Palazzo-Spada

CONSIGLIO DI STATO

sezione IV

sentenza 15 settembre 2014, n. 4674

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2412 del 2010, proposto da:
D.R. Multiservice S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Giuliano Di Pardo, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Anas Spa, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MOLISE – CAMPOBASSO n. 00096/2010, resa tra le parti, concernente gara per lavori di manutenzione lungo strade statali – ris. danni
 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Anas Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 luglio 2014 il Cons. Michele Corradino e uditi per le parti gli avvocati Bruno, per delega dell’Avv. Di Pardo e l’Avvocato dello Stato Varrone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO

Con la sentenza n. 96/2010, il Tar Molise dichiarava improcedibile, per sopravvenuta carenza d’interesse, il ricorso principale e, inoltre, respingeva i motivi aggiunti, proposti dall’odierna appellante, la Multiservice s.r.l., relativamente agli atti della gara n. 72L/08, indetta dalla ANAS s.p.a. per l’affidamento, nel triennio 2009-2011, dei servizi di “ordinaria manutenzione per la sistemazione delle opere in verde e pulizia delle pertinenze lungo le strade statali del Molise”.
In particolare, l’ANAS s.p.a., Compartimento della viabilità per il Molise, per l’affidamento dei summenzionati servizi, aveva indetto due gare identiche (da attribuirsi con il criterio del massimo ribasso), numerate 71L/08 e 72L/08, fissando, per concorrere alle stesse, i medesimi requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali.
Alla procedura n. 72L/08 avevano partecipato tre ditte, tra cui l’odierna appellante, la Multiservice s.r.l., che ne era risultata aggiudicataria.
Successivamente, ritenendo l’offerta della Multiservice s.r.l. non conveniente, l’odierna appellante si era determinata nel senso di esercitare la facoltà, ex art. 81, c. 3, D. lgs. 163/06, di non aggiudicare la gara.
Intendendo, tuttavia, l’odierna appellante addivenire ad un accordo con l’Amministrazione e ritenendo sussistenti tutti i requisiti di cui all’art. 56, c.1 lett. A), la stessa aveva proposto di eseguire i servizi de quibus mediante procedura negoziata.
Intervenuto il rigetto della summenzionata proposta da parte dell’Amministrazione, la Multiservice s.r.l., intendendo tutelare il proprio interesse all’aggiudicazione, tempestivamente aveva impugnato il diniego di autorizzazione innanzi al Tar Molise, il quale, con l’ordinanza cautelare n. 172/2009, aveva accolto le argomentazioni della ricorrente.
L’Ente appaltante, purtuttavia, non aveva proceduto all’aggiudicazione della gara alla Multiservice ed aveva avviato una procedura di autotutela, concernente, peraltro, la sola gara n. 72L/08 e non anche la gemella.
La Multiservice s.r.l., allora, con atto di diffida, aveva messo in mora l’Anas in data 17.07.2009.
Nonostante la suddetta diffida, l’Anas, con provvedimento del 12/08/2009 ( prot. CCB 13898-I), aveva disposto l’annullamento/revoca della procedura di gara e ne aveva indetto, in data, 14/08/2009, una nuova, numerata 34/09, con prestazioni da effettuarsi entro il 2009.
Pertanto, la Multiservice s.r.l., con motivi aggiunti, aveva impugnato il provvedimento di riesame adottato dall’Anas S.p.a., nonché gli atti relativi alla nuova procedura di evidenza pubblica.
Il Tar Molise, con la sopra citata sentenza n. 96/2010, respingeva il ricorso principale, dichiarandolo improcedibile, e dichiarava infondati i motivi aggiunti.
Proponeva, pertanto, rituale appello, avverso la decisione de qua, l’originaria ricorrente, chiedendo, in via principale, l’annullamento degli atti impugnati e la reintegrazione in forma specifica o per equivalente del danno subito e, in via subordinata, il risarcimento del danno per equivalente o, nel caso di accertamento della legittimità del provvedimento di riesame, l’indennizzo di cui all’art. 21-quinques, nonché il risarcimento dei danni derivanti da responsabilità precontrattuale della p.a..
Con memoria, depositata in vista dell’udienza dell’1 luglio 2014, l’Anas s.p.a. ha chiesto la conferma della decisione impugnata.
Alla pubblica udienza del’1 luglio 2014, la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.

DIRITTO

Il ricorso è in parte fondato.
