositata il 21 giugno 2013 ha replicato agli avversi rilievi.

All’udienza pubblica del 26 novembre 2013, infine, l’appello principale e gli appelli incidentali sono stati discussi e riservati per la decisione.

6.) Il Collegio deve esaminare, in limine litis, l’eccezione d’irricevibilità per tardività del ricorso in primo grado proposto dal Ti., come già riproposta con il primo motivo dell’appello principale.

In punto di fatto è incontestato che l’interessato abbia avuto conoscenza dell’esistenza e del contenuto essenziale della deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura assunta nell’adunanza del 2 novembre 2011 sin dal 4 novembre 2011, posto che con nota in pari data n. 4803/2011 prot. egli sollecitava il c.d. anticipato possesso, ossia l’immissione del nominato nelle funzioni nelle more della registrazione del decreto presidenziale, come peraltro riconosciuto, in modo franco e leale, a pag. 5, ultimo capoverso della memoria difensiva di costituzione depositata il 10 giugno 2013.

Né l’appellato, pur avendo evidenziato anche graficamente in grassetto, che egli aveva inviato tale nota “nella sua qualità di Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Catania”, ha insistito sul rilievo svolto dal giudice amministrativo capitolino teso a valorizzare la distinzione tra conoscenza in funzione del peculiare ufficio ricoperto e nella diversa veste di “candidato” della procedura selettiva, laddove appare evidente che la conoscenza di un atto o di un fatto, che cade nella sfera psichico-intellettiva di una persona fisica, è momento percettivo unico e inscindibile, che non può prestarsi a una sorta di artificiosa “scissione”.

Il punto controverso è costituito, invece, dalle diverse conseguenze che dall’incontestata tempestiva conoscenza della deliberazione consiliare ne traggono l’appellante principale e l’appellato, posto che il primo ritiene che, in funzione dell’immediata e autonoma impugnabilità della deliberazione, decorra il termine decadenziale, spirato quindi alla data della notifica del ricorso in primo grado (avvenuta il 9 gennaio 2012), mentre il secondo rileva come il decreto presidenziale, e la sua pubblicazione, segnino il momento in cui in effetti si consolida l’effetto giuridico lesivo, con conseguente tempestività dell’impugnazione in relazione al momento della pubblicazione di quest’ultimo.

Osserva il Collegio che, secondo giurisprudenza ormai consolidata, le deliberazioni assunte dal Consiglio Superiore della Magistratura hanno natura, contenuto ed effetti provvedimentali, e come tali sono direttamente e autonomamente impugnabili, senza che sia affatto necessario attendere l’emanazione del decreto (presidenziale o ministeriale, secondo i casi) che ne recepisce l’effetto dispositivo (cfr. tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 9 marzo 2012, n. 1351, 23 gennaio 2012, n. 281, vedi anche 19 giugno 2007, n. 3299, 17 giugno 2003, n. 3401), dovendosi considerare affatto superato l’ormai risalente opposto orientamento che, sul rilievo che esse non erano atti “soggettivamente amministrativi”, le riteneva non impugnabili in modo indipendente dal decreto (vedi in tal senso, per tutte Cons. Stato, Sez. IV, 12 giugno 1986, n. 404 e 30 novembre 1985, n. 593).

La circostanza che il contenuto dispositivo delle deliberazioni debba essere trasfuso in un atto che, a seconda dei casi assume la forma del decreto del Presidente della Repubblica o del Ministro della Giustizia non incide, dunque, sul regime della loro impugnabilità.

Si tratta infatti di provvedimenti emanati “in conformità” delle deliberazioni consiliari, ossia di atti che debbono riprodurre il contenuto dispositivo delle medesime, sulle quali non possono incidere in alcun modo, e al quale nulla possono aggiungere o togliere.

Né in senso contrario può apprezzarsi il caso specifico invocato dall’appellato, relativo all’invito rivolto al C.S.M. a riconsiderare un provvedimento di nomina a un ufficio direttivo in ragione di profili di ordine disciplinare concernenti l’interessato, espressivo semmai di un principio di leale collaborazione istituzionale e rispetto al quale l’Organo di Autogoverno non era tenuto affatto a “uniformarsi” all’invito e qualora lo avesse disatteso vi sarebbe stata materia semmai di conflitto di attribuzioni presumibilmente risolvibile a favore del C.S.M. (nel senso che esula dalle attribuzioni del Ministro della Giustizia il potere di rifiutare di dar corso alla formazione del decreto presidenziale di nomina a ufficio direttivo non potendosi riconoscere al medesimo alcun “…generale potere di sindacato intrinseco, né tanto meno di riesame, sul contenuto degli apprezzamenti e delle scelte discrezionali operate dal Consiglio superiore della magistratura” cfr. per tutte Corte Cost., 30 dicembre 2003 n. 380).

