Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

adunanza plenaria

sentenza 29 febbraio 2016, n. 5

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Adunanza Plenaria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 18 di A.P. del 2015, proposto da:

Ro. Ge. s.p.a. in proprio e quale mandataria RTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ra. Fe., Re. Fe., Bi. Lu. Na., St. Vi., con domicilio eletto presso Gi. Ma. Gr. in Roma, corso (…);

Co. St. Ro. Fa. Se. 20., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ra. Fe., Bi. Lu. Na., St. Vi., Re. Fe., con domicilio eletto presso Gi. Ma. Gr. in Roma, corso (…);

contro

Co. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Cl., con domicilio eletto presso l’avvocato An. Cl. in Roma, Via (…);

Ci.S.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Br., con domicilio eletto presso l’avvocato Gi. Br. in Roma, Via (…);

nei confronti di

M. Gr. s.r.l., in persona de legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Fe., con domicilio eletto presso Gi. Pl. in Roma, Via (…);

Fi.s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Di. Gi. e Eu. Pi., con domicilio eletto presso l’avvocato Eu. Pi. in Roma, Via di (…);

Ca. Gi.& C. Srl, El. Se. Srl;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III n. 10310/2015, resa tra le parti, concernente affidamento del servizio luce e dei servizi connessi per le pubbliche amministrazioni;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Co. s.p.a., di Ci.S.A., di M. Gr. s.r.l. e di Fi.s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 dicembre 2015 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati Fe., Vi., Cl., Br., Di. Gi. e Fe.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I) Il giudizio di primo grado

1. L’odierna appellante ha partecipato alla gara indetta da Co. S.p.a. con bando del 19 dicembre 2012 per l’affidamento del servizio luce e dei servizi connessi per le Pubbliche Amministrazioni, lotti 5 e 6, classificandosi al primo posto.

2. Con note del 30 ottobre 2014 e del 12 novembre 2014, Co. comunicava che a seguito di verifiche di ufficio sulle dichiarazioni sostitutive rese in gara erano emerse, a carico di alcune consorziate esecutrici del mandante Co. Ro. Fa. Se. 20., le seguenti irregolarità:

– per El. Se. s.r.l., la dichiarazione del legale rappresentante Am., attestante che nei confronti del preposto alla gestione tecnica non erano stati pronunciati provvedimenti penali definitivi, non era veritiera, in quanto era risultata una sentenza di applicazione della pena su richiesta di parte, emessa in data 3 agosto 1992, per il “reato di furto ex art. 624 c.p.” nei confronti del preposto alla gestione tecnica Ga.;

– per Ca. Gi.s.r.l., il DURC rilasciato a Co. il 28 ottobre 2014 per la verifica della dichiarazione presentata in data 22 febbraio 2013 era risultato negativo in relazione a “premi assicurativi per gli anni 2012-2013 per un importo di e 23.328,00” dovuti all’INAIL;

– per M. Gr. s.r.l., il DURC rilasciato a Co. il 27 ottobre 2014 per verifica della dichiarazione presentata in data 14.2.2013 era risultato negativo per l’importo di € 600,00.

Con provvedimento del 13 gennaio 2015, Co. disponeva conseguentemente l’esclusione del R.T.I. Ro..

3. Avverso l’esclusione, l’interessata proponeva ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio deducendo, in sintesi, i seguenti motivi:

1) Il DURC di Ca. rilasciato in data 31.12.2012 e il DURC di M. Gr. rilasciato in data 10 dicembre 2012 risultavano in corso di validità (90 giorni) alla data delle dichiarazioni rese in gara (rispettivamente 22 febbraio 2013 e 14 febbraio 2013). A tale data non sarebbe dunque esistita alcuna violazione contributiva definitivamente accertata, come previsto dall’art. 38, comma 1, lett. i) del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).

Co. avrebbe dovuto considerare che gli enti previdenziali, prima di emettere il DURC negativo hanno l’obbligo, ex art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 e art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, di invitare l’interessato a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a 15 giorni.

2) Il legale rappresentante, sottoscrittore della dichiarazione per conto di terzi, risponderebbe solo in relazione a stati qualità o fatti conosciuti o conoscibili. Ma nel caso di specie, il sig. Am., legale rappresentante della El. Se. s.r.l., prima di sottoscrivere la dichiarazione anche per Ga. Ug., responsabile tecnico, si era munito del certificato del casellario del soggetto in questione nella versione accessibile al privato dal quale nulla risultava. Del resto, Ga. non ricoprirebbe più la carica di responsabile tecnico sin dal 26 marzo2013, e la condanna non dichiarata rappresenterebbe, comunque, un precedente remoto (1992), che non sarebbe grave, né incidente sulla moralità professionale.

4. Con successivi motivi aggiunti Ro. Ge. s.p.a. ha altresì impugnato la nota 24 marzo 2015 prot. 8069 con la quale Co. s.p.a., comunicava l’escussione delle fideiussioni presentate dalla ricorrente in sostituzione delle cauzioni provvisorie prescritte per i lotti 5 e 6 della gara de qua, di importo pari a € 1.200.000,00 per il lotto 5 e € 870.000,00 per il lotto 6.

II) La sentenza appellata

5. Il Tribunale amministrativo regionale, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto il ricorso introduttivo, affermando in particolare che: “il concetto di definitività nell’ambito delle gare pubbliche dev’essere esaminato alla data di scadenza del termine di presentazione dell’offerta […]” e “non può valere quanto affermato da parte ricorrente circa l’obbligo dell’Istituto previdenziale di attivare la procedura di regolarizzazione prevista dall’art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007, in quanto l’art. 38, comma 8, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 è entrato in vigore in data successiva rispetto a quella in cui le imprese del raggruppamento hanno reso le dichiarazioni (14.2.2013 e 22.2.2013) e, comunque, in data successiva alla pubblicazione del bando di gara (19.12.2012), per cui non è applicabile in virtù del principio tempus regit actum; – la procedura di regolarizzazione di cui all’art. 7, comma 3, del DM 24 ottobre 2007 non può essere applicata ai DURC richiesti d’ufficio da un’amministrazione aggiudicatrice per la verifica ai sensi dell’art. 71 del d.P.R. 445/2000 della veridicità delle dichiarazioni rese dalle imprese partecipanti”… “in altri termini, il requisito di cui all’art. 38 del d.lgs. 163/2006 deve sussistere alla data in cui è resa la dichiarazione, non essendo possibile che lo stesso possa perfezionarsi in un momento successivo mediante l’invito alla regolarizzazione”.

