Consiglio di Stato
sezione IV
sentenza 6 aprile 2016, n. 1367
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5403 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
– OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Pi. Bi., e presso lo studio di questi elettivamente domiciliato in Roma, alla via (…), per mandato a margine dell’appello;
contro
– Ministero della difesa, in persona del Ministro in carica;
– Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona del Comandante generale pro-tempore;
– Comando Legione Carabinieri Lombardia e Compagnia Carabinieri di Zogno, in persona dei Comandanti pro-tempore;
tutti rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli uffici della medesima domiciliati per legge i Roma, alla via (…);
per la riforma
della sentenza in forma semplificata del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I bis, n. 3481 dell’8 marzo 2010, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n. r. 9766/2009, proposto per l’annullamento del decreto del Vice direttore generale del personale militare del Ministero della Difesa dell’11 agosto 2009, recante cessazione dell’interessato dal servizio permanente, con collocazione in congedo nella categoria della riserva, ai sensi dell’art. 26 comma 1 lettera c) della legge n. 599/1954, nonché degli atti presupposti, e segnatamente del verbale n. 223/2009 del 23 giugno 2009, recante parere della Commissione di valutazione e avanzamento favorevole alla proposta di dispensa dal servizio, la proposta n. 63/04 di prot. del 20 febbraio 2009 e la proposta n. 63/1 di prot. del 20 gennaio 2009, e tutti gli atti conseguenti, connessi e i pareri gerarchici intermedi
Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 settembre 2015 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Bianchi per l’appellante e l’avvocato dello Stato Stigliano Messuti per le Autorità appellate;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) -OMISSIS-, già maresciallo ordinario dell’Arma dei Carabinieri in servizio presso la Stazione di Zogno del Comando Compagnia Carabinieri della Legione Lombardia, è stato dispensato dal servizio per scarso rendimento, con cessazione dal medesimo e collocazione in congedo nella categoria della riserva, su proposta del Comandante della Compagnia e su parere favorevole della Commissione per la valutazione e l’avanzamento.
Con ricorso in primo grado n. r. 9766/2009 l’interessato ha impugnato il provvedimento conclusivo, la proposta e il parere, deducendone l’illegittimità sotto vari profili.
Con sentenza in forma semplificata n. 3481 dell’8 marzo 2010 il T.A.R. del Lazio ha rigettato il ricorso, rilevando in sintesi:
a) quanto alla dedotta tardività del provvedimento, per esser stato emanato oltre l’invocato termine di centottanta giorni dalla proposta, che in effetti doveva considerarsi quale dies a quo non già il primo atto 63/1 di prot. del 20 gennaio 2009, siccome meramente ricognitivo dei presupposti per l’avvio del procedimento, sebbene quello successivo 63/04 di prot. del 20 febbraio 2009, e quale dies ad quem quello di adozione del provvedimento, ossia l’11 agosto 2009, e non già quello di conseguita conoscenza del medesimo;
b) quanto al rigetto dell’istanza d’accesso infraprocedimentale, che essa era generica e in ogni caso irrilevante rispetto a circostanze e fatti specifici considerati in relazione al provvedimento di dispensa;
c) quanto alla motivazione del provvedimento che essa era sufficiente, dando conto di una valutazione complessiva, non rilevando la pendenza di giudizi amministrativi avverso provvedimenti disciplinari o schede caratteristiche e/o di giudizi penali in itinere, in funzione della considerazione degli episodi nella loro “storicità”;
d) quanto alla completezza del procedimento, che risultavano acquisiti tutti i pareri della linea gerarchica.
2.) Con appello notificato il 18 maggio 2010 e depositato il 16 giugno 2010, la sentenza è stata impugnata deducendo, in sintesi, i seguenti motivi:
1) Violazione di legge e in particolare dell’art. 8 della legge n. 241/1990. Illogicità della motivazione della sentenza. Erronea valutazione della nota n. 63/1 del 20 gennaio 2009 e del suo valore di atto d’avvio del procedimento, perché, considerato che la nota del 20 gennaio 2009 e quella del 20 febbraio 2009 hanno lo stesso contenuto -come pure contraddittoriamente riconosciuto dal giudice amministrativo capitolino- non può negarsi che essa costituisca atto d’avvio del procedimento, che non gli è stata notificata, e che da essa decorra il termine per l’adozione del provvedimento finale, con conseguente tardività del medesimo ove anche si consideri la data della sua adozione (11 agosto 2009) e non della sua comunicazione (3 settembre 2009);
2) Violazione del diritto di difesa e reiterazione delle istanze istruttorie, perché l’istanza di accesso non poteva considerarsi irrilevante ai fini della difesa procedimentale, essendo relativa all’attività svolta nel periodo dal 24 novembre 2005 e sino al 20 gennaio 2009 e tesa a dimostrare che egli aveva ben operato, onde si insiste ai fini dell’acquisizione della documentazione richiesta.