D’altro canto che l’appellato avesse conseguito conoscenza ben più che essenziale della deliberazione è comprovato dalla circostanza che con il ricorso ha dedotto censure articolate e specifiche, e che con i motivi aggiunti, relativi all’impugnazione del decreto presidenziale, ha in effetti poi formulato censure d’invalidità derivata (con precedenti motivi aggiunti aveva anche gravato la deliberazione con cui era stata restituita in commissione la pratica relativa alla nomina sul posto di procuratore aggiunto di Milano, con censure consimili a quelle dedotte nel ricorso del Ge.).

In conclusione l’eccezione è fondata non potendosi revocare in dubbio la tardività del ricorso in primo grado n.r. 553/2012, proposto da Gi.Ti., con correlata inammissibilità dei primi e dei secondi motivi aggiunti al medesimo.

Il ricorso è peraltro altresì infondato nel merito come si dirà in prosieguo.

7.) Ancora in via preliminare il Collegio deve esaminare l’appello incidentale proposto da Gi.Ge. avverso il capo della sentenza con cui è stata dichiarata inammissibile l’impugnativa della deliberazione dell’1 giugno 2011, di restituzione alla quinta commissione della pratica relativa al conferimento dell’ufficio semidirettivo requirente di primo grado di Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Milano.

Secondo la prospettazione dell’appellante incidentale tra tale provvedimento e la successiva deliberazione di conferimento dell’ufficio direttivo requirente di primo grado di Procuratore della Repubblica di Catania sussisterebbe un nesso di presupposizione necessaria poiché, se si fosse concluso il primo procedimento, la domanda del candidato concorrente “sarebbe automaticamente decaduta ex art. 5.2 T.U. sulla Dirigenza Giudiziaria” e “il dott. Ge., secondo classificato, si sarebbe visto assegnare l’incarico di Procuratore della Repubblica di Catania”.

Quest’ultima conclusione, per vero, è insostenibile sotto il profilo logico-giuridico, non essendo dato ipotizzare se la commissione competente avrebbe ristretto la scelta ai soli due candidati Ti. e Ge., o avrebbe invece considerato altri candidati “fuori fascia”, e se e come il Plenum avrebbe poi valutato le relative proposte, anche quando ristrette ai medesimi, tenuto conto, peraltro, che quella favorevole al Ti. aveva conseguito in commissione un numero di voti (due) superiore a quella del Ge. (uno), e del pari in sede di prima votazione al Plenum (rispettivamente otto e sette), e non è possibile conoscere come si sarebbero “redistribuiti” i voti sia in commissione che nel Plenun espressi in favore del Sa..

La censura dedotta dall’appellante incidentale fa leva in particolare sul disposto dei paragrafi 5.4 e 5.5 della circolare del C.S.M. n. P. 19244 del 3 agosto 2010, di cui alla deliberazione 30 luglio 2010 e successive modifiche, denominata “Testo Unico sulla Dirigenza Giudiziaria, relativo al conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi con l’individuazione di moduli sinottici per la redazione dei rapporti e dei pareri attitudinali”.

In specie il paragrafo 5.4 stabilisce che:

” La regolarità delle procedure è assicurata, salvo motivate ragioni che suggeriscano l’adozione di criteri diversi, trattando le stesse secondo l’ordine temporale delle vacanze”.

Il successivo paragrafo 5.5, a sua volta, prevede che:

” La proposta di conferimento dell’ufficio direttivo formulata dalla competente Commissione viene comunicata all’interessato a mezzo di telefax trasmesso al suo ufficio di appartenenza che, con lo stesso mezzo, dà conferma dell’avvenuto adempimento, specificandone la data.

In considerazione del preminente interesse pubblico alla sollecita copertura del posto vacante, l’eventuale revoca della domanda di conferimento dell’incarico deve essere effettuata entro tre giorni dalla comunicazione della proposta di Commissione, esclusivamente attraverso lo specifico modello informatico e secondo le modalità illustrate nell’apposito vademecum disponibile sul sito internet (…).

Trascorso il predetto termine, la revoca può essere accolta solo per sopravvenute, eccezionali e documentate ragioni di salute, di servizio o familiari”.

In sostanza, secondo l’appellante incidentale, avviata la procedura per il conferimento dell’incarico semidirettivo requirente di primo grado di Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Milano, il cui posto vacante era stato pubblicato prima dell’altro relativo all’incarico direttivo requirente di primo grado di Procuratore della Repubblica di Catania, e formalizzata proposta favorevole al Sa., il Plenum non avrebbe potuto restituire la pratica in commissione, dovendo concludere il procedimento prima dell’altro (donde la denunciata violazione del paragrafo 5.4), in difetto peraltro di formale e ammissibile revoca della relativa domanda dell’interessato (con conseguente dedotta violazione del paragrafo 5.5), che non poteva essere integrata da una comunque tardiva dichiarazione di acquiescenza all’eventuale nomina di altro candidato, come formulata dal Sa., e con l’ulteriore conseguenza che, non dando corso alla nomina, si è altresì inverata la violazione, in definitiva per mancata applicazione, del paragrafo 5.2, a tenore del quale, per quanto qui rileva (corsivi dell’estensore) “Il trasferimento o l’assegnazione per conferimento di nuove funzioni, disposti a domanda dell’interessato, nonché il collocamento fuori dal ruolo organico della Magistratura o la conferma fuori dal ruolo in diversa posizione determinano la decadenza di tutte le domande in precedenza presentate”.