Inoltre, quanto, alla seconda questione controversa, il Tribunale amministrativo regionale ha affermato che: “il sig. Am. non avrebbe potuto rendere la dichiarazione di cui all’allegato 1 anche per conto di Ga. perché questo non risultava ancora cessato dalla carica; la dichiarazione resa da Am., inoltre, non è risultata corrispondente ai dati emergenti dal certificato dal casellario giudiziale riguardante il sig. Ga.. In senso contrario non vale l’invocazione dello stato di “buona fede” del signor Am., in quanto egli si è assunto la responsabilità di rendere dichiarazioni su fatti stati di un terzo che, alla data della stessa dichiarazione, non era ancora cessato dalla carica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 23 giugno 2014, n. 3132) “.

Il Tribunale amministrativo regionale ha, invece, accolto i motivi aggiunti avverso l’escussione della garanzia fideiussoria, chiarendo che: “il provvedimento di incameramento della cauzione, stante il suo carattere indubbiamente afflittivo se non propriamente sanzionatorio, deve essere ricondotto al carattere di gravità del comportamento dei concorrenti…..”; nel caso di specie invece “la condotta della ricorrente Ro. Ge. S.p.a. (peraltro estranea alle irregolarità che hanno riguardato imprese partecipanti al raggruppamento) non aveva carattere di gravità” essendo “intervenuta in un quadro normativo in progressiva evoluzione e nell’ambito di orientamenti giurisprudenziali non uniformi”.

III) Il giudizio di appello e l’ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria

6. Avverso tale sentenza ha proposto appello la Ro. Ge. s.p.a. articolando le seguenti censure.

6.1. Il primo giudice non avrebbe correttamente inteso il concetto di violazione “definitivamente accertata”, essendo evidente che alla data delle dichiarazioni sostitutive rese le offerenti fossero in possesso di un DURC in corso di validità attestante la propria regolarità contributiva, di per sé solo sufficiente ad escludere violazioni contributive rilevanti.

6.2. Erronea sarebbe altresì la pretesa inapplicabilità ratione temporis dell’art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, bastando osservare in proposito che trattasi di norme disciplinanti il procedimento di rilascio del DURC e non certo la procedura di gara. In ogni caso, la giurisprudenza più recente avrebbe chiarito che l’art. 31, comma 8, del decreto legge n. del 2013 ha attribuito rango legislativo ad una previsione regolamentare già contenuta nel D.M. 24 ottobre 2007 secondo la quale il mancato avviso di regolarizzazione all’interessato preclude l’esclusione dalla gara, quand’anche il DURC sia richiesto dall’amministrazione in sede di verifica.

Una diversa interpretazione violerebbe i principi comunitari, come già rilevato dall’ordinanza 11 marzo 2015, n. 1236 con la quale la Sezione Quarta del Consiglio di Stato ha rimesso analoga questione alla Corte di Giustizia.

6.3. Sulla dichiarazione ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006, il legale rappresentante di El., trovatosi nell’impossibilità di contattare il sig. Ga. (che di li a poco si è poi dimesso), si è premurato di acquisire il certificato del casellario e dei carichi pendenti ed ha reso la dichiarazione dopo aver constatato che nulla risultava: da qui l’inconfigurabilità del mendacio. Per il resto, il disciplinare di gara era chiaro nell’equiparare ai soggetti cessati anche i soggetti “sensibili” in carica.

7. Si è costituita in giudizio Co. che, oltre a chiedere il rigetto dell’appello, ha proposto a sua volta appello incidentale per ottenere la riforma della sentenza nella parte che l’ha vista soccombente con riguardo all’escussione della fideiussione.

8. Nel giudizio si sono altresì costituiti M. Gr. srl e Fi. s.p.a., con argomentazioni a sostegno dell’appello principale, e Ci.s.p.a. in adesione alle tesi di Co..

9. Con ordinanza 29 settembre 2015, n. 4540, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione, sollevata nel primo motivo dell’appello principale, se l’obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l’interessato alla regolarizzazione del DURC (c.d. preavviso di DURC negativo), previsto dall’art. 7, comma 3 D.M. 24 ottobre 2007 e ribadito dall’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013, sussista anche nel caso in cui la richiesta provenga dalla stazione appaltante in sede di verifica della dichiarazione resa dall’impresa ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera i) del d.lgs. n. 163 del 2006. Se, in altri termini, la mancanza dell’invito alla regolarizzazione impedisca di considerare come “definitivamente accertata” la situazione di irregolarità contributiva.

IV) Il contrasto giurisprudenziale in atto

10. La Sezione rimettente evidenzia come sulla questione si sia formato un contrasto giurisprudenziale, che può essere così sintetizzato.

10.1. Un primo orientamento, che la stessa Sezione rimettente considera prevalente, ritiene che: a). per l’accertamento del requisito, oggetto di dichiarazioni sostitutive degli offerenti, debba aversi riguardo al DURC richiesto dalla stazione appaltante in sede di controlli, con riferimento, appunto, all’esatta data della domanda di partecipazione, con conseguente insufficienza, ai fini della prova, di eventuali DURC in possesso degli offerenti ed ancora in corso di validità (sul punto Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1458; sez. V, 10 agosto2010, n. 5556; sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6907; sez. V, 12 ottobre 2011, n. 5531); b). l’invito alla regolarizzazione (cd. preavviso di DURC negativo) non si applica in caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante, atteso che, l’obbligo dell’INPS di attivare la procedura di regolarizzazione prevista dall’art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 si scontra con i principi in tema dì procedure di evidenza pubblica che non ammettono regolarizzazioni postume (o, detto diversamente, l’eventuale regolarizzazione postuma non sarebbe comunque idonea ad elidere il dato dell’irregolarità alla data di presentazione dell’offerta). In tal senso, fra le altre, si sono pronunciate: Cons. Stato, Ad. Plen. 4 maggio 2012, n. 8; indirettamente anche Adunanza Plenaria, 20 agosto 2013, n. 20; Cons. Stato, Cons. Stato, IV, 12 marzo 2009 n. 1458; Cons. stato VI, 11 agosto 2009, n. 4928; 6 aprile 2010, n. 1934; 5 luglio 2010, n. 4243; sez. V, 16 settembre 2011, n. 5194).

10.2. Un secondo, più recente, ma ancora minoritario orientamento, afferma, invece, che l’obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l’interessato alla regolarizzazione sussiste anche ove la richiesta sia fatta in sede di verifica dalla stazione appaltante (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5064); Cons. Stato, sez. VI 16 febbraio 2015 n. 78). A sostegno di tale conclusione si valorizza la “novità” rappresentata dall’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013, che, secondo la tesi in esame, avrebbe implicitamente ma sostanzialmente modificato l’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, con la conseguenza che l’irregolarità contributiva potrebbe considerarsi definitivamente accertata solo alla scadenza del termine di quindici giorni assegnato dall’ente previdenziale per la regolarizzazione della posizione contributiva.

