Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 27 giugno 2017, n. 3134

L’errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione ai sensi dell’art. 106 c. proc. amm., deve essere caratterizzato: a) dal derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato; b) dall’attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) dall’essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa; l’errore deve inoltre apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 27 giugno 2017, n. 3134

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9516 del 2016, proposto da:

SI. – Società In. Al. Ri. Co. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati An. Cl., Fr. Iz., con domicilio eletto presso lo studio An. Cl. in Roma, via (…);

contro

Regione Calabria, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Pa. Fa., con domicilio eletto presso lo studio Gr. Pu. in Roma, via (…);

nei confronti di

– El. Ri. S.p.a. in proprio e quale capogruppo mandataria del r.t.i. con Ri. To. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Fr. Ve., Ri. An., con domicilio eletto presso lo studio Fr. Ve. in Roma, via (…);

– Azienda Ospedaliera Pugliese – Ci., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Al. Gu., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Co. (Studio La.) in Roma, viale (…);

per la revocazione

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO – SEZ. III, n. 04989/2016, resa tra le parti, concernente aggiudicazione di appalto relativo al servizio di Ri. in favore delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere della Calabria;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Calabria, di El. Ri. S.p.a. e di Azienda Ospedaliera Pugliese – Ci.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 maggio 2017 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati Ma. Id. Le. su delega dichiarata di An. Cl., Fr. Iz., Gr. Pu. su delega dichiarata di Pa. Fa., Fr. Ve. ed Al. Gu.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. E’ all’esame del Collegio il ricorso, proposto da SI. – Società In. Al. Ri. Co. s.p.a., per la revocazione della sentenza n. 4989/2016, con la quale questa Sezione ha riformato la sentenza (TAR Calabria, II, n. 718/2016) con la quale era stato accolto il ricorso di SI. per l’annullamento dell’aggiudicazione al r.t.i. tra El. Ri. s.p.a. e Ri. To. s.r.l. del lotto n. 6 del servizio di Ri. in favore delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere della Calabria, disposta con decreto regionale n. 10959 in data 13 ottobre 2015.

2. Il TAR Calabria, dopo aver respinto i primi due motivi del ricorso originario, ha accolto il terzo, giudicando inattendibili le giustificazione del r.t.i. aggiudicatario riferite al costo del lavoro indicato nell’offerta, in quanto ottenuto moltiplicando il costo medio di cui alle tabelle ministeriali per le settimane effettivamente lavorate e non per tutte le settimane dell’anno (come ritenuto doveroso, tenuto conto che il contratto obbliga l’impresa appaltatrice a garantire il servizio mensa per 365 giorni all’anno, compresi i festivi), e riferito ad agevolazioni e sgravi non adeguatamente documentati.

3. Questa Sezione ha accolto gli appelli della Regione e di El. Ri., ritenendo attendibili le suddette giustificazioni e, quindi, legittimo il giudizio favorevole formulato all’esito del subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta economica.

In particolare, sulla base di una ricognizione dei consolidati principi della materia, ha sottolineato che:

– il ragionamento dei primi giudici è viziato in radice, nella misura in cui assume a suo fondamento un dato economico (il costo orario risultante dalle tabelle ministeriali) considerato inderogabile e che, viceversa, non può essere qualificato tale;

– la motivazione assunta a sostegno del gravato giudizio di illegittimità (quella secondo la quale il costo orario avrebbe dovuto essere moltiplicato per il monte ore teorico e non per quello effettivo), deve intendersi errata, in quanto omette di considerare che il costo orario di cui alle tabelle ministeriali è già determinato come comprensivo dei costi di sostituzione che il datore di lavoro deve sopportare per l’assenza del lavoratore e che, quindi, il costo delle ore medie annue non lavorate deve intendersi già computato in quelle effettivamente lavorate;

– “ne consegue che il giudizio di attendibilità delle giustificazione fornite dal r.t.i. El. sul costo del personale si rivela del tutto corretto in quanto fondato sul riscontro dell’esattezza del calcolo della predetta voce dell’offerta, non rilevando, peraltro, in senso contrario, a fronte della riscontrata coerenza di quest’ultima con la normativa di riferimento, la circostanza (del tutto marginale) della mancata documentazione dell’operatività delle agevolazioni fiscali e contributive allegate nel subprocedimento di verifica dell’anomalia (e dal cui accertamento può, quindi, prescindersi).” (§ 3.8.).

