Configurabilità della condominialità del complesso immobiliare

Corte di Cassazione, civile, sentenza|28 marzo 2022| n. 9976.

Configurabilità della condominialità del complesso immobiliare.

Anche, dunque, i proprietari esclusivi di unità immobiliari poste al piano terra, che costituiscano un corpo separato avente comunque accesso dalla facciata dell’edificio comune, possono dirsi condomini, in base ai criteri fissati dall’articolo 1117 del codice civile, e quindi presumersi comproprietari (nonché obbligati a concorrere alle relative spese, ex articolo 1123 del codice civile) di quelle parti comuni che, al momento della formazione del condominio, si trovassero in rapporto di accessorietà, strutturale e funzionale, con le singole porzioni immobiliari.

Sentenza|28 marzo 2022| n. 9976. Configurabilità della condominialità del complesso immobiliare

Data udienza 1 marzo 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Condominio negli edifici – Parti comuni – Disciplina applicabile – Condominio – Nozione – Condominialità del complesso immobiliare – Configurabilità – Presupposti – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 5110-2017 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 13882/2016 del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 19/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/03/2022 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
viste le conclusioni motivate, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, formulate dal P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE ALESSANDRO, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
vista le memorie depositate dalle parti.

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FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in sette motivi avverso la sentenza n. 13882/2016 del Tribunale di Milano, pubblicata il 19 dicembre 2016.
2. Resiste con controricorso il (OMISSIS).
3. (OMISSIS) propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 25919/2013 emesso dal Giudice di pace di Milano su domanda del (OMISSIS) per il pagamento della somma di Euro 1.622,00 dovuta a titolo di spese condominiali. Il giudizio fu riunito con quello di opposizione al precetto relativo al medesimo decreto ingiuntivo. Il Giudice di pace di Milano con sentenza n. 12996/2015 respinse entrambe le opposizioni.
Il Tribunale di Milano ha poi respinto l’appello spiegato da (OMISSIS). Il Tribunale ha dichiarato inammissibile l’eccezione di nullita’ del decreto opposto, proposta per la prima volta in appello, in relazione alla pronuncia dell’ingiunzione avvenuta in pendenza di altra causa di opposizione ad ulteriore decreto ingiuntivo intervenuto tra le stesse parti (decreto ingiuntivo n. 34424/2010 relativo alle spese condominiali per gli esercizi (OMISSIS)). Al riguardo, afferma la sentenza impugnata, il (OMISSIS) si era limitato a chiedere la sospensione del giudizio avanti al Giudice di pace ex articolo 295 c.p.c., sospensione che era stata disposta. Il Tribunale ha peraltro ritenuta infondata l’eccezione di nullita’ del decreto, avendo le due ingiunzioni oggetti diversi. Il giudice dell’appello ha altresi’ disatteso le doglianze del (OMISSIS) in merito alla sussistenza di un giudicato esterno, derivante dalla sentenza del Tribunale di Milano n. 8395/2014, in ordine al difetto della sua legittimazione, giacche’ “non condomino”: il Tribunale ha in proposito evidenziato che quella pronuncia si era limitata ad accogliere un’opposizione ad ingiunzione solo in ragione della mancata notifica del decreto e quindi con statuizione priva di incidenza sul merito. Il Tribunale ha poi condiviso integralmente la ricostruzione fattuale gia’ compiuta dal Giudice di pace in primo grado con riferimento alla qualita’ di condomino dell’appellante, confermando che dalla documentazione fotografica prodotta da entrambe le parti poteva evincersi che, sebbene alla proprieta’ (OMISSIS) si accedesse dalla (OMISSIS), tale accesso si apre sulla facciata dell’edificio del (OMISSIS), nel quale la percio’ le unita’ immobiliari del (OMISSIS) devono ritenersi comprese, pur costituendo un corpo separato. Il giudice del gravame ha anche ritenuto che dai rogiti notarili prodotti non fosse possibile desumere la estraneita’ delle unita’ immobiliari (OMISSIS) al condominio, ripercorrendo le vicende di circolazione di tali beni, trasferite dall’originaria proprietaria (OMISSIS) ad (OMISSIS), e da questa poi ad (OMISSIS) e (OMISSIS), danti causa del (OMISSIS). I titoli di acquisto confermerebbero che all’attuale proprieta’ (OMISSIS) spetta una quota millesimale condominiale (33,288 millesimi) proprio in ragione dell’accesso all’edificio del (OMISSIS), come pure acclarato in un giudizio definito con sentenza n. 6535/2006 del Giudice di pace di Milano di cui era stata parte la (OMISSIS). La sentenza impugnata ha aggiunto che il (OMISSIS) non aveva impugnato le delibere assembleari su cui erano fondate le spese condominiali oggetto di ingiunzione ed ha anche rigettato le eccezioni di prescrizione e decadenza avanzate dall’appellante, “non avendo l’opponente neppure specificato il tipo di eccezione sottoposta al tribunale ed i termini prescrizionali cui intende riferirsi” e valutando “inconferente il richiamo all’istituto della decadenza”(p. 10 sentenza).
Il ricorso e’ stato deciso in camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.
Le parti hanno depositato memorie.