V) La soluzione proposta dall’ordinanza di rimessione

11. Così delineato il contrasto giurisprudenziale, la Sezione rimettente mostra di condividere la tesi secondo cui l’obbligo del preavviso di regolarizzazione, previsto sin dal 2007 in via regolamentare (art. 7 del D.M. 24 ottobre 2007) e dal 2013 in forza di disposizione i legge (art. 31, comma 8, del d.l. n. 69 del 2013), debba intendersi sussistente anche per il caso di richiesta proveniente dalla stazione appaltante.

Ciò poiché – si legge nell’ordinanza di rimessione – “in mancanza di avviso non solo si pone nel nulla il sistema della certificazione di regolarità conseguita dal privata ed in corso di validità, in violazione del d.m. 24 ottobre 2007, che non distingue in punto di efficacia degli atti di certazione a seconda della natura pubblica o privata del richiedente, ma si violazione il principio di affidamento dei privati, costituzionalmente e comunitariamente fondato, riconoscendo carattere di definitività ad una violazione previdenziale che non risulta dal “durc” privato, né è mai stata previamente comunicata a ricorrente”.

La Sezione rimettente evidenzia come tale soluzione interpretativa sia stata recepita dall’art. 4 D.M. 30 gennaio 2015 e, soprattutto, da una successiva circolare interpretativa del Ministero del Lavoro (n. 19/2015) nella quale si afferma espressamente che “le Amministrazioni aggiudicatrici procederanno, pertanto, a decorrere dal 1° luglio 2015, alla verifica delle dichiarazioni sostitutive con le stesse modalità di cui all’art. 6 del D.M. restando precluso, pertanto, dalla medesima data, come precisato nella circolare ministeriale, la possibilità per le Amministrazioni in fase d richiesta di specificare la data nella quale ciascuna dichiarazione è stata resa. Ciò stante l’obbligo generale di invito alla regolarizzazione, previsto dall’art. 4 del DM, anche ai fini di qualificare come definitivamente accertate le violazioni gravi alle norme in materia di contributi previdenziali ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 163/2006”.

Proprio alla luce di tale circolare, non vi sarebbe dubbio, quindi, secondo la Sezione rimettente, che dal 1° luglio (data di entrata in vigore del D.M. 30 gennaio 2015), in ragione delle nuove previsioni normative e delle modalità applicative, il concetto di definitivo accertamento (proprio dell’ordinamento previdenziale) sia subordinato all’invito a regolarizzare, anche se l’interrogazione sia compiuta dalla stazione appaltante in funzione di verifica della dichiarazione resa ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera i) del d.lgs. n. 163 del 2006.

Il dubbio esegetico, quindi, secondo l’impostazione accolta dall’ordinanza di rimessione, sarebbe circoscritto al periodo antecedente all’entrata in vigore del D.M. 30 gennaio 2015 e dovrebbe, comunque, risolversi ritenendo applicabile il preavviso di DURC negativo anche nell’ambito delle procedure di gara.

V) La decisione dell’Adunanza Plenaria

12. La questione sottoposta dall’ordinanza di rimessione deve essere risolta dando continuità, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013, all’indirizzo interpretativo secondo cui non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva.

Tale principio, già chiaramente espresso dall’Adunanza Plenaria nella sentenza 4 maggio 2012, n. 8, non risulta superato dalla norma, più volta richiamata dall’ordinanza di rimessione, introdotta con l’articolo 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013.

13. La disposizione in esame testualmente prevede, sotto la rubrica “Semplificazioni in materia di DURC”: “Ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento già rilasciato, invitano l’interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità”

Tale disposizione, contrariamente a quanto sostenuto nell’ordinanza di rimessione, non può interpretarsi nel senso di subordinare il carattere definitivo della violazione previdenziale (che ai sensi dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 rappresenta un elemento ostativo alla partecipazione alle gare d’appalto) alla condizione che l’impresa che versi in stato di irregolarità contributiva al momento della presentazione dell’offerta venga previamente invitata a regolarizzare la propria posizione previdenziale e che nonostante tale invito perseveri nell’inadempimento dei propri obblighi contributivi.

L’Adunanza Plenaria ritiene, al contrario, che l’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013 non abbia in alcun modo modificato la disciplina dettata dall’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 e che, pertanto, la regola del previo invito alla regolarizzazione non trovi applicazione nel caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante ai fini della verifica delle dichiarazioni rese dall’impresa ai fini della partecipazione alla gara.

L’istituto dell’invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo) può, dunque, operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione.

14. Depongono a favore di tale conclusione una pluralità di argomenti, di carattere letterale, storico e sistematico.

VI) Gli argomenti fondati sul dato letterale

15. Da un punto di vista letterale, risulta significativo il confronto tra la formulazione del comma 8 dell’articolo 31 e quella dei commi che lo precedono (in particolare quelli che vanno dal comma 2 al comma 7).

Nel comma 8 (quello oggetto della questione interpretativa rimessa all’esame dell’Adunanza Plenaria) manca qualsiasi riferimento alla disciplina dell’evidenza pubblica o dei contratti pubblici e questa mancanza è tanto più significativa se si considera che, invece, nei commi precedenti (in tutti quelli che vanno dal comma 2 al comma 7) vi è un rifermento esplicito a tale disciplina, riferimento enfatizzato anche dalla relativa collocazione, sempre all’inizio della disposizione.

Più nel dettaglio:

– i commi 3, 4, 6 e 7 si aprono tutti con la stessa locuzione: “Nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture […]”;

– il comma 2 si apre con la formula: “Al codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni: […]”;

– il comma 7 si apre, a sua volta, con uno specifico rifermento proprio al “documento unico di regolarità contributiva (DURC) rilasciato per i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”.

Già il dato letterale, rafforzato dal confronto tra i vari commi che compongono l’articolo in esame, supporta, quindi, la conclusione che laddove il legislatore del 2013 ha inteso occuparsi dei contratti pubblici, apportando modifiche alla relativa disciplina, lo ha detto espressamente, attraverso un richiamo esplicito.

16. L’argomento letterale è rafforzato dalla considerazione che ai sensi dell’art. 255 d.lgs. 163 del 2006 ” [o]gni intervento normativo incidente sul codice, o sulle materie dallo stesso disciplinate, va attuato mediante esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle specifiche disposizioni in esso contenute” (c.d. clausola di abrogazione esplicita).

