Palazzo-SpadaLa massima

1. Prima dell’aggiudicazione definitiva, non ricorre per la stazione appaltante l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento di revoca al concorrente, anche se aggiudicatario provvisorio. Difatti, l’aggiudicazione provvisoria, quale atto endoprocedimentale che determina una scelta non ancora definitiva del soggetto aggiudicatario della gara, non fa nascere in capo all’interessato un mera aspettativa alla conclusione del procedimento, e di conseguenza, al contrario dell’aggiudicazione definitiva, è inidonea ad ingenerare il legittimo affidamento che impone l’instaurazione del contraddittorio procedimentale prima della revoca in autotutela.

2. Non sussiste l’obbligo dell’amministrazione di comunicare agli interessati l’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge 241/1990, giacché il procedimento al cui interno si colloca l’aggiudicazione provvisoria e che è destinato a concludersi positivamente con l’aggiudicazione definitiva ovvero negativamente, con la revoca dell’ aggiudicazione provvisoria, è già stato avviato con l’atto di indizione della gara.
3. Deve ritenersi insussistente l’onere di attivare una preventiva fase di partecipazione, qualora non sia stata disposta neanche l’aggiudicazione provvisoria, dal momento che il partecipante non ha acquisito, in relazione allo stato della procedura, una posizione di vantaggio concreta, e comunque tale da far sorgere, nel contesto del procedimento amministrativo in corso, un interesse qualificato e differenziato e quindi meritevole di tutela attraverso detta comunicazione.

4. In tema di contratti pubblici la possibilità che ad un’aggiudicazione provvisoria non segua quella definitiva è un evento del tutto fisiologico, disciplinato dagli artt. 11, comma 11, 12 e 48, comma 2, del d.lgs. 163/2006, inidoneo di per sé a ingenerare qualunque affidamento tutelabile con conseguente obbligo risarcitorio, qualora non sussista nessuna illegittimità nell’operato dell’Amministrazione.5. Ai sensi dell’art. 21-quinquies, comma 1, della legge 241/1990, non deve essere riconosciuto il diritto all’indennizzo qualora la procedura di evidenza pubblica si sia bloccata alla fase dell’aggiudicazione provvisoria, poiché in tal caso manca l’adozione di un provvedimento amministrativo ad “efficacia durevole”, caratteristica questa da attribuire soltanto all’aggiudicazione definitiva.

CONSIGLIO DI STATO

SEZIONE III

SENTENZA 24 maggio 2013, n. 2838

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 135 del 2013, proposto da:
Azienda ULSS 12 “Veneziana”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Franco Zambelli e Mario Ettore Verino, con domicilio eletto presso Mario Ettore Verino, in Roma, via Barnaba Tortolini, 13;

contro

Service Med S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Cesare Righetti e Andrea Manzi, con domicilio eletto presso Andrea Manzi, in Roma, via F. Confalonieri, 5;

nei confronti di

Zuccato HC S.r.l. (già Sanitaria Scaligera S.p.a.), rappresentata e difesa dagli avv.ti Fausto Renzo Scappini e Mario Sanino, con domicilio eletto presso Studio Legale Sanino, in Roma, viale Parioli, 180;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO – SEZIONE I, n. 01562/2012, resa tra le parti, concernente affidamento fornitura di sistemi antidecubito in noleggio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Service Med S.r.l. e di Zuccato HC S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 8 marzo 2013, il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti, alla stessa udienza, gli avvocati Verino e Mazzeo su delega di Manzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con deliberazioni n. 309/2011 e n. 403/2011 l’Azienda ULSS 12 Veneziana aveva indetto una procedura aperta per la fornitura quinquennale in noleggio di sistemi antidecubito (anche per le esigenze della AULSS 14 di Chioggia).

In corso di gara, con deliberazione n. 197 in data 5 marzo 2012, l’Azienda aveva “autorizzato” una transazione (poi stipulata in data 8 marzo 2012) con la società Zuccato HC S.r.l., che prevedeva l’affidamento a quest’ultima di un servizio sostanzialmente analogo a quello oggetto di gara.