La pure suggestiva prospettazione non può essere condivisa, stante l’autonomia tra le due procedure concorsuali relativa al conferimento dei due diversi incarichi, come già divisata nell’ordinanza cautelare di questo Collegio n. 4846 del 12 dicembre 2012.

In tal senso è chiarificante e decisivo quanto disposto al paragrafo 5.3 della circolare, a tenore del quale (corsivi dell’estensore):

” In ragione del prevalere delle esigenze di buon andamento dell’amministrazione alla sollecita copertura dei posti direttivi vacanti, i concorsi per il conferimento degli incarichi direttivi sono reciprocamente indipendenti; pertanto, le eventuali preferenze espresse dal magistrato che ha presentato più domande non ritardano l’espletamento dei concorsi, né obbligano il Consiglio alla valutazione delle stesse”.

Il principio ivi enunciato di “indipendenza” delle procedure concorsuali implica che non è possibile costruire alcuna relazione di presupposizione tra le medesime, nel senso opinato dall’appellante incidentale, ossia che non possa proseguirsi una procedura se non sia stata definita altra, ciò che peraltro assegnerebbe alle domande degli interessati, e alle connesse valutazioni delle commissioni, un’anomala funzione di “programmazione dei lavori” del Plenum, potendo peraltro implicare, attraverso revoche di domande già favorevolmente considerate dalla commissione, una dilatazione dei tempi di definizione incompatibile con l’esigenza di una più sollecita copertura dei posti direttivi vacanti, peraltro inconciliabile con l’insopprimibile apprezzamento discrezionale del Plenum in ordine alla diversa “urgenza” in ordine alla definizione delle procedure, posto che, nella specie, ad esempio, è evidente che è stata valutata non incomprimibile l’esigenza di provvedere alla copertura del posto semidirettivo, con la restituzione in commissione della pratica, in ufficio giudiziario caratterizzato dalla presenza di altri posti semidirettivi coperti.

Alla stregua dei rilievi che precedono, dovendosi negare il nesso di presupposizione, e anche un collegamento procedimentale, tra le due procedure in itinere, ed escludersi qualsiasi preclusione alla valutazione del candidato Sa. al momento e della formulazione della proposta della commissione e della deliberazione successiva del Plenum favorevole al conferimento dell’incarico direttivo requirente catanese -per non essersi verificato l’effetto decadenziale invocato dall’appellante incidentale- l’appello incidentale è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato.

8.) Nel merito l’appello principale proposto da Giovanni Sa. è fondato e merita accoglimento, onde, in riforma della sentenza gravata, debbono essere rigettati tanto il ricorso proposto da Gi.Ge., quanto quello proposto da Gi.Ti..

8.1) Giova premettere il quadro di riferimento normativo, come delineato dalle disposizioni legislative di cui al D.Lgs. 5 aprile 2006, n. 160, come modificate dalla della legge 30 luglio 2007, n. 111, e da quelle regolamentari contenute nella richiamata circolare del C.S.M. n. P. 19244 del 3 agosto 2010 (già P-13000 dell’8 luglio 1999 e successive modifiche del 7 marzo 2001 e 22 giugno 2005, come integrata dalla deliberazione del 21 novembre 2007).

Com’è noto, il conferimento degli incarichi di funzione (di primo grado, di secondo grado e di legittimità; semidirettive di primo grado, semidirettive elevate di primo grado e semidirettive di secondo grado; direttive di primo grado, direttive elevate di primo grado, direttive di secondo grado, direttive di legittimità, direttive superiori e direttive apicali), definiti dall’ art. 10 del D.Lgs. 5 aprile 2006, n. 160, è disciplinato normativamente dall’art. 12 dello stesso decreto legislativo, entrambe le disposizioni come sostituite dall’art. 2 della legge 30 luglio 2007, n. 111.