4. Ha poi esaminato l’appello incidentale di SI., respingendolo, in ragione dell’infondatezza delle censure da essa riproposte, concernenti l’insussistenza dei requisiti di capacità professionale in capo alla mandante Ri. To. s.r.l. a causa dell’invalidità del contratto di avvalimento stipulato in data 10 febbraio 2014, sia in quanto concluso, per conto della Ge. El. s.p.a. da parte di un soggetto privo di poteri rappresentativi (primo motivo), sia in quanto sprovvisto dell’indefettibile carattere dell’attribuzione all’impresa ausiliata della immediata disponibilità delle risorse, umane e finanziarie, oggetto dell’avvalimento (secondo motivo).

5. Nel ricorso per revocazione, SI. prospetta la sussistenza di tre errori di fatto revocatori, ai sensi degli artt. 106, cod. proc. amm. e 395, n. 4, c.p.c., per omessa pronuncia su questioni dirimenti.

5.1. La sentenza d’appello non ha esaminato l’eccezione di inammissibilità dell’appello dedotta da SI., per omessa impugnazione delle fondamentali statuizioni di cui al capo 4.3.5., con cui il TAR ha condiviso la denunciata anomalia dell’offerta aggiudicataria anche per non aver adeguatamente giustificato e documentato le dichiarate “agevolazioni o sgravi” relative a 35 dipendenti da impiegare nel servizio.

Sul predetto capo 4.3.5., contenente una motivazione (anche sulla circostanza che i benefici del credito di imposta doveva ritenersi esaurito al più tardi a decorrere dal 1 giugno 2014, con conseguente irrilevanza alla data del 22 luglio 2015, in cui è stato giustificato il costo del lavoro) già da sé sola idonea a sorreggere l’accoglimento del motivo di ricorso proposto in primo grado, non è dato rinvenire alcuna censura nell’appello principale della Regione Calabria, e da ciò si sarebbe dovuto far discendere la formazione del giudicato e l’inammissibilità dell’impugnazione.

Sotto il profilo rescissorio, SI. ripropone i motivi per i quali l’inadeguatezza delle giustificazioni in ordine ad agevolazioni e sgravi inficierebbe la valutazione di congruità dell’offerta (più avanti indicati).

5.2. SI., ai sensi dell’art. 101 cod. proc. amm., aveva riproposto il quarto motivo di ricorso non esaminato dal TAR, concernente l’insufficienza, alla luce dell’art. 8 del disciplinare nonché della natura e dimensione dell’appalto, della generica referenza bancaria della Cassa di Risparmio di San Miniato presentata in gara dalla mandante Ri. To. s.r.l., a comprovare la solidità finanziaria ed economica dell’impresa (che non aveva espletato nel triennio antecedente alcun servizio di analogo valore).

La sentenza ha omesso di statuire anche su detto motivo, che risulta senz’altro decisivo ed avrebbe dovuto condurre all’accoglimento del ricorso.

5.3. La sentenza del TAR aveva riscontrato una discrasia fra i dati rivenienti dall’offerta economica, ove si indicano per il centro di cottura 32 addetti per 775 ore settimanali, e le giustificazioni presentate da El. in sede di verifica dell’anomalia, in cui si fa riferimento all’impiego di 20 unità di personale per 315 ore settimanali, per un costo annuo di euro 203.696,20.

