Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 26 giugno 2017, n. 3103

L’art. 51 lett. f) della legge della regione Puglia 31 maggio 1980 n. 56, vieta ogni opera di edificazione entro la fascia di trecento metri dal confine del demanio marittimo o dal ciglio più elevato sul mare, fino all’entrata in vigore dei piani paesistico-territoriali, con la conseguenza che è legittimo il diniego di condono edilizio per un’opera ricadente all’interno della fascia di rispetto posta dalla norma regionale, la quale, ben lungi dal costituire una mera misura di salvaguardia, pone invece un vincolo specifico a tutela di interessi paesaggistici e ambientali, cui fa riferimento l’art. 33 della l. 28 febbraio 1985 n. 47 per escludere la sanatoria di opere edilizie abusive, ossia un vincolo d’inedificabilità assoluta, ancorché a termine. Di più, i vincoli ex art. 51 cit. non sono assimilabili ai vincoli ex lege n. 431 del 1985, e quindi non è ammissibile una sua degradazione a vincolo relativo con la conseguenza che, anche con l’entrata in vigore della nuova legge statale, non risulta necessario per l’amministrazione comunale richiedere il parere alla amministrazione preposta alla tutela del vincolo, ai sensi dell’art. 32 della l. n. 47 del 1985

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 26 giugno 2017, n. 3103

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3803 del 2007, proposto da An. Gi., rappresentato e difeso dall’avvocato Lu. To., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Al. Co., in Roma, corso (…);

contro

Comune di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Au. Fa., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fa. Ca. in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Puglia – Bari – Sezione III n. 1905 del 18 maggio 2006, resa tra le parti, concernente diniego concessione edilizia in sanatoria.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 giugno 2017 il Cons. Giuseppa Carluccio e uditi per le parti gli avvocati Di. Mi. su delega di L. To., e Ca. su delega di A. Fa.;

FATTO e DIRITTO

1.La richiesta di condono edilizio ai sensi della legge n. 47 del 1985, presentata il 16 ottobre del 1985 dal signor Gi. An., fu respinta con provvedimento del 30 dicembre 1997, sulla base dell’art. 33 della legge suddetta e dell’art. 51 della legge Regione Puglia, n. 56 del 1980.

Il Comune rilevò che la costruzione a piano terra ad uso residenziale era compresa nella fascia costiera di 300 ml. ed era stata realizzata dopo il divieto di edificazione di cui all’art. 51 lett. f), della legge regionale.

2. Il ricorso proposto avverso il provvedimento di diniego è stato rigettato dal Tar con la sentenza specificata in epigrafe.

3.Il Tar, sulla scorta della giurisprudenza del Consiglio di Stato, ha fondato il rigetto sulle essenziali argomentazioni che seguono:

a) l’art. 51 cit. pone, non una misura di salvaguardia, ma un vincolo di inedificabilità assoluta a tutela di interessi paesaggistici e ambientali e, ai sensi dell’art. 33 della l. n. 47 del 1985, non sono suscettibili di sanatoria le opere abusive in contrasto con i vincoli di inedificabilità, imposti da leggi regionali prima dell’esecuzione delle opere, a tutela di interessi paesistici ed ambientali;

b) i vincoli ex art. 51 cit. non sono assimilabili ai vincoli ex lege n. 431 del 1985, con la conseguenza che, con l’entrata in vigore della nuova legge statale, non può dirsi che il vincolo posto dalla legge regionale sia divenuto relativo;

c) non sussiste il vizio di eccesso di potere per non avere il Comune considerato la recuperabilità dell’edificio costruito abusivamente, atteso che la legge n. 47 del 1985, art. 29, non imponeva di considerare gli insediamenti abusivi ai fini del recupero mediante variante agli strumenti urbanistici;

d) ai sensi della disciplina prevista nelle leggi regionali (art. 29, l.r. n. 47 del 1985 e l.r. n. 26 del 1985) presupposto per le varianti agli strumenti urbanistici finalizzati al recupero degli insediamenti abusivi è l’esistenza, al 1° ottobre 1983, di manufatti abusivi per i quali sia ammissibile il rilascio della concessione in sanatoria.

4. Il signor An. ha proposto appello, avverso la suddetta sentenza, con due motivi prospettati unitariamente.

Il Comune di Bari si è costituito in giudizio ed ha argomentato per il rigetto del gravame.