La Multiservice s.r.l., presentando un molteplice ordine di censure, contesta la decisione del giudice di prime cure mediante l’appello in esame, concernente, in particolare, le statuizioni della sentenza relative al diniego di aggiudicazione, al provvedimento di riesame e all’inammissibilità dei motivi aggiunti.
In particolare, l’appellante osserva come la stazione appaltante, assumendo la determinazione di non procedere all’aggiudicazione della gara, in contrasto, peraltro, con l’ordinanza cautelare del Tar Molise n. 172/2009, abbia illegittimamente esercitato la facoltà prevista dall’art. 81, comma 3, del d. lgs. N. 163/2006.
L’esercizio di tale facoltà, si osserva, rimane preclusa, infatti, ove si adotti, quale criterio di aggiudicazione della gara stessa, quello del prezzo più basso, essendo lo stesso incompatibile con eventuali profili di discrezionalità, che, invece, consentono di addivenire a determinazioni diverse, rispetto a quelle avvalorate dagli atti di causa.
L’appellante contesta, poi, l’operato dell’Amministrazione sull’assunto che la stessa abbia, in presenza di tutti i presupposti, rigettato la richiesta di procedura negoziata di cui all’art. 56 d. lgs. 163/06.
Per quel che concerne, poi, il provvedimento di riesame, l’appellante, in primo luogo, osserva come, nell’agire in via di autotutela, l’Anas non abbia tenuto in adeguata considerazione l’interesse della D.R. Multiservice all’aggiudicazione della gara, già riconosciuto, peraltro, dalla sopra citata ordinanza cautelare del Tar Molise.
In secondo luogo, l’appellante afferma la contraddittorietà della condotta della Stazione Appaltante, la quale, in un primo momento, ha bandito due gare sostanzialmente gemelle, richiedendo per concorrere alle stesse anche i medesimi requisiti, e, in un secondo momento, ha, invece, riesaminato solo la gara 72/08, ritenendo, immotivatamente, i requisiti non più necessari.
L’appellante evidenzia, inoltre, come la scelta dell’Amministrazione di rimodulare drasticamente i requisiti, originariamente richiesti per la gara de qua, non risulta adeguatamente supportata da elementi di ordine tecnico-logico-giuridico.
In ordine, infine, all’inammissibilità dei motivi aggiunti, sull’assunto dell’adeguatezza della motivazione del provvedimento di autotutela e della mancata formulazione, ad opera della ricorrente, di specifiche censure avverso il nuovo bando, l’appellante, in particolare, osserva l’erroneità della relativa statuizione.
In particolare, afferma il ricorrente che, essendo intervenuto il nuovo bando in seguito agli atti illegittimi di diniego di aggiudicazione e di riesame, il travolgimento del diniego di aggiudicazione della prima gara all’odierna appellante implicherebbe, automaticamente, il venir meno della nuova, indetta per l’aggiudicazione del medesimo servizio.
Le censure in esame non meritano di essere accolte.
Sui punti sopra riportati, il Collegio rileva la correttezza delle conclusioni cui è pervenuto il giudice di prime cure.
Rileva, infatti, il Collegio la non utilità del ricorso, per quel che concerne il diniego di aggiudicazione, concernendo lo stesso provvedimenti interamente caducati e, pertanto, privati, in seguito all’esercizio dei poteri di autotutela, di ogni effetto da parte della medesima Amministrazione.
Il Collegio ritiene, del pari, corrette le statuizioni del giudice di prime cure sui motivi aggiunti e, pertanto, infondate le relative contestazioni.
In primo luogo, in ordine all’autoannullamento della gara, occorre precisare come priva di pregio sia la censura relativa alla contrarietà tra la contestata decisione di primo grado e la già citata ordinanza del Tar di accoglimento delle istanze cautelari dell’odierna appellante.
In proposito, in particolare, ritiene il Collegio che, pur avendo il giudice amministrativo accertato, in sede cautelare, l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione, la stessa ben possa, all’esito di una nuova valutazione degli interessi, addivenire ad un nuovo provvedimento negativo, purché quest’ultimo risulti il frutto dell’accertamento dell’esistenza di un nuovo e diverso assetto d’interessi, ad opera dell’Amministrazione, la quale, mai, perde il proprio potere di provvedere.
Per quel che concerne, poi, la censura relativa alla disparità di trattamento tra due gare identiche, delle quali solo una, la n. 72L/08, è stata annullata, il Collegio ritiene la censura non meritevole di accoglimento, ravvisandosi tra le due gare una differenza sostanziale.