Inoltre, è pacifico che nelle ore effettive mediamente lavorate il costo delle ore di lavoro teoriche (40 ore per 52,2 settimane l’anno) è comprensivo delle ore mediamente non lavorate per ferie, assenze, etc. (492), ma non è ricompreso il diverso costo dell’unità aggiuntiva di personale chiamata a sostituirlo; questa voce ha una incidenza fino al 25% sul costo medio del lavoro e doveva essere prevista nell’offerta o nelle giustificazioni, ma non ve n’è traccia.

La sentenza d’appello non ha preso in considerazione detti aspetti, avendo fondato il proprio convincimento su presupposti privi di rilevanza nella specifica fattispecie, quali le tabelle ministeriali e la distinzione tra monte ore teorico ed effettivo.

6. Si sono costituiti in giudizio e controdeducono puntualmente (nei sensi che verranno appresso indicati) la Regione Calabria, El. Ri., nonché la A.O. Pugliese Ci. (interessata al servizio Ri. del lotto n. 6), chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile, o comunque respinto poiché infondato, e che la ricorrente venga condannata al pagamento delle spese di giudizio per lite temeraria ex art. art. 26, comma 2, cod. proc. amm.

7. Le parti private hanno presentato memorie e memorie di replica.

8. Il Collegio ritiene utile, in linea generale, ricordare come la giurisprudenza di questo Consiglio ha più volte affermato (nel solco di A.P. n. 3/1997) che l’omissione di pronuncia su domande o eccezioni delle parti, sebbene costituisca, di per sé, violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato sancito dall’art. 112 c.p.c., o comunque difetto di motivazione, non elimina la rilevanza del processo causale che ha determinato l’evento omissivo e non esclude che l’omissione di pronuncia possa essere fatta valere non ex se, ma come risultato di un vizio della formazione del giudizio e, quindi, errore di fatto revocatorio, atteso che nel caso di omessa pronuncia errore revocatorio e violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato non sono in relazione di alternatività, ma il primo è possibile fonte della seconda (cfr., tra le altre, IV, n. 5187/2013 e n. 4099/2015).

9. D’altra parte, è consolidato l’orientamento secondo il quale l’errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione ai sensi dell’art. 106 c. proc. amm., deve essere caratterizzato: a) dal derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato; b) dall’attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) dall’essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa; l’errore deve inoltre apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (cfr. A.P. n. 5/2014 e n. 1/2013, nonché, tra le altre, III, n. 3686/2015, n. 3844/2015, n. 5258/2015).

10. Ciò premesso, in ordine al primo motivo di revocazione, la Regione eccepisce che il primo motivo del proprio appello si riferisse comprensivamente “ai punti sub 4.3 e segg. della sentenza”, ed evidenzia alcune delle argomentazioni con esso svolte (pagg. 7, 8 e 9).

Il Collegio osserva che, anche se non risultano formulate specifiche censure riguardo al tema dell’inadeguata documentazione delle agevolazioni o sgravi fiscali, interessato da detto § (capo) 4.3.5., tuttavia, dal tenore delle argomentazioni svolte nell’appello ed evidenziate in questa fase, sembra evidente che la Regione ha fatto valere la sostenibilità dell’offerta alla luce del complesso delle giustificazioni fornite, sostenendo che (come ritenuto dalla sentenza d’appello), pur eliminando l’apporto delle agevolazioni e sgravi fiscali, l’incidenza degli stessi sarebbe stata così esigua da non inficiare la sostenibilità economica dell’offerta.

Pertanto, non può ritenersi che l’impugnazione non coprisse anche il capo della sentenza in questione, e deve pertanto anche escludersi che al riguardo vi sia stata un’omissione di pronuncia.

