Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 5 aprile 2017, n. 1588

E’ illegittimo il diniego del Comune relativo al rilascio di una concessione demaniale marittima per un stabilimento balneare da realizzare su un’area classificata dal Piano Regionale delle Coste come in “erosione” senza avere prima, e in vista della decisione sulla istanza, attivato la dovuta verifica sulla stabilizzazione del fenomeno erosivo anche con riferimento alla specifica area in discussione. Pertanto la qualificazione, nel provvedimento di diniego, dell’area come “in erosione” risulta sprovvista di un qualsiasi supporto istruttorio e motivazionale specifico, risultando del tutto generica e di conseguenza illegittima

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 5 aprile 2017, n. 1588

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2035 del 2013, proposto da Ma. Vi., rappresentato e difeso dall’avvocato An. Ma. Ci., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M. Ga. in Roma, via (…);

contro

il Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Va., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gi. Pe. in Roma, corso (…);

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. PUGLIA -SEZ. STACCATA DI LECCE -SEZIONE I, n. 1240 del 2012, resa tra le parti, con la quale è stato respinto il ricorso promosso avverso la nota prot. n. 4970 del 5 marzo 2012, del responsabile del Settore Urbanistica e Assetto del Territorio – Ufficio Demanio – del Comune di (omissis), concernente “diniego definitivo al rilascio della concessione demaniale marittima di cui alla richiesta del 3 dicembre 2000”;

Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);

Vista la memoria difensiva dell’appellante;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 16 marzo 2017 il cons. Marco Buricelli e uditi per le parti gli avvocati An. Ma. Ci. e Pi. Ri., per delega dell’avvocato An. Va.;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.Nel dicembre del 2000 il ricorrente e odierno appellante presentò al Comune di (omissis) (LE) una istanza diretta al rilascio di una concessione demaniale marittima in località Torre (omissis) -(omissis), per realizzare una struttura balneare su un’area di circa 2.000 mq..

Acquisiti il parere favorevole della Capitaneria di Porto all’avvio dell’istruttoria, e quello, parimenti favorevole, con prescrizioni, del dirigente del Servizio Ambiente della Provincia di Lecce ai fini della valutazione di incidenza ambientale, il Comune (al quale era stata assegnata, in virtù di convenzione con la Regione Puglia, l’attività svolta dalle Capitanerie sino al 30 giugno 2001), nel 2004 sospese l’istruttoria in vista della redazione del piano comunale delle coste; nel 2009 richiese al ricorrente di produrre documentazione ulteriore e successivamente, trattandosi di domanda presentata prima del 23 giugno 2006, data della entrata in vigore della l. r. n. 17 del 2006, recante “disciplina della tutela e dell’uso della costa”, trasmise la pratica alla Regione per ogni determinazione di merito.

Con atto dell’8 novembre 2010 la Regione rinviò la pratica al Comune sull’assunto che “con il materiale trasferimento del suddetto fascicolo, la competenza a provvedere definitivamente in ordine alla richiesta di concessione (spettasse) a codesto Comune conformemente all’art. 6 della legge regionale citata”.

Dopo che con nota in data 24 febbraio 2011 il Comune aveva comunicato al ricorrente, ai sensi dell’art. 10-bis della l. n. 241 del 1990, di avere riscontrato motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, ed era stato diffidato dal signor Vi. a provvedere in via conclusiva sulla domanda, lo stesso Vi. si rivolse al Tar di Lecce (ricorso n. R. G. 1423 del 2011) avverso il silenzio serbato sulla istanza, non essendo stato adottato alcun provvedimento definitivo.

Il Tar accolse la domanda con la sentenza n. 2094 del 2011 dichiarando l’obbligo del Comune di provvedere sulla istanza entro 30 giorni.

Con la nota prot. n. 4970 del 5 marzo 2012 il Responsabile del Settore Urbanistica e Assetto del Territorio – Ufficio Demanio comunicò infine “il diniego definitivo al rilascio della concessione demaniale marittima di cui alla richiesta del 3 dicembre 2000” e ciò per due ragioni: a) in quanto l’area oggetto di intervento è classificata dal Piano Regionale delle Coste (in seguito, PRC) “in erosione”, e inoltre b) perché la stessa rappresenta “una delle sole due zone liberamente fruibili per la balneazione”.