Come correttamente replicato dall’Amministrazione resistente sul punto, infatti, l’annullamento, ad opera dell’Anas, della sola gara n. 72L/08, è rispondente al principio di massima concorrenzialità, volto ad eliminare le limitazioni in grado di precludere la realizzazione dei pubblici interessi, considerando che alla stessa hanno partecipato solo tre concorrenti e nella gemella, invece, si è registrata un’ampia partecipazione.
Sempre in ordine all’autoannullamento, si deve precisare come tutti i vizi di legittimità, posti a fondamento del potere di autotutela, siano stati ben specificati ad opera dell’Amministrazione.
E si deve rilevare come proprio la consapevolezza di uno di questi vizi e, in particolare, quello relativo all’eccessiva rigidità delle prescrizioni relative ai requisiti prestazionali dei mezzi in dotazione alle imprese, abbia indotto l’Amministrazione ad una valutazione di opportunità ulteriore.
In particolare, la consapevolezza di aver adottato requisiti troppo stringenti ha indotto alla riflessione per cui, mediante gli stessi, sia stata resa più onerosa e selettiva la partecipazione alla prima gara, con notevoli riflessi in termini di partecipazione alla stessa, ribasso sul prezzo a base d’asta e, conseguentemente, di aggravio del costo del servizio messo a gara.
Ne consegue la legittimità dell’operato dell’Amministrazione e, conseguentemente, la correttezza della sentenza in parte qua, essendo il provvedimento contestato adeguatamente motivato, anche in considerazione di fatti e valutazioni sopravvenuti.
In ordine, poi, all’asserita erroneità della sentenza nella parte in cui la stessa ha rilevato l’assenza di specifiche censure avverso il nuovo bando, ritiene il Collegio non condivisibile la tesi, prospettata dall’appellante, secondo cui il travolgimento del diniego di aggiudicazione della prima gara all’odierna appellante implicherebbe, automaticamente, il venir meno della nuova, indetta per l’aggiudicazione del medesimo servizio.
Ritiene il Collegio, sul punto, che, trattandosi di un nuovo bando, non possa assolutamente parlarsi di illegittimità derivata e, invece, si richiedano, al fine di ottenerne l’annullamento, precise, specifiche ed autonome contestazioni.
Per tutto quanto sopra riportato, ritiene il Collegio di dover rigettare le censure sopra esaminate, di confermare, per quanto sopra detto, la sentenza di primo grado e di rigettare l’istanza risarcitoria, volta ad ottenere la reintegrazione in forma specifica o per equivalente del danno subito o, in via subordinata, il risarcimento del danno per equivalente.
Orbene, ciò detto, ritiene il Collegio di poter passare all’esame dell’istanza risarcitoria nella parte in cui si è chiesto, nel caso di accertamento della legittimità del provvedimento di riesame, l’accertamento della responsabilità precontrattuale dell’Anas.
Prima di procedere all’esame dell’istanza de qua, in via preliminare, occorre procedere all’inquadramento sistematico della fattispecie, posta all’attenzione di questo Collegio.
Il campo d’indagine è, in particolare, quello della responsabilità precontrattuale della p.a., istituto che trova la propria regolamentazione nel Codice civile, il quale, all’art. 1337, sancisce l’obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto.
Gravando il predetto obbligo di comportamento su tutte le parti del contratto, qualora, durante la fase di formazione dello stesso, dovessero essere violati i citati doveri di lealtà e correttezza, la stessa l’Amministrazione ben potrebbe rispondere a titolo di responsabilità precontrattuale nel caso in cui dovesse porre in essere comportamenti lesivi dell’affidamento della controparte.
L’ iter evolutivo dell’istituto è stato lungo e si è contraddistinto, in quanto segnato da una serie di tappe successive.
In una prima fase, durata fino alla fine degli anni ’50, si riteneva non configurabile una tale forma di responsabilità in capo alla P.A. per due ragioni: la pubblica Amministrazione non poteva, nel corso della sua attività, compiere atti illeciti, essendo la sua attività preordinata al raggiungimento di un interesse pubblico; l’indagine del giudice ordinario, volta all’accertamento della responsabilità della pubblica amministrazione, si sarebbe trasformata in un inammissibile sindacato giudiziale sulle modalità di esercizio dei poteri discrezionali.