11. Il Collegio osserva inoltre che, se anche l’appello della Regione fosse stato dichiarato inammissibile sotto il profilo in esame, per il quale era soccombente, non per questo verrebbe meno la statuizione di riforma della sentenza di primo grado, poiché non è in discussione che l’appello di El. – che è gravame autonomo ed è stato proposto nei termini per l’impugnazione principale, ed è quindi qualificabile come appello incidentale (c.d. improprio) soltanto poiché proposto successivamente a quello principale della Regione, in applicazione del principio di concentrazione delle impugnazioni ex art. 96 cod. proc. amm. – riguardi anche il capo in questione.

12. Per completezza, può aggiungersi che, nel merito, le conclusioni della sentenza d’appello – che, dopo aver premesso i principi consolidati in materia (§ 3.1.), ha ritenuto agevolazioni e sgravi concretamente irrilevanti ai fini dell’esito della valutazione dell’anomalia dell’offerta (§ 3.8., soprariportato) – appaiono condivisibili.

12.1. Va ricordato che il TAR, al § 4.3.5., dopo aver descritto il contenuto delle giustificazioni presentate, ha affermato che “Non risultano chiariti altri elementi di indeterminatezza…” in relazione alla circostanza che “l’incentivo è stato chiesto a seguito dell’avviso pubblico approvato con Decreto n. 9505 del 29.06.2012, per cui i benefici richiesti sono esauriti già alla data del 1.6.2014, posto che il D.L. n. 70/2011 indica una durata di solo ventiquattro mesi”, e che “Inoltre, non sembra adeguatamente valutata la circostanza secondo cui gli sgravi non possono operare in relazione ai lavoratori già impegnati nell’appalto, in carico al precedente appaltatore, che passano alle dipendenze dell’aggiudicatario in forza delle clausole sociali contenute nei contratti collettivi nazionali, in coerenza con quanto già previsto dall’art. 4, comma 12, lett. a), L. n. 92/2012…”, per concludere sul punto che “Pertanto, ritiene il Collegio che, per tutti i precitati elementi di criticità, la censura, nel complesso, merita adesione”.

12.2. Nel ricorso, ai fini rescissori, SI. sostiene che:

– è già di per sé sintomatico ed anomalo che 53 su 100 (poi ridotti ad 88) dipendenti previsti godrebbero di agevolazioni incidenti sul costo del lavoro;

– i benefici del credito d’imposta di cui al d.l. 70/2011 dovevano ritenersi esauriti al 1 giugno 2014, con conseguente irrilevanza al momento (22 luglio 2015) in cui sono state effettuate le giustificazioni;

– la circostanza che in sede di appello siano state presentate da El. tre note di debito della Regione inerenti l’erogazione di incentivi per la trasformazione di 14 rapporti di lavoro a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, non ha consentito di sanare il vizio riscontrato;

– permane la mancata indicazione dei lavoratori interessati dai contributi e dei relativi professionali, così da poterli ritenere effettivamente utilizzabili nell’appalto, escludendone l’impiego in altri servizi (e l’utilizzo del medesimo contributo in diverse gare, in violazione della par condicio).

12.3. Ma El. ha replicato sottolineando che in appello erano state evidenziate le diverse forme di agevolazione ed era stato indicato, rispetto alle statuizioni del TAR, che:

– il credito di imposta previsto dall’art. 2 del d.l. 70/2011, cui il r.t.i. era stato ammesso per il personale del centro cottura (20), poteva essere portato in compensazione sino al 31 dicembre 2015 e quindi era stato considerato al momento della presentazione dell’offerta (gennaio 2014); l’effettivo impatto del venir meno dell’agevolazione era contenuto in 25.039,25 euro annui (differenza tra un costo al lordo delle agevolazioni di 228.735,53 e un costo al netto di 203.696,28); considerato che nei tre mesi successivi alla presentazione dell’offerta, il r.t.i. avrebbe avuto (per credito d’imposta, contributi alla stabilizzazione, sgravi ex lege 407/1990 e legge di stabilità 2015) complessivi 389.280,00 euro, pari a 77.856,00 annui, queste erano perfettamente in grado di colmare la predetta eventuale differenza;