2.Il diniego è stato impugnato dal signor Vi. innanzi al Tar di Lecce che, con la sentenza in forma semplificata n. 1240 del 2012, ha respinto il ricorso concentrando l’attenzione -in base al principio della “ragione sufficiente” in presenza di un atto c. d. “plurimotivato”- sul motivo principale dell’atto lesivo, vale a dire sulla classificazione dell’area oggetto dell’intervento, da parte del PRC, come area “in erosione”.

Nella sentenza si premette che l’area oggetto dell’intervento è classificata nella tavola n. 51 del PRC con livello C2 (Costa a media criticità) – S1 (Costa ad elevata sensibilità ambientale), in relazione al quale l’art. 6.2.4. delle norme tecniche di attuazione (in seguito, NTA) dispone che “nelle zone classificate C2.S1 il rilascio di nuove concessioni è subordinato all’accertamento che i fenomeni erosivi siano stabilizzati attraverso una attività continua di monitoraggio, la quale deve proseguire durante il periodo concessorio. L’eventuale riattivazione del fenomeno erosivo comporta la revoca delle concessioni. Al fine di stabilizzare i fenomeni erosivi possono essere messi in atto interventi di recupero e risanamento costiero”.

Il TAR osserva quindi che la normativa subordina l’assentibilità della concessione demaniale marittima alla verifica positiva di un evento -la stabilizzazione del fenomeno erosivo-, per accertare il quale è necessario che decorra un ragionevole periodo di tempo affinché, rispetto alla valutazione contenuta nel Piano, possa dirsi effettivamente appurato che il tratto di costa interessato non risulta più soggetto a erosione.

Per quanto riguarda la misurazione del tempo necessario per poter accertare la stabilizzazione dei fenomeni erosivi, la sentenza individua quale parametro di riferimento “presuntivo” quanto stabilito dallo stesso PRC per le aree in zona C1 (a elevata criticità), in cui il fenomeno erosivo è in atto e per le quali è vietato il rilascio delle concessioni per almeno tre anni dall’approvazione del PRC (e comunque anche oltre, sino alla cessazione del fenomeno erosivo).

In sentenza si afferma che se la Regione ha individuato un arco temporale minimo di tre anni per accertare la cessazione del fenomeno erosivo e per rilasciare una concessione in zona C1, lo stesso termine (stavolta, massimo) può essere assunto per monitorare la stabilizzazione del fenomeno anche in zona C2, qualora l’erosione non sia più in atto.

Tale intervallo di tempo può essere presuntivamente stimato in un massimo di tre anni e, comunque, allo stato (l’atto impugnato è del marzo del 2012, la sentenza del luglio 2012, il PRC è stato approvato con DGR Puglia n. 2273 del 13 ottobre 2011) “non può certamente ritenersi decorso a sufficienza”, sicché “deve ritenersi tuttora in essere il fenomeno erosivo che impedisce la possibilità di rilascio della concessione demaniale, la quale legittimamente è stata denegata”.

La sentenza disattende anche la censura procedimentale di violazione dell’art. 10 -bis della l. n. 241 del 1990, posto che in base all’art. 21 -octies della legge stessa non è annullabile il provvedimento impugnato qualora risulti palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato; e fa applicazione del principio della “ragione sufficiente” in presenza di un atto c. d. “plurimotivato” esimendosi dall’esaminare le censure ulteriormente dedotte, con riferimento in particolare alla critica della seconda ragione posta a fondamento del diniego (quella per la quale l’area di intervento è “una delle sole due aree rimaste liberamente fruibili per la balneazione nel tratto di fascia costiera della località (omissis)”).

3. Il signor Vi. ha proposto appello censurando la sentenza con due motivi, articolati ciascuno in molteplici profili.

Resiste il Comune.

In data 11 febbraio 2017 l’appellante ha presentato memoria e all’udienza del 16 marzo 2017 il ricorso è stato discusso e quindi trattenuto in decisione.

4.In via preliminare è il caso di rilevare che la disciplina sul rilascio delle concessioni demaniali marittime nella zona oggetto della richiesta fatta dal signor Vi. è contenuta nel PRC.

Il Piano opera una valutazione delle coste pugliesi per gestire e per controllare i fenomeni erosivi del litorale e conseguentemente per adeguare la disciplina concessoria delle aree più o meno incise da tali fenomeni.