Detta società, in precedenza ( con la ragione sociale di Sanitaria Scaligera S.p.a. ed in base alla deliberazione n. 860 in data 1 luglio 2005) era stata affidataria della fornitura per il periodo 1 agosto 2005-31 luglio 2007, eseguita fino alla risoluzione contrattuale per inadempimento disposta con deliberazione n. 287 in data 23 febbraio 2006; la risoluzione tuttavia era stata dichiarata illegittima con sentenza del Tribunale civile di Venezia n. 2734 in data 4 novembre 2011, che ha condannato l’Azienda a <<ripristinare la Sanitaria Scaligera S.p.a. nella posizione di aggiudicataria del servizio alle medesime condizioni economiche e di durata …>> ed a corrispondere alla predetta società (ed alla Talley Group Ltd, multinazionale produttrice dei presidi) una somma a titolo di risarcimento danni, oltre alle spese legali (per un importo ammontante ad oltre 100.000,00 euro).

Con deliberazione n. 287 in data 27 marzo 2012, in coerenza con quanto transattivamente definito, è stato disposto l’affidamento a Zuccato HC della fornitura per il periodo 2 aprile 2012-31 marzo 2015.

Con deliberazione n. 425 in data 16 maggio 2012, in applicazione dell’art. 21-quinquies, della legge 241/1990 e dell’art. 12 del disciplinare di gara (secondo cui la stazione appaltante si era riservata <<in ogni caso la facoltà di sospendere, revocare, modificare, oppure di riaprire i termini della presente gara con provvedimento motivato, senza che le ditte possano vantare diritti o pretese di sorta>>), la gara è stata revocata (allorché non era ancora stata aperta la busta con l’offerta economica).

2. Detti provvedimenti sono stati impugnati dinanzi al TAR per il Veneto dalla Service Med S.r.l., unica concorrente in gara per il lotto principale (n. 1 – sistemi terapeutici antidecubito destinati all’uso ospedaliero, importo a base d’asta euro 3.778.470,00; mentre il lotto n. 2 concerneva il noleggio a domicilio dei pazienti) ed altresì attuale fornitrice (in quanto seconda classificata della gara precedente, era subentrata nella fornitura dopo la suddetta risoluzione; ed aveva vinto una successiva gara, beneficiando poi di proroga, sino al giugno 2012).

Essa ha lamentato:

– la mancanza della comunicazione di avvio del procedimento di revoca, che le ha impedito di interloquire con l’Azienda a difesa del proprio interesse all’aggiudicazione della gara e di esperire gli opportuni strumenti processuali;

– la violazione dell’art. 21-quinquies, della legge 241/1990, essendo la revoca determinata esclusivamente da valutazioni di natura economica; valutazioni peraltro errate, in quanto non si è tenuto conto dell’importanza preminente che la qualità del prodotto assume nella fornitura in questione ed in quanto non è stato effettuato un raffronto di convenienza con l’offerta presentata in gara (che comporterebbe un risparmio di oltre 100.000,00 euro rispetto alle condizioni pattuite nell’accordo transattivo, consentendo di compensare i maggiori costi derivanti dalla sentenza civile);

– la violazione dei principi di concorrenza, imparzialità e parità di condizioni tra i partecipanti alla gara, nonché del divieto di rinegoziare o modificare le condizioni contrattuali derivanti da gara pregressa, posto che l’affidamento diretto viola i principi di evidenza pubblica ed è stato disposto a condizioni differenti da quelle di cui alla deliberazione n. 860/2005 (in quanto comprende: oltre al noleggio a giornata, il “noleggio continuativo”; un aumento delle giornate di noleggio; una durata triennale anziché biennale e senza decurtazione del semestre nel quale Sanitaria Scaligera aveva svolto la prestazione prima della risoluzione contrattuale);

La ricorrente ha chiesto, oltre l’annullamento dei provvedimenti, la condanna dell’Azienda al risarcimento del danno anche in forma specifica mediante la conclusione della gara; o, in via subordinata (nell’ipotesi di accertata legittimità della revoca), il risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale per violazione dell’art. 1337 c.c., alla luce del comportamento contrario ai doveri di correttezza e buona fede, stante l’assenza di qualunque informazione o coinvolgimento della ricorrente nel procedimento di revoca.