– quanto all’inapplicabilità delle agevolazioni ai lavoratori già in carico al precedente appaltatore, il tema riguarda, al più, il personale impiegato sui terminali (poiché il centro cottura presentava già un organico in sovrannumero -32- rispetto a quello concretamente impiegato nell’appalto – 20); dal momento che l’organizzazione proposta prevedeva un impiego maggiore di personale rispetto al servizio già offerto da SI., il r.t.i. avrebbe dovuto procedere a nuove assunzioni, e tali nuovi addetti avrebbero potuto beneficiare delle normative sopravvenute (legge di stabilità 2015 e 2016), consentendo un abbattimento dei costi in termini di sgravi e minori oneri.

12.4. Tali considerazioni, potenzialmente in grado di superare i rilievi critici svolti dal TAR (fermo restando che la mancata indicazione dei lavoratori interessati non rientrava nelle argomentazioni esposte nella sentenza ai fini dell’accoglimento della censura), non hanno trovato in questa fase di giudizio adeguata confutazione.

13. Quanto al secondo motivo, non è contestato che la sentenza abbia omesso di pronunciare sulla censura concernente l’invalidità della referenza bancaria prestata a Ri. To. S.r.l. dalla Cassa di Risparmio di San Miniato, che, a dire della ricorrente, avrebbe dovuto determinare l’esclusione del r.t.i. aggiudicatario.

13.1. La Regione Calabria ribadisce di aver eccepito in appello l’inammissibilità della censura, in quanto SI. aveva genericamente richiamato il ricorso incidentale di primo grado, senza sviluppare la censura, incorrendo in violazione del principio di autosufficienza dell’impugnazione.

Il Collegio ritiene tuttavia che, in assenza di pronuncia in primo grado, il richiamo al motivo non esaminato fosse sufficiente.

13.2. El. eccepisce che l’omessa pronuncia è irrilevante, in quanto il r.t.i. aveva presentato in gara complessivamente quattro referenze bancarie.

Ma ciò, ad avviso del Collegio, non è dirimente, perché il disciplinare prevedeva che le due referenze bancarie avrebbero dovuto essere presentate “dalla impresa mandataria e da ciascuna delle mandanti facenti parte del RT” (pag. 15).

13.3. Il motivo di revocazione è pertanto ammissibile.

14. Tuttavia, la censura è infondata nel merito.

Infatti, il disciplinare non imponeva alcuna dichiarazione dalla quale risultasse lo svolgimento di una reale valutazione sulla capacità dell’impresa di espletare correttamente l’appalto per il quale concorreva.

Rileva il Collegio che l’art. 41 del d.lgs. 163/2006, pur richiedendo la dimostrazione – da parte dei concorrenti – dei requisiti di capacità economica rispetto all’appalto, non pretende che le referenze bancarie abbiano requisiti particolari.

Cosicché, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, l’espressione “idonee referenze bancarie”, ove riportata nei bandi di gara pubblica senza ulteriori precisazioni, deve essere interpretata dagli istituti bancari nel senso, anche lessicalmente corretto, che essi devono riferire sulla qualità dei rapporti in atto con le società, per le quali le referenze sono richieste, quali la correttezza e la puntualità di queste nell’adempimento degli impegni assunti con l’istituto, l’assenza di situazioni passive con lo stesso istituto o con altri soggetti, sempre che tali situazioni siano desumibili dai movimenti bancari o da altre informazioni in loro possesso (cfr. Cons. Stato, III, n. 5704/2015; IV, n. 854/2016; V, n. 1168/2015 e n. 108/2016).