La valutazione effettuata dalla normativa regionale opera su due piani: criticità e sensibilità ambientale.

L’art 6 delle NTA al PRC -criticità alla erosione e sensibilità ambientale, dispone che “a livello comunale, nella pianificazione delle forme d’uso dell’area costiera si deve tener conto della criticità all’erosione dei litorali sabbiosi e della sensibilità ambientale della costa così come definite nel PRC. Il PRC individua su tutta la fascia demaniale della costa pugliese differenti livelli di criticità all’erosione dei litorali sabbiosi e differenti livelli di sensibilità ambientale associata alle peculiarità territoriali del contesto. La criticità all’erosione dei litorali sabbiosi viene definita in funzione di tre indicatori (…). La criticità all’erosione viene classificata in elevata, media e bassa. La sensibilità ambientale viene definita in funzione di una molteplicità di indicatori (…). La sensibilità ambientale viene classificata in elevata, media e bassa. I differenti livelli di criticità all’erosione e di sensibilità ambientale sono stati quindi incrociati, dando origine a nove livelli di classificazione che determinano norme di riferimento per la redazione dei PCC. Ai fini della presente normativa le classi di criticità condizionano il rilascio delle concessioni demaniali, mentre le classi di sensibilità ambientale condizionano i tipi di concessioni demaniali e le modalità di contenimento dei relativi impatti. In ogni comune costiero il rilascio delle concessioni demaniali deve interessare in via prioritaria le zone appartenenti ai livelli più bassi di criticità e di sensibilità ambientale. Di norma deve essere evitato il rilascio di concessioni demaniali nelle zone caratterizzate da criticità elevata e comunque, salvo impossibilità di poter disporre – nel territorio comunale – di zone caratterizzate da bassa e/o media criticità, esso deve essere differito nel tempo per consentire processi di stabilizzazione dei fenomeni erosivi. Nelle zone caratterizzate da media criticità il rilascio delle concessioni demaniali, salvo impossibilità di poter disporre – nel territorio comunale – di zone caratterizzate da bassa criticità, deve essere subordinato all’accertamento che i fenomeni erosivi si siano stabilizzati. Il rilascio delle concessioni demaniali è, invece, di norma consentito nelle zone caratterizzate da bassa criticità. Nelle zone caratterizzate da elevata sensibilità ambientale è di norma vietato il rilascio di concessioni demaniali e comunque, salvo impossibilità di poter disporre – nel territorio comunale – di zone caratterizzate da bassa e/o media sensibilità, possono essere previste in via prioritaria Spiagge Libere con Servizi (SLS) e, in via subordinata, Stabilimenti Balneari (SB). In entrambi i casi i servizi minimi di spiaggia devono essere molto contenuti ed essenzialmente limitati al chiosco bar-direzione e ai servizi igienicosanitari, da definirsi comunque attraverso metodologie di verifiche di tipo ambientale. Nelle zone caratterizzate da media sensibilità ambientale (…) “.

In base alla normativa, “le classi di criticità condizionano il rilascio delle concessioni demaniali, mentre le classi di sensibilità ambientale condizionano i tipi di concessioni demaniali e le modalità di contenimento dei relativi impatti”.

Nella specie, come detto, col diniego impugnato in primo grado il Comune ha preso le mosse, anzitutto, dall’assunto che l’area -classificata in C2 / S1- sia “in erosione”.

In particolare, l’area richiesta in concessione è classificata come zona C2, a media criticità, e S1, a elevata sensibilità ambientale.

Quanto al rilascio di concessioni in aree a media criticità, l’art 6 delle NTA prescrive come già rilevato che “salvo l’impossibilità di poter disporre – nel territorio comunale – di zone caratterizzate da bassa criticità”, lo stesso deve essere subordinato all’accertamento che i fenomeni erosivi si siano stabilizzati. Viene cioè in rilievo una ipotesi di “insediabilità limitata”.

Quanto invece alle zone a elevata sensibilità ambientale, la medesima disposizione delle NTA al Piano prevede che “è di norma vietato il rilascio di concessioni demaniali e comunque, salvo impossibilità di poter disporre – nel territorio comunale – di zone caratterizzate da bassa e/o media sensibilità, possono essere previste in via prioritaria Spiagge Libere con Servizi (SLS) e, in via subordinata, Stabilimenti Balneari (SB)”.