Ad esso si provvede, a domanda degli interessati, all’esito di una procedura concorsuale di valutazione comparativa aperta ai magistrati che abbiano conseguito la valutazione di professionalità volta a volta richiesta: art. 12 commi da 2 a 9 (il solo conferimento delle funzioni al termine di tirocinio, per le funzioni giudicanti e requirenti; la seconda valutazione di professionalità per le funzioni di secondo grado e le funzioni semidirettive di primo grado; la terza valutazione di professionalità per le funzioni direttive di primo grado e le funzioni semidirettive elevate di primo grado; la quarta valutazione di professionalità per le funzioni requirenti di coordinamento nazionale, le funzioni di legittimità, le funzioni direttive di primo grado elevato; la quinta valutazione di professionalità per le funzioni per le funzioni direttive giudicanti di secondo grado, direttive requirenti di coordinamento nazionale e le funzioni direttive di legittimità; la sesta valutazione di professionalità per le funzioni direttive superiori di legittimità; la settima valutazione di professionalità per le funzioni direttive apicali di legittimità).

In particolare, per il conferimento delle funzioni direttive di primo grado e di grado elevato (oltre che di quelle semidirettive di primo grado, semidirettive elevate di primo grado, semidirettive di secondo grado), “sono specificamente valutate le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione, di collaborazione e di coordinamento investigativo nazionale, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati nonché ogni altro elemento, acquisito anche al di fuori del servizio in magistratura, che evidenzi l’attitudine direttiva” (art. 12 comma 10).

La disposizione non richiama in modo espresso, tra le altre, le funzioni direttive di secondo grado, ma tale “lapsus calami” trova spiegazione, presumibilmente, nella circostanza che in genere i candidati all’assegnazione di incarichi direttivi di secondo grado hanno già maturato esperienze di funzioni semidirettive di analogo grado, o direttive e/o semidirettive di grado inferiore (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 22 settembre 2009, n. 9098, confermata e condivisa anche sul punto da Cons. Stato, Sez. IV, 24 maggio 2010, n. 3266), senza peraltro che lo svolgimento di pregressi incarichi direttivi o semidirettivi costituisca ex se titolo preferenziale, secondo quanto chiarito da un fermo orientamento giurisprudenziale (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 3 febbraio 2010, n. 1444, tra le tante).

L’art. 12 comma 12 precisa poi che l’attitudine direttiva deve intendersi “riferita alla capacità di organizzare, di programmare e di gestire l’attività e le risorse in rapporto al tipo, alla condizione strutturale dell’ufficio e alle relative dotazioni di mezzi e di personale; altresì alla propensione all’impiego di tecnologie avanzate, nonché alla capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati e dei funzionari, nel rispetto delle individualità e delle autonomie istituzionali, di operare il controllo di gestione sull’andamento generale dell’ufficio, di ideare, programmare e realizzare, con tempestività, gli adattamenti organizzativi e gestionali e di dare piena e compiuta attuazione a quanto indicato nel progetto di organizzazione tabellare”.

Integrativa della normativa primaria è quella secondaria posta dal Consiglio Superiore della Magistratura con la circolare P-13000 dell’8 luglio 1999 e successive modifiche del 7 marzo 2001 e 22 giugno 2005, come integrata dalla deliberazione del 21 novembre 2007, emanata alla luce delle modificazioni legislative introdotte dal D.Lgs. n. 160/2006, come parzialmente novato dalla legge n. 111/2007, poi trasfusa nella circolare del C.S.M. P. 19244 del 3 agosto 2010 di cui alla deliberazione del 30 luglio 2010 e successive integrazioni.

In sostanza il raffronto comparativo tra i candidati è condotto alla stregua dei criteri delle “…attitudini e del merito, che, in una valutazione integrata, confluiscono in un giudizio complessivo ed unitario”.

Quanto al “merito” (par. 1.1 della circolare P. 19244 del 3 agosto 2010, che ha sostituito il par. B) della circolare P-13000 dell’8 luglio 1999), esso è la risultante dell’apprezzamento complessiva dell’attività , “anche giudiziaria”, svolta del magistrato incentrata sulla valutazione di:

“capacità, laboriosità, diligenza ed impegno, in relazione alla qualità ed alla quantità del lavoro svolto in rapporto alla tipologia ed alla condizione organizzativa e strutturale dell’ufficio, alla puntualità e tempestività dimostrate nello svolgimento delle funzioni, nel compimento di attività giudiziaria e nell’osservanza dei propri doveri, alla disponibilità a far fronte alle esigenze dell’ufficio anche con l’assidua presenza nelle udienze e nei giorni stabiliti, alla preparazione giuridica ed al grado di aggiornamento rispetto alle novità normative, dottrinali e giurisprudenziali, all’autorevolezza nella conduzione delle udienze ed all’efficace utilizzo dei collaboratori e degli ausiliari, alla frequenza nella partecipazione ai corsi di aggiornamento o, comunque, alla disponibilità a partecipare agli stessi”.