3) Erronea e contraddittoria motivazione della sentenza. Infondatezza e ingiustizia del dispositivo, perché non è esatta l’affermazione del T.A.R. secondo cui la condotta globale dell’interessato sarebbe contrassegnata da aspetti negativi nel tempo e senza soluzione di continuità: i giudizi caratteristici dal 10 settembre 1996 al 14 agosto 2001 sono tutti “nella media”, gli ultimi due di “insufficiente” sono stati oggetto d’impugnativa giurisdizionale amministrativa pendente, le sanzioni disciplinari considerate sono anteriori al quinquennio, i procedimenti penali sono esitati quasi tutti in archiviazione o assoluzione o non luogo a provvedere, salvo una condanna a pena pecuniaria per disobbedienza, in sostanza sussisteva un clima negativo dei superiori gerarchici verso l’interessato, presumibilmente riconducibile a pregiudizi rivenienti dal suo pregresso trasferimento alla Stazione di Zogno dalla Stazione di Villa d’Almé per incompatibilità col precedente comandante.
Con memoria difensiva notificata intestata come “memoria con motivi aggiunti” e contestuale istanza cautelare, l’interessato ha, poi, dedotto che con sentenze del T.A.R. per la Lombardia, Sezione Staccata di Brescia, nn. 2315 e 2319 del 16 giugno 2010, sono stati accolti, rispettivamente, i ricorsi proposti per l’annullamento della sanzione disciplinare della consegna di giorni sette e delle schede valutative con i giudizi di “insufficiente” n. 57 del 28 gennaio 2008 e n. 59 del 13 gennaio 2009, queste ultime sul rilievo che il compilatore e il primo revisore avrebbero dovuto astenersi dalla loro redazione in ragione dei contrasti con il destinatario, sfociati in denunce penali incrociate;
da tale circostanza l’interessato deduce che l’obbligo di astensione avrebbe dovuto estendersi anche all’avvio del procedimento di dispensa e che l’annullamento delle schede valutative comporta “…la caducazione del presupposto sul quale si basa il procedimento di cessazione dal servizio per scarso rendimento”, poiché secondo la circolare ministeriale del 2 maggio 2000 soltanto la formulazione di due consecutivi giudizi d’insufficienza per un periodo di almeno due anni di servizio consente l’avvio della dispensa.
Le Autorità appellate si sono costituite in giudizio con atto formale depositato il 13 ottobre 2010.
Con ordinanza collegiale istruttoria n. 3018 del 12 giugno 2014, all’esito dell’udienza di discussione del 13 maggio 2014, è stata disposta l’acquisizione di copia autentica della circolare ministeriale DPGM/II/30001/C24 del 2 maggio 2000, nonché copia autentica del fascicolo personale dell’appellante, completo di tutta la documentazione caratteristica.
All’udienza pubblica fissata del 26 novembre 2014, constatato lo smarrimento del fascicolo, è stato disposto il rinvio alla camera di consiglio del 27 gennaio 2015, in esito alla quale, con ordinanza n. 386 del 28 gennaio 2015, è stata disposta la ricostituzione del fascicolo con le modalità ivi indicate.
Le parti hanno provveduto al deposito della documentazione relativa, ivi compreso il deposito della nota del Direttore Generale per il personale militare del Ministero della Difesa in data 10 novembre 2014 con cui è stato chiarito che le schede valutative n. 57 e n. 59 sono state ricompilate, con ribadita valutazione dei giudizi di “insufficiente” a cura di compilatore e revisore diversi.
Con memoria denominata “di replica” depositata il 25 giugno 2015 l’appellante ha contestato la tardività del deposito della suddetta documentazione, chiarendo di aver impugnato le suddette rinnovate schede valutative con ricorsi in primo grado in sede di cognizione (n. 12/2015) e in sede di ottemperanza, per elusione del giudicato (n. r. 39/2015) con udienza fissata per la decisione, evidenziando di ritenere “…non rilevanti e attendibili le schede valutative così tardivamente compilate e prodotte, considerata anche la possibilità che l’eventuale annullamento avanti al TAR di Brescia espunga di fatto tali atti amministrativi anche dal presente giudizio”.
All’udienza pubblica del 22 settembre 2015, presente nelle preliminari l’avvocato dello Stato Stigliano Messuti, il difensore dell’appellante ha discusso l’appello che è stato riservato per la decisione.
