Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 30 giugno 2017, n. 3230

La giurisdizione in unico grado del T.S.A.P. concerne i ricorsi avverso provvedimenti amministrativi che, sebbene non costituiscano esercizio di un potere propriamente attinente alla materia delle acque pubbliche, pure riguardino l’utilizzazione del demanio idrico, incidendo in maniera diretta e immediata sul regime delle acque (cfr. 27 aprile 2005, n. 896; 27 ottobre 2006, n. 23070; 17 aprile 2009, n. 9149; 19 aprile 2013, n. 9534; 21 marzo 2017, n. 7154). Appartiene pertanto alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia in cui la natura del corso d’acqua rileva solo strumentalmente e incidentalmente, ai fini della valutazione della sussistenza del vincolo di tutela

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 30 giugno 2017, n. 3230

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3648 del 2007, proposto dalla Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Gr.Ca. e La.Pi. dell’area legale dell’ente, con domicilio eletto presso l’ufficio di rappresentanza della Regione in Roma, via (…);

contro

Ce. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Gi.Co., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);

nei confronti di

Comune di Omissis, in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;

Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggio, patrimonio storico, artistico e demo etnoantropologico per le Province di Cagliari e Oristano, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Sardegna, sezione II, 30 novembre 2006, n. 2572, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ce. s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 giugno 2017 il consigliere Giuseppe Castiglia;

Udito per la parte privata l’avvocato Ba. su delega dell’avvocato Co.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con tre concessioni edilizie rilasciate nel 2004 alla società Il Ce. s.r.l., il Comune di Omissis ha autorizzato l’esecuzione dei lavori per la realizzazione di un centro artigianale e commerciale in località Omissis.

2. In seguito il Comune:

a) con ordinanza n. 1 del 27 gennaio 2006, ha disposto la sospensione dei lavori per l’asserita esigenza di un supplemento istruttorio, rappresentata dal Servizio tutela del paesaggio della Regione;

b) con provvedimento n. 185 dell’8 marzo 2006, ha respinto la richiesta di rilascio di una concessione di variante in corso d’opera sul presupposto dell’esistenza di un vincolo di tutela ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. c), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (codice dei beni culturali e del paesaggio; d’ora in poi: codice), che sottopone a vincolo i corsi d’acqua iscritti in appositi elenchi e le relative sponde per una fascia di rispetto di 150 metri.

3. La società Il Ce. ha impugnato i provvedimenti avversi con ricorso introduttivo e due atti di motivi aggiunti, che il T.A.R. per la Sardegna ha accolto con sentenza 30 novembre 2006, n. 2572, facendo salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione comunale in ordine alla richiesta di variante, non implicanti l’esistenza del vincolo, condannando al pagamento delle spese di lite la Regione e compensandole nei riguardi del Comune e della Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggio, patrimonio storico, artistico e demo etnoantropologico per le Province di Cagliari e Oristano, estromessa dal giudizio.

3.1. Il Tribunale regionale (in accoglimento del primo, sesto e undicesimo motivo) ha ritenuto che:

a) il Rio Danieli (o Taineli), che scorre in prossimità della zona oggetto dell’intervento, sia altro rispetto al Rio Su Pardo o Rio Fonte Atzei, sottoposto a vincolo, come sarebbe confermato dalla cartografia (essendo quest’ultimo indicato con una linea blu più che doppia rispetto all’altro);

b) il vincolo discenderebbe comunque dall’inserimento in un elenco (approvato con regio decreto 22 gennaio 1922) diverso da quello cui fa riferimento l’art. 142 del codice (regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775);

c) potessero venire assorbite le ulteriori censure articolate dalla società ricorrente.

4. La Regione autonoma della Sardegna ha interposto appello contro la sentenza n. 2571/2006 deducendo:

a) il difetto di giurisdizione, che apparterrebbe al Tribunale regionale o al Tribunale superiore delle acque pubbliche. Nemmeno incidentalmente il G.A. potrebbe conoscere la nota del Servizio del genio civile dell’Assessorato dei lavori pubblici che avrebbe affermato il carattere pubblico del Rio Danieli e la sua iscrizione nell’elenco delle acque pubbliche della Provincia di Cagliari (n. 1037 del 15 febbraio 2006); peraltro tale nota, impugnata con il secondo atto di motivi aggiunti, non sarebbe stata poi oggetto di specifiche censure e sarebbe perciò divenuta inoppugnabile;