In una seconda fase, inaugurata nel 1961 dalle SS. UU. della Cassazione ( sentenza n. 1675/1961 ), è stata riconosciuta, per la prima volta, la configurabilità della responsabilità precontrattuale della P.A..
L’apertura giurisprudenziale, tuttavia, era avvenuta con riguardo a due sole ipotesi: ingiustificato recesso da una trattativa privata (c.d. pura) e violazione del dovere di correttezza e buona fede, nel rapporto instauratosi successivamente all’aggiudicazione della gara (es.: omissione o ritardo nell’approvazione del contratto). Solo in queste ipotesi, infatti, si riteneva che la P.A. si spogliasse dei propri doveri pubblicistici ed operasse come un qualunque altro soggetto. Al contrario, la responsabilità precontrattuale della P.A. non poteva configurarsi nell’ipotesi di pubblico incanto e di licitazione privata. Si riteneva, infatti, che nel corso dei procedimenti di evidenza pubblica gli interessati non rivestissero la qualità di parte contraente, cui poteva applicarsi l’articolo 1337 c.c., ma fossero semplicemente “partecipanti alla gara”.
In una terza fase si è registrata la conquista giurisprudenziale più rilevante: è stata affermata la responsabilità precontrattuale anche nell’ipotesi di svolgimento di attività amministrativa legittima. In particolare, l’attività de qua, sebbene legittima, può essere, infatti, lesiva del principio di affidamento e buona fede (Ad. Pl. N.6/2005).
In tali casi, infatti, il risarcimento consegue alla violazione degli obblighi di buona fede ed alla lesione del legittimo affidamento del privato ( Cons. di Stato, sez. V, sentenza n. 552/2012).
Occorre, altresì, evidenziare come, da ultimo, la giurisprudenza amministrativa abbia affermato la possibilità della configurazione di responsabilità precontrattuale della P.A. anche in presenza di un provvedimento amministrativo illegittimo. In particolare, la stessa si configura ove il comportamento della P.A., oltre ad essere illegittimo, sia anche contrario ai principi di correttezza e buona fede e il danneggiato non chieda il risarcimento per lesione del bene della vita.
In particolare, come di recente è stato affermato dal Consiglio di Stato, sez. V, 7 settembre 2009 n. 5245: “con particolare riferimento alle procedure di evidenza pubblica, la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione è stata indifferentemente configurata dalla giurisprudenza sia in presenza del preventivo annullamento per illegittimità di atti della sequenza procedimentale, sia nell’assodato presupposto della loro validità ed efficacia: a) nel caso di revoca dell’indizione della gara e dell’aggiudicazione per esigenze di una ampia revisione del progetto, disposta vari anni dopo l’espletamento della gara; b) per impossibilità di realizzare l’opera prevista per essere mutate le condizioni dell’intervento; c) nel caso di annullamento d’ufficio degli atti di gara per un vizio rilevato dall’amministrazione solo successivamente all’aggiudicazione definitiva o che avrebbe potuto rilevare già all’inizio della procedura; d) nel caso di revoca dell’aggiudicazione, o rifiuto a stipulare il contratto dopo l’aggiudicazione, per mancanza dei fondi” (Conforme, più di recente Cons. di Stato, SEZ. IV – sentenza 7 febbraio 2012 n. 662).
In definitiva, dunque, in seno ad un procedimento ad evidenza pubblica può configurarsi, accanto ad una responsabilità civile per lesione dell’interesse legittimo, derivante dalla illegittimità degli atti o dei provvedimenti relativi al procedimento amministrativo di scelta del contraente, una responsabilità di tipo precontrattuale per violazione di norme imperative che pongono “regole di condotta”, da osservarsi durante l’intero svolgimento della procedura di evidenza pubblica.
Le predette regole “di validità” e “di condotta”, come ribadito più volte dalla giurisprudenza amministrativa, operano su piani distinti: non è necessaria la violazione delle regole di validità per aversi responsabilità precontrattuale e, viceversa, la inosservanza delle regole di condotta può non determinare l’invalidità della procedura di affidamento.
Orbene, ciò detto, ritiene il Collegio sussistente, nella vicenda di cui è causa, la responsabilità precontrattuale della p.a..