3.) L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, dovendosi disattendere l’eccezione spiegata nella memoria “di replica” relativa alla presunta tardività del deposito della nota del Direttore Generale per il personale militare del Ministero della Difesa in data 10 novembre 2014, in quanto, a seguito del rinvio dell’udienza pubblica del 25 novembre 2014, in relazione alla necessità di provvedere alla ricostituzione del fascicolo, entrambe le parti sono state ovviamente rimesse in termini quanto al deposito di documenti e memorie.
Quanto al primo motivo d’appello, imperniato sulla presunta tardività dell’emanazione del provvedimento, deve evidenziarsi che:
– la dispensa dal servizio permanente effettivo dei sottufficiali, già prevista dall’art. 33, comma 2, della legge 31 luglio 1954, n. 599 del 1954, applicabile ratione temporis (e ora dall’art. 932 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 recante “Codice dell’ordinamento militare”) non è fattispecie di natura disciplinare, onde, secondo pacifica giurisprudenza amministrativa, non è assoggettata a termini perentori (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 18 marzo 2009, n. 1596, id., 12 marzo 2007, n. 1210, id.,15 febbraio 2006 n. 609, tra le tante);
– il termine, nel caso di specie, non poteva comunque decorrere in difetto della coeva comunicazione d’avvio del procedimento all’interessato, onde l’unica proposta che assuma rilievo è quella di cui alla nota n. 63/4 di prot. del 20 febbraio 2009, in pari data notificata con presa visione e ricevuta sottoscritta dall’interessato, che peraltro, a differenza della precedente, rimasta senza effetto, contempla fra gli allegati, oltre ai verbali d’ammonimento, l’essenziale documentazione caratteristica e lo stato di servizio;
– dall’intervenuto annullamento delle schede di valutazione n. 57 (relativa al periodo 11 gennaio 2007-1° novembre 2007) e n. 59 (relativa al periodo 1° novembre 2007-2 gennaio 2008) in epoca successiva al provvedimento impugnato non può dedursi alcuna illegittimità ex se, come evocata nella memoria difensiva notificata intestata come “memoria con motivi aggiunti”, in ordine alla proposta di dispensa, per quanto si dirà dopo, in relazione al terzo motivo.
Quanto al secondo motivo d’appello, deve convenirsi con il giudice amministrativo capitolino in ordine all’irrilevanza della documentazione oggetto della istanza di accesso infraprocedimentale presentata dall’interessato e del relativo diniego, posto che il provvedimento impugnato si fonda su documentazione inoppugnabile (rapporti informativi, schede valutative, ammonimenti, sanzioni disciplinari), essendo state impugnate dall’interessato, e successivamente annullate dal T.A.R. le sole schede valutative n. 57 e n. 59, oltre che sulla complessiva valutazione delle prestazioni e del comportamento del militare.
Non ha maggior pregio, da ultimo, il terzo motivo d’appello, poiché il provvedimento è fondato su ampia e articolata motivazione, relativa all’apprezzamento, oltre che delle due schede valutative anzidette, che sono state ricompilate con giudizi confermativi di “insufficiente”, e che comunque, ancorché sub judice, sono idonee a integrare il materiale valutativo acquisito al procedimento, altresì su ulteriori schede valutative (n. 48 per il periodo 29 luglio 2002-4 giugno 2003 e n. 52 per il periodo 31 agosto 2004-4 ottobre 2005, entrambe con qualifica di “inferiore alla media”), su rapporti informativi, anche riferiti ad anni antecedenti, sul profilo comportamentale generale, come desumibile oltre che da vicende penali, benché esitate in gran parte in senso favorevole per l’interessato, e da sanzioni disciplinari.
Orbene, tale profilo comportamentale può essere considerato, anche al di là di valenze disciplinari, quale espressivo di disvalore morale, attitudinale e della scarsa qualità delle prestazioni lavorative rese durante l’espletamento del servizio, sufficienti a sostenere il provvedimento di dispensa (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 marzo 2007, n. 1210).
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.
4.) In conclusione l’appello in epigrafe deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata.
5.) In relazione alla peculiarità delle questioni esaminate e alla natura di stile delle difese giudiziali dell’Amministrazione, sussistono giusti motivi per dichiarare compensate le spese del giudizio d’appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione IV rigetta l’appello n. r. 5403 del 2010, e per l’effetto conferma la sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I bis, n. 3481 dell’8 marzo 2010.
Spese del giudizio d’appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Goffredo Zaccardi – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Leonardo Spagnoletti – Consigliere, Estensore
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Depositata in Segreteria il 06 aprile 2016.
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