Conformemente a tale previsione normativa, che impone l’abrogazione o la modifica esplicita delle norme del codice dei contratti pubblici (o delle norme che incidono sulle materie dallo stesso regolate), l’art. 31, comma 2, come si è già accennato, contiene l’elenco esplicito delle disposizioni del decreto legislativo n. 163 del 2006 che sono state modificate.

In questo elenco non è menzionato l’art. 38, comma 1, lettera i), ovvero la disposizione che prevede come causa ostativa della partecipazione l’aver commesso “violazioni gravi e definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali”.

Non è allora sostenibile che una modifica così rilevante come quella che l’ordinanza di rimessione vorrebbe trarre dal decreto legge n. 69 del 2013 (ossia, la modifica della nozione di “definitivo accertamento” quale fatta propria dal c.d. diritto vivente di cui è certamente espressione la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 8 del 2012) possa discendere, in violazione della clausola dell’abrogazione esplicita, da una disposizione che non solo non lo dispone espressamente, ma che non contiene nemmeno alcun esplicito riferimento alla materia dei contratti pubblici ed è per di più inserita in un articolo che in un diverso comma (il comma 5) elenca in maniera analitica e puntuale le modifiche apportate alla disciplina dei contratti pubblici.

17. Sempre sotto il profilo letterale, giova evidenziare che il comma 8 dell’art. 31, nel prevedere l’onere del previo invito alla regolarizzazione fa testualmente riferimento all’attività di “verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC) ” richiesto dal datore di lavoro. Ben diversa è l’attività che l’Ente previdenziale compie non per rilasciare il DURC su richiesta dell’impresa, ma per verificare, su richiesta della stazione appaltante, la veridicità della dichiarazione sostitutiva relativa al requisito di cui all’articolo 38, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

La netta distinzione tra le due fattispecie di DURC – quello rilasciato su richiesta di parte e quello acquisito d’ufficio dalla stazione appaltante nell’ambito delle procedure di gara (o della successiva fase di esecuzione del contratto) – trova ancora conferma nel testo dell’articolo 33 del decreto legge n. 69 del 2103.

Nell’ambito di tale articolo, il DURC relativo all’aggiudicazione e all’esecuzione dei contratti pubblici è fatto oggetto di specifica disciplina nei commi 3, 4 e 5, 6 e 7. In questi commi, il legislatore non prevede mai, neanche implicitamente o indirettamente, la possibilità di regolarizzazione postuma dell’eventuale inadempienza contributiva che dovesse essere riscontrata in capo all’impresa che ha partecipato alla gara o che sta eseguendo il contratto.

Solo il comma 8, che si riferisce però al DURC rilasciato su richiesta di parte, prevede il previo invito alla regolarizzazione.

La conclusione che si trae, anche alla luce del fondamentale canone interpretativo ubi lex voluit dixit, ubi nolit tacuit, è univoca: l’invito alla regolarizzazione è un istituto estraneo alla disciplina dell’aggiudicazione e dell’esecuzione dei contratti pubblici.

Tale risultato interpretativo è ulteriormente confermato dalla considerazione che l’art. 38, comma 2, del decreto legislativo n. 163 del 2006 rinvia alle norme dell’ordinamento previdenziale solo per stabilire quando l’irregolarità contributiva deve considerarsi “grave” (prevedendo letteralmente che, ” ai fini del comma 1, lettera i), si intendono gravi le violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva”).

Analogo rinvio non è presente, invece, per quanto riguarda l’altra caratteristica che la violazione contributiva deve avere affinché rilevi come causa ostativa alla partecipazione alle gare d’appalto (essere appunto “definitivamente accertata”). Da qui la conclusione che la nozione di “definitivo accertamento” che viene in rilievo nell’ambito del Codice dei contratti pubblici debba essere ricostruita in maniera autonoma rispetto alla disciplina dell’ordinamento previdenziale, e prescinda, pertanto, dalla necessità della previa attivazione di meccanismi di regolarizzazione postuma, come quelli di cui si discute nel presente giudizio.

VII) Gli argomenti di sistema

18. Anche da un punto di vista sistematico, non può non considerarsi che il c.d. invito alla regolarizzazione costituisce una sorte di preavviso di rigetto (si parla non a caso di preavviso di DURC negativo).

Esso evoca, pertanto, un istituto (la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza) previsto in via generale dall’art. 10-bis legge 7 agosto 1990, n. 241.

Si tratta di un istituto che, come è noto, è stato previsto, nell’ambito della disciplina del procedimento amministrativo, solo con riferimento ai procedimenti ad istanza di parte, risultando incompatibile con i procedimenti d’ufficio, dove, in effetti, non vi è un’istanza di parte e, quindi, non vi è un onere di preventiva comunicazione dei motivi ostativi al suo accoglimento.

Merita considerazione anche il rilievo che lo stesso art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, introduce due deroghe espresse alla regola del c.d. preavviso di rigetto. Le deroghe si riferiscono: 1) alle procedure concorsuali; 2) ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali.

Entrambe le deroghe offrono elementi d’interesse ai fini della risoluzione della questione oggetto del presente giudizio.

La deroga alle procedure concorsuali (a prescindere dalla difficoltà di considerare, a rigore, la procedura concorsuale un procedimento ad istanza di parte) si riferisce a tutte le procedure caratterizzate dal principio della concorsualità e, quindi, anche alle procedure di evidenza pubblica per l’aggiudicazione di contratti pubblici.

La deroga relativa ai procedimenti previdenziali fa specifico riferimento a quelli sorti a seguito ad istanza di parte. Se il procedimento previdenziale inizia d’ufficio (come è nel caso di cui ci si occupa nel presente giudizio) l’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 non ha nemmeno previsto la deroga, sul presupposto che tali procedimenti sono, per la loro stessa natura, estranei all’ambito di applicazione del c.d. preavviso di rigetto.

Rispetto alle previsioni dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, l’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013, introduce un elemento di novità: una sorta di “deroga alla deroga” per effetto della quale un meccanismo analogo al preavviso di rigetto è ora previsto per un particolare procedimento previdenziale: quello ad istanza di parte per il rilascio del DURC.

Al di fuori di questa specifica ipotesi, tuttavia, torna ad operare la disciplina generale, che appunto esclude il preavviso di rigetto nell’ambito sia delle procedure concorsuali sia dei procedimenti previdenziali che iniziano d’ufficio.

19. Sempre da un punto di vista sistematico, l’esclusione del c.d. preavviso di DURC negativo nell’ambito del procedimento d’ufficio per la verifica della veridicità delle dichiarazioni sostitutive rese in sede ai fini della partecipazione alla gara, si pone in linea con alcuni principi fondamentali che governano appunto le procedure di gara: i principi di parità di trattamento e di autoresponsabilità e il principio di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione alla gara.

