Consiglio di Stato
sezione III
sentenza 8 settembre 2014, n. 4539
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE TERZA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 114 del 2014, proposto da:
Ma.Fe., rappresentata e difesa dall’avv. Pa.Ma., con domicilio eletto presso Pa.Ma. in Roma, via (…);
contro
Azienda Unità Sanitaria Locale di Rimini, rappresentata e difesa dall’avv. Ma.Za., con domicilio eletto presso Ro.Ma. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA – BOLOGNA, SEZIONE I, n. 00690/2013, resa tra le parti, concernente diniego accesso ai documenti concernenti la richiesta di visita medico collegiale;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Azienda Unità Sanitaria Locale di Rimini;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2014 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati Ma. e Za.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellante è dipendente della ASL di Rimini (assunta come centralinista-portiere nel 2006, quale disabile invalida.
In data 4 aprile 2013, ha chiesto alla ASL l’accesso agli atti (“ad esempio esposti, missive, informative da parte di colleghi e/o pazienti, relazioni da parte del personale sanitario e da parte di superiori gerarchici”) “sottesi alla missiva” (nota del dirigente dell’U.O. Amministrazione del Personale della ASL prot. 31154 in data 20 marzo 2013) con la quale era stata disposta nei suoi confronti una visita medica collegiale ai fini della verifica della permanenza dell’idoneità al servizio.
La visita medica ha poi stabilito l’idoneità al servizio.
2. L’accesso è stato negato con nota prot. 44015/01-24-01-14 in data 23 aprile 2013, ritenendosi la richiesta genericamente motivata.
3. Il TAR Emilia, con la sentenza appellata (Bologna, I, n. 114/2014) ha respinto il ricorso, affermando che l’interesse tutelato era stato affermato genericamente, né poteva desumersi da un provvedimento sfavorevole, inesistente (dato l’esito positivo della visita medica).
4. Nell’appello, dopo aver ricordato l’ampiezza del diritto d’accesso sancito dagli artt. 22-25 della legge 241/1990 e l’interesse che il pubblico dipendente vanta ad accedere agli atti che concernono il proprio rapporto di lavoro, indipendentemente dall’esistenza di una lesione attuale e concreta di una situazione giuridica protetta, viene sottolineato che l’istanza presentata individuava specificamente l’oggetto dell’accesso e l’interesse tutelato.
5. Resiste l’ASL, ribadendo la genericità della richiesta, la mancanza di un interesse dell’appellante alla conoscenza degli atti richiesti, la valenza di controllo indiscriminato sull’attività amministrativa che l’accesso verrebbe ad assumere.
Sottolinea anche che, nel caso specifico, sul diritto di accesso prevale l’esigenza di tutelare un particolare aspetto della riservatezza, consistente nella necessità di preservare l’identità dei dipendenti autori di segnalazioni nei confronti della ricorrente, allo scopo di sottrarli a potenziali pressioni indebite e, quindi, favorire il miglior clima possibile all’interno del luogo di lavoro.
6. L’appello è fondato e deve essere accolto, entro i limiti appresso indicati.
Non sembra possa sostenersi che l’interesse all’accesso non emerga adeguatamente dall’istanza.
Depongono in senso contrario la considerazione che i documenti ai quali viene chiesto l’accesso ed i fatti ivi descritti si riferiscono esclusivamente al contesto lavorativo in cui è inserita l’appellante e sono stati puntualmente indicati nell’istanza, quanto alla loro presumibile tipologia ed al collegamento con uno specifico atto di iniziativa di un procedimento (quello finalizzato alla verifica dell’idoneità al servizio) direttamente riguardante la sua persona.
La stessa delimitazione e consistenza dell’oggetto dell’accesso, poi, impedisce di ravvisare nell’istanza una valenza di strumento di controllo generalizzato sull’attività della ASL, tale da renderla inammissibile ai sensi dell’art. 24, comma 3, della legge 241/1990.
Risulta dal fascicolo processuale che, effettivamente, atti del tipo di quelli richiesti dall’appellante erano stati richiamati, e dichiarati disponibili per la trasmissione, ove necessario, nella nota prot. 23609 in data 4 marzo 2013, con cui il dirigente dell’U.O. Attività Amministrative Ospedaliere della ASL aveva chiesto l’avvio del procedimento di verifica dell’idoneità al servizio.
In definitiva, l’istanza di accesso presuppone che detti atti siano stati trasmessi o comunque presi in considerazione nell’ambito del procedimento suddetto, e detta circostanza non è stata smentita dalla ASL. Presumendo l’esistenza di detto dirimente collegamento, può pertanto ritenersi che l’interesse dell’appellante all’accesso risultasse dall’istanza in data 4 aprile 2013, e deve conseguentemente affermarsi che il diniego è inadeguatamente motivato, in violazione dell’art. 25, comma 3, 1.cit..
Peraltro, un possibile motivo di diniego (non esternato nel provvedimento, e non considerato dalla sentenza di primo grado) viene esposto nelle difese della ASL.
Ma l’esigenza di garantire la riservatezza di soggetti i quali appaiono, in qualche modo, controinteressati all’accoglimento dell’istanza – riconducibile alle previsioni degli artt. 24, comma 6, lettera d), della legge 241/1990, e 2 e 3 del d.P.R. 757/1994, e meritevole di considerazione nel contesto della controversia in esame – non necessariamente avrebbe consentito alla ASL di negare in radice l’accesso.
Infatti, anche assumendo che un clima sereno all’interno del luogo di lavoro sia davvero più agevolmente conseguibile limitando la conoscenza dei rispettivi comportamenti ed in tal modo anche l’assunzione, a livello dei rapporti interpersonali prima ancora che a livello giuridico, delle correlate responsabilità, la ASL di Rimini, prima di negare l’accesso, avrebbe comunque dovuto verificare, previa richiesta ai soggetti ritenuti controinteressati, se e con quali eventuali cancellazioni (omissis) gli atti in questione potessero essere esibiti all’istante.
Entro questi limiti può essere ordinato alla ASL di consentire l’accesso richiesto.
Fermo restando che, qualora risultasse che gli atti non sono stati in alcun modo trasmessi o comunque considerati nell’ambito del procedimento suddetto, l’interesse della ricorrente non sarebbe concretamente tutelabile.
7. Sussistono giustificati motivi, alla luce della natura della controversia, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza – definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado nei sensi e limiti indicati in parte motiva.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Romeo – Presidente
Carlo Deodato – Consigliere
Angelica Dell’Utri – Consigliere
Hadrian Simonetti – Consigliere
Pierfrancesco Ungari – Consigliere, Estensore
Depositata in Segreteria l’8 settembre 2014.
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