b) l’inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti di primo grado, perché il vincolo paesistico sarebbe stato accertato prima dell’insorgenza della fattispecie (parere favorevole condizionato della commissione edilizia comunale del 1° aprile 2003 e documentazione successiva) e la controparte non avrebbe impugnato né tale atto, né le concessioni edilizie che subordinavano la realizzazione dell’opera all’acquisizione dell’autorizzazione regionale;

c) nel merito, l’erroneità della motivazione della sentenza di primo grado, là dove avrebbe trascurato che l’iscrizione di un corso d’acqua nell’elenco delle acque pubbliche riguarderebbe tutto il suo corso: il Rio Su Pardu e il Rio Danieli non sarebbero due distinti rii, ma solo due tratti dello stesso corso d’acqua, che l’elenco delle acque pubbliche della Provincia di Cagliari considererebbe pubblico “per tutto il suo corso”;

d) l’art. 233 del r.d. n. 1775/1933 avrebbe mantenuto in vigore le norme regolamentari preesistenti sino all’emanazione delle norme di esecuzione della nuova disciplina, mai invece intervenute; in Sardegna non sarebbero mai stati pubblicati elenchi redatti ai sensi dell’art. 1 del r.d. n. 1775/1933 e avrebbero continuato ad avere valore quelli approvati con i regi decreti 29 gennaio 1922 e 27 marzo 1927, in base al regio decreto 14 agosto 1920, n. 1285, dovendosi altrimenti ritenere, del tutto incongruamente, che non vi sarebbe nell’Isola alcun corso d’acqua vincolato paesisticamente; l’iscrizione delle acque negli elenchi pubblici avrebbe carattere non costitutivo, ma ricognitivo di una qualità preesistente, derivante dall’attitudine a uso di pubblico interesse generale.

5. La società Il Ce. si è costituita in giudizio per resistere all’appello, affidando le proprie difese a una successiva memoria, depositata il 19 maggio 2017.

5.1. La società appellante ha premesso che, per le acque fluenti di minori dimensioni, l’iscrizione negli elenchi delle acque pubbliche avrebbe efficacia costitutiva del vincolo paesaggistico e che le disposizioni in materia non consentirebbero una interpretazione estensiva o analogica, anche in ragione degli effetti penali che possono discendere dalla violazione di norme in materia paesaggistica.

5.2. Replicando all’appello, ha osservato che:

a) sarebbe infondata l’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata per la prima volta in appello. La questione atterrebbe alla materia paesaggistica e non al regime delle acque pubbliche, per cui sarebbe estranea alla speciale giurisdizione del T.S.A.P.: la nota del Servizio del genio civile non avrebbe carattere provvedimentale e sarebbe stata specificamente gravata con i secondi motivi aggiunti;

b) le concessioni edilizie del 2004 non farebbero riferimento alla presenza di corsi d’acqua, la problematica paesaggistica sarebbe insorta solo nel 2006, a seguito di un sopralluogo del Servizio tutela del paesaggio;

c) non avrebbero tutela paesaggistica i corsi d’acqua non inseriti nell’elenco richiamato dall’art. 142 del codice;

d) il Rio Danieli sarebbe un autonomo corso d’acqua, non assoggettato a vincolo: il vincolo “per tutto il suo corso”, riferito dall’elenco delle acque pubbliche al Rio Su Pardu, non si estenderebbe ai corsi d’acqua che, nelle varie rappresentazioni cartografiche, abbiano una diversa denominazione;

d) l’unico elenco delle acque pubbliche rilevante ai fini paesaggistici sarebbe quello compilato in base al regio decreto n. 1775/1993 (il quale prevedeva un particolare procedimento di iscrizione) e, come detto, tale iscrizione avrebbe efficacia costitutiva del vincolo.

5.3. Infine la società ripropone espressamente tutte le censure di primo grado non esaminate dal T.A.R. perché considerate assorbite.

5.4. All’udienza pubblica del 22 giugno 2017, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

6. In via preliminare, il Collegio osserva che la ricostruzione in fatto, sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non è stata contestata dalle parti costituite ed è comunque acclarata dalla documentazione versata in atti. Di conseguenza, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono darsi per assodati i fatti oggetto di giudizio.

