Confisca di prevenzione e la prova nuova ai fini della revoca

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|1 giugno 2021| n. 21537.

Confisca di prevenzione e la prova nuova ai fini della revoca.

In tema di confisca di prevenzione, la prova nuova, rilevante ai fini della revoca “ex tunc” della misura, è sia quella preesistente e scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, sia quella sopravvenuta rispetto alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, ma non anche quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento.

Sentenza|1 giugno 2021| n. 21537. Confisca di prevenzione e la prova nuova ai fini della revoca

Data udienza 11 marzo 2021

Integrale
Tag – parola: SICUREZZA PUBBLICA – MISURE DI PREVENZIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CASA Filippo – Presidente

Dott. BONI Monica – Consigliere

Dott. BINENTI Roberto – rel. Consigliere

Dott. MAGI Raffaello – Consigliere

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 16/04/2020 della CORTE APPELLO di POTENZA;
udita la relazione svolta dal Consigliere ROBERTO BINENTI;
lette/sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Tassone Kate, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento indicato in epigrafe la Corte di appello di Potenza dichiarava inammissibile la richiesta proposta ai sensi del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 28, nell’interesse di (OMISSIS), tendente a ottenere la revocazione della confisca disposta nei confronti di (OMISSIS) con decreto irrevocabile il 26 gennaio 2016, avente ad oggetti i beni aziendali relativi all’esercizio dello stabilimento balneare “(OMISSIS)”, sito in (OMISSIS).
2. A ragione, i Giudici distrettuali rilevavano che la richiesta, prospettando l’effettiva appartenenza dei beni di cui sopra in capo alla titolare formale (OMISSIS), aveva allegato elementi, costituiti dalla scoperta di documentazione contabile “occulta” e da verbali di dichiarazioni acquisite ai sensi dell’articolo 391-bis c.p.p., privi di qualsiasi decisivita’, sia avuto riguardo alla loro intrinseca attitudine dimostrativa, sia considerando il confronto con il compendio probatorio che nel procedimento definito aveva portato ad attribuire la disponibilita’ di fatto dello stabilimento balneare al proposto (OMISSIS).
3. Avverso la decisione propone ricorso per cassazione (OMISSIS), tramite il proprio difensore e procuratore speciale, muovendo doglianze affidate a tre motivi che denunciano assenza e altri vizi della motivazione.
3.1. Il primo motivo lamenta la mancata considerazione delle informazioni acquisite ai sensi dell’articolo 391-bis c.p.p., nel corso delle quali alcuni fornitori, dipendenti o clienti “storici” dello stabilimento balneare “(OMISSIS)”, avevano concordemente affermato che esso era amministrato solo dalla ricorrente cosi’ smentendo la tesi dell’intestazione fittizia, basata su elementi che la Corte di appello aveva ritenuto “resistenti”, in assenza di qualsiasi motivazione in ordine alla verifica dell’attendibilita’ e pertinenza della prova nuova dedotta.
3.2. Il secondo motivo muove lo stesso genere di doglianze con riguardo alle informazioni acquisite da altri soggetti, a supporto della deduzione della cessazione del rapporto di convivenza fra (OMISSIS) e la ricorrente otto anni prima dell’instaurazione del procedimento di prevenzione a carico del primo.
3.3. Il terzo motivo deduce che la documentazione prodotta, relativa alla contabilita’ “occulta” scoperta dopo la definizione del procedimento, non avrebbe potuto considerarsi irrilevante rispetto al tema della sproporzione o meno in forza del rilievo della sottrazione delle entrate al fisco, giacche’ esso non puo’ mai valere per la posizione del terzo non legato da rapporti di convivenza o di parentela con il proposto, quale nel caso di specie risulta essere la ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.
2. Del Decreto Legislativo n. 129 del 2011, articolo 28, il comma 1 fra i casi che consentono di richiedere la revocazione della decisione definitiva sulla confisca, include alla lettera a) “la scoperta di prove nuove decisive, sopravvenute alla conclusione del procedimento”. Il comma 3 dello stesso articolo prevede che la richiesta di revocazione deve essere proposta, a pena di inammissibilita’, entro sei mesi dalla data in cui si verifica uno dei casi che la consentono. Nell’ipotesi descritta dalla succitata lettera a), dunque, e’ possibile dedurre prove nuove, su fatti preesistenti o successivi alla conclusione del procedimento, a condizione che venga osservato il limite temporale sopra indicato a pena di inammissibilita’. In ragione di tale limite la scoperta della prova nuova costituisce il momento da cui decorre un nuovo termine per potere opporre alla confisca definitiva elementi decisivi che nel corso del giudizio di prevenzione non era stato possibile allegare, secondo il particolare modello procedimentale previsto dalle disposizioni di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 20, 23 e 24: al proposto e ai terzi interessati chiamati a intervenire nel procedimento, in presenza delle condizioni previste dall’articolo 20, comma 1 e’ consentito di allegare la giustificazione della legittima provenienza. L’udienza camerale in contraddittorio viene celebrata, dopo il sequestro, proprio al fine consentire ogni possibile deduzione al riguardo. L’istituto della revocazione, quindi, avuto riguardo all’ipotesi prevista dall’articolo 28, lettera a), comma 1 non puo’ costituire lo strumento per riaprire detta sequenza procedimentale in ragione dell’allegazione delle stesse prove che