3. Il TAR, con la sentenza appellata (I, n. 1562/2012), ha accolto il ricorso, annullando i provvedimenti impugnati (ed affermando che ciò comporta il pieno soddisfacimento dell’interesse azionato), sulla base di argomentazioni così sintetizzabili :

– sussiste la giurisdizione del g.a. sull’intera sequenza procedimentale impugnata culminata nella deliberazione n. 425/2012, in quanto anche gli atti “paritetici” presupposti fanno parte di un’unitaria fattispecie a formazione progressiva sfociata nella revoca e sono connotati dalla valutazione dell’interesse pubblico;

– la revoca non era vincolata dalla reintegrazione in forma specifica disposta dal Tribunale di Venezia, ma si fonda su una valutazione discrezionale di convenienza comparativa effettuata dall’Azienda, esercizio dell’autotutela di cui all’art. 21-quinquies, della legge 241/1990, in quanto: a) la sentenza non era definitiva, ma poteva essere impugnata; b) il rapporto derivante dalla transazione è oggettivamente diverso da quello preesistente, quanto a durata e a contenuto delle prestazioni (avendo una durata di due anni più uno di proroga ed essendovi stata a suo tempo parziale esecuzione da parte dalla Sanitaria Scaligera; ed includendo il noleggio continuativo);

– detta valutazione è censurabile in quanto: a) la convenienza non è stata parametrata all’offerta economica che Service Med avrebbe operato con riferimento al contratto posto a gara; b) non è stato data la comunicazione di avvio a Service Med, controinteressata alla revoca, che sarebbe risultata utile per consentire detta comparazione.

4. L’Azienda ha proposto appello, lamentando anzitutto:

– il difetto di giurisdizione in ordine alla transazione;

– il difetto di interesse della ricorrente in primo grado, mancando quella posizione qualificata che può rinvenirsi soltanto a seguito dell’aggiudicazione;

Nel merito, la sentenza è errata in quanto non ha considerato:

– la natura immediatamente esecutiva e vincolante della sentenza civile rispetto alla transazione;

– la rispondenza della revoca ai principi di buona amministrazione e di economicità, non essendo possibile avere due fornitori per il medesimo servizio e non essendo peraltro operabile un raffronto con l’offerta Service Med, non ancora conosciuta ( dal momento che si è proceduto alla contestata revoca quando la busta dell’offerta era ancora chiusa), e comunque risultando conveniente il ripristino del rapporto alle condizioni economiche originarie alla luce del risparmio dell’indennizzo che altrimenti l’Azienda avrebbe dovuto corrispondere a Zuccato HC;

– che la ricorrente, essendosi la gara arrestata dopo la valutazione tecnica dell’offerta, non poteva vantare una posizione giuridica qualificata, ma solo un’aspettativa di fatto alla conclusione del procedimento.

Ripropone le eccezioni in ordine alle domande risarcitorie e di inefficacia del contratto, non accolte dal TAR.

5. Si sono costituite in giudizio e controdeducono puntualmente Service Med e Zuccato HC.

6. Va, preliminarmente, dichiarata la inammissibilità della costituzione in giudizio, con atto non notificato, di Zuccato HC “per sostenere le ragioni dell’Azienda ULSS 12 appellante”, in quanto il controinteressato soccombente in primo grado ha l’onere di proporre appello e non ha legittimazione, quale parte principale e necessaria del giudizio di primo grado, ad assumere nel giudizio di impugnazione una posizione adesiva di mero interveniente al fine di rimuovere una soccombenza “principale” sancita dal “decisum” di primo grado.

7. Venendo al proposto appello, esso merita di essere accolto.

7.1. Il Collegio osserva anzitutto che – prescindendo dall’ampiezza della formulazione della domanda originaria – la pronuncia di primo grado ( non fatta oggetto sul punto di atto di appello incidentale ) non investe direttamente la transazione come tale (né la correlata rinnovazione degli impegni contrattuali), ma si limita ad annullare gli atti che l’hanno preceduta ed accompagnata, indubbiamente non aventi carattere paritetico bensì espressione di un potere autoritativo in forma provvedi mentale.

Non vi è dunque alcun difetto di giurisdizione; in ogni caso, l’oggetto dell’accordo è rappresentato “dall’affidamento del servizio per la fornitura di sistemi antidecubito” ( v. art. 2 transazione) ed è dunque oggetto che pacificamente rientra nella giurisdizione del g.a. anche quando, come nel caso di specie, pertenga ad un atto (quale è la transazione) di natura privatistica..