Infatti, nel caso di specie, pur ritenendosi legittimo l’operato dell’Amministrazione, essendo la stessa addivenuta a tali determinazioni in seguito ad un nuovo contemperamento degli interessi coinvolti, il Collegio deve riconoscere il diritto dell’odierna appellante al risarcimento dei danni, derivanti dal contegno tenuto dall’Amministrazione, risultando lo stesso idoneo ad ingenerare la legittima aspettativa dell’appellante, in ordine all’aggiudicazione definitiva della gara ed alla stipula del contratto.
Le conclusioni dell’odierno Collegio, circa la sussistenza della responsabilità precontrattuale, trovano fondamento su alcune delle ragioni, addotte dall’Amministrazione, a sostegno del provvedimento di revoca.
In particolare, l’Anas ha affermato di aver richiesto requisiti non necessari ( mezzi meccanici con bracci falcianti da 20 mt), per il cui approvvigionamento i concorrenti hanno dovuto investire somme rilevanti.
Il Collegio da ciò desume la sussistenza della responsabilità precontrattuale, in quanto il contegno dalla stessa tenuto si pone in contrasto con le regole di correttezza e buona fede. Rientrando, infatti, tra i compiti istituzionali dell’Anas la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade molisane, l’Ente conosce perfettamente le caratteristiche morfologiche di tali arterie e, pertanto, avrebbe anche dovuto conoscere perfettamente le dotazioni tecniche necessarie per provvedere alla manutenzione. La richiesta di requisiti non necessari rappresenta, dunque, un chiaro indice sintomatico della violazione dei sopra citati doveri di lealtà e correttezza e, pertanto, della lesione dell’affidamento della controparte.
Quale circostanza ulteriore da tenere in conto, ai fini della configurazione della predetta responsabilità, il Collegio rileva il fatto che l’Amministrazione abbia impiegato un considerevole lasso di tempo, ben un anno, per ravvisare l’irrazionalità dei requisiti tecnici prescritti a pena di esclusione.
In ordine alla quantificazione del danno, occorre ricordare quanto acclarato dall’Adunanza Plenaria, nella sopra richiamata sentenza n. 6 del 2005, per la quale lo stesso deve ritenersi limitato all’interesse negativo, comprensivo, però, sia del danno emergente sia del lucro cessante.
Sicché, il danno risarcibile a titolo di responsabilità precontrattuale in relazione alla mancata stipula di un contratto d’appalto o in relazione all’invalidità dello stesso, comprende le spese sostenute dall’impresa per aver partecipato alla gara (danno emergente), ma anche e soprattutto la perdita, se adeguatamente provata, di ulteriori occasioni di stipulazione di altri contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi, impedite proprio dalle trattative indebitamente interrotte (lucro cessante), con esclusione del mancato guadagno che sarebbe derivato dalla stipulazione ed esecuzione del contratto non concluso.
Precisa, infatti, l’Adunanza Plenaria: “Quanto alle voci di danno catalogabili come afferenti al lucro cessante, occorre, innanzitutto, escludere quelle ascrivibili al mancato conseguimento dell’utile d’impresa, in quanto riferite al c.d. interesse positivo che, come tale, non può essere risarcito in una fattispecie di responsabilità precontrattuale. In ordine alla richiesta di risarcimento del danno da perdita di chances (integrata dal fallimento di favorevoli ed alternative occasioni contrattuali), appare necessario operare una preliminare ricognizione delle condizioni costitutive del relativo diritto.
La perdita di chances, diversamente dal danno futuro, che riguarda, invece, un pregiudizio non attuale, ma soggetto a ristoro purché certo e altamente probabile, nonché ascrivibile ad una causa efficiente già in atto, costituisce un danno attuale, che non si identifica con la perdita di un risultato utile, ma con quella della possibilità di conseguirlo, e postula, a tal fine, la sussistenza di una situazione presupposta, concreta ed idonea a consentire la realizzazione del vantaggio sperato, da valutarsi sulla base di un giudizio prognostico e statistico, fondato sugli elementi di fatto allegati dal danneggiato (Cons. St., sez. VI, 7 febbraio 2002, n. 686).
Al fine di ottenere il risarcimento per perdita di una chance, è quindi, necessario che il danneggiato dimostri, anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza di un valido nesso causale tra la condotta lesiva (nella specie: revoca dell’aggiudicazione) e la ragionevole probabilità del conseguimento del vantaggio alternativo perduto (nella specie: aggiudicazione di altri appalti) e provi, conseguentemente, la sussistenza, in concreto, dei presupposti e delle condizioni del raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita (della quale il danno risarcibile deve configurarsi come conseguenza immediata e diretta).
Nel solco della pronuncia dell’Adunanza Plenaria si colloca, altresì, il Consiglio Stato, sez. V, 6 giugno 2008 n. 2680, il quale, pronunciandosi in tema di responsabilità precontrattuale della P.A., ha ribadito, quanto alle voci di danno catalogabili come afferenti al lucro cessante, che la prova del danno da perdita di chance richiede la produzione delle dichiarazioni formulate dalla ditta, di rinuncia alla prosecuzione della partecipazione a gare nelle quali aveva presentato domanda, mentre secondo il Collegio non possono ritenersi sufficienti eventuali dichiarazioni con cui la parte ha rinunciato a partecipare a gare d’appalto “per impegni in precedenza assunti” in quanto in queste ultime manca l’elemento della concretezza delle opportunità contrattuali perdute.
Pertanto, il danneggiato, per ottenere il risarcimento, deve offrire la prova della perdita in concreto della possibilità di acquisire ulteriori contratti con le pubbliche amministrazioni, non essendo sufficiente l’enunciazione in astratto dell’impossibilità di partecipare a nuove gare d’appalto.
Tutto ciò premesso, nel caso di specie, la domanda risarcitoria deve essere accolta limitatamente alle spese vive documentate ed ai costi sostenuti al solo fine della formulazione dell’offerta e di partecipazione alla gara, in relazione ai quali si ritiene sussistere adeguato principio di prova e che meglio può essere ricostruito alla luce dell’analisi delle scritture contabili dell’impresa che quest’ultima fornirà all’Amministrazione in sede di determinazione del danno ex art. 34, quarto comma, C.P.A..
Così delimitato il danno emergente risarcibile, deve decidersi sull’altra componente di danno per cui la ricorrente chiede il risarcimento, il lucro cessante da interesse contrattuale negativo, pari alle occasioni di guadagno perse per effetto dell’inutile coinvolgimento in trattative precontrattuali che avrebbe impedito all’impresa interessata di concludere altri contratti, altrettanto o maggiormente vantaggiosi (cosiddetta perdita di ‘chances’).
Come ritenuto dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 7 febbraio 2012, n. 662), l’esame della sussistenza del danno da perdita di chance interviene:
– o attraverso la constatazione in concreto della sua esistenza, ottenuta attraverso elementi probatori;
– o attraverso una articolazione di argomentazioni logiche, che, sulla base di un processo deduttivo rigorosamente sorvegliato, inducono a concludere per la sua sussistenza;
– ovvero ancora attraverso un processo deduttivo secondo il criterio, elaborato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, del c.d. ‘più probabile che non’ (Cass. civ., n. 22022/2010), e cioè ‘alla luce di una regola di giudizio che ben può essere integrata dai dati della comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali’ (Cass., sez. III civ., n. 22837/2010).
Applicando quest’ultimo criterio, il Collegio – a fronte delle vicende intercorse, tutte volte a dimostrare pienamente il persistente e forte interesse della ricorrente alla stipulazione ed esecuzione del contratto – ritiene di poter assumere come comprovata la sussistenza di tale voce di lucro cessante (secondo il criterio del ‘più probabile che non’), determinando per essa, in via equitativa e tenendo anche conto del criterio probabilistico utilizzato, l’entità del risarcimento nella misura dell’uno per cento del valore dell’appalto, a sua volta determinato sulla base dell’offerta economica presentata al seggio di gara (Cons. Stato, sez. V, 6 aprile 2009 n. 2143).
Va invece esclusa la possibilità di tenere conto nella valutazione dell’importo dovuto dall’amministrazione a titolo di responsabilità precontrattuale del danno esistenziale richiesto dall’impresa ricorrente non essendosi fornito adeguato supporto probatorio alla sua esistenza.
L’Amministrazione intimata dovrà pertanto, ai sensi dell’art. 34, quarto comma c.p.a., formulare, nel termine di giorni sessanta dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, una proposta di risarcimento che tenga conto dei criteri sopra determinati, calcolando altresì la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sul ritardato pagamento.
In considerazione della natura della questione sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto lo accoglie in parte nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto:
annulla la sentenza impugnata e accoglie, nei limiti pure indicati in motivazione, il ricorso di primo grado;
dichiara il diritto della ricorrente al risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale dell’amministrazione; danno da liquidarsi nei modi, nei termini e secondo i criteri sopra precisati, a norma dell’art. 34, comma 4, c.p.a.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa

 

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