il proposto e gli interessati erano stati chiamati ad allegare e avrebbero potuto allegare. Le nuove prove che rendono ammissibile il rimedio straordinario debbono allora essere quelle che non era stato possibile dedurre nel procedimento, perche’ riguardanti fatti decisivi e mezzi per dimostrarli all’epoca ignoti. La particolare disciplina delle deduzioni e l’intero impianto del procedimento di prevenzione, dunque, non consentono di considerare l’ipotesi di revocazione di cui sopra sovrapponibile quanto all’ampiezza dei mezzi deducibili – alla revisione del giudicato penale prevista, in caso di nuove prove, dall’articolo 630 c.p.p., lettera c), che e’ esperibile in ogni tempo, potendo cosi’ rilevare per tale ultimo rimedio anche la deduzione di prove che, pur accessibili e dunque sottoponibili alla valutazione del giudice nel procedimento, abbiano assunto consistenza dopo la sua conclusione anche semplicemente con l’esperimento delle corrispondenti iniziative difensive.
Conformemente a tali principi, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimita’ ampiamente prevalente cui si intende conferire continuita’, in tema di confisca di prevenzione, la prova nuova, rilevante ai fini della revoca “ex tunc” della misura, ai sensi del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 28 e’ sia quella preesistente e scoperta dopo che la misura e’ divenuta definitiva, sia quella sopravvenuta rispetto alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, ma non anche quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento (fra le altre, Sez. 1, n. 12762 del 16/02/2021, Roberto, Rv. 280800 Sez. 6, n. 17854 del 27/05/2020, Lunetto, Rv. 279283; Sez. 5, n. 3031de1 30/11/2017, dep. 2018, Lagaren, Rv. 272104).
3. Nel caso di specie, a supporto della richiesta di revocazione era stata dedotta la scoperta di una “contabilita’ occulta” relativa all’esercizio dell’attivita’ imprenditoriale da parte di chi, prospettando di essere il titolare di tale attivita’, non poteva che figurare quale diretto artefice della costituzione e/o controparte delle operazioni esposte nella documentazione di cui alla medesima contabilita’.
Sicche’, neppure e’ dato comprendere in cosa consista la “scoperta”, una volta che si fa riferimento a documenti non gia’ smarriti, ma appositamente occultati per finalita’ che parrebbero riguardare manovre di evasione fiscale.
Cio’ nonostante nel provvedimento impugnato vengono indicati documenti che per caratteristiche appaiono estranei a dette finalita’, riguardando attivita’ formalmente rappresentate e percio’ non “in nero”: fatture di acquisto, contratti di assunzioni di dipendenti, buste paga, registri corrispettivi IVA, elenchi clienti dello stabilimento, ricevute di premi assicurativi, estratti di conto corrente.
Atti, questi, tutti, comunque, allegabili e dei quali avrebbe potuto chiedersi l’acquisizione nel corso del procedimento anche mediante l’estrazione di copie.
Identiche conclusioni circa la deducibilita’ nel corso del procedimento vanno rassegnate in ordine ai fatti riguardanti l’attivita’ di impresa e la cessazione della convivenza con il proposto che la ricorrente avrebbe sperimentato di persona e in relazione ai quali la difesa ha inteso interpellare i soggetti indicati nel ricorso.
Tali osservazioni, fondate sulla semplice constatazione di quanto rappresentato nel provvedimento impugnato e nei motivi del ricorso, impongono gia’ di rilevare come la richiedente non abbia configurato in origine i requisiti dell’ammissibilita’ avuto riguardo ai limiti temporali prescritti dal citato articolo 28.
4. Cio’ nonostante, la Corte di appello ha dato atto che la richiesta non risultava ammissibile neppure sotto il profilo della decisivita’ delle deduzioni, in considerazione del loro contenuto, ossia sotto l’aspetto dell’attitudine a porre in discussione la resistenza probatoria degli elementi valorizzati nel provvedimento.
Al riguardo, i Giudici di merito hanno ricordato che l’attendibilita’ della tesi dell’appartenenza dello stabilimento alla formale intestataria dell’attivita’ (a prescindere dalla comparsa o meno davanti ai terzi della ricorrente e della sua stessa condizione di convivenza con il proposto) risultava smentita sia da quanto accertato sulla piena disponibilita’ di quei beni aziendali da parte di (OMISSIS), sia dalle stesse dichiarazioni rese da quest’ultimo in ordine ai propri investimenti.
5. Le doglianze, diversamente svolte nei primi due motivi del ricorso, lamentando la mancata considerazione di alcuni dei mezzi di prova dedotti e proponendo solo sovrapposizioni rivalutative rispetto allo scrutinio di merito, non considerano minimamente il confronto con la chiara pregnanza delle precedenti risultanze che ha condotto a ritenere comunque prive di decisivita’ le deduzioni.
6. Il terzo motivo si sofferma sulle considerazioni di merito in ordine al peso assegnabile all’evasione fiscale a fini giustificativi nel giudizio di prevenzione, svolgendo critiche che, pero’, presuppongono quella stessa appartenenza dei beni alla ricorrente che in ragione di tutto quanto sopra rimane non sostenibile.
7. Alla stregua delle considerazioni che precedono, le doglianze mosse nel ricorso risultano dunque tutte manifestamente infondate, non possedendo alcuna attitudine a smentire le condizioni giustificative della decisione di inammissibilita’.
Ne discende l’inammissibilita’ del ricorso, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, considerati i profili di colpa, della somma determinata in Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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