19.1. Per quanto riguarda il principio della parità di trattamento e dell’autoresponsabilità (per i quali si rinvia alla fondamentale sentenza di questa Adunanza Plenaria 25 febbraio 2014, n. 9), è fin troppo evidente che l’applicazione della “regolarizzazione postuma” finirebbe per consentire ad una impresa di partecipare alla gara senza preoccuparsi dell’esistenza a proprio carico di una irregolarità contributiva, potendo essa confidare sulla possibilità di sanare il proprio inadempimento in caso di aggiudicazione (e, dunque, a seconda della convenienza).

Si arriverebbe, in tal modo, a consentire all’offerente – che pur a conoscenza di una irregolarità contributiva abbia reso una dichiarazione volta ad attestare falsamente il contrario – di beneficiare di una facoltà di regolarizzazione postuma della sua posizione, andando così a sanare, non una mera irregolarità formale, ma la mancanza di un requisito sostanziale, mancanza aggravata dall’aver reso una dichiarazione oggettivamente falsa in ordine al possesso del requisito.

Una simile generalizzata possibilità di sanatoria – della dichiarazione falsa e della mancanza del requisito sostanziale – darebbe vita ad una palese violazione del principio della parità di trattamento e dell’autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno di essi sopporta le conseguenze di errori, omissione e, a fortiori, delle falsità commesse nella formulazione dell’offerta e nella presentazione delle dichiarazioni (cfr. ancora Cons. Stato, Ad. Plen. 25 febbraio 2014, n. 9).

Va richiamato a tale proposto anche quanto autorevolmente e condivisibilmente affermato dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nella Determinazione n. 1 dell’8 gennaio 2015 (Criteri interpretativi in ordine alle disposizioni dell’art. 38, comma 2-bis e dell’art. 46, comma 1-ter del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163).

In quella sede l’ANAC, proprio delimitando il campo di applicazione dell’istituto del soccorso istruttorio in materia di appalti pubblici [in seguito alla modifiche apportate al Codice dei contratti pubblici dal decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni in legge 11 agosto 2014, n. 114] ha giustamente precisato che il nuovo istituto del soccorso istruttorio “non può, in ogni caso, essere strumentalmente utilizzato per l’acquisizione, in gara, di un requisito o di una condizione di partecipazione, mancante alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta. Resta fermo, in sostanza, il principio per cui i requisiti di partecipazione devono essere posseduti dal concorrente – che deve essere, altresì, in regola con tutte le altre condizioni di partecipazioni – alla scadenza del termine fissato nel bando per la presentazione dell’offerta o della domanda di partecipazione, senza possibilità di acquisirli successivamente”.

E con particolare riferimento alle dichiarazioni false, la citata determinazione precisa che “La novella in esame, infatti, non incide sulla disciplina delle false dichiarazioni in gara, che resta confermata. Pertanto ai sensi dell’art. 38, comma 1-ter del Codice, ove la stazione appaltante accerti che il concorrente abbia presentato una falsa dichiarazione o una falsa documentazione, si dà luogo al procedimento definito nel citato comma 1-ter dell’art. 38 ed alla comunicazione del caso all’Autorità per l’applicazione delle sanzioni interdittive e pecuniarie fissate nella disciplina di riferimento (art. 38, comma 1-ter e art. 6, comma 11, del Codice) “.

L’Adunanza Plenaria condivide e fa proprie tali conclusioni, dovendosi ribadire anche in questa sede l’inammissibilità di qualsiasi forma di regolarizzazione postuma della carenza del requisito sostanziale o della falsa dichiarazione.

19.2. Deve, inoltre, richiamarsi il principio di continuità nel possesso dei requisiti (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2014, n. 8), che non possono essere persi dal concorrente neanche temporaneamente nel corso della procedura. A voler seguire, invece, il principio della regolarizzazione postuma dovrebbe allora sostanzialmente consentirsi al soggetto che abbia perso e poi riacquisito il requisito di conseguire l’aggiudicazione, in netto contrasto con quanto chiaramente affermato da questa Adunanza Plenaria nella sentenza n. 8 del 2015.

VIII) Gli argomenti legati all’evoluzione storico-normativa e alla relativa interpretazione giurisprudenziale

20. L’asserita portata innovativa che si vorrebbe riconoscere all’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013 risulta sensibilmente ridimensionata anche da considerazioni legate all’osservazione dell’evoluzione storico-normativa e della relativa interpretazione giurisprudenziale.

Deve osservarsi, invero, che una regola di portata analoga a quella ora recepita a livello legislativo dall’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013, già esisteva nell’ordinamento, sia pure posta da una fonte regolamentare.

Si fa riferimento all’art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 (peraltro applicabile ratione temporis alla procedura di gara oggetto del presente giudizio) il quale, appunto prevedeva:” In mancanza dei requisiti di cui all’art. 5 gli Istituti, le Casse edili e gli Enti bilaterali, prima dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento già rilasciato ai sensi dell’art. 3, invitano l’interessato a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni. “.

Nell’interpretazione di questa norma non si è mai dubitato che la regola del previo invito alla regolarizzazione non trovasse applicazione nel caso di richiesta della certificazione preordinata alle verifiche effettuate dalla stazione appaltante ai fini della partecipazione alle gare d’appalto.

Vanno riportare sotto tale profilo i chiarissimi principi enunciati da questa Adunanza Plenaria nella già citata sentenza 20 maggio 2012, n. 8, in cui si legge: ” Quanto alla questione del momento in cui deve sussistere la regolarità contributiva e della possibile sanatoria dell’irregolarità in corso di gara, la giurisprudenza di questo Consesso ha affermato che l’assenza del requisito della regolarità contributiva, costituendo condizione di partecipazione alla gara, se non posseduto alla data di scadenza del termine di presentazione dell’offerta, non può che comportare la esclusione del concorrente non adempiente, non potendo valere la regolarizzazione postuma.

L’impresa infatti deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo svolgimento della procedura. Costituisce principio pacifico che poiché il momento in cui va verificata la sussistenza del requisito della regolarità contributiva e previdenziale è quello di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, la eventuale regolarizzazione successiva, se vale a eliminare il contenzioso tra l’impresa e l’ente previdenziale non può comportare ex post il venir meno della causa di esclusione [Cons. St., sez. IV, 12 aprile 2011, n. 2284; Id., sez. V, 23 ottobre 2007, n. 5575]

Deve escludersi la rilevanza di un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva, quand’anche ricondotto retroattivamente, quanto ad efficacia, al momento della scadenza del termine di pagamento [Cons. St., sez. IV, n. 1458/2009].

