La misura dell’interdittiva antimafia può essere emessa dall’Amministrazione in una logica di anticipazione della soglia di difesa dell’ordine pubblico economico e non postula, come tale, l’accertamento in sede penale di uno o più reati che attestino il collegamento o la contiguità dell’impresa con associazioni di tipo mafioso, potendo basarsi anche sul solo rilievo di elementi sintomatici che dimostrino il concreto pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata
Consiglio di Stato
sezione III
sentenza 17 luglio 2017, n. 3515
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1850 del 2017, proposto da:
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Br. Ga., Sa. St., domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza (…);
contro
Ministero dell’Interno,- Ufficio Territoriale del Governo – di Vibo Valentia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Gen. Le dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);
Gestore Servizi Energetici – Gse S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati To. Pa., Fa. Pi., con domicilio eletto presso lo studio To. Pa. in Roma, via (…);
per la riforma della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO:SEZIONE I n. 01808/2016, resa tra le parti, concernente Per l’annullamento della sentenza del T.A.R. per la Calabria, Catanzaro, (Sezione Prima) – n. 1808/2016 R.P.C. pubblicata il 20.07.2016 (proc. n. 226/2015 R.R. – non notificata, nonchè dei provvedimenti impugnati.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno e di Gestore Servizi Energetici – Gse S.p.A. e di Ufficio Territoriale del Governo Vibo Valentia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 giugno 2017 il Cons. Sergio Fina e uditi per le parti gli avvocati Br. Ga., Fa. Pi. e l’Avvocato dello Stato Ma. Vi. Lu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
E’ impugnata dalla ricorrente “-OMISSIS-, la sentenza del Tar del Calabria- Catanzaro – n. 1808/2016 con la quale è stato rigettato il ricorso avverso il provvedimento d’interdittiva antimafia – n. 48089/2013, assunto, ex art. 91 D.lgs. n. 159/2011, dalla Prefettura di Vibo Valentia.
Con l’appello in esame, la società appellante deduce i seguenti motivi:
– violazione degli art. 111 e 41 della Cost. e violazione dell’art. 6 CEDU e dell’art. 43 c.p.a.; assenza e contraddittorietà della motivazione e falsità del presupposto di fatto; violazione e falsa applicazione degli art. 84 e 85 del D.lgs. n. 159/2011. La sentenza avrebbe effettuato una mera elencazione di rapporti occasionali dei soci con soggetti pregiudicati, peraltro, tutti caratterizzati da sporadicità e fisiologicità, quest’ultima in relazione all’estensione molto contenuta del territorio – centro abitato di (omissis) -.
– – violazione art. 3 della L. n. 241/1990 e gedli art. 85,91 e 94 del D.lgs. n. 159/2011,; eccesso di potere per falsità del presupposto e assenza di proporzionalità; difetto d’istruttoria e sviamento di potere. L’informativa impugnata sarebbe del tutto priva di motivazioni, attribuendo rilevanza ad elementi raccolti sul revisore legale della società, in assenza di altri dati oggettivamente significativi.
– Omessa motivazione, difetto d’istruttoria e denegata giustizia. La richiesta istruttoria prodotta dalla ricorrente è stata ignorata dal Tribunale, il quale neppure si è pronunciato sull’istanza, così determinando una grave carenza istruttoria nel giudizio di primo grado.
Resiste in giudizio l’Amministrazione intimata, con semplice memoria formale e solo in sede di discussione orale, contestando tutte le argomentazioni avversarie e concludendo per il rigetto dell’impugnazione.
Si è costituita altresì il Gestore dei Servizi Energetici -GSE spa -, chiedendo il rigetto dell’appello per infondatezza, nel merito, del ricorso.
Ritiene al riguardo il Collegio, di dover richiamare, in primo luogo, l’indirizzo più volte affermato anche da questa Sezione, secondo il quale la misura dell’interdittiva antimafia può essere emessa dall’Amministrazione in una logica di anticipazione della soglia di difesa dell’ordine pubblico economico e non postula, come tale, l’accertamento in sede penale di uno o più reati che attestino il collegamento o la contiguità dell’impresa con associazioni di tipo mafioso, potendo basarsi anche sul solo rilievo di elementi sintomatici che dimostrino il concreto pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata (CdS sez III n. 4441/2014).
Ciò posto, rileva il Collegio, che il contestato provvedimento d’interdittiva, appare emanato in conformità ai parametri valutativi sopra indicati.
Infatti nella documentazione citata nel provvedimento e a cui si riportano anche le note informative del Comando Provinciale della Guardia di Finanza e del Comando Provinciale dei Carabinieri, risultano a carico dei soci della Società (-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-), diversi contatti con soggetti aventi precedenti di polizia per reati in materia di sostanze stupefacenti e/o per reati di estorsione, rapina, ricettazione ed associazione di tipo mafioso, contatti dei quali, alcuni, con elemento di spicco della nota famiglia mafiosa -OMISSIS-.
Inoltre, nei confronti di -OMISSIS-, revisore legale della società, figurano: un arresto eseguito dal ROS di Roma, in esecuzione di o.c.c.c, emesso dal G.I.P. di Catanzaro, per riciclaggio – art. 648 bis C.P. – e impiego di danaro, beni e utilità di provenienza illecita – art. 648 ter C.P.- (nell’ambito dell’operazione di polizia “Decollo Money/Decollo ter”).
Trattasi di elementi che non paiono assumere la consistenza di semplici sospetti e che considerati in modo non parcellizzato e, quindi, nel loro insieme, configurano una situazione tale da rendere attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della “criminalità organizzata”.
In definitiva il quadro indiziario valutato dall’Autorità prefettizia al momento dell’adozione dell’interdittiva di che trattasi si rivela, per l’effetto, sufficientemente analitico e puntuale.
Ne deriva che i motivi d’impugnazione devono ritenersi tutti infondati e che pertanto l’appello deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante alle spese che si liquidano in complessivi € 2500,00 (euro duemilacinquecento/00 in favore dell’intimato Ministero dell’Interno.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Francesco Bellomo – Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere
Giulio Veltri – Consigliere
Sergio Fina – Consigliere, Estensore
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