Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 3 ottobre 2014, n. 4934

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUARTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4134 del 2006, proposto da: CE.MA., rappresentata e difesa dall’avv. Gi.Bu. per mandato a margine dell’appello e domiciliata presso la Segreteria del Consiglio di Stato in (…), in assenza di domicilio elettivo;

contro

COMUNE DI FORIO D’ISCHIA, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito nel giudizio di primo grado e nel giudizio d’appello;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione VI, n. 1940 del 21 marzo 2005, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n.r. 5739/2004, proposto per l’annullamento dell’ordinanza del responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Forio d’Ischia n. 64 del 25 marzo 2004 con cui è stata disposta la demolizione, ai sensi dell’art. 27 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 , di opere edilizie realizzate alla via (…);

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 aprile 2014 il Cons. Leonardo Spagnoletti e preso atto che nessuno è comparso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.) CE.MA. ha realizzato, senza permesso di costruire, un manufatto a destinazione abitativa di superficie lorda pari a mq. 66,00 e superficie utile a mq. 58,00 sul lastrico solare di preesistente fabbricato ubicato in Forio d’Ischia, alla via (…), in zona in parte prevalente tipizzata come B1 P.I. (protezione integrale) e parte E/1 (d’interesse naturalistico e di conservazione e formazione di aree boschive) dal P.R.G. adottato con delibera del Commissario ad acta n. 1 del 30 luglio 2002.

Sul rilievo dell’asserita anteriorità dell’intervento edilizio rispetto alla data del 31 dicembre 2003, l’interessata ha presentato domanda di condono edilizio il 7 novembre 2003.

Con ordinanza del responsabile dell’ufficio tecnico comunale n. 64 del 25 marzo 2004 è stata disposta la demolizione ai sensi dell’art. 27 del d.P.R. n. 380/2001.

Con il ricorso in primo grado n.r. 5739/2004 l’ordinanza di demolizione è stata impugnata, deducendone l’illegittimità sotto vari profili, e il Comune di Forio d’Ischia non si è costituito in giudizio.

Con la sentenza n. 1940 del 21 marzo 2005 il T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione VI, ha rigettato il ricorso, in base ai rilievi di seguito sintetizzati:

– l’opera edilizia non è sanabile perché in contrasto con la normativa del P.R.G., sia pure solo adottato (ricadendo in parte in zona B1, in cui sono ammessi solo interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo su edifici esistenti e in parte in zona E assoggettata a vincolo d’inedificabilità), e con il P.T.P., approvato con d.m. 8 febbraio 1999 (che qualifica la zona come P.I. protezione integrale, in cui è vietato ogni intervento comportante incremento volumetrico), dovendosi quindi considerare esclusa dal condono ai sensi dell’art.32, comma 27, lett. d) del d.l. n.269/2003, nonché della l.r. n.10 del 18 novembre 2004;

– in funzione dell’esclusione della condonabilità del manufatto non può trovare applicazione la sospensione dei procedimenti sanzionatori in pendenza dell’esame dell’istanza di sanatoria, con conseguente infondatezza del primo motivo;

– l’ordinanza di demolizione, ai sensi dell’art. 27 del d.P.R. n. 380/2001, si configura come demolizione “ad horas” per opere edilizie abusive e insanabili, istituto che “esclude la comunicazione di avvio del procedimento, giacché ontologicamente costituito da un unico atto”, onde è infondato anche il secondo motivo;

– l’infondatezza del terzo motivo, relativo all’invocata competenza prefettizia a provvedere alla demolizione, discende de plano dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 41 del d.P.R. n.380/2001, come modificato dall’art. 32 della legge n. 327/2003, di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 196 del 28 giugno 2004;

– il principio di separazione tra funzioni di indirizzo e attribuzioni di gestione non consente di ipotizzare “…la persistenza del regime di confusione tra indirizzo politico e gestione né potendosi rimettere alla volontà degli organi deliberativi del Comune il rispetto del principio predetto”, ciò che radica la competenza dirigenziale, con conseguente infondatezza anche del quarto motivo;

– l’insanabilità dell’abuso edilizio e la natura vincolata del provvedimento di demolizione, con connessa carenza di ogni ambito di discrezionalità e di ponderazione d’interessi, esclude la fondatezza del quinto motivo;

– infondato è da ultimo il sesto motivo, non potendosi ipotizzare in alternativa alla vincolata demolizione l’irrogazione di una sanzione pecuniaria;

2.) Con appello notificato il 5 maggio 2006 e depositato il 12 maggio 2006, CE.MA. ha impugnato la sentenza, deducendo con unico motivo complesso:

Error in iudicando. Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto. Travisamento. Omessa pronuncia su punti decisivi della controversia. Eccesso di potere giurisdizionale.