Si tratta, del resto, di un corollario del più generale principio (già affermato nella giurisprudenza della Corte di giustizia UE con la pronuncia del 9 febbraio 1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04) secondo cui la sussistenza del requisito della regolarità fiscale e contributiva (che, pure, può essere regolarizzato in base a disposizioni nazionali di concordato, condono o sanatoria) deve comunque essere riguardata con riferimento insuperabile al momento ultimo per la presentazione delle offerte, a nulla rilevando una regolarizzazione successiva la quale, pertanto, non potrà in alcun modo incidere sul dato dell’irregolarità ai fini della singola gara [Cons. St., sez. VI, 5 luglio 2010, n. 4243].

La mancanza del requisito della regolarità contributiva alla data di scadenza del termine previsto dal bando per la presentazione delle offerte, in definitiva, non é sanato dall’eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva, atteso che tale tardivo adempimento può rilevare nelle reciproche relazioni di credito e di debito fra i soggetti del rapporto obbligatorio e non anche nei confronti dell’Amministrazione aggiudicatrice che debba accertare la sussistenza del requisito della regolarità contributiva ai fini dell’ammissione alla gara [Cons. St., sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 104].”

L’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013 ha determinato una sorta di “novazione” della fonte della previsione normativa già contenuta nel decreto ministeriale del 24 ottobre 2007, conferendole rango legislativo. Ma non vi sono nella disposizione che ora ha rango legislativo elementi di novità che consentano di superare l’interpretazione “storica” della precedente norma regolamentare.

21. Nessun argomento in senso contrario può trarsi, diversamente da quanto ipotizzato nell’ordinanza di rimessione, dal decreto ministeriale 30 gennaio 2015 (comunque inapplicabile ratione temporis perché entrato in vigore il 1° luglio 2015) e dalla successiva circolare interpretativa del Ministero del Lavoro – Direzione generale per l’attività ispettiva dell’8 giugno 2015, n. 19.

Appurato, infatti, che a livello di normativa primaria, la disciplina dell’affidamento degli appalti pubblici non consente la regolarizzazione postuma della irregolarità contributiva, deve certamente escludersi che tale forma di regolarizzazione possa essere stata introdotta da una fonte di rango regolamentare, quale è il decreto ministeriale 30 gennaio 2015.

È fin troppo evidente che il generale principio di gerarchia delle fonti normative non permette che norma regolamentare introduca una forma di regolarizzazione incompatibile con la disciplina di rango legislativo.

Una simile interpretazione (che darebbe luogo ad una inammissibile inversione della gerarchia delle fonti) deve, pertanto, essere disattesa.

IX) La presunta incompatibilità comunitaria

22. In senso contrario alla tesi qui accolta non possono essere invocati neanche presunti profili di incompatibilità con i principi dell’ordinamento eurounitario.

22.1. Non viene, in rilievo, innanzitutto, il principio di tutela del legittimo affidamento, che trova, peraltro, le sue radici anche, e ancor prima, nell’ordinamento nazionale.

La tutela dell’affidamento incontra, infatti, il limite dell’autoresponsabilità e non può allora essere invocato dall’impresa che volontariamente o colpevolmente si trovi in una situazione di irregolarità contributiva. In base al già richiamato principio di autoresponsabilità (in forza del quale ciascuno risponde degli errori commessi) non si può pretendere di superare l’inadempimento storicamente verificatosi in nome dell’apparenza ingenerata dal precedente rilascio di un documento unico di regolarità contributiva che va a “fotografare” una situazione di regolarità non più attuale a causa di errori imputabili alla stessa impresa.

L’affidamento sulle risultanze del precedente DURC in questo caso è colpevole perché la discrasia tra il DURC e la realtà dipende da omissioni od errori imputabili proprio all’impresa che tale affidamento invoca.

22.2. Non risulta pertinente neanche il richiamo alle motivazioni sulla cui base la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 11 marzo 2015, n. 1236 ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione europea una questione pregiudiziale circa la compatibilità tra l’articolo 45 della direttiva 18/2004 – interpretato alla luce del principio di ragionevolezza nonché degli articoli 49 e 56 del TFUE – e una normativa nazionale (quale quella italiana) che, nell’ambito di una procedura d’appalto sopra soglia, consente alle stazioni d’appaltanti di richiedere d’ufficio agli istituti previdenziali il documento unico di regolarità contributiva (DURC) ed obbliga le medesime stazioni appaltanti ad escludere dalla gara quegli operatori economici dalla cui certificazione si evince una violazione contributiva sussistente al momento della partecipazione – anche se da essi non conosciuta in quanto hanno partecipato in forza di un DURC positivo in corso di validità – e non più presente al momento dell’aggiudicazione o della verifica d’ufficio.

In primo luogo, le differenze che si colgono, sul piano fattuale, tra le relative fattispecie concrete (quella oggetto del presente giudizio e quella con riferimento alla quale è stata sollevata la questione pregiudiziale), già escludono la possibilità di “trasferire” automaticamente i medesimi dubbi di compatibilità comunitaria nell’ambito del presente giudizio.

In ogni caso è dirimente – ed esclude la necessità di una ulteriore rimessione alla Corte di Giustizia o di una sospensione c.d. impropria del presente giudizio in attesa della decisione sulla questione pregiudiziale rimessa dalla Quarta Sezione – la constatazione che la Corte di Giustizia ha già avuto modo di occuparsi della compatibilità comunitaria della disciplina legislativa nazionale che preclude rigidamente la partecipazione alle gare di appalto alle imprese che versino in una situazione grave e definitivamente accertata di irregolarità contributiva (e delle relative nozioni di “gravità” e “definitivo accertamento”).

Già nella sentenza 10 luglio 2014, C-358/12, Co. St. Li. La. Pu., la Corte di giustizia, occupandosi anche della presunta incompatibilità tra la causa di esclusione prevista l’art. 38, comma 1, lettera i) e l’art. 45, paragrafo 2, della direttiva n. 18/2014 ha statuito (paragrafi 32 e seguenti della motivazione) che:

– l’obiettivo perseguito dalla causa di esclusione dagli appalti pubblici definita dall’articolo 38, paragrafo 1, lettera i), del decreto legislativo n. 163/2006 consiste nell’accertarsi dell’affidabilità, della diligenza e della serietà dell’offerente nonché della correttezza del suo comportamento nei confronti dei suoi dipendenti;

– accertarsi che un offerente possieda tali qualità costituisce un obiettivo legittimo di interesse generale;