Quanto invece alle “attitudini” (par. 1.2 della circolare P. 19244 del 3 agosto 2010, che ha sostituito il par. A) della circolare P-13000 dell’8 luglio 1999), essa è definita in generale come la “capacità di organizzare, programmare e gestire le risorse in rapporto alle necessità dell’ufficio ed alle risorse disponibili (nonché nella) propensione all’impiego delle tecnologie avanzate e nella capacità di valorizzare le inclinazioni dei magistrati e dei funzionari nonché di ideare e realizzare gli adattamenti organizzativi dando piena e compiuta attuazione alle previsioni tabellari”, ed è valutata alla stregua di una serie di “parametri” cui sono correlati specifici “indicatori”:

– quanto al parametro della capacità di organizzare e programmare l’attività:

— 1. Esperienze di direzione ed organizzazione, desunte dallo svolgimento, effettivo o vicario, di funzioni direttive, semidirettive o di coordinamento di posizioni tabellari o gruppi di lavoro;

– 2. Esperienze di collaborazione nell’attività di direzione e/o organizzazione

– 3. Esperienze di organizzazione del lavoro giudiziario

– 4. Esperienze di coordinamento investigativo

– 5. Relazioni rilevanti per l’organizzazione e l’esercizio della funzione giudiziaria.

– 7. Rispetto della sfera di autonomia professionale del giudice o del sostituto procuratore

– 8. Formazione (anche precedente l’ingresso in magistratura) in materia organizzativa e gestionale.

– 9. Esperienze di direzione, organizzazione e collaborazione maturate in ambito non giudiziario;

– quanto al parametro capacità di gestire le risorse:

– 1. Controllo sull’andamento generale dell’ufficio

– 2.Propensione all’uso di tecnologie avanzate

– 3 Attuazione del progetto di organizzazione tabellare o del programma organizzativo.

Beninteso, con riferimento a tali parametri e relativi indicatori, alcuni dei quali sono più riferibili al pregresso esercizio di funzioni direttive o semidirettive, la circolare avverte che:

“La mancanza di pregresse esperienze direttive o semidirettive, eventualmente svolte anche in via di fatto, impone che il giudizio prognostico sull’attitudine direttiva sia formulato sulla base della complessiva attività giudiziaria svolta dal candidato”;

con ciò chiarendo positivamente che nella valutazione comparativa non vi è automatica preferenza e prevalenza per candidati che abbiano già svolto funzioni direttive o semidirettive, poiché la scelta del candidato si fonda su un apprezzamento complessivo, sia pure entro una “platea” di candidati “in fascia”, come definita dal paragrafo 2.1 della circolare (sostitutiva delle disposizioni di cui alla precedente circolare) di cui si dirà dopo.

Ulteriori elementi di valutazione dell’attitudine sono costituiti (par. 1.2.2) da:

a) conoscenza approfondita dell’ordinamento giudiziario, delle circolari del C.S.M., specialmente di quelle in materia tabellare e di organizzazione degli uffici giudiziari, nonché delle norme che regolano lo status del personale giudiziario;

b) positivo esercizio di funzioni giudiziarie diverse;

c) positivo esercizio, specie se in epoca non remota e per un tempo adeguato, di funzioni:

di identica o analoga natura rispetto a quelle dell’ufficio da ricoprire;

di livello pari o superiore.

e con riferimento a quest’ultimo elemento, e per quanto qui interessa, per gli uffici direttivi di merito e “senza che costituisca titolo preferenziale, al positivo esercizio delle funzioni di merito per un tempo non inferiore a quattro anni negli ultimi quindici anni a far data dalla data della vacanza del posto in concorso” (lettera c2) nonché “negli stessi termini”:

– “per gli uffici direttivi di Procuratore della Repubblica in zone caratterizzate da rilevante presenza di criminalità organizzata di tipo mafioso, alla particolare esperienza specifica acquisita presso una Procura, una Procura generale della Repubblica o presso la Procura Nazionale Antimafia per un periodo non inferiore a quattro anni negli ultimi quindici”;

– “per gli uffici di Procuratore della Repubblica di una Procura Distrettuale e per quelli di Procuratore generale – aventi sede, questi ultimi, in zone caratterizzate da rilevante presenza di criminalità organizzata di tipo mafioso – alle esperienze maturate nella trattazione dei procedimenti relativi ai reati indicati dall’art. 51 comma 3 bis c.p.p., desunte concretamente dalla rilevanza dei procedimenti trattati e dalla durata della attività inquirente e requirente”.

L’anzianità, che prima della riforma di cui al D.Lgs. n. 160/2006 costituiva criterio preferenziale a parità di attitudini e merito, assume invece ormai valore del tutto residuale quale mero “requisito di ingresso per una prima utile comparazione” ed assume rilevanza essenzialmente come “criterio di validazione dei parametri del merito e delle attitudini dei quali attesta la costanza e la persistenza e perciò lo specifico valore nel senso che partendo dal più giovane partecipante al concorso, determini in linea di principio quale sia il valore aggiunto da attribuire al durevole esercizio positivo delle funzioni e alla costante capacità professionale e su questa base determini e circoscriva l’ambito di aspiranti che in una fase preliminare possono essere posti tra loro in significativa ed utile valutazione comparativa”, con l’avvertenza che “tra gli aspiranti utilmente collocati in quest’area di valutazione, l’anzianità non assume poi alcun ulteriore rilievo, dovendosi la stessa tradurre in esperienze maturate ed attività realizzate, valutabili solo all’interno dei parametri del merito e delle attitudini”.