 

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MOTIVI DELLA DECISIONE

E’ infondata l’eccezione del ricorrente di inammissibilita’ per tardivita’ del controricorso, in quanto notificato il 24 marzo 2017, risultando il ricorso notificato il 17 febbraio 2017, sicche’ e’ stato osservato il termine ex articolo 370 c.p.c. di venti giorni successivi alla scadenza del termine per il deposito del ricorso di cui all’articolo 369 c.p.c. (mentre erroneamente il ricorrente fa riferimento nella propria eccezione alla data in cui avvenne il deposito del ricorso).
1. Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) denuncia in rubrica la violazione dell’articolo 345 c.p.c. e articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4, nonche’ degli articoli 135, 1138, 117 e 1123 c.c. (da intendere 1135 e 1117 c.c.), per aver il Tribunale valutato inammissibile perche’ nuova la domanda di nullita’ del decreto ingiuntivo legata alla pendenza del giudizio inter partes culminato nella sentenza del Tribunale di Milano n. 8395/2014. Il ricorrente espone che tale domanda era stata ampiamente illustrata in comparsa conclusionale e in sede di precisazione delle conclusioni.
Il secondo motivo di ricorso allega l’omesso esame ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver il Tribunale omesso totalmente di decidere in ordine al secondo motivo di impugnativa, nonche’ la violazione dell’articolo 157 c.p.c., comma 1. Sostiene il ricorrente che le pronunce richiamate in sede di appello avrebbero comunque fatto sorgere per il Tribunale il dovere di pronunciarsi d’ufficio sulla nullita’ dedotta.
Anche il terzo motivo ha ad oggetto l’omesso esame ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e la violazione dell’articolo 2909 c.c. Il ricorrente si duole del fatto che il giudice dell’appello non abbia tenuto conto che la precedente sentenza n. 8395/2014 del Tribunale di Milano, dopo aver valutato il contenuto del titolo 1 dicembre 1995 tra l’alienante (OMISSIS) e gli acquirenti (OMISSIS) e (OMISSIS)) danti causa del (OMISSIS)), aveva poi sancito “senza alcun pregiudizio dell’opponente che potra’ proporle con un nuovo atto di citazione”.
Il quarto motivo di ricorso concerne ancora l’omesso esame ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e deduce altresi’ la violazione degli articoli 2699, 2700 e 2644 c.c. Il ricorrente censura la ricostruzione operata dal Tribunale, partendo dal rogito notarile del novembre 1953, per poi passare al rogito del 1 febbraio 1955, fino all’acquisto di (OMISSIS) dalla (OMISSIS), sostenendo che le quote di comproprieta’ erano poi state trasferite solo ai fratelli (OMISSIS) e non anche a (OMISSIS) e (OMISSIS). Il Tribunale avrebbe altresi’ mancato di valutare la circostanza che il ricorrente ha accesso alla sua proprieta’ non dal Condominio ma dal piano stradale di (OMISSIS).

