Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 20 aprile 2015, n. 1992

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE TERZA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7812 del 2014, proposto da:

Ministero dell’Interno, Questura di La Spezia, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria in Roma, Via (…);

contro

Ni.Va.;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LIGURIA – GENOVA, SEZIONE II, n. 00235/2014, resa tra le parti, concernente diniego autorizzazione alla raccolta di scommesse;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2015 il Cons. Pierfrancesco Ungari e udito per la parte appellante l’avvocato dello Stato Sp.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

 

1. La Questura di La Spezia ha negato all’odierno appellato, incaricato della raccolta di giocate per conto della SKS365 Group Gm. di Innsbruck (titolare di licenza austriaca per l’attività di bookmaker nel settore delle scommesse sportive), l’autorizzazione ai sensi dell’art. 88 TULPS ad esercitare la relativa attività di trasmissione dati.

Il diniego è motivato col rilievo secondo cui la società austriaca ed il richiedente non rientrano tra i concessionari o autorizzati ai quali la legge italiana riserva la facoltà di organizzare o gestire le scommesse, ai sensi dell’art. 88 del TULPS.

2. L’odierno appellato ha prospettato dinanzi al TAR Liguria un unico ordine di censure, incentrato sulla contrarietà agli artt. 43 e 49 del Trattato UE (rinumerati artt. 49 e 56 TFUE) dell’art. 88 del TULPS, nella parte in cui consente ai soli concessionari di ottenere l’autorizzazione di p.s.

Il TAR Liguria, con la sentenza appellata (II, n. 235/2014) ha accolto il ricorso ritenendo che la necessità della concessione o dell’autorizzazione nazionale ad operare nel settore, si configura quale restrizione alla circolazione dei servizi, incompatibile con il diritto europeo (ha richiamato, in tal senso, CGE, 29 marzo 2012, n. 451), e che ciò impone di disapplicare l’art. 88 del TULPS.

3. Appella il Ministero dell’interno, deducendo che:

(a) – il ricorso introduttivo era nullo, perché notificato presso la Questura di La Spezia, e la costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato non ha sanato il vizio in quanto è stata effettuata unicamente nell’interesse del Ministero dell’interno;

(b) – il ruolo del Centro Trasmissione Dati (qual è l’appellato) è di mera mediazione, il contratto di scommessa si conclude direttamente con il bookmaker straniero, è solo lui che svolge attività di organizzazione e gestione delle scommesse, e deve pertanto avere l’autorizzazione/concessione; quindi, vi è carenza di legittimazione/interesse ad agire dell’appellato (cfr. Cons. Stato, III, n. 5672/2013); e comunque, nel merito, la concessione era presupposto necessario per il rilascio dell’autorizzazione richiesta e la sua mancanza giustifica il diniego impugnato.

4. L’appellato non si è costituito in giudizio.

5. Può prescindersi dall’approfondire la questione in rito, stante la fondatezza degli altri motivi di appello.

5.1. La Corte di Giustizia, nell’affrontare la questione pregiudiziale sollevata in un giudizio instaurato proprio da titolari di CTD, con la sentenza 12 settembre 2013, in C-660/11 e C-8/12, ha affermato che “Gli articoli 43 CE e 49 CE devono essere interpretati nel senso che, allo stato attuale del diritto dell’Unione, la circostanza che un operatore disponga, nello stato membro in cui è stabilito, di un’autorizzazione che gli consente di offrire giochi d’azzardo non osta che un altro Stato membro, nel rispetto degli obblighi posti dal diritto dell’Unione, subordini al possesso di un’autorizzazione rilasciata dalle proprie autorità la possibilità, per un tale operatore di offrire siffatti servizi a consumatori che si trovino nel suo territorio”.

Quindi, il sistema concessorio-autorizzatorio imposto dal nostro ordinamento, e che fa perno sull’art. 88 del TULPS, non si pone di per sé in contrasto con l’ordinamento comunitario.