Nel caso in esame, deve dunque ritenersi sufficiente, alla luce della lex specialis, la referenza rilasciata dalla Cassa di Risparmio di San Miniato in data 10 dicembre 2013, nella quale, dopo aver indicato nell’oggetto la gara di appalto, si affermava che Ri. To. “ha iniziato il rapporto con il nostro Istituto nel mese di luglio 2007, richiedendo un affidamento tuttora in corso di validità. In questi anni il rapporto ha avuto un andamento regolare e questo ci consente di esprimere una valutazione positiva dell’azienda e dei suoi esponenti”.

Una simile dichiarazione, pur stringata, contiene tutti gli elementi richiesti dalla legge e dalla normativa di gara.

15. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.

Il motivo infatti non mira ad invalidare una decisione che non trova fondamento nella realtà processuale, ma piuttosto a rimettere in discussione la motivazione con cui la sentenza di appello ha definito la questione, ampiamente dibattuta in appello, della congruità del costo del lavoro.

15.1. Occorre ribadire, in via di principio, che il motivo di ricorso delimita e identifica la domanda spiegata nei confronti del giudice, e in relazione al motivo si pone l’obbligo di corrispondere, in positivo o in negativo, tra chiesto e pronunciato, nel senso che il giudice deve pronunciarsi su ciascuno dei motivi e non soltanto su alcuni di essi; poi, a sostegno del motivo la parte può addurre un complesso di argomentazioni, volta a illustrare le diverse censure, ma che non sono idonee, di per se stesse, ad ampliare o restringere la censura, e con essa la domanda e rispetto a tali argomentazioni non sussiste un obbligo di specifica pronunzia da parte del giudice, il quale è tenuto a motivare la decisione assunta esclusivamente con riferimento ai motivi di ricorso come sopra identificati e non costituisce, dunque, motivo di revocazione per omessa pronuncia il fatto che il giudice, nell’esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni poste dalla parte medesima a sostegno delle proprie conclusioni (cfr. Cons. Stato, A.P., n. 21/2016).

15.2. Pertanto, nel caso in esame, se anche si potesse ipotizzare che alcune delle argomentazioni poste alla base della contestazione originaria della congruità del costo del lavoro non siano state espressamente considerate dalla sentenza di appello, non per questo ne potrebbe discendere la sussistenza di un errore di fatto revocatorio.

15.3. SI., nella memoria finale, precisa che la statuizione del TAR sulla discrasia tra i dati della tabella dell’offerta economica e le giustificazioni in sede di verifica dell’anomalia dall’aggiudicatario comportava un autonomo ed assorbente profilo di anomalia dell’offerta, ed era stata oggetto del quarto motivo dell’appello di El., mentre nella sentenza di appello non vi sarebbe pronuncia, neanche implicita, in ordine a detto motivo.

Tuttavia, di contro, va ricordato che l’errore di fatto revocatorio deve attenere ad un punto non controverso tra le parti ed in ordine al quale la sentenza non si sia pronunciata.

E’ evidente come tali presupposti non vi siano rispetto al rilievo secondo il quale occorreva conteggiare il diverso costo dell’unità aggiuntiva di personale chiamata per le sostituzioni, aspetto tematicamente compreso nella questione dei limiti di applicazione delle tabelle ministeriali.

Ma anche riguardo alla discrasia riguardo al numero delle unità di personale ed al monte ore, non si può giungere a diversa conclusione.

Infatti, il giudice d’appello ha espressamente aderito all’orientamento per il quale il procedimento di verifica dell’anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando piuttosto ad accertare in concreto che l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile ed affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto (cfr. Cons. Stato, IV, n. 854/2016; V, n. 3859/2015).