– una causa di esclusione come quella prevista dall’articolo 38, paragrafo 1, lettera i), del decreto legislativo n. 163/2006 è idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo perseguito, dato che il mancato versamento delle prestazioni previdenziali da parte di un operatore economico tende a indicare assenza di affidabilità, di diligenza e di serietà di quest’ultimo quanto all’adempimento dei suoi obblighi legali e sociali;

– per quanto riguarda la necessità di una tale misura, la definizione, da parte della normativa nazionale, di una soglia precisa di esclusione alla partecipazione agli appalti pubblici, vale a dire uno scostamento tra le somme dovute a titolo di prestazioni sociali e quelle versate è di un importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute, garantisce non solo la parità di trattamento degli offerenti ma anche la certezza del diritto, principio il cui rispetto costituisce una condizione della proporzionalità di una misura restrittiva (v., in tal senso, sentenza It., C-282/12, EU:C:2013:629, punto 44);

– per quanto riguarda il livello di tale soglia di esclusione, quale definito dalla normativa nazionale, occorre ricordare che, riguardo agli appalti pubblici che ricadono nella sfera di applicazione della direttiva 2004/18, l’articolo 45, paragrafo 2, di tale direttiva lascia l’applicazione dei casi di esclusione che menziona alla valutazione degli Stati membri, come risulta dall’espressione “può venire escluso dalla partecipazione ad un appalto”, che figura all’inizio di detta disposizione, e rinvia esplicitamente, in particolare alle lettere e) e f), alle disposizioni legislative nazionali [v., per quanto riguarda l’articolo 29 della direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), sentenza La. Ca. e a., C-226/04 e C-228/04, EU:C:2006:94, punto 21]. Inoltre, ai sensi del secondo comma di detto articolo 45, paragrafo 2, gli Stati membri precisano, conformemente al rispettivo diritto nazionale e nel rispetto del diritto dell’Unione, le condizioni di applicazione del paragrafo stesso;

– di conseguenza, l’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18 non prevede una uniformità di applicazione delle cause di esclusione ivi indicate a livello dell’Unione, in quanto gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare affatto queste cause di esclusione o di inserirle nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale. In tale ambito, gli Stati membri hanno il potere di attenuare o di rendere più flessibili i criteri stabiliti da tale disposizione (v., per quanto riguarda l’articolo 29 della direttiva 92/50, sentenza La. Ca. e a., EU:C:2006:94, punto 23);

– l’articolo 45, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2004/18 consente agli Stati membri di escludere dalla partecipazione a un appalto pubblico ogni operatore economico che non sia in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali, senza che sia previsto un qualsivoglia importo minimo di contributi arretrati. In tale contesto, il fatto di prevedere un siffatto importo minimo nel diritto nazionale costituisce un’attenuazione del criterio di esclusione previsto da tale disposizione e non può, pertanto, ritenersi che vada oltre il necessario.

– gli Stati membri sono liberi di integrare le cause di esclusione previste, in particolare, dall’articolo 45, paragrafo 2, lettere e) e f), di detta direttiva nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi, in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale prevalenti a livello nazionale.

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, la Corte di giustizia ha, quindi, affermato che gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché il principio di proporzionalità vanno interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che, riguardo agli appalti pubblici di lavori il cui valore sia inferiore alla soglia definita all’articolo 7, lettera c), della direttiva 2004/18, obblighi l’amministrazione aggiudicatrice a escludere dalla procedura di aggiudicazione di un tale appalto un offerente responsabile di un’infrazione in materia di versamento di prestazioni previdenziali se lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate è di un importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute.

A ciò si deve aggiungere il principio generale affermato nella giurisprudenza della Corte di giustizia con la pronuncia del 9 febbraio 1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04, secondo cui: “la sussistenza del requisito della regolarità fiscale e contributiva (che, pure, può essere regolarizzato in base a disposizioni nazionali di concordato, condono o sanatoria) deve comunque essere riguardata con riferimento insuperabile al momento ultimo per la presentazione delle offerte, a nulla rilevando una regolarizzazione successiva la quale, pertanto, non potrà in alcun modo incidere sul dato dell’irregolarità ai fini della singola gara”.

Nemmeno gli argomenti fondati sul diritto comunitario impongono, quindi, di dare spazio ad una generalizzata regolarizzazione postuma come quella prospettata dall’appellante.

X) Il principio di diritto sulla questione interpretativa rimessa all’Adunanza Plenaria

23. Alla luce delle considerazioni che precedono, la questione interpretativa sottoposta dall’Adunanza Plenaria deve, pertanto, essere risolta enunciando il seguente principio di diritto:

“Anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva. L’istituto dell’invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo), già previsto dall’art. 7, comma 3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 e ora recepito a livello legislativo dall’art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera i) ai fini della partecipazione alla gara d’appalto”.

XI) L’applicazione del principio al caso di specie

24. L’applicazione dell’enunciato principio al caso oggetto del presente giudizio comporta il rigetto dell’appello proposto da Ro. Ge. s.p.a.

25. Risulta dagli atti che le società consorziate M. Gr. s.r.l. e Ca. Gi.& C. s.r.l. hanno reso in sede di presentazione dell’offerta dichiarazioni di regolarità contributiva che, a seguito delle attestazioni acquisite da Co. in sede di verifica ai sensi dell’art. 71 d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 sono risultate non veritiere.

I DURC rilasciati a Co. dall’INAIL e dalla Cassa Edile rispettivamente il 28 ottobre 2014 e il 27 ottobre 2014 attestano, infatti, che le imprese consorziate erano entrambe irregolari alla data della dichiarazione per l’ammissione alla gara (22 febbraio 2013 e 14 febbraio 2013) e tale circostanza evidenzia la violazione del principio secondo cui la regolarità contributiva deve sussistere al momento della domanda di partecipazione e permanere per tutta la durata della gara sia in capo alle imprese facenti parte del raggruppamento sia in capo alle singole consorziate, non potendo in alcun modo rilevare un eventuale adempimento tardivo.

26. Non rileva, in senso contrario, la circostanza, su cui l’appellante insiste, che al momento della presentazione della dichiarazione sia M. Gr. sia l’impresa Ca. erano in possesso di un DURC (emesso in data 10 dicembre 2012 per M. Gr. e in data 31 dicembre 2012 per Campanile), ancora in corso di validità (considerando il termine di 90 giorni previsto dall’art. 7, comma 2, D.M. 24 ottobre 1997), che attestava (“allo stato degli atti” e “impregiudicata l’azione per l’accertamento e il recupero di eventuali somme che successivamente risultassero dovute” una situazione di regolarità contributiva: ciò che rileva è esclusivamente la sussistenza di una situazione di effettiva regolarità contributiva al momento della presentazione della domanda (e il continuato possesso del requisito per tutto il corso della gara).