7.2. Va disattesa anche la censura incentrata sull’inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di interesse, in quanto se è vero che la giurisprudenza collega una posizione tutelabile alla posizione di aggiudicatario, almeno provvisorio, tuttavia non sembra possa negarsi l’interesse dell’appellata, seppur non ancora aggiudicataria, ad impugnare la scelta di non concludere la gara, essendo essa l’unica concorrente e non essendo state esternate altre e diverse ragioni che impedissero detta conclusione.

7.3. Nel merito, il Collegio ritiene che il potere esercitato dall’Azienda non possa qualificarsi come vincolato, in senso proprio, non esaurendosi nell’ “eseguire” la sentenza del Tribunale civile di Venezia.

Tuttavia, anche nella prospettiva dell’esercizio di un potere (almeno, teoricamente ed in parte) discrezionale, il comportamento dell’Azienda deve comunque essere valutato in concreto, tenendo conto degli effettivi margini decisionali a disposizione.

La sentenza di primo grado, nel censurare – sotto i profili della insufficiente valutazione, anche per difetto di confronto procedimentale, dell’interesse pubblico sotteso alla scelta tra le due soluzioni possibili – i provvedimenti che hanno condotto alla revoca della gara, ha trascurato la circostanza (debitamente evidenziata dall’Azienda, sia in primo grado che in appello) che l’esecuzione della sentenza del Tribunale civile di Venezia avrebbe determinato una duplicazione di rapporti contrattuali per il medesimo servizio di fornitura.

Infatti, la sentenza del Tribunale di Venezia era provvisoriamente esecutiva, ai sensi dell’art. 282 c.p.c., e comportava il ripristino del rapporto (con Sanitaria Scaligera, divenuta Zuccato HC) “con decorrenza dalla cessazione naturale” del rapporto in essere con Service Med, ossia dal 1 aprile 2012; anche un eventuale appello contro di essa, oltre che di esito incerto – occorre tener conto del fatto che la risoluzione era stata ritenuta ingiustificata dal Tribunale civile alla luce di una CTU che aveva affermato la conformità al capitolato e l’assenza di vizi dei presidi offerti dalla Scaligera Sanitaria – comunque non avrebbe avuto immediato effetto sospensivo, ai sensi dell’art. 337 c.p.c.

Dunque, prima ancora di valutare la maggior convenienza economica comparativa del contratto derivante dalla transazione rispetto all’offerta della società appellata (valutazione che avrebbe in ogni caso richiesto la preventiva conclusione della gara di cui si tratta), l’Azienda ha correttamente tenuto conto che non sarebbe stato possibile – e del resto ciò non viene contestato da controparte – che uno stesso reparto ospedaliero venisse alimentato da due forniture di prodotti diversi, da parte di soggetti diversi; ciò a meno di non determinare un caos gestionale, oltre all’eccedenza di presidi antidecubito, in quanto concretamente forniti ovvero resi virtualmente disponibili, con obbligo di pagamento del corrispettivo previsto, in ogni caso da pagare, in misura doppia rispetto alle effettive esigenze dell’utenza ed alle disponibilità finanziarie dell’ente.

Invero, l’art. 21 quinquies l. n. 241/1990 regola la situazione in cui, nel corso della gara, vengono a modificarsi fatti o parametri che erano stati determinanti nelle valutazioni della stazione appaltante per fissare le regole della gara ed i risultati da conseguire (Cons. Stato, III, 16 ottobre 2012, n. 5282).

Tale deve considerarsi la sopravvenuta sentenza del Tribunale di Venezia (con conseguente onere per l’A. di ripristinare il rapporto pregresso illegittimamente risolto), ripristino che fisiologicamente diviene ex se giuridicamente incompatibile con atti di indizione (e di espletamento) di una nuova gara per il medesimo servizio (e per un periodo almeno in parte sovrapponibile ), servizio e periodo nei quali per contro, in esecuzione della sentenza del G.O., deve operare il concorrente che ha subito la risoluzione ritenuta illegittima.

Siffatte considerazioni valgono anche a confutare il motivo di impugnazione (assorbito in primo grado e riproposto da Service Med ai sensi dell’art. 101, cod. proc. amm.) basato sulla sussistenza di validi motivi di appello verso la sentenza del Tribunale di Venezia e sulla omessa loro considerazione da parte dell’Azienda, non sembrando peraltro di immediata evidenza la fondatezza dei rilievi critici che avverso detta sentenza vengono prospettati.