7. Con il primo motivo dell’appello, la Regione sostiene il difetto di giurisdizione del giudice adìto, perché il potere di ius dicere in materia apparterrebbe al Tribunale delle acque pubbliche [ex art. 140, lett. a), del regio decreto n. 1775/1933] o al Tribunale superiore delle acque pubbliche [ex art. 143, lett. a), del medesimo regio decreto].

7.1. L’eccezione è infondata.

7.2. E’ da escludere, innanzi tutto, che venga in questione l’art. 140, lett. a), del regio decreto n. 1775/1933, poiché nella vicenda non è in discussione la demanialità delle acque.

7.3. Quanto all’altro profilo evocato, secondo la giurisprudenza costante delle Sezioni unite civili della Corte di cassazione la giurisdizione in unico grado del T.S.A.P. concerne i ricorsi avverso provvedimenti amministrativi che, sebbene non costituiscano esercizio di un potere propriamente attinente alla materia delle acque pubbliche, pure riguardino l’utilizzazione del demanio idrico, incidendo in maniera diretta e immediata sul regime delle acque (cfr. 27 aprile 2005, n. 896; 27 ottobre 2006, n. 23070; 17 aprile 2009, n. 9149; 19 aprile 2013, n. 9534; 21 marzo 2017, n. 7154).

7.4. E poiché nel caso di specie la natura del corso d’acqua rileva solo strumentalmente e incidentalmente, ai fini della valutazione della sussistenza del vincolo di tutela, e gli atti impugnati non hanno un immediata incidenza sul regime delle acque pubbliche ma attengono alla tutela dell’ambiente, non vi è ragione di attivare le competenze giuridiche e tecniche, ritenute dal legislatore necessarie, attraverso la configurazione di uno speciale organo giurisdizionale, nella particolare composizione richiesta per la soluzione dei problemi posti dalla gestione delle acque pubbliche (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2016, n. 3055).

7.5. Di conseguenza, deve essere confermata la giurisdizione del G.A.

7.6. Il punto della mancata impugnazione della nota del Servizio del genio civile n. 1037/2006, fatto valere dalla Regione nell’ambito dello stesso primo motivo dell’appello, è estraneo al tema della giurisdizione e non ha comunque pregio, perché la nota non ha natura di provvedimento (lo stesso appello la qualifica “parere di competenza”) e, diversamente da quanto affermato dall’appellante, risulta tempestivamente e propriamente gravata in primo grado con riferimento a motivi già esposti nel primo e nel secondo atto di motivi aggiunti.

8. Parimenti infondata è l’eccezione di inammissibilità degli atti introduttivi di primo grado, perché è fuori discussione che la controversia sia insorta solo a seguito dell’accertamento svolto nel 2006 dal Servizio tutela del paesaggio della Regione; a questo hanno fatto seguito i provvedimenti che la società Il Ce. ha impugnato di fronte al T.A.R.

9. Il terzo motivo dell’appello è infondato perché:

a) come appare da tutta la documentazione versata in atti (e in particolare dalla cartografia, sia pure alla stregua di una non semplice attività accertativa cui il T.A.R. non si è sottratto), il Rio Danieli è altro rispetto al Rio Su Pardu; la stessa nota n. 1037/2006, pur sostenendo la tesi della coincidenza, si esprime in realtà in termini dubitativi (“il corso d’acqua evidenziato nella cartografia indicata pare corrispondere a quello descritto al n. d’ordine 500 dell'”elenco””);

b) la circostanza che il Rio Su Pardu risulti vincolato “per tutto il suo corso” non è conclusiva, perché solo al prezzo di una petizione di principio se ne potrebbe dedurre l’esistenza del vincolo su un corso d’acqua, in tesi, diverso (il Rio Danieli, appunto).

10. All’esame del quarto motivo occorre premettere alcune considerazioni di carattere generale, indispensabili per fare il punto su una delicata questione:

a) come ha affermato questo Consiglio di Stato (sez. VI, 4 febbraio 2002, n. 657) – con riguardo alla normativa previgente, di formulazione identica sul punto, peraltro, a quella del codice [art. 82, comma 5, lett. c), del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, introdotto dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito nella legge 8 agosto 1985, n. 431; indi art. 146, comma 1, lett. c), del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490] – ai fini del vincolo di tutela occorre:

I) distinguere, nell’ambito dei corpi idrici, tra fiumi e torrenti da un lato e corsi d’acqua dall’altro;