In sostanza, l’anzianità assume rilievo essenzialmente come requisito di legittimazione alla valutazione comparativa con gli altri candidati, nel senso che per ciascuna tipologia di uffici direttivi sono individuati periodi minimi di positivo esercizio delle funzioni in atto svolte da aggiungere all’anzianità di servizio dell’aspirante più giovane partecipante alla procedura concorsuale (uffici per cui è richiesta almeno la terza valutazione di professionalità, ossia funzioni direttive di primo grado e funzioni semidirettive elevate di primo grado: quattro o sei anni a seconda che l’incarico da conferire abbia o meno figure semidirettive subordinate; uffici per i quali è richiesta almeno la quarta valutazione, ossia funzioni requirenti di coordinamento nazionale, funzioni di legittimità, funzioni direttive di primo grado elevato: otto anni; uffici per i quali è richiesta almeno la quinta valutazione, ossia funzioni direttive requirenti di coordinamento nazionale e funzioni direttive di legittimità: otto anni; uffici per i quali è richiesta almeno la sesta o la settima valutazione, ossia rispettivamente funzioni direttive superiori di legittimità e funzioni direttive apicali di legittimità: dieci anni).

Il suddetto diaframma ostativo alla valutazione comparativa di merito può cedere (par. 2.2) però in funzione del “recupero delle professionalità più rilevanti, che non siano rientrate nella preliminare rosa di aspiranti sottoposti a valutazione comparativa”, in relazione allo “spiccato rilievo” ossia della positiva ricognizione in capo all’aspirante del “possesso di doti attitudinali e di merito di eccezionale valenza”, o, alternativamente laddove sia constatata la “inadeguatezza di specifiche attitudini o della presenza di elementi negativi nei candidati ricompresi nella suddetta rosa, oppure, ovviamente, quando concorrono entrambi questi fattori”.

Con specifico riferimento poi a taluni uffici caratterizzati da elementi di specializzazione (Tribunale di Sorveglianza, Uffici minorili, Procure distrettuali e Procure generali di distretti connotati da rilevante criminalità organizzata) “… la valutazione in comparazione va estesa a tutti coloro che siano in possesso dei requisiti di specializzazione richiesta -purché abbiano svolto funzioni specialistiche per almeno 4 anni negli ultimi quindici- a prescindere dalla presenza o meno tra quelli ordinariamente valutabili di magistrati “specializzati””.

Sotto quest’ultimo profilo deve porsi in evidenza che il Consiglio superiore della magistratura non deve motivare (in negativo) le ragioni della insussistenza dello “spiccato rilievo”, sebbene, al contrario, soltanto l’eventuale positiva ricognizione di tale requisito.

In tal senso si è espresso chiaro e condivisibile orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, IV Sezione giurisdizionale, 30 novembre 2010, n. 8366) che ha evidenziato che “il C.S.M. non ha alcun obbligo di prendere in concreta valutazione i candidati collocati fuori fascia e, conseguentemente, non deve rendere ragione di tale determinazione (mentre) viceversa, ove ravvisi in uno dei candidati ‘fuori fascia’ il requisito dello ‘spiccato rilievo’ desunto da doti professionali eccezionali “tali da imporsi pressoché ictu oculi” dovrà adeguatamente motivare la sussistenza del requisito dello ‘spiccato rilievo’ che giustifica l’inserimento del candidato ‘fuori fascia’ nel lotto dei valutabili; quindi, in vista del conferimento dell’incarico in suo favore, dovrà previamente compararlo analiticamente con tutti i candidati più anziani, motivando specificatamente le ragioni della scelta”.

Quanto, poi, alla comparazione tra gli aspiranti alla “platea” così individuata la circolare, ribadendo quanto già espresso da quella precedente) precisa che

“La valutazione comparativa degli aspiranti è effettuata al fine di preporre all’ufficio da ricoprire il candidato più idoneo per attitudini e merito, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare ed, eventualmente, a particolari profili ambientali.

Le ragioni della scelta devono risultare da un’espressa motivazione, riferita specificamente anche ai requisiti di indipendenza e prestigio nonché all’assenza di elementi negativi rispetto all’ufficio da ricoprire.”.