Per contro, occorre ricordare che la rinuncia all’impugnazione, obbligo di regola presente nelle transazioni definite a valle di una sentenza, avendo un carattere ampiamente discrezionale può essere sindacato ( ferma l’inammissibilità di qualsiasi censura attinente al merito dell’azione amministrativa ) solo in presenza di macroscopiche illogicità o travisamenti di fatto; qui, come s’è detto, non sussistenti.

La stessa considerazione, inoltre, rendeva di fatto superflua ogni partecipazione procedimentale da parte dell’unica concorrente in gara. In ogni caso – se non vi è prova in atti che la deliberazione n. 865 in data 28 dicembre 2011, con cui era stata disposta la proroga del servizio fino al 31 marzo 2012, e nella quale si legge che <<è in corso di valutazione fra le parti, con corrispondenza agli atti, la possibilità di una definizione transattiva della questione, l’opportunità ed i termini della quale sono attualmente al vaglio dell’Azienda, congiuntamente all’alternativa della presentazione dell’appello>>, sia stata tempestivamente comunicata a Service Med – occorre rilevare che, quanto meno con nota prot. 2012/22417 in data 4 aprile 2012, di trasmissione delle delibere n. 197/2012 e n. 287/2012, l’Azienda aveva precisato che <<sono ancora in corso le ulteriori valutazioni in merito alla revoca della gara in atto …>>. Service Med era dunque a conoscenza della decisione che si profilava, ed avrebbe potuto rappresentare eventuali osservazioni sulla possibilità tecnica e sulla convenienza di una soluzione diversa da quella prescelta dall’Azienda.

Senza contare che la giurisprudenza esclude che prima dell’aggiudicazione definitiva, la stazione appaltante abbia l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento di revoca al concorrente, anche se aggiudicatario provvisorio (cfr. Cons. Stato, V, 18 luglio 2012, n. 4189; 21 novembre 2007, n. 5925; 24 marzo 2006, n. 1525). In particolare, la giurisprudenza ritiene che l’aggiudicazione provvisoria, quale atto endoprocedimentale che determina una scelta non ancora definitiva del soggetto aggiudicatario della gara, non faccia nascere in capo all’interessato un mera aspettativa alla conclusione del procedimento, e di conseguenza, al contrario dell’aggiudicazione definitiva, sia inidonea ad ingenerare il legittimo affidamento che impone l’instaurazione del contraddittorio procedimentale prima della revoca in autotutela (cfr. Cons. Stato, III, 11 luglio 2012, n. 4116; V, 23 giugno 2010, n. 3966). Per altro verso, è stato affermato che non sussiste l’obbligo dell’amministrazione di comunicare agli interessati l’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge 241/1990, giacché il procedimento procedimento al cui interno si colloca, appunto, l’aggiudicazione provvisoria e che è destinato a concludersi positivamente con l’aggiudicazione definitiva ovvero negativamente, con la revoca dell’ aggiudicazione provvisoria, è già stato avviato con l’atto di indizione della gara (cfr., Cons. Stato, III, n. 4116/2012, cit.; IV, 19 marzo 2003, n. 1457; 29 ottobre 2002 n. 5903).

A maggior ragione deve ritenersi insussistente l’onere di attivare una preventiva fase di partecipazione, qualora, come nel caso in esame, non sia stata disposta neanche l’aggiudicazione provvisoria, dal momento che il partecipante (quand’anche, come avviene nel caso di specie, sia l’unico per il lotto di cui si tratta) non ha acquisito, in relazione allo stato della procedura, una posizione di vantaggio concreta, e comunque tale da far sorgere, nel contesto del procedimento amministrativo in corso, un interesse qualificato e differenziato e quindi meritevole di tutela attraverso detta comunicazione.

7.4. Non sembra corretto definire il ripristino della fornitura a Zuccato HC come un nuovo “affidamento diretto”, in quanto, come esposto, esso è frutto della necessità di dare attuazione alla sentenza civile.

D’altra parte, i termini del contratto sono coerenti con la transazione; ed i punti di differenza rispetto al contratto originario, evidenziati da Service Med, se impediscono di considerarlo come pedissequa esecuzione della sentenza civile, non ne fanno un contratto autonomo rispetto a quello di cui sarebbe stato dovuto il ripristino, ma una “naturale evoluzione” di esso, in senso favorevole all’Amministrazione. Va infatti sottolineato che, oltre alla durata base biennale, la possibilità di proroga per un altro anno era prevista nel capitolato del 2003, cosicché alla Zuccato HC è stata “concesso” in più soltanto di non scomputare il semestre già eseguito prima della risoluzione; il noleggio c.d. continuativo dei materassi antidecubito, vale a dire non a giornata ma per l’intero periodo, costituisce il frutto di un’integrazione della prestazione originariamente prevista, alla luce delle esigenze del servizio ormai generalmente avvertite al momento attuale; lo stesso può dirsi, secondo quanto sembra desumibile dagli atti, per il maggior numero di giornate previsto; altre differenze sono addirittura migliorative – la riduzione, per il terzo anno, dei prezzi unitari stabiliti originariamente, che compone, insieme alla rinuncia al risarcimento ed alle spese legali, la contropartita per l’Azienda della definizione transattiva della controversia – e comunque attengono esclusivamente ai rapporti tra le parti, rispetto ai quali l’appellata non ha interesse.

Rispetto al profilo di interesse tutelabile, va comunque osservato che, in relazione a detti contenuti “nuovi”, non si è verificata alcuna deroga sostanziale alle regole dell’affidamento mediante evidenza pubblica, posto che si tratta di modalità integrative della prestazione che non hanno una consistenza autonoma e non di prestazioni aggiuntive, la cui esecuzione, dopo un eventuale nuovo confronto concorrenziale, sarebbe potuta avvenire in modo distinto da quella oggetto di transazione e ripristino della posizione contrattuale in capo al fornitore originario.

Tali ultime considerazioni valgono ad escludere la fondatezza del motivo di impugnazione (assorbito in primo grado, e riproposto da Service Med ai sensi dell’art. 101, cod. proc. amm.), formulato per l’ipotesi che si riconosca alla sentenza del Tribunale di Venezia una vincolatività nei confronti della decisione dell’Azienda ed incentrato sulla mancanza in capo a quest’ultima della capacità di agire al di fuori dei confini del relativo decisum prescindendo dal rispetto della disciplina pubblicistica dell’evidenza pubblica.

7.5. Posto, dunque, che si è trattato di una evoluzione contrattuale in senso favorevole all’Amministrazione, le conclusioni del TAR legate alla necessità che venisse effettuata una comparazione dei contenuti economici non appaiono convincenti

Il Collegio (come, del resto, già avvenuto per il TAR, che si è limitato a censurare la mancata comparazione, non prendendo posizione sulla maggior convenienza) non dispone di elementi per raffrontare esaustivamente i contenuti economici delle prestazioni previste dal nuovo contratto e quelli dell’offerta dell’appellata.

Tuttavia, se vi sono incertezze (dovute alla disomogeneità degli elementi – durata, numero di giornate del noleggio, tipologia del noleggio – sulla base dei quali le parti hanno sviluppato i rispettivi calcoli), su quale sia in astratto quella più conveniente (Service Med, prospetta che la sua offerta avrebbe determinato un risparmio di quasi 70.000 euro annui, oltre alla disponibilità di prodotti migliore qualità, consentendo anche di evitare l’esborso aggiuntivo per le esigenze della AULSS 14, oggetto di nuova gara), una cosa sembra evidente: concludere la gara e, in ipotesi (salve eventuali ragioni diverse che precludessero l’aggiudicazione), aggiudicarla alla Service Med, avrebbe comportato per l’Azienda una inutile duplicazione della fornitura, oltre al pagamento, in assenza dell’accordo transattivo, del risarcimento e delle spese legali.

Tale rilievo sembra rendere superflui ulteriori approfondimenti in termini di valutazioni di convenienza comparata dei corrispettivi delle prestazioni, peraltro impraticabili dall’Amministrazione a gara in corso.

Si ripete: nelle condizioni in cui si è trovata ad assumere una decisione, non sembra né immotivata, né illogica o travisata, la scelta dell’Azienda appellante – va aggiunto che la AULSS 14, sola beneficiaria dei servizi contemplati nel lotto n. 2, aveva manifestato disinteresse alla prosecuzione della gara – di determinarsi nella direzione invece censurata dal TAR.

Viceversa, la prosecuzione della gara di appalto, in presenza di condizioni che ne consigliavano (per non dire: ne imponevano) la rimozione, si sarebbe posta in contrasto evidente con l’esigenza di una gestione razionale ed efficiente delle risorse pubbliche ed avrebbe esposto l’Azienda ad un’alea difficilmente calcolabile.

In conclusione sul punto, deve ritenersi che, in ragione della necessità di dare esecuzione alla sentenza civile e dell’opportunità di definirne transattivamente le modalità in senso complessivamente favorevole all’Amministrazione, sussistessero in concreto, e siano stati correttamente evidenziati nei provvedimenti impugnati, i presupposti che, ai sensi dell’art. 21-quinquies, della legge n. 241/1990, giustificano l’adozione del provvedimento di revoca della gara, in quanto la sua prosecuzione era divenuta ormai inopportuna in base alle circostanze sopravvenute ed alla nuova conseguente valutazione dell’interesse pubblico originario (cfr. Cons. Stato, III, 16 febbraio 2012, n. 833 e 15 novembre 2011, n. 6039; V, 18 gennaio 2011, n. 283; VI, 17 marzo 2010, n. 1554).

7.6. Occorre quindi esaminare le pretese risarcitorie, non riconosciute dal TAR alla luce della valenza satisfattiva da esso attribuita all’accoglimento della domanda di annullamento della revoca, ma riproposte in questa sede dall’appellata.

Quella avanzata a titolo di responsabilità extracontrattuale in conseguenza dell’adozione di un provvedimento illegittimo (per danno emergente, lucro cessante, danno curriculare e danno all’immagine) segue la sorte della domanda di annullamento della revoca, sopra esaminata.

7.7. Restano da esaminare la domanda di risarcimento, proposta in via subordinata, a titolo di responsabilità precontrattuale da lesione dell’affidamento (per spese di preparazione dell’offerta, di partecipazione alla procedura di gara e finalizzate alla conclusione del contratto, nonché danno curriculare); e quella, proposta in via ulteriormente subordinata, di riconoscimento di un indennizzo, ex art. 21-quinquies, cit. (per le medesime voci di danno).

7.7.1. Giova ricordare che la giurisprudenza, per le ipotesi in cui la revoca intervenga nei confronti di un’aggiudicazione provvisoria, sottolinea che in tema di contratti pubblici la possibilità che ad un’aggiudicazione provvisoria non segua quella definitiva è un evento del tutto fisiologico, disciplinato dagli artt. 11, comma 11, 12 e 48, comma 2, del d.lgs. 163/2006, inidoneo di per sé a ingenerare qualunque affidamento tutelabile con conseguente obbligo risarcitorio, qualora non sussista nessuna illegittimità nell’operato dell’Amministrazione (Cons. Stato, VI, 19 gennaio 2012, n. 195; 27 luglio 2010, n. 4902; 17 marzo 2010, n. 1554; V, 15 febbraio 2010, n. 808).

La giurisprudenza, inoltre, con riferimento all’art. 21-quinquies, comma 1, della legge 241/1990, ritiene che non debba essere riconosciuto il diritto all’indennizzo qualora la procedura di evidenza pubblica si sia bloccata alla fase dell’aggiudicazione provvisoria, poiché in tal caso manca l’adozione di un provvedimento amministrativo ad “efficacia durevole”, caratteristica questa da attribuire soltanto all’aggiudicazione definitiva (cfr. Cons. Stato, III, n. 4116/2012, cit.; IV, n. 195/2012; vedi anche, TAR Toscana, I, 12 giugno 2012, n. 1154).

Pertanto, a maggior ragione, la pretesa risarcitoria o indennitaria deve essere esclusa, qualora, come nel caso in esame, la revoca sia stata disposta quando era ancora in corso la valutazione delle offerte (cfr., in relazione alla revoca del bando, prima dell’aggiudicazione provvisoria, TAR Lazio, III, 2 luglio 2012, n. 6024; TAR Campania, Napoli, VIII, 5 aprile 2012, n. 1646).

7.7.2. Le conclusioni suindicate non cambiano, se si considerano le caratteristiche specifiche della procedura in esame.

Perché sussista responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione nell’ambito di una procedura concorsuale, è necessario che i rapporti tra le parti siano giunti ad uno stadio tale da giustificare l’affidamento nella conclusione del contratto e che l’Amministrazione abbia interrotto la gara in violazione delle regole di correttezza e buona fede di cui all’art. 1337 c.c., eludendo così le aspettative dell’impresa concorrente (la quale, avendo confidato incolpevolmente nella possibilità che la gara andasse a buon fine, sia stata indotta a sostenere spese per la partecipazione o a rinunciare ad occasioni alternative favorevoli).

L’appellata sostiene di essere rimasta all’oscuro di tutto sino al 12 marzo 2012, allorché l’Azienda l’ha invitata a ritirare i propri presidi.

Il Collegio, in ordine alla posizione dell’appellata, osserva che – oltre alla clausola di riserva contenuta nell’articolo 12 del disciplinare – essa era consapevole, non soltanto della provvisorietà della sua posizione di fornitore, in quanto operante da anni in regime di proroga, essendole state date dall’Azienda comunicazioni della scadenza, con note prot. 2011/78647 in data 22 dicembre 2011, prot. 2012/175 in data 2 gennaio 2012 e prot. 2012/16530 in data 12 marzo 2012; ma, soprattutto, in quanto subentrata a seguito della risoluzione, essa era (o meglio: in mancanza di qualsiasi contraria deduzione sul punto, deve ritenersi fosse) fin dall’origine a conoscenza del contenzioso che la risoluzione aveva originato e dei suoi possibili esiti.

Va inoltre considerato che l’art. 12 del disciplinare concedeva all’Azienda un ampio potere di decidere di interrompere e non aggiudicare la gara e che detta previsione non risulta sia stata impugnata.

Anche a voler ritenere eccessivamente ampia la portata letterale della clausola, così da interpretarne la portata effettiva alla luce dei principi di imparzialità e buon andamento che presidiano l’azione amministrativa (o, correlativamente, dei doveri di buona fede e diligenza che connotano l’attività delle parti nel procedimento), e quindi ritenere che la facoltà di non aggiudicare potesse essere esercitata solo in presenza di ragioni giuridicamente apprezzabili (dovendo altrimenti detta clausola considerarsi nulla ai sensi dell’art. 1355 c.c., in quanto tale da subordinare qualsiasi responsabilità dell’Azienda alla mera volontà dell’amministrazione medesima), occorre ribadire che l’Amministrazione versava nella necessità di dare esecuzione alla sentenza del G.O., che l’appellata era a conoscenza del rischio gravante sulla conclusione della gara e che comunque, come già sottolineato, essa vantava una aspettativa non qualificata, o comunque di mero fatto, alla conclusione del procedimento .

Ciò esclude che possa ravvisarsi un incolpevole affidamento in ordine alla conclusione della gara, nonché attribuirsi concreta rilevanza all’omissione da parte dell’Azienda di una comunicazione dell’avvio del procedimento più tempestiva di quella di cui alla nota prot. 22417 in data 4 aprile 2012.

Può anche osservarsi che l’appellata non ha adempiuto all’onere di fare ciò che era nelle sue ordinarie possibilità – vale a dire, un intervento nel giudizio civile; ovvero, un’opposizione di terzo avverso la sentenza – per evitare che si determinasse il presupposto presclusivo dell’aggiudicazione dell’appalto in suo favore.

D’altra parte, l’indennizzo per atto legittimo deve essere commisurato al solo danno emergente (venendo così in evidenza i costi sostenuti fino al momento della revoca, in particolare per la partecipazione alla gara).

Ma in concreto il protrarsi delle trattative ai fini della transazione, prima, e il tempo trascorso tra la transazione e la formalizzazione del provvedimento di revoca della gara, poi, si sono tradotti in un prolungamento dell’esecuzione della fornitura pregressa da parte dell’appellata, con (deve presumersi) suo profitto; per contro, la società non ha specificamente prospettato di aver subito un pregiudizio (ad esempio, legato alla perdita di occasioni alternative) a causa del dilatarsi dei tempi di decisione dell’Azienda.

8. In conclusione, l’appello deve essere accolto, con integrale riforma della sentenza appellata e conseguente rigetto del ricorso proposto in primo grado.

9. Le peculiarità della vicenda procedimentale all’origine della controversia giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto in primo grado.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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