5. L’appello ripropone le argomentazioni svolte in primo grado.

In particolare, la censura con la quale si sosteneva che con la l. n. 431 del 1985 il vincolo regionale sarebbe divenuto relativo, con la conseguenza che l’amministrazione avrebbe dovuto richiedere il parere alla amministrazione preposta alla tutela del vincolo, ai sensi dell’art. 32 della l. n. 47 del 1985. Poi, con argomentazioni per certi versi confuse, sembra voler sostenere che sarebbe stato ammissibile il recupero urbanistico con variante, per un immobile realizzato nel settembre/ottobre 1983, comunque in periodo successivo alla legge regionale del 1980. Infine, con affermazione apodittica, sostiene che sarebbe stata possibile la sanatoria mediante la variante agli strumenti urbanistici.

6. Inoltre, sul presupposto del carattere relativo del vincolo, deduce (con profilo nuovo):

a) il formarsi del silenzio/assenso sulla domanda di condono, per essere intervenuto tardivamente il diniego espresso;

c) la mancanza di istruttoria da parte dell’amministrazione, per essersi basata sul verbale del 15 ottobre 1983, in sede di accertamento della contravvenzione.

7. L’appello, dalle cui censure vanno escluse dallo scrutinio quelle proposte per la prima volta in questa sede, è privo di pregio e va rigettato sulla base della giurisprudenza consolidata di questo Consiglio.

7.1. Va premesso che la costruzione risale ai mesi di settembre/ottobre del 1983, come emerge senza possibilità di equivoci dalla documentazione in atti (verbale della polizia municipale addetta alla vigilanza edilizia, del 15 ottobre 1983, unitamente all’atto di acquisto del terreno sgombro da costruzioni, stipulato nel giugno del 1983).

7.2.Con numerose pronunce (tra le tante, CdS, sez. VI, n. 2509 del 2015; ibidem n. 3497 del 2012; sez. V, n. 1914 del 1999), che il Collegio condivide e dalle quali non vi è ragione di discostarsi, questo Consiglio ha affrontato specificamente (in particolare con la richiamata sentenza del 1999) il rapporto tra la previsione dell’art. 51 cit. della legge regionale e l’art. 1-quinquies della l. n. 431 del 1985, oltre che in riferimento agli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985. Sulla base di puntuali argomentazioni alle quali si rinvia, si è concluso nel senso che, nella Regione Puglia, l’art. 51 lett. f) l. reg. 31 maggio 1980 n. 56, vieta ogni opera di edificazione entro la fascia di trecento metri dal confine del demanio marittimo o dal ciglio più elevato sul mare, fino all’entrata in vigore dei piani paesistico – territoriali, con la conseguenza che è legittimo il diniego di condono edilizio per un’opera ricadente all’interno della fascia di rispetto posta da detta norma, la quale, ben lungi dal contribuire una mera misura di salvaguardia, pone invece un vincolo specifico a tutela di interessi paesaggistici e ambientali, cui fa riferimento l’art. 33 della l. 28 febbraio 1985 n. 47 per escludere la sanatoria di opere edilizie abusive, ossia un vincolo d’inedificabilità assoluta, ancorché a termine.

8. In conclusione, l’appello va rigettato e le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

9. Il Collegio, inoltre, ritenendo che il ricorrente abbia agito in giudizio sulla base di motivi manifestamente infondati, lo condanna, a tenore dell’art. 26, comma 1, secondo periodo, c.p.a., al pagamento in favore della controparte della somma di euro 1.000,00 (sussistendone tutti i presupposti come individuati dalla costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, cfr. da ultimo CdS, sez. IV, 24 maggio 2016, n. 2200, cui si rinvia a mente dell’art. 88, co. 2, lett. d), c.p.a.).

Siffatta condanna rileva pure agli effetti di cui all’art. 2, comma 2-quinquies, lett. a) e d) della l. 24 marzo 2001 n. 89, come da ultimo modificato dalla l. 28 dicembre 2015 n. 208 (cfr. Cass. civ., sez. VI, 12 maggio 2017, n. 11939).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna l’appellante al pagamento a favore del Comune di Bari delle spese ed onorari, che liquida in complessivi euro 5.000,00, oltre accessori come per legge (I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15%).

Condanna l’appellante, ai sensi dell’art. 26, comma 1, secondo periodo, c.p.a., al pagamento a favore del Comune di Bari della somma di euro 1.000,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli – Presidente

Fabio Taormina – Consigliere

Carlo Schilardi – Consigliere

Giuseppe Castiglia – Consigliere

Giuseppa Carluccio – Consigliere, Estensore

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