Ciò che conta è, peraltro, che nella valutazione comparativa globale e unitaria tra il magistrato prescelto e ciascuno degli altri posti in comparazione col medesimo “risulti documentalmente avvenuta la presa in esame, per ciascun candidato, dei tratti essenziali e qualificanti dei rispettivi curricula professionali, nonché la valutazione ponderata degli stessi in rapporto allo specifico oggetto di conferimento” (Cons. Stato, Sez. IV, 19 giugno 2007, n. 3299), potendosi in tal modo compiutamente esercitare il sindacato giurisdizionale di legittimità entro i propri confini funzionali, ossia in relazione al riscontro dell’esattezza dei presupposti di fatto, del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni, e in definitiva dell’esistenza, congruenza e ragionevolezza della motivazione, senza trasmodare in un diretto apprezzamento che si estrinsechi in una valutazione specifica di merito (Cons. Stato, Sez. IV, 12 febbraio 2010, n. 797).

8.2) Così delineato, in sintesi, il quadro normativo di riferimento è pregiudiziale l’esame delle censure rivolte dal Ti. nei confronti della deliberazione del 2 novembre 2011 in relazione all’inclusione nella valutazione dei due candidati “fuori fascia” Sa. e Ge., in funzione del rilievo in capo ai medesimi del c.d. spiccato rilievo, ossia di “doti attitudinali e di merito di eccezionale valenza”.

Sotto tale aspetto, è opportuno rammentare che il sindacato giurisdizionale di legittimità si muove su un crinale assai sottile, limitato alla valutazione dell’esistenza, congruità e logicità della motivazione, non potendo in alcun modo trasmodare in un apprezzamento diretto, che si risolverebbe nella violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa intrusiva del merito.

Orbene, nell’ambito di tali confini, non può revocarsi in dubbio che entrambe le proposte, favorevoli al Sa. e al Ge., diano ampio conto di tutti gli elementi che in rapporto all’intero cursus delle relative carriere, alla rilevanza delle funzioni svolte, sia in ambito giudiziario che extragiudiziario (quali componenti del C.S.M.), alla delicatezza e rilevanza dei procedimenti e processi di cui sono stati investiti, alle doti di capacità, laboriosità, diligenza, impegno, conducono al riscontro positivo dello spiccato rilievo, ossia del possesso di doti attitudinali e di merito di eccezionale valenza.

Ciò, naturalmente, non esclude né disconosce che anche il Ti., candidato in fascia, presenti profili di eccellenza, sebbene qualifica la piena legittimità dell’ammissione a valutazione dei due candidati “fuori fascia”.

8.4) La sentenza gravata muove da un assunto affatto erroneo, in punto di fatto, pervenendo a conclusioni giuridiche insostenibili.

Essa si fonda essenzialmente sul richiamo del paragrafo 1.2.2 lettera c.2) della circolare e sul rilievo che il Sa., a differenza degli altri due candidati, non potrebbe vantare il “positivo esercizio delle funzioni di merito per un tempo non inferiore a quattro anni negli ultimi quindici anni” presso una Procura, una Procura generale della Repubblica o presso la Procura Nazionale Antimafia, e sul rilievo che l’interessato “…se ha certamente ampia competenza in materia di terrorismo, anche internazionale, non dispone di particolari esperienze in materia di criminalità organizzata mafiosa, riferita o meno al territorio in cui egli sarebbe andato a svolgere funzioni direttive, con un significativo deficit rispetto ad una parte dei suoi stessi futuri sostituti”.

Al contrario, è incontestabile, desumibile dalla deliberazione e dai c.d. “medaglioni” che illustrano la proposta favorevole al Sa. (e invero anche dagli altri) e documentato che il Sa. ha svolto per oltre sei anni negli ultimi quindici anni funzioni requirenti presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma (prima del mandato elettivo al C.S.M. e la destinazione successiva alla Procura Generale presso la Corte di Cassazione), e quindi sia in possesso di quel requisito attitudinale, che non costituisce peraltro titolo preferenziale, è opportuno ricordarlo richiesto dal paragrafo 1.2.2. lettera c.2), e che, con riferimento specifico poi alle Procure distrettuali attiene alle “esperienze maturate nella trattazione dei procedimenti relativi ai reati indicati dall’art. 51 comma 3 bis c.p.p., desunte concretamente dalla rilevanza dei procedimenti trattati e dalla durata della attività inquirente e requirente” (che non riguarda solo il delitto di associazione di tipo mafioso, comprese quelle straniere, bensì le associazioni rivolte a commettere delitti di riduzione o mantenimento in schiavitù, tratta di persone, acquisto o alienazione di schiavi, operanti nel campo dell’immigrazione clandestina, della prostituzione e pornografia minorile, della violenza sessuale, anche di gruppo, in danno di minori, finalizzati al traffico degli stupefacenti, e al sequestro di persona a scopo di estorsione, dunque a un ampio catalogo di delitti anche diversi dall’associazione ex art. 416 bis c.p.).