Il giudice amministrativo napoletano non avrebbe potuto e dovuto apprezzare e valutare in via diretta il profilo della sanabilità delle opere edilizie in pendenza dell’istanza di sanatoria, obliterando la sospensione automatica dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali.

E’ peraltro erroneo il rilievo che il vincolo d’inedificabilità sarebbe nel caso di specie assoluto e non già relativo, tenuto conto che il P.T.P. non classifica come zona di protezione integrale l’intera isola di Ischia ma solo una parte di essa; peraltro la l.r. campana n. 10/2004 (art. 3), richiamata dal giudice campano, è stata a sua volta dichiarata costituzionalmente illegittima dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 49/2006.

Non sussiste nemmeno il divisato contrasto con le prescrizioni del P.R.G., in quanto all’epoca soltanto adottato, dovendo trovare applicazione invece l’art. 4 e ss. della l.r. n. 107/1982.

Si ribadisce che anche l’ordinanza di demolizione ex art. 27 del d.P.R. n. 380/2001 deve essere preceduta da comunicazione d’avvio del procedimento, non sussistendo né essendo state allegate e comprovate particolari esigenze di celerità o di natura cautelare atte a giustificarne l’omissione.

Si insiste nella censura relativa all’incompetenza dirigenziale in difetto della normativa statutaria e regolamentare ex art. 51 comma 3 della legge n. 142/1990.

Si insiste sull’inesistenza di vincolo di inedificabilità assoluta e quindi sulla preclusione dell’emanazione dell’ordinanza ex art. 27 del d.P.R. n. 380/2001, dovendosi al contrario assegnare il termine dilatorio ordinario di novanta giorni per la volontaria ottemperanza, nonché sull’illegittimità del provvedimento repressivo emanato in difetto della definizione della domanda di condono edilizio, e comunque di altra istanza ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001.

La declaratoria d’illegittimità costituzionale dell’art. 41 del d.P.R. n. 380/2001, come sostituito dall’art. 32 comma 49 ter del d.l. 30 settembre 2003 n.269, convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326, non incide sulla persistente competenza del Prefetto, radicata dall’art. 167 comma 3 del D.Lgs. n. 42/2004;

Il primo giudice ha peraltro omesso di pronunciarsi sui profili dedotti con il sesto motivo con riferimento all’omessa acquisizione del parere della commissione edilizia in composizione integrata ex lege regionale n. 10/1982, sempre muovendo dal censurato accertamento diretto della non sanabilità del manufatto.

Con ordinanza cautelare n. 3547 del 14 luglio 2006 è stata accolta l’istanza incidentale presentata nell’appello sul rilievo che “…ai sensi di legge i procedimenti sanzionatori sono sospesi e non possono essere portati ad esecuzione fino alla definizione dell’istanza di condono, che nella specie risulta presentata con atto del 7/11/03 avente protocollo n. 23714” e che “…allo stato, sulla base degli atti non risulta definita da parte dell’Amministrazione la precitata istanza di condono”.

All’udienza pubblica del 15 ottobre 2013, preso atto che nessuno è comparso per l’appellante, unica parte costituita, l’appello è stato riservato per la decisione.

Con ordinanza collegiale istruttoria n. 937 del 26 febbraio 2014 è stata disposta l’acquisizione di: chiarimenti documentati in ordine all’adozione di formali determinazioni in ordine alla domanda di condono edilizio presentata dall’interessata, all’eventuale versamento della relativa oblazione e di ogni altro onere accessorio, nonché in ordine all’attuale stato dei luoghi.