La disciplina specifica delle aree classificate C2.S1 è prevista dall’art. 6.2.4. delle NTA, ove si precisa che “il rilascio di nuove concessioni è subordinato all’accertamento che i fenomeni erosivi siano stabilizzati attraverso una attività continua di monitoraggio, la quale deve proseguire durante il periodo concessorio. L’eventuale riattivazione del fenomeno erosivo comporta la revoca delle concessioni. Al fine di stabilizzare i fenomeni erosivi possono essere messi in atto interventi di recupero e risanamento costiero. Accertata la cessazione dei fenomeni erosivi, possono essere previste, salvo disponibilità di zone appartenenti – per la stessa classe di criticità – ai livelli più bassi di sensibilità ambientale, in via prioritaria Spiagge Libere con Servizi (SLS) e, in via subordinata, Stabilimenti Balneari (SB). In entrambi i casi i servizi minimi di spiaggia devono essere molto contenuti ed essenzialmente limitati al chiosco bar-direzione e ai servizi igienico-sanitari, comunque da definirsi attraverso metodologie di verifiche di tipo ambientale”.

La costa che ricade nel Comune di (omissis) è rappresentata alla tavola n. 51 del Piano, dalla quale emerge una prevalente media criticità di erosione, con livelli di sensibilità ambientale variabili.

L’area richiesta in concessione rientra come rilevato in una zona qualificata a media criticità e a elevata sensibilità ambientale (C2.S1).

Dalla disciplina regionale si ricava che dal livello di criticità dipende la possibilità o meno del rilascio della concessione.

Per ciò che attiene alla categoria C2, non è previsto un “divieto di rilascio”.

Si rientra in una ipotesi di “insediabilità limitata”.

Il rilascio della concessione presuppone cioè una verifica positiva in ordine alla stabilizzazione del fenomeno erosivo.

4.1. Tutto ciò premesso il Tar, nel respingere il ricorso, prende le mosse, in sintesi estrema, da una presunzione di fenomeno erosivo in corso e, comunque, non stabilizzato e non cessato, e ciò sul rilievo che il tempo trascorso tra l’approvazione del PRC (ottobre del 2011), e l’adozione del diniego impugnato (marzo 2012), sarebbe stato talmente esiguo da potersi presumere che debba considerarsi “tuttora in essere il fenomeno erosivo che impedisce la possibilità di rilascio della concessione demaniale…”.

Il giudice di primo grado muove poi dall’assunto che il tempo occorrente per accertare in via definitiva che nelle zone C2 i fenomeni erosivi si siano stabilizzati va desunto da quanto stabilito dalle NTA del PRC per le aree a elevata criticità -C1. (v. sopra, p. 2.).

Senonché, diversamente da quanto deciso dal Tar, come osservato in modo persuasivo dall’appellante, e rammentato di nuovo che la ragione prima del diniego è la seguente: “area in erosione” (e quindi erosione in atto e non, come si argomenta in sentenza, presunzione di fenomeno erosivo in corso), questo collegio di appello rileva in primo luogo che il “parametro temporale di riferimento” dei tre anni, preso in considerazione in sentenza, è privo di sostegno nella disciplina regionale, di per sé compiuta, sulle zone C2.

Le NTA del PRC non prevedono, cioè, alcun “differimento triennale”, nel rilascio della concessione, con riferimento alle aree in C2.

Al riguardo, bene l’appellante sottolinea che, alla luce della disciplina riportata sopra (v. p. 4.), “il dato del decorso (dei) tre anni, non (è) previsto nelle NTA del PRC per le aree classificate come C2.S1 quale quella in questione”.

La sentenza richiama un dato normativo ininfluente rispetto all’area “de qua”.

Il decorso di un periodo (minimo) di tre anni dalla data dell’approvazione del PRC va rispettato solamente per le aree classificate a criticità elevata -C1, ma non anche per le zone in C2, ancorché quale “termine massimo”, sì da poter considerare eccessivamente esiguo il periodo -di sei mesi- trascorso nel caso in esame (v. sent., pagina 6).

Così non è.

Per le aree C2, la verifica in ordine alla stabilizzazione dei fenomeni erosivi avviene attraverso un’attività di monitoraggio, che il Comune non ha compiuto, pur dovendolo fare.

Le differenze tra le discipline poste dalle NTA per le due -diverse- tipologie di zone sono ben evidenti.