II) considerare questi ultimi “come categoria residuale, comprensiva delle acque fluenti di minore portata (p. es. ruscelli (“piccolo corso d’acqua”), fiumicelli (“piccolo fiume”), sorgenti (“punto di affioramento di una falda d’acqua”), fiumare (“corso d’acqua a carattere torrentizio”)”;

III) ritenere che ” per fiumi e torrenti la pubblicità degli stessi esiste di per sé, in base all’art. 822 cod. civ., e conseguentemente anche il vincolo paesistico è imposto ex lege a prescindere dalla iscrizione in elenchi”, laddove “solo per le acque fluenti di minori dimensioni e importanza, vale a dire per i corsi d’acqua che non sono né fiumi né torrenti, si impone, al fine della loro rilevanza paesaggistica, la iscrizione negli elenchi delle acque pubbliche”;

b) gli elenchi, l’iscrizione nel quali rileva ai fini della costituzione del vincolo, non sono solo quelli cui espressamente fa rinvio la lett. c) dell’art. 142, comma 1, del codice (e cioè quelli “previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775”), perché a essi debbono essere considerati funzionalmente equiparabili altri elenchi pubblici, quali in concreto quelli approvati con i regi decreti 22 gennaio 1922 e 27 marzo 1927, adottati sulla base del regio decreto 14 agosto 1920, n. 1285, il quale, nelle disposizioni generali e transitorie:

I) ha mantenuto in vigore le norme regolamentari precedenti sino all’entrata in vigore delle norme di esecuzione del regio decreto, tuttavia mai adottate (art. 233);

II) ha escluso dall’abrogazione e fatto salvo il r.d. n. 1285/1920 (art. 234);

III) in tal modo, ha espresso in modo univoco l’intenzione di mantenere ferma l’efficacia degli elenchi di acque pubbliche formati sulla base della normativa previgente;

c) in tema di tutela del paesaggio, la norma di cui all’art. 1 sexies della legge n. 431/1985 (recte: dell’art. 1 sexies del decreto-legge n. 312/1985, come aggiunto dalla citata legge di conversione) riguarda anche i vincoli di immodificabilità relativa e, di conseguenza, si riferisce anche agli interventi in zona sottoposta a vincolo paesistico senza il prescritto nulla osta regionale. Ne deriva che nelle zone ad inedificabilità relativa (coste, fiumi, ecc.) il vincolo è operante a prescindere dall’adozione dei piani paesistici regionali: è, quindi, sempre necessaria l’autorizzazione paesistica per opere che possono stabilmente alterare l’ambiente (cfr. Cass. pen., sez. III, 14 febbraio 1994);

d) su queste premesse, è fondato il quarto motivo dell’appello e va correlativamente respinto l’undicesimo motivo del ricorso di primo grado;

e) ciò non conduce tuttavia all’accoglimento del gravame regionale in quanto – come prima rilevato – al contrario del Rio Su Pardu il Rio Danieli (che pacificamente non è un fiume, né un torrente, né un lago, come appare anche dalle foto in atti) non risulta iscritto in alcun elenco di acque pubbliche;

f) da tale circostanza è giocoforza concludere che nessun vincolo paesaggistico grava sul Rio Danieli e sulle corrispondenti fasce di rispetto.

10. Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello è infondato e va perciò respinto nei sensi e nei limiti di cui si è appena detto, con conferma della sentenza impugnata.

11. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: fra le tante, per le affermazioni più risalenti, cfr. Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663).

12. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

13. Per completezza il Collegio ritiene utile evidenziare che le condotte delle Amministrazioni coinvolte non appaiono colpevoli, sotto il profilo soggettivo, ma ampiamente scusabili tenuto conto della complessità normativa e fattuale di tutti gli elementi che hanno caratterizzato la presente controversia.

14. Proprio alla luce della rilevata particolare complessità e novità della res litigiosa, le spese del grado possono essere compensate fra le parti.

15. Resta comunque a carico della Regione Sardegna appellante il contributo unificato versato per il presente appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi e nei limiti esposti in motivazione, e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata con diversa motivazione.

Compensa fra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Mantiene a carico della Regione appellante il contributo unificato versato per l’attuale appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli – Presidente

Fabio Taormina – Consigliere

Carlo Schilardi – Consigliere

Giuseppe Castiglia – Consigliere, Estensore

Daniela Di Carlo – Consigliere

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