27. L’irregolarità contributiva sussistente al momento della domanda non solo non può essere sanata da una regolarizzazione postuma, ma non può nemmeno essere giustificata dal fatto che l’impresa sia in possesso di un precedente DURC (ottenuto in seguito ad istanza all’ente previdenziale) che attesti (con riferimento ad una data precedente rispetto a quella di presentazione della domanda) la sussistenza della regolarità contributiva.

Non giova in senso contrario invocare il termine trimestrale di validità del DURC precedentemente rilasciato, atteso che l’art. 7, comma 2, del D.M. 24 ottobre 2007 riferisce tale termine di validità al solo settore degli appalti privati, ai fini dei quanto previsto a carico del committente o del responsabile dei lavori dall’art. 3, comma 8, decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 496 (che prevede fra l’altro la sospensione del titolo abilitativo edilizio nel caso in cui non venga trasmesso all’Amministrazione concedente un DURC in corso di validità dell’impresa esecutrice dei lavori).

Il termine di validità del DURC non può, quindi, essere strumentalmente utilizzato per legittimare la partecipazione alla gara di imprese che al momento della presentazione della domanda non siano comunque più in regola con gli obblighi contributivi.

28. Né può invocarsi la lesione dell’affidamento riposto sulle risultanze del precedente DURC, atteso che, come si è precedentemente rilevato, in base al già richiamato principio di autoresponsabilità (in forza del quale ciascuno risponde degli errori commessi) non si può pretendere di superare l’inadempimento storicamente verificatosi in nome dell’apparenza ingenerata dal precedente rilascio di un documento unico di regolarità contributiva che va a “fotografare” una situazione di regolarità non più attuale al momento della partecipazione alla gara.

29. L’appello principale deve, quindi, essere respinto.

30. La fondatezza del motivo di esclusione fondato sull’esistenza di una situazione di irregolarità contributiva consente di assorbire le censure dirette a contestare l’altro motivo posto in via autonoma a fondamento del provvedimento di esclusione, ovvero quello relativo alla falsità della dichiarazione sull’assenza di precedenti penali resa dal legale rappresentante della consorziata El. Se. per il preposto alla gestione tecnica, signor Ga..

Infatti, seguendo sul punto l’insegnamento della sentenza di questa Adunanza Plenaria 27 aprile 2015, n. 5, ” nel caso in cui il provvedimento impugnato si fondi su una pluralità di ragioni autonome, il giudice, qualora ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell’atto controverso, idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento, in quanto la conservazione dell’atto implica la perdita di interesse del ricorrente all’esame delle altre”.

XII) L’appello incidentale proposto da Co.

31. Può passarsi ora ad esaminare l’appello incidentale proposto da Co..

32. Come si è ricordato in narrativa, la Co. contesta la parte della sentenza impugnata che, in parziale accoglimento dei motivi aggiunti al ricorso di primo grado, ha annullato la nota del 24 marzo 2015, prot. n. 8069, con cui Co. ha escusso le cauzioni provvisorie prescritte per i lotti 5 e 6, di importo pari ad € 1.200.000,00 per il lotto 5 ed € 870.000,00 per il lotto 6.

Il Tribunale amministrativo regionale ha accolto in questa parte il ricorso ritenendo che, alla luce della peculiarità della vicenda, “la condotta della ricorrente Ro. Ge. s.p.a.a (peraltro estranea alle irregolarità che hanno riguardato imprese partecipanti al raggruppamento) non rivesta carattere di gravità, potendo riconoscersi, in capo alla ricorrente, la scusabilità dell’errore”.

Co. critica la sentenza richiamando l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’escussione della cauzione provvisoria ai sensi dell’art. 48 del decreto legislativo n. 163 del 2006 rappresenta una misura di indole patrimoniale, priva di carattere sanzionatorio amministrativo, che costituisce l’automatica conseguenza della violazione di doveri o regole contrattuali espressamente accertate. Essa, quindi, sarebbe applicabile a prescindere dalla scusabilità dell’errore, come automatica conseguenza della violazione riscontrata.

33. L’appello incidentale merita accoglimento.

L’Adunanza Plenaria ritiene di dover dare continuità al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’incameramento della cauzione provvisoria previsto dall’art. 48 del Codice dei contratti pubblici, costituisce una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, conte tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti. Tale misura, quindi, risulta insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha dato causa all’esclusione (cfr., tra le tante, Cons. Stato, 26 maggio 2015, n. 2638; Cons. Stato, sez. V, 10 settembre 2012, n. 4778; Cons. Stato 18 aprile 2012, n. 2232; Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 2012, n. 810; Cons. Stato, sez. III, n. 4773 del 2012; Cons. Stato sez. V, 1º ottobre 2010, n. 7263; nonché Corte Cost., ord. n. 211 del 13 luglio 2011).

Già questa Adunanza Plenaria (nella sentenza 4 maggio 2012, n. 8) ha peraltro riconosciuto che la passibilità di incamerare la cauzione provvisoria può trovare fondamento anche nell’art. 75, comma 6, del Codice di contratti pubblici, che riguarda tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario, intendendosi per “fatto dell’affidatario” qualunque ostacolo alla stipulazione a lui riconducibile, e tra cui anche, come nel caso di specie, il difetto di un requisito d ordine generale.

Inoltre, anche a prescindere dal condivisibile rigore del citato orientamento giurisprudenziale nell’applicazione della misura dell’escussione della cauzione provvisoria, nel caso di specie, la ragione dell’esclusione (dovuta alla dichiarazione non veritiera sulla esistenza di una situazione di regolarità contributiva al momento della presentazione della domanda), non risulta incolpevole o scusabile, atteso che rientra nell’ordinaria diligenza dell’impresa che partecipa ad una gara di appalto verificare la sussistenza della propria posizione contributiva con riferimento alla data di presentazione della domanda.

L’appello incidentale proposto da Co. deve, pertanto, essere accolto e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, deve essere respinto il ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado avverso la nota 24 marzo 2015, n. 8069.

34. La controvertibilità e la complessità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) definitivamente pronunciando, respinge l’appello principale e accoglie l’appello incidentale.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Riccardo Virgilio – Presidente

Pier Giorgio Lignani – Presidente

Stefano Baccarini – Presidente

Alessandro Pajno – Presidente

Paolo Numerico – Presidente

Carlo Deodato – Consigliere

Nicola Russo – Consigliere

Roberto Giovagnoli – Consigliere, Estensore

Raffaele Greco – Consigliere

Gabriella De Michele – Consigliere

Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere

Antonio Amicuzzi – Consigliere

Dante D’Alessio – Consigliere

Depositata in Segreteria il 29 febbraio 2016.

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