In secondo luogo, il Comune ha, in modo illegittimo, rifiutato il rilascio della concessione senza avere, dapprima, e in vista della decisione sulla istanza, attivato la dovuta verifica sulla stabilizzazione del fenomeno erosivo anche con riferimento alla specifica area in discussione.

La qualificazione dell’area come “in erosione” risulta dunque sprovvista di un supporto istruttorio e motivazionale specifico. Essa è del tutto generica.

4.2. Come si è rilevato ai punti 1. e 2., il diniego impugnato in primo grado si basava su due ragioni tra loro autonome, e il Tar, nel rigettare il ricorso, ha concentrato l’attenzione -in base al principio della “ragione sufficiente” in presenza di un atto c. d. “plurimotivato”- sul motivo principale dell’atto lesivo, vale a dire sulla classificazione dell’area oggetto dell’intervento, da parte del PRC, come area “in erosione”, omettendo di esaminare le critiche formulate dal signor Vi. sulla seconda ragione posta a fondamento del diniego (quella per la quale l’area di intervento è “una delle sole due aree rimaste liberamente fruibili per la balneazione nel tratto di fascia costiera della località (omissis)”).

Le ragioni di doglianza su questa seconda ragione del diniego sono state puntualmente riproposte in appello e vanno adesso esaminate.

Al riguardo, dagli atti di causa risulta che l’Amministrazione comunale ha operato un travisamento dello stato dei luoghi, avendo indicato l’area in questione come rientrante “nel tratto di fascia costiera della località (omissis)”.

Dagli atti (v. relazione di perizia giurata e documentazione allegata) si ricava che -le uniche aree effettivamente in erosione risultano trovarsi in località (omissis) e Torre Mozza ove, però, non ricade l’area indicata dall’appellante, e che- l’area in discussione è diversa e distante, posto che ricade nella marina di Torre San Giovanni, in prossimità del “bacino Bianca”.

La localizzazione del sito richiesto dall’appellante risulta allo stato degli atti errata e si risolve in un travisamento dello stato dei luoghi o quantomeno in un difetto di istruttoria sotto un profilo aggiuntivo rispetto a quello rilevato sopra, al p. 4.1..

L’appello è dunque fondato, il ricorso di primo grado andava accolto e il diniego di rilascio della concessione demaniale marittima, così come formulato, doveva essere annullato.

In accoglimento dell’appello proposto e in riforma della sentenza impugnata, assorbito ogni profilo ulteriore di censura non esplicitamente esaminato -incluso quello con cui si afferma che il tratto di spiaggia in discussione “non può certamente ritenersi in erosione”-, il ricorso di primo grado va accolto e l’atto prot. n. 4970 del 5 marzo 2012 va annullato, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa che, nel conformarsi alla sentenza, entro sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa, ovvero dalla notificazione della stessa, se anteriormente eseguita, dovrà tenere conto delle considerazioni svolte sopra ai punti 4.1. e 4.2..

Se il Comune non darà tempestiva esecuzione alla sentenza entro il termine suindicato, si dispone sin da ora, ai sensi dell’art. 34, comma 1, lett. e) del c.p.a., che alla attività di conformazione anzidetta provveda in via diretta il Direttore dell’Ufficio regionale del Demanio Marittimo, o un dirigente regionale dallo stesso delegato, il quale, nei successivi sessanta giorni, adotterà gli atti e i provvedimenti necessari per dare corretta e completa esecuzione alla presente sentenza, dando di ciò notizia in modo tempestivo a questo Consiglio.

Le spese del doppio grado seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente decidendo sull’appello in epigrafe lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla l’atto impugnato dinanzi al Tar.

Condanna il Comune di (omissis) alla rifusione, in favore dell’appellante, delle spese e dei compensi del doppio grado del giudizio, nella misura complessiva di € 6.000,00 (euro seimila/00), di cui € 2.500,00 per il primo grado ed € 3.500,00 per il secondo grado, oltre a IVA, CPA e spese generali, e con il rimborso integrale dei contributi unificati versati.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Si dispone inoltre che la presente sentenza sia comunicata alla Regione Puglia -Ufficio del Demanio Marittimo.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo – Presidente

Carlo Deodato – Consigliere

Bernhard Lageder – Consigliere

Marco Buricelli – Consigliere, Estensore

Oreste Mario Caputo –

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