E’ dunque evidente l’errore in cui è incorso il giudice di primo grado che ne ha condizionato il successivo procedimento logico, conducendolo all’affermazione che l’assenza di un requisito attitudinale, al contrario presente, non poteva essere “bilanciata” da altre non disconosciute ampie esperienze nel campo delle indagini concernenti il terrorismo internazionale, con ciò peraltro obliterando che, secondo quanto già rilevato nell’ordinanza cautelare n. 4846/2012, anche le suddette indagini possono assumere valenza esperienziale assai rilevante, stanti i frequenti intrecci tra organizzazioni terroristiche, nazionali e internazionali, e organizzazioni criminali di stampo mafioso, nazionali e internazionali.

In tale prospettiva, peraltro, le ulteriori esperienze richiamate dal T.A.R., e relative alle prestigiose collaborazioni internazionali finalizzate alla creazione di organismi di polizia e investigativi in nazioni asiatiche già appartenenti all’Unione Sovietica (Tajikistan, ma anche poi Kirghizistan, Kazakistan). non assumono valenza “sostitutiva” o “suppletiva” di un elemento esperienziale specifico supposto in modo erroneo come carente, ma viceversa esistente e positivamente riscontrabile, concorrendo soltanto a delineare, in via integrativa, un profilo di peculiare ulteriore e più professionalità, pure riconducibili alla tipologia d’incarichi rilevanti tra gli indicatori dell’attitudine (vedi par. 9.1 della circolare, che considera valutabili tra le altre la ” partecipazione all’attività di direzione e di organizzazione presso organizzazioni internazionali”, laddove l’incarico relativo alla Drug Control Agency del Tajikistan è stato svolto nell’ambito di un progetto di una agenzia delle Nazioni Unite, quale l’UNODC).

Nel contesto della complessiva valutazione comparativa, d’altro canto, non può infirmare la logicità e congruità della motivazione della deliberazione impugnata l’apprezzamento del T.A.R. concernente la qualità delle esperienze organizzative e di coordinamento, ritenute minusvalenti rispetto a quelle degli altri due candidati, e in specie del Ti., già titolare di incarico direttivi di primo grado e poi in atto di secondo grado, come pure l’allegata presentazione, da parte del solo Ge., di un progetto per la riorganizzazione dell’ufficio giudiziario (come da questi rivendicata nel ricorso e nella memoria difensiva con contestuale appello incidentale), o la considerazione, peraltro alquanto sfumata, delle “maggiori energie” del candidato più giovane, che non costituiscono elemento decisivo e comunque discriminante rispetto al candidato “in fascia” più anziano.

Del pari, considerato che, come già visto, nella valutazione comparativa la scelta del candidato più idoneo per attitudini e merito deve compiersi “avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare ed, eventualmente, a particolari profili ambientali” (corsivo dell’estensore), al Consiglio Superiore non poteva considerarsi preclusa anche la valutazione dell’opportunità di conferire l’incarico direttivo requirente di primo grado ad un candidato che fosse del tutto estraneo all’ambiente giudiziario presso il quale era destinato a svolgere l’incarico, e senza che naturalmente ciò possa ridondare in una valutazione negativa degli altri due candidati, egualmente di grande valore professionale, come testimoniato dalle proposte formulate in loro favore, sebbene in termini di apprezzamento di esigenze oggettive al di là quindi di ogni considerazione meno che favorevole sotto il profilo soggettivo dei predetti candidati.

In definitiva, deve riconoscersi che il Consiglio Superiore della Magistratura ha operato una scelta tra tre candidati tutti di eccezionale rilievo, professionalità e prestigio, che è caduta, secondo una valutazione insindacabile nel merito, su quello che è stato considerato maggiormente idoneo rispetto allo specifico ufficio requirente.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi o eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso

9.) In conclusione, respinto l’appello incidentale proposto da Gi.Ge., l’appello principale in epigrafe è fondato e deve essere accolto, onde in riforma della sentenza gravata devono essere rigettati i ricorsi proposti in primo grado, con declaratoria d’improcedibilità dell’appello incidentale successivo proposto dal Consiglio Superiore della Magistratura e dal Ministero della Giustizia.

10.) La peculiarità, relativa novità e complessità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – così provvede sull’appello in epigrafe n.r. 8166 del 2012:

1) accoglie l’appello, e per l’effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I, n. 8450 del 12 ottobre 2012, rigetta i ricorsi proposti in primo grado;

2) rigetta l’appello incidentale proposto da Gi.Ge. e dichiara improcedibile l’appello incidentale successivo proposto dal Ministero della Giustizia e dal Consiglio Superiore della Magistratura;

3) dichiara compensate per intero tra le parti le spese e onorari del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 26 novembre 2013 e 20 dicembre 2013, con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi – Presidente

Nicola Russo – Consigliere

Raffaele Greco – Consigliere

Raffaele Potenza – Consigliere

Leonardo Spagnoletti – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 6 giugno 2014.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *