Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 19 ottobre 2015, n. 4792

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE TERZA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3705 del 2015, proposto da:

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Interno, U.T.G. – Prefettura di -OMISSIS-, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via (…);

contro

-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avv. Fr.Sc., con domicilio eletto presso Fr.Sc. in Roma, Via (…);

nei confronti di

-OMISSIS-;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE I n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente scioglimento del Consiglio comunale con affidamento della gestione dell’ente ad una commissione straordinaria

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS- e di -OMISSIS- e di -OMISSIS- e di -OMISSIS- e di -OMISSIS- e di -OMISSIS-;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 luglio 2015 il Cons. Alessandro Palanza e uditi per le parti l’avvocato Fr.Sc. e l’avvocato. dello Stato Ti.Va.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Gli odierni appellati, che rivestivano le funzioni di sindaco e di componenti della Giunta e del Consiglio comunale del -OMISSIS- a seguito delle consultazioni amministrative del 6/7 maggio 2012, hanno proposto ricorso al TAR del Lazio per l’annullamento del D.P.R. 21 ottobre 2013 e degli atti connessi con i quali gli organi del –OMISSIS- sono stati disciolti ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

2. – Il TAR Lazio, con la sentenza n. -OMISSIS-del 21 gennaio 2015, ha accolto il ricorso sul presupposto della insussistenza dell’evidenza dei gravi elementi cui l’art. 143 TUEL subordina l’esercizio della potestà eccezionale di scioglimento dell’organo elettivo comunale. Il TAR ha concluso per la illegittimità degli atti impugnati in quanto basati su meri giudizi negativi sull’attività degli amministratori locali e su elementi che non rappresentano un serio indice della presunta esistenza di fenomeni di infiltrazione mafiosa.

3. – La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e l’U.T.G. Prefettura di -OMISSIS- hanno proposto appello avverso la citata sentenza n. -OMISSIS-del 21 gennaio 2015 del TAR Lazio, lamentando una erronea interpretazione della normativa di riferimento, una valutazione parziale e scorretta degli elementi addotti dall’amministrazione a sostegno dei provvedimenti impugnati in primo grado e la illegittima ingerenza del Giudice di prime cure in una materia riservata alla amministrazione e nella quale essa gode di una amplissima discrezionalità. Nello specifico, le Amministrazioni appellanti lamentano che il TAR, pur avendo affermato di seguire il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di scioglimento dell’organo elettivo ex art. 143 TUEL, non ne abbia fatto coerente applicazione. Il citato indirizzo ermeneutico riconosce nel procedimento di cui all’art. 143 TUEL ampi margini nella potestà di apprezzamento dell’Amministrazione nel valutare gli elementi su collegamenti diretti o indiretti, non traducibili in singoli addebiti personali, ma tali da rendere plausibile il condizionamento degli amministratori, pur quando il valore indiziario dei dati non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale. Le Amministrazioni appellanti lamentano, dunque, che il TAR abbia svolto lo scrutinio di legittimità contrariamente ai principi enunciati e che quindi abbia erroneamente apprezzato le acquisizioni in ordine a collusioni e condizionamenti estrapolando singoli fatti ed episodi al fine di contestare l’esistenza di taluni di essi ovvero di sminuire il rilievo di altri in sede di verifica del giudizio conclusivo sull’operato consiliare. La decisione del TAR sarebbe pertanto viziata per aver disatteso il consolidato principio che richiede una valutazione unitaria e di insieme degli elementi posti a conferma di collusioni, collegamenti e condizionamenti che hanno determinato la misura di cui all’art. 143 TUEL. Le Amministrazioni. appellanti deducono inoltre un vizio di motivazione della sentenza in relazione alle ragioni che hanno indotto il Giudice di primo grado a ritenere privi di rilievo i comportamenti e gli atti dell’Amministrazione comunale pur riconosciuti dal medesimo come non corretti. Ribadiscono dunque tutte le circostanze indicate dalla Amministrazione a fondamento del provvedimento annullato dal TAR e la concretezza, univocità e rilevanza delle stesse al fine di legittimare il provvedimento di scioglimento emanato ai sensi dell’art. 143 TUEL.

4. – Gli appellati si sono costituiti in giudizio depositando documentazione e memorie difensive per sostenere la mancanza di carichi pendenti e di condanne a loro carico; lo svolgimento da parte loro, come Consiglio comunale, di varie attività di contrasto alla criminalità organizzata; la effettuazione, in sede di affidamento dei lavori, dei controlli antimafia richiesti dalla normativa in materia; hanno inoltre illustrato le modalità con cui si sono svolti gli affidamenti di urgenza e di somma urgenza, le procedure seguite per l’affidamento della gestione di impianti di pubblica illuminazione e degli impianti elettrici di proprietà comunale nonché quelle per l’affidamento del servizio di trasporto scolastico e per la assegnazione di una parte del patrimonio comunale; hanno infine indicato le modalità con cui il Comune ha provveduto alla contestata assunzione di un custode cimiteriale.

5. – La causa è stata discussa e trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 9 luglio.

6. – L’appello è infondato e deve essere respinto.

6.1. – La definizione della controversia deve basarsi sulla rigorosa applicazione delle disposizioni dell’art. 143 TUEL e sui precisi parametri definiti dalle sue norme ai fini dello scioglimento del Consiglio comunale:

– la accertata o notoria diffusione sul territorio della criminalità organizzata;

– le precarie condizioni di funzionalità dell’ente in conseguenza del condizionamento criminale;

– un rapporto di causa effetto tra i collegamenti, diretti o indiretti, degli amministratori con la criminalità organizzata e la conseguente alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi e amministrativi o del regolare funzionamento dei servizi delle amministrazioni comunali o provinciali.

6.2. – Ai fini dell’interpretazione della normativa, anche sui profili cui la difesa erariale fa maggior riferimento, il Collegio richiama – ai fini di cui all’art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a. – la sentenza di questa stessa Sezione n. 126/2013, la quale sottolinea come – a differenza di altre misure di prevenzione, ad esempio quelle prefigurate dall’art. 4, comma 4, del d.lgs. n. 490 del 1994, a tutela del condizionamento delle imprese da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso, per la cui adozione è sufficiente il mero tentativo di infiltrazione, se non il periculum della stessa – l’art. 143, comma 1, nel testo novellato dall’art. 2, comma 30, della legge 15 luglio 2009, n. 94, richiede che detta situazione sia resa significativa da elementi “concreti, univoci e rilevanti”, che assumano valenza tale da “determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi amministrativi e da compromettere l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali”, aspetto ultimo che riveste carattere essenziale ai fini dell’adozione della misura di scioglimento dell’organo rappresentativo della comunità locale.

Gli elementi sintomatici del condizionamento criminale devono quindi caratterizzarsi per concretezza (essere cioè assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica); per univocità, che sta a significare la loro chiara direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire; per rilevanza, che si caratterizza per l’idoneità all’effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell’ente locale (Cons. di Stato, sez. III, n. 126/2013).

6.3. – La definizione di tali precisi parametri da parte della normativa di riferimento esclude che, pur permanendo in capo all’Amministrazione quella ampia discrezionalità che ad essa spetta nella valutazione di fenomeni connessi all’ordine pubblico e in particolare alla minaccia rappresentata dal radicamento sul territorio delle organizzazioni mafiose, tale discrezionalità possa spingersi fino a far presumere dalla sola esistenza di parentele e dalla irregolarità di alcuni atti della Amministrazione un condizionamento di tipo mafioso. Nel caso dello scioglimento del Consiglio comunale la definizione di precisi parametri costituisce un vincolo con il quale il legislatore della legge n. 9/2009 non ha voluto elidere quella discrezionalità, ma controbilanciarla, ancorandola a fatti concreti e univoci, in funzione della necessità di commisurare l’intervento più penetrante dello Stato a contrasto del fenomeno mafioso con i più alti valori costituzionali alla base del nostro ordinamento, quali il rispetto della volontà popolare espressa con il voto e l’autonomia dei diversi livelli di Governo garantita dalla Costituzione.

6.4. – Detto questo, il Collegio condivide, e ritiene pienamente compatibili con il rispetto di tali principi e con le disposizioni sopra richiamate, le argomentazioni della difesa erariale che ribadiscono il consolidato orientamento per cui gli elementi sui collegamenti diretti o indiretti non devono essere necessariamente traducibili in singoli addebiti personali né in fatti penalmente rilevanti. Tali collegamenti, secondo una consolidata giurisprudenza da cui questo Collegio non ha ragione di discostarsi, possono senz’altro avere un valore indiziario e addirittura solo indiziario nel loro insieme o perfino sintomatico, purché si basino su fatti univoci, che siano tali da far presumere il condizionamento degli amministratori nello svolgimento delle loro funzioni.

6.5. – Precisati i principi da applicare in termini di diritto, vanno indicate le ragioni per le quali questo Collegio condivide la sentenza del TAR e ritiene quindi che gli elementi portati a sostegno della richiesta di scioglimento, ciascuno per sé e nel loro insieme, non sono sufficienti a integrare i presupposti richiesti dalla legge.

6.6. – Il primo gruppo di elementi concerne fatti che non sono stati ritenuti utili perché corrispondono a comportamenti, episodi o situazioni che non integrano quel quid pluris rispetto alla normalità e cioè a quanto ci si può aspettare che avvenga in qualsiasi paese di 3000 abitanti, dove una parte significativa di essi è collegata alla criminalità organizzata e che dunque riguarda qualsiasi amministrazione, anche la più incontaminata, che possa essere eletta in quel Comune. Tale valutazione esclude la rilevanza dei seguenti episodi per le ragioni indicate per ciascuno di essi:

– la segnalazione di otto incontri tra amministratori del -OMISSIS- e appartenenti alla criminalità organizzata nell’arco di quattro anni riportata nella proposta di scioglimento, non può costituire indizio di un rapporto di frequentazione idoneo a procurare un condizionamento degli organi amministrativi del Comune stante il numero non elevato di tali incontri, tutti riferibili a consiglieri diversi;

– la lamentata presenza di soggetti appartenenti a famiglie mafiose ai festeggiamenti svolti in seguito alla vittoria della lista in cui sono stati eletti gli odierni appellati e ad una precedente cena svoltasi in corso di campagna elettorale non è significativa data la circostanza che gli eventi si sono svolti in luoghi aperti al pubblico e al fatto che ad essi abbia partecipato una parte significativa della popolazione di un piccolo comune: tale evento non consente di presumere una soggezione degli appellati nei confronti delle citate famiglie mafiose.

6.7. – I rapporti parentali non sono stati da soli considerati rilevanti in conformità al costante orientamento giurisprudenziale, in base al quale i legami parentali costituiscono un indice importante per valutare la sussistenza di condizionamenti mafiosi, ma a condizione che siano effettivamente legami e cioè siano connotati da attivi comportamenti di solidarietà e cointeressenza. I rapporti parentali contestati agli odierni appellati non risultano in nessun caso qualificati da elementi di fatto ulteriori. In particolare:

– per ciò che concerne il consigliere -OMISSIS- (fratello di un soggetto condannato in via definitiva, tra le varie cose, anche per associazione a delinquere di stampo mafioso e cugino di un soggetto anch’esso condannato in via definitiva, tra le varie cose, anche per associazione a delinquere di stampo mafioso, nonché affine in quarto grado di -OMISSIS-, già latitante e attualmente detenuto, condannato in via definitiva all’ergastolo per reati di mafia in quanto a capo del sodalizio di ‘ndrangheta Farao-Marincola”), il solo elemento apportato in aggiunta al rapporto di parentela è la mancata presa di distanza del consigliere dai parenti pregiudicati nella dichiarazione resa in consiglio comunale dopo l’insediamento della commissione di accesso. Questo elemento non risulta confermato dalle dichiarazioni riportate nella delibera del Consiglio comunale n. 5 del 31 gennaio 2013; non è neppure significativa l’ulteriore circostanza per cui il sacerdote del luogo, che nel giorno antecedente le consultazioni elettorali sarebbe stato notato dialogare con esponenti di spicco della locale consorteria mafiosa, avrebbe applaudito l’intervento del medesimo consigliere;

– quanto al consigliere -OMISSIS-, non è associata a nessun altro elemento la circostanza che la figlia sia fidanzata non convivente con il nipote (incensurato) del già citato ergastolano -OMISSIS-. Neppure la ulteriore circostanza per cui il consigliere -OMISSIS- risulti gravato da diversi pregiudizi penali (percosse, lesioni personali, furto e porto d’armi) risalenti ai primi anni ’80 e ai quali non ha fatto seguito alcun provvedimento restrittivo, non può essere valutata come elemento idoneo a far presumere un condizionamento da parte dell’ambiente mafioso, sia per la distanza nel tempo, sia per la natura dei reati che non sono connotati in tal senso. Non è significativa in modo chiaro e univoco, come richiesto dalla legge, la circostanza che lo stesso consigliere -OMISSIS-, vice presidente di una società destinataria di interdittiva antimafia, sia stato estromesso dalla carica di vice presidente prima di inviare richiesta di riesame della interdittiva. Da sola non può considerarsi univocamente dimostrativa della vicinanza del soggetto all’organizzazione mafiosa locale;

– nessuna conseguenza può essere tratta dalla parentela del consigliere -OMISSIS- con lo zio -OMISSIS-, dal momento che quest’ultimo, arrestato nell’ambito della operazione GALASSIA è stato successivamente assolto, risarcito e riabilitato al lavoro; La circostanza che la moglie del medesimo consigliere -OMISSIS- è affine di terzo grado (nipote) di un soggetto arrestato nell’ambito delle operazioni GALASSIA e KRIMSIA e condannato in via definitiva per associazione a delinquere di stampo mafioso, non è da sola utile perché alla parentela non viene correlato alcun elemento che indichi una effettiva frequentazione;

– con riferimento al consigliere -OMISSIS-, la parentela con il cugino -OMISSIS- (consigliere della Provincia di -OMISSIS- e già consigliere e assessore del –OMISSIS-) a sua volta legato da vincoli parentali a pregiudicati per reati di mafia, deve essere confermata la statuizione del TAR per cui la posizione dello stesso, in sede di esame della Commissione di procedura di accesso insediata nella provincia di -OMISSIS-, è stata ritenuta del tutto irrilevante; con riferimento allo stesso consigliere non si collegano ai rapporti di parentela né assumono la consistenza di autonomo indizio di condizionamento di tipo mafioso i precedenti di procedimenti penali per truffa e falsità ideologica commessi da privato in atto pubblico e contestati nel 2005.

6.8. – Con riferimento alle segnalazioni concernenti la mancata acquisizione della documentazione antimafia da parte dell’Amministrazione comunale, nella relazione prefettizia e nel D.P.R. del 21.10.2013 di scioglimento ex art. 143 TUEL si ritiene che “solo in casi isolati, l’ente abbia acquisito le comunicazioni o le informazioni antimafia di cui agli artt. 87 e 91 del D.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, anche quando la loro acquisizione era obbligatoria per legge. Analogamente, dalla documentazione consultata dalla commissione di indagine emerge che l’ente ha sistematicamente omesso di verificare, anche solo a campione, le autocertificazioni prodotte, perfino nei casi in cui ha trattato istanze formulate da soggetti coinvolti in indagini di mafia”. In proposito deve innanzitutto rilevarsi la assoluta genericità di tali segnalazioni che si limitano a sostenere la mancata acquisizione delle comunicazioni o informazioni antimafia nonché la mancata verifica delle autocertificazioni antimafia. Tali elementi, cosi come allegati dalla Amministrazione, non sono assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica e pertanto non sono caratterizzati dalla necessaria concretezza (cfr. sentenza Cons. di Stato, sez. III, n. 126/2013). Difatti, i provvedimenti impugnati in primo grado si sono limitati a contestare la omissione delle informazioni antimafia da parte dell’Amministrazione comunale in una molteplicità di casi, senza indicare concretamente i casi e i relativi importi oggetto degli affidamenti. Sul punto appare opportuno ricordare che l’art. 91 del D.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 impone l’acquisizione della informazione antimafia “prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell’articolo 67, il cui valore sia:

a) pari o superiore a quello determinato dalla legge in attuazione delle direttive comunitarie in materia di opere e lavori pubblici, servizi pubblici e pubbliche forniture, indipendentemente dai casi di esclusione ivi indicati; b) superiore a 150.000 euro per le concessioni di acque pubbliche o di beni demaniali per lo svolgimento di attività imprenditoriali, ovvero per la concessione di contributi, finanziamenti e agevolazioni su mutuo o altre erogazioni dello stesso tipo per lo svolgimento di attività imprenditoriali; c) superiore a 150.000 euro per l’autorizzazione di subcontratti, cessioni, cottimi, concernenti la realizzazione di opere o lavori pubblici o la prestazione di servizi o forniture pubbliche”.

Alla luce della normativa appena richiamata appare rilevante, in senso contrario alle censure delle Amministrazioni appellanti, il fatto che non è contestata la circostanza per cui il -OMISSIS- ha aderito dal 2006 alla stazione unica appaltante provinciale per l’espletamento di gare per lavori pubblici di importo pari o superiore a euro 100.000,00, strumento di tutela degli enti locali contro pressioni e condizionamenti, di prevenzione e di contrasto delle infiltrazioni criminose. Tale convenzione è, altresì, stata estesa, con decorrenza 1° marzo 2008, anche alle forniture e ai servizi di pari importo. Ne deriva la erroneità del D.P.R. del 21.10.2013 di scioglimento ex art. 143 TUEL nella parte in cui afferma che il -OMISSIS- non ha fatto ricorso alle ordinarie cautele per contrastare le infiltrazioni mafiose di soggetti con i quali ha interagito.

6.9. – Con riferimento agli affidamenti di somma urgenza occorre premettere che, con determina dirigenziale n. 173 del 1.7.2011, previo bando pubblico il responsabile dell’Ufficio tecnico del -OMISSIS- aveva redatto un apposito elenco di ditte in possesso del solo requisito tecnico-finanziario (secondo parte appellante) e anche di quello morale (secondo gli appellati); A seguito di un’alluvione, accertato dagli Organi di protezione civile nazionale e regionale, il Sindaco ha affidato direttamente i lavori a una ditta indicata nell’elenco citato (la ditta -OMISSIS-), il cui titolare è il figlio di -OMISSIS-, condannato in primo grado per omicidio, detenzione illecita di armi e associazione a delinquere di stampo mafioso e successivamente assolto dalla Corte d’assise d’appello e ristorato dei danni da ingiusta detenzione. Il materiale edile sarebbe stato acquistato da altra impresa (la ditta -OMISSIS-), di titolarità dell’altro figlio di -OMISSIS-. Gli appellati sostengono si trattasse di un acquisto di esiguo valore e che la ditta -OMISSIS- è l’unica sul territorio per la fornitura di materiale edile di ordinaria manutenzione.

Con riferimento a tali affidamenti occorre rilevare che, essendo intervenuta la assoluzione definitiva del presunto soggetto pregiudicato di cui trattasi, non può essere configurato alcun collegamento con la criminalità organizzata. Pertanto, in mancanza di pregiudizi penali ricollegabili al nucleo familiare di cui trattasi, tali episodi appaiono del tutto privi dei presupposti necessari per l’operatività dello strumento di cui all’art. 143 TUEL. Inoltre, con riferimento alla ditta -OMISSIS- si deve precisare che la stessa risulta essere in possesso della certificazione antimafia.

Con riferimento alla ditta -OMISSIS- non è dimostrata da parte appellante la entità dell’affidamento e comunque alla luce della suesposta considerazione per cui non essendoci alcun rapporto con esponenti della criminalità organizzata non si può parlare di condizionamento mafioso, potrebbe, al più, trattarsi di una mera irregolarità, come sostiene il TAR.

6.10. – Con riferimento ai lavori di urgenza, si osserva che il Responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune ha provveduto ad affidare i lavori direttamente alle ditte dell’elenco sopracitato, ditte che comunque erano in possesso di certificazione antimafia nonostante alcuni dipendenti non fossero incensurati (ditta individuale “-OMISSIS-” e “-OMISSIS-.”). Inoltre, tali affidamenti dei lavori di urgenza ex art. 146 D.P.R. n. 554/1-OMISSIS-rientrano nella competenza del Responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune. Ne deriva pertanto, la impossibilità di utilizzare tali elementi come sintomo di condizionamento di tipo mafioso degli organi elettivi del -OMISSIS-.

6.11. – Con riferimento all’affidamento della gestione di impianti di pubblica illuminazione e impianti elettrici di proprietà comunale, anch’esso avvenuto in via diretta, le Amministrazioni appellanti contestano che il consigliere -OMISSIS- fosse alle dipendenze della ditta affidataria e che quindi abbia influito sull’affidamento medesimo. Gli appellati controdeducono che la ditta lavorava per il -OMISSIS- anche prima di avere alle dipendenze il consigliere -OMISSIS-. Dal 2001, infatti, la medesima ditta svolge piccoli lavori per 6000 euro annui e nel 2011 in attesa dell’espletamento della gara ha ricevuto in affidamento diretto lo svolgimento di lavori per 4.840 euro. Ne consegue che – secondo questo Collegio – anche tale elemento, sebbene possa eventualmente determinare una responsabilità amministrativa0 dell’ente comunale, non può essere considerato quale sintomo di condizionamento di tipo mafioso.

6.12. – Con riferimento ai rilievi mossi avverso l’affidamento del servizio di trasporto scolastico alla ditta -OMISSIS- in relazione al periodo che va dal 13.11.2012 alla chiusura dell’anno scolastico 2012/2013 per un importo di 11.000 euro, il Collegio osserva che, sebbene, la certificazione antimafia relativa a tale impresa e depositata in giudizio sia stata richiesta dalla Amministrazione comunale solo in data 14.11.2013 – e quindi successivamente al D.P.R. del 21.10.2013 con cui sono stati sciolti gli organi del -OMISSIS- ai sensi dell’art. 143 del TUEL –, vista l’esiguità dell’importo oggetto dell’affidamento de qua, la acquisizione preventiva della certificazione antimafia non era obbligatoria secondo la normativa vigente e quindi la sua omissione non può essere contestata come elemento idoneo a fondare il provvedimento di cui all’art. 143 TUEL. Inoltre, si osserva che durante la gestione della Commissione Straordinaria il servizio è stato nuovamente affidato alla medesima ditta. Tale circostanza pare del tutto idonea ad escludere che l’affidamento in questione possa essere avvenuto in conseguenza di un condizionamento di tipo mafioso.

6.13. – Quanto alle censure riguardanti il presunto compimento di una serie di atti ad hoc preordinati alla assunzione come custode cimiteriale di -OMISSIS-, figlio del citato -OMISSIS- (condannato in primo grado per omicidio, detenzione illecita di armi e associazione a delinquere di stampo mafioso successivamente assolto dalla Corte d’assise d’appello), tali censure non sono dimostrate non essendo state oggetto di puntuale riscontro in atti istruttori. Ad ogni modo, anche in questo punto giova ricordare che, essendo intervenuta la sentenza di assoluzione nei confronti di -OMISSIS-, non sussiste il collegamento con la criminalità organizzata con la logica conseguenza che non può configurarsi alcuna ipotesi di condizionamento mafioso.

6.14. – In relazione alle doglianze sollevate in materia di gestione del patrimonio comunale riguardanti le illegittime modalità di assegnazione che hanno portato alla assegnazione di un terreno in favore della madre di un consigliere, nessun rilievo può essere attribuito essendo tale attribuzione avvenuta in condizioni del tutto analoghe ad altre coeve assegnazioni.

6.15 – Dall’analisi sopra svolta di tutte le singole allegazioni contenute nella proposta di scioglimento del Ministro dell’Interno, per come motivata e provata nella allegata Relazione dell’Amministrazione, non si percepiscono in conclusione fatti concreti che sostanzino una deviazione dei comportamenti in funzione della influenza di tipo mafioso. Emergono molteplici irregolarità da parte dell’Amministrazione comunale, irregolarità che possono rilevare in altra sede, ma che non appaiono rilevanti, neppure nel loro insieme, ai fini di cui all’art. 143 TUEL (Cons. di Stato, sez. III, n. 126/2013). Ne deriva che gli elementi dedotti dalla Amministrazione, in assenza del condizionamento di tipo mafioso, non possono giustificare l’adozione del provvedimento straordinario di cui all’art. 143 TUEL secondo i parametri indicati ai paragrafi 6.2., 6.3. e 6.4., prevalendo al riguardo le tutele predisposte a favore del rispetto della volontà popolare e dell’autonomia territoriale. Le misure previste dal suddetto art. 143, infatti, non costituiscono strumento generale a garanzia del corretto funzionamento dell’ente, ma uno strumento specifico per fronteggiare i malfunzionamenti dell’Amministrazione in conseguenza e in dipendenza di rapporti con la criminalità organizzata.

6.16. – Deve pertanto condividersi la complessiva valutazione del TAR, che ha concluso per la mancanza, nel caso concreto, di fatti convergenti verso un possibile condizionamento di tipo mafioso. In altre parole, ferma restando la constatazione della grave presenza sul territorio de qua di organizzazioni di tipo criminale, che impone una pressante attività di contrasto da parte delle forze dell’ordine e dell’intero sistema pubblico, le irregolarità riscontrate nel funzionamento del -OMISSIS-, per come allegate nella proposta di scioglimento del Ministro dell’Interno, non costituiscono elementi sufficienti a rivelare un condizionamento di tipo mafioso sugli organi della Amministrazione in carica rispetto a qualsiasi altra Amministrazione eletta nello stesso Comune.

7. – In base alle considerazioni che precedono, deve confermarsi la sentenza del TAR anche nelle sue motivazioni e deve di conseguenza respingersi allo stato degli atti l’appello dell’Amministrazione, ferma restando la facoltà di quest’ultima di rinnovare il provvedimento in presenza di ulteriori elementi.

8. – In ragione della complessità della vicenda, quale risulta dalla articolata e dettagliata motivazione, le spese per il presente grado del giudizio devono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

respinge l’appello dell’Amministrazione.

Spese compensate per il grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all’oscuramento delle generalità degli altri dati identificativi di tutte le persone di cui è indicato il nome manda alla Segreteria di procedere all’annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo – Presidente

Angelica Dell’Utri – Consigliere

Roberto Capuzzi – Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere

Alessandro Palanza – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 19 ottobre 2015.

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