In esito all’incombente istruttorio, all’udienza di discussione del 29 aprile 2014 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.

3.) L’appello in epigrafe è fondato, onde in riforma della sentenza gravata deve essere accolto il ricorso proposto in primo grado, in funzione dell’assorbente rilievo relativo all’illegittimità dell’ordinanza di demolizione in quanto emanata, secondo quanto già rilevato nell’ordinanza cautelare n. 3547 del 14 luglio 2006, in pendenza del termine per la definizione della domanda di condono edilizio.

Com’è noto, ai sensi dell’art. 38 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, la presentazione dell’istanza di condono edilizio, accompagnata dal versamento delle somme dovute a titolo di oblazione, “…sospende il procedimento penale e quello per le sanzioni amministrative”.

Tale disposizione è applicabile, per effetto del rinvio contenuto nell’art. 32 comma 25 del d.l. 30 settembre 2003 n.269, convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326, a tutte quelle “di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n.47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall’articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n.724, e successive modificazioni e integrazioni”, anche per le istanze di condono edilizio relativo a opere ultimate entro il 31 marzo 2003, e nei limiti volumetrici ivi indicati, da presentarsi, a pena di decadenza, secondo il successivo comma 32 entro il 31 marzo 2004 (come noto il termine è stato poi spostato dapprima al 31 luglio 2004, per effetto delle modifiche introdotte al d.l. in sede di conversione, quindi fissato in periodo compreso tra l’11 novembre 2004 e il 10 dicembre 2004, introdotto dall’ art. 1 del d.l. 31 marzo 2004, n. 82 , convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 2004, n. 141, e successivamente dall’articolo 5, del d.l. 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, nella 30 luglio 2004, n. 191).

Trattasi di sospensione del tutto automatica, ex lege, che incide su tutti i provvedimenti amministrativi i provvedimenti amministrativi “…adottati ed adottandi aventi ad oggetto sanzioni per abusi edilizi, e ciò fino alla definizione delle domande di condono edilizio eventualmente presentate” (Cons. Stato, Sez. IV, 30 giugno 2004, n. 5011).

L’istruttoria svolta (cfr. nota n. 10432 di prot. del 18 aprile 2014 a firma del responsabile dell’ufficio tecnico comunale – 1° settore, del Comune di Forio d’Ischia) ha acclarato che la domanda di condono, protocollata con il prot. 23714, è stata presentata in data 7 novembre 2003, e quindi ben entro il termine come in origine fissato al 31 marzo 2004, e che l’oblazione, rateizzata essendosi l’interessata avvalsa della relativa facoltà, è stata interamente corrisposta.

Ne consegue che l’ordinanza di demolizione impugnata è stata emanata in violazione del combinato disposto normativo innanzi richiamato, e che, secondo quanto dedotto in modo esatto con la prima censura articolata nel motivo unico d’appello, il giudice amministrativo napoletano non avrebbe potuto superare il rilievo svolto in ricorso e procedere ad una diretta valutazione della condonabilità dell’opera rimessa all’autorità amministrativa comunale.

4.) In conclusione, in accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza gravata, deve essere annullata l’ordinanza dirigenziale di demolizione, salvi i provvedimenti ulteriori dell’amministrazione all’esito della definizione dell’istanza di condono edilizio.

5.) Le ragioni formali di fondatezza del gravame e il comportamento processuale dell’amministrazione comunale, che non ha resistito in giudizio, giustificano la declaratoria d’irripetibilità delle spese e onorari del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) così provvede sull’appello in epigrafe n.r. 4134 del 2006:

1) accoglie l’appello e, in riforma della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione VI, n. 1940 del 21 marzo 2005, accoglie il ricorso proposto in primo grado, nei limiti di cui in motivazione, e annulla l’ordinanza del responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Forio d’Ischia n. 64 del 25 marzo 2004, salvi i provvedimenti ulteriori dell’amministrazione;

2) dichiara irripetibili le spese e onorari del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2014 con l’intervento dei magistrati:

Riccardo Virgilio – Presidente

Nicola Russo – Consigliere

Michele Corradino – Consigliere

Fabio Taormina – Consigliere

Leonardo Spagnoletti – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 3 ottobre 2014.

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