Va aggiunto che restano estranee al presente giudizio, in quanto non specificamente prospettate in primo grado, e comunque non esaminate dal TAR e non riproposte in appello, le questioni in passato sollevate da altre società estere, che avevano avuto ad oggetto le gare per l’ottenimento della concessione (sotto vari profili, come il numero delle concessioni, le distanze tra i concessionari e la posizione di privilegio di coloro che erano già titolari di concessione rispetto ai nuovi aspiranti), e che avevano dato luogo alle precedenti pronunce della Corte di Giustizia in materia (cfr. sentt. 6 marzo 2007 in C-338/04 e C-359/04 e C-360/04 – Placanica; 8 settembre 2010, in C-46/08 – Carmen Media Group; 16 febbraio 2012, in C-72/10 e C-77/2010, Costa e Cifone), pure richiamate nel ricorso.

5.2. Questa Sezione, con una serie di sentenze coeve, tra cui quella invocata dall’Amministrazione appellante (n. 5672/2013), ha affermato – sulla base degli artt. 1 del d.lgs. 496/1948, 88 del TULPS di cui al r.d. 773/1931, nella versione introdotta dall’art. 37 della legge 388/2000, come interpretato dall’art. 2, commi 2-bis e 2-ter, del d.l. 40/2010, conv. nella legge 73/2010, e della sentenza della Corte di Giustizia 12 settembre 2013, succitata – e con riferimento ad una controversia del tutto analoga a quella in esame, che:

(a) – “in punto di legittimazione e di sussistenza dell’interesse ad agire, il centro trasmissione dati, pur potendo formalmente proporre il ricorso sulla base del semplice fatto di aver aperto il procedimento autorizzatorio, non avendo nessun titolo sostanziale a chiedere l’autorizzazione, finisce con il non avere nemmeno la legittimazione processuale sostanziale”; la circostanza, comunque, “è sufficiente ad escludere l’attualità dell’interesse a ricorrere. Infatti, nessun vantaggio potrebbe avere dall’annullamento dell’atto originariamente impugnato, dato che presuppone il potere giuridico, che nel caso di specie manca, di organizzare e gestire il mercato delle scommesse. In termini più chiari, il CTD non potrebbe in ogni caso svolgere l’attività per cui è stata chiesta l’autorizzazione, senza la qualificata presenza nel nostro ordinamento del soggetto nel cui interesse agisce. Infatti, il sistema concessorio-autorizzatorio, vigente nel nostro ordinamento, la cui legittimità è stata confermata anche dalle Corti europee, riguarda unicamente operatori economici che intendano organizzare e gestire nel territorio la parte del mercato nazionale delle scommesse dismessa dalle strutture pubbliche, e non lascia nessuno spazio per formule organizzatorie, che, separando le fasi della negoziazione, non consentano l’individuazione dell’effettivo radicamento giuridico del gestore reale nel mercato nazionale delle scommesse. Invece con il meccanismo predisposto, ove lo Stato italiano lo consentisse, il reale gestore del mercato potrebbe svolgere la sua attività all’estero senza sottoporsi a controlli e verifiche, agendo attraverso l’intermediatore, rispetto al quale nessuna responsabilità sarebbe ipotizzabile, ingenerando incertezze presso gli stessi scommettitori.”

(b) – dal quadro normativo, e soprattutto dall’art. 88, cit. – secondo cui “La licenza per l’esercizio delle scommesse può essere concessa esclusivamente a soggetti concessionari o autorizzati da parte di ministeri o di altri enti ai quali la legge riserva la facoltà di organizzazione e gestione delle scommesse, nonché a soggetti incaricati dal concessionario o dal titolare di autorizzazione in forza della stessa concessione o autorizzazione” – si ricava che “il sistema concessorio-autorizzatorio, nell’ipotesi in cui l’amministrazione dello Stato italiano intenda affidare al mercato tutto o parte del settore delle scommesse, è interamente costruito intorno al soggetto che effettivamente abbia il potere di organizzare e gestire il flusso delle scommesse medesime. (…) l’incaricato deve comunque derivare il potere gestorio, quale che sia, da un soggetto concessionario (…) l’astratta abilitazione a gestire un segmento del sistema scommettitorio può costituire solo fonte di pericolo per l’ordine pubblico se non viene abilitato anche l’effettivo gestore, che, solo se appunto abilitato, può avvalersi di autonomi incaricati”.

(c) – poiché, dunque, la qualità di concessionario costituisce presupposto imprescindibile per lo svolgimento dell’attività, l’Autorità di P.S. “a fronte di una domanda con cui veniva chiesta l’autorizzazione unicamente a favore di un soggetto dichiaratamente estraneo all’organizzazione e alla gestione delle scommesse, e sostanzialmente irresponsabile circa l’esito dei contratti, non poteva che fare riferimento all’assenza della concessione, che, non solo era compatibile con l’ordinamento comunitario, ma costituiva anche l’unico strumento attraverso il quale diventava possibile l’esatta individuazione dell’effettivo gestore.” (…) “la provenienza della domanda da un soggetto avente la natura giuridica di sopra individuata, e pertanto sostanzialmente privo del titolo legittimante, avrebbe ingenerato incertezze presso gli stessi scommettitori” e “Tale incertezza costituisce di per sé un valido e sufficiente motivo di ordine pubblico per denegare l’autorizzazione, in quanto si pone in contrasto con le esigenze di tutela del consumatore, anch’esse protette dal diritto comunitario. Va da sé che l’autorità preposta all’ordine pubblico non può disinteressarsi del meccanismo in esame, poiché esso coinvolge i consumatori italiani, atteso che gli effetti dei contratti di scommessa si producono anche nel nostro ordinamento, nell’ambito del quale vengono fatte le puntate e pagate le vincite.”.

5.3. Le predette considerazioni appaiono al Collegio condivisibili.

Deve quindi affermarsi, anche nella presente controversia, la mancanza della legittimazione e dell’interesse ad agire dell’appellato, il quale (da solo) ha richiesto l’autorizzazione di polizia ai sensi dell’art. 88 del TULPS, ha proposto il ricorso di primo grado ed è stato controparte dell’Amministrazione nell’intero giudizio.

E comunque, nel merito, la legittimità del motivo sostanziale sulla base del quale è stato opposto diniego all’odierno appellato.

Infatti, anche nel caso in esame, il potere di gestione appare unicamente incentrato sulla società estera, con la quale si concludono i singoli contratti di scommessa, mentre il CTD si limita a trasmettere semplicemente le proposte, ed è esente da ogni responsabilità circa l’esito del contratto di scommessa.

5.4. Può aggiungersi che anche la più recente giurisprudenza di primo grado si pone nel solco dell’orientamento indicato, nel senso che : (a) – il nostro sistema giuridico rimane improntato al c.d. “doppio binario”, costituito dalla necessità di ottenere, anche per l’attività di raccolta dati delle scommesse per un operatore estero, sia la concessione da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze sia l’autorizzazione di pubblica sicurezza di cui all’art. 88 del TULPS (cfr. TAR Piemonte, II, n. 1399/2014); (b) – la licenza di cui all’art. 88, cit., non può essere rilasciata a chi non sia in possesso della concessione ministeriale e, sotto tale profilo, l’attività demandata al Questore è vincolata, non essendo ammessa alcuna discrezionalità dell’Amministrazione, che in assenza della concessione, è tenuta ad emettere un provvedimento di rigetto per insussistenza di uno dei presupposti di legge (cfr. TAR Piemonte, n. 1399/2014, cit.; TAR Emilia Romagna, Parma, n. 97/2014); (c) – non sono meritevoli di accoglimento le censure dirette ad affermare l’incompatibilità dell’art. 88, cit., con gli artt. 43 e 49 del Trattato, e non vi è quindi necessità di disapplicare tale disposizione nazionale (cfr. TAR Campania, V, n. 5/2015; TAR Basilicata, n. 836/2014).

6. In conclusione, l’appello deve essere accolto, e conseguentemente, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado.

7. Quanto alle spese di giudizio, considerate le oscillazioni giurisprudenziali che hanno condotto all’attuale quadro di riferimento, se ne può disporre l’integrale compensazione tra le parti.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto in primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo – Presidente

Bruno Rosario Polito – Consigliere

Dante D’Alessio – Consigliere

Silvestro Maria Russo – Consigliere

Pierfrancesco Ungari – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 20 aprile 2015.

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