Si legge infatti nella sentenza, come già sinteticamente ricordato, che “- occorre premettere, sotto un profilo strettamente metodologico, che lo scrutinio di legittimità del giudizio sull’anomalia postula, per un verso, un apprezzamento globale e sintetico sull’affidabilità dell’offerta nel suo complesso (cfr. ex multis Cons. St., sez. IV, 26 febbraio 2015, n. 963) e deve arrestarsi, per un altro, a un controllo estrinseco della ragionevolezza e della logicità delle valutazioni compiute dalla commissione, senza, tuttavia, estendersi fino a un sindacato penetrante del merito degli apprezzamenti sulla serietà e sulla remuneratività dell’offerta (cfr. ex multis Cons. St., sez. IV, 16 giugno 2015, n. 3000).”.

Conseguentemente, la sentenza è pervenuta ad una valutazione globale di adeguatezza e congruenza (non inadeguatezza e non incongruenza, alla luce delle risultanze procedimentali) dell’offerta, decidendo tutte le questioni relative all’anomalia, attraverso un sindacato complessivo e sintetico, rispetto al quale non residua spazio per contestazioni su singoli aspetti.

15.4. Può aggiungersi, per completezza, che vi sono ragioni per sostenere che la pretesa non corrispondenza tra l’offerta economica e l’offerta tecnica, per quanto riguarda il personale impiegato nel centro cottura ed il relativo monte ore lavorate (affermata dalla sentenza del TAR, nell’ambito delle argomentazioni dedicate all’anomalia del costo del lavoro, al § 4.3.3.) in realtà non sussistesse.

Infatti, come ha sottolineato El. nella memoria di replica (con argomentazioni che non hanno trovato adeguata confutazione da parte della ricorrente):

– dall’offerta tecnica del r.t.i. El. emerge che il punto A.3.4. – “Unità di personale impiegato e monte ore giornaliero, Unità di personale impiegato Centro cottura” conteneva una descrizione del centro cottura di Germaneto-Catanzaro, e, al fine di evidenziarne la vastità e l’articolazione interna, specificasse puntualmente le attività lì compiute e la potenzialità dell’intero organico; fosse, cioè, riferito al servizio di Ri. complessivamente inteso, senza che vi fossero riferimenti specifici al lotto n. 6 della gara in questione;

– nelle giustificazioni del r.t.i. in data 22 giugno 2015, è stato esplicitato “il personale presente sul centro di cottura e già alle dipendenze del RTI, per la quota parte dedicata all’appalto del Lotto 6”;

– in riscontro della richiesta della SUA di precisazioni, con la nota in data 22 luglio 2015 è stato tra l’altro puntualizzato che le unità di personale impiegate per l’appalto erano 20 rispetto alle 32 complessivamente impiegate nel centro;

– la Commissione di gara, nel verbale in data 16 febbraio 2016, ha affermato che “Per quanto concerne l’eventuale discrasia tra la tabella allegata nell’offerta tecnica e quella resa in sede di giustificazioni dalla Ditta aggiudicataria, con specifico riferimento al personale impiegato nel centro di cottura, si considera perfettamente coerente con quanto riportato in offerta tecnica e quanto successivamente giustificato, poiché risulta chiaro che in offerta tecnica è stato riportato tutto il personale operante nel centro cottura, non in via esclusiva per l’appalto di che trattasi, mentre in conformità con quanto stimato per la spesa del personale in offerta economica dall’operatore economico, questi ha provveduto a stralciare la quota di personale stimato e necessario per l’appalto aggiudicato…”.

16. In conclusione, il ricorso deve essere in parte (primo e terzo motivo) dichiarato inammissibile ed in parte (secondo motivo) rigettato poiché infondato.

17. Il Collegio, in considerazione della complessità ed opinabilità delle questioni affrontate, non ritiene che vi siano i presupposti per applicare l’art. 26, comma 2, cod. proc. amm., e che, viceversa, risulti equo disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile ed

in parte lo rigetta, nei sensi indicati in motivazione.

Spese del grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Marco Lipari – Presidente

Giulio Veltri – Consigliere

Massimiliano Noccelli – Consigliere

Pierfrancesco Ungari – Consigliere, Estensore

Stefania Santoleri – Consigliere

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