 

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Il quinto motivo di ricorso deduce la violazione degli articoli 2908, 2909, 2643 e 2644 c.c. Avrebbe errato il giudice del secondo grado, secondo il ricorrente, nel richiamare la sentenza n. 6535/2006 del Giudice di Pace di Milano, in quanto priva di conferenza rispetto al presente giudizio, avendo la medesima statuito sulla ripartizione delle spese tra parti diverse, ovvero “il Condominio, la (OMISSIS) e l’ (OMISSIS)”.
Si sostiene che l’ (OMISSIS) poteva considerarsi dante causa solo dei condomini (OMISSIS) e (OMISSIS) e non del ricorrente, con conseguente “inserimento illegittimo del nominativo (…) in luogo dell’ (OMISSIS)” tra i condomini (p. 21 ss. ricorso).
Il sesto motivo di ricorso allega la violazione dell’articolo 2948 c.c. e articolo 63 disp. att. c.c., n. 4-5. Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe totalmente omesso di valutare l’eccezione di prescrizione, rigettandola “senza considerare che le stesse somme non potevano essere avulse dai precedenti debiti (dell’ (OMISSIS) e non, si ribadisce, del (OMISSIS) carente della legittimita’ di condomino) e quindi risalirebbero al 2000 atto di acquisto della (OMISSIS) e come tali non imputabili alla proprieta’ (OMISSIS) che e’ sorta nel 2009, fermo comunque il ribadito fatto che egli non e’ condomino” (p. 24 ricorso).
Il settimo motivo di ricorso concerne la violazione dell’articolo 91 c.p.c. si limita ad esporre la censura con questa frase: “in ordine alle spese di lite totali, imputate all’appellante (OMISSIS)”.
2. I sette motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi e accomunati da evidenti profili di inammissibilita’.
2.1. Il ricorso si risolve in una critica generica della pronuncia impugnata, formulata sotto una molteplicita’ di profili di fatto, auspicando dalla Corte di cassazione un diverso apprezzamento degli elementi istruttori valutati dalla Corte d’appello, senza rispettare i canoni di tassativita’ dei vizi ex articolo 360 c.p.c., di specificita’ delle censure e di riferibilita’ alla ratio decidendi della sentenza impugnata, imposti dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4.

 

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2.2. Peraltro, opera la previsione d’inammissibilita’ del ricorso per cassazione, di cui all’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” e che, come nella specie, risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme).
2.3. Lo stesso articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 concerne, comunque, il vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora i fatti storici, rilevanti in causa, siano stati comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. Unite 07/04/2014, n. 8053).
I motivi di ricorso allegano, piuttosto, dati di fatto (sovente senza precisare il “come” e il “quando” fossero stati tempestivamente dedotti gia’ nel giudizio di primo, prima della maturazione delle preclusioni, senza cosi’ rispettare la previsione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6), al malcelato fine di sollecitare una rivalutazione delle risultanze probatorie nel senso piu’ favorevole alle tesi difensive del ricorrente, il che suppone un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, attivita’ non consentita in sede di legittimita’.
2.4. Avendosi riguardo a giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice puo’ sindacare sia la nullita’ dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilita’ di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via d’azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’articolo 1137 c.c., comma 2, e non in via di eccezione (Cass. Sez. Unite, 14/04/2021, n. 9839). Nel caso in esame, il Tribunale di Milano ha tuttavia esplicitato che non sono state impugnate dal (OMISSIS) le delibere assembleari di approvazione e ripartizione delle spese poste a fondamento del decreto ingiuntivo ex articolo 63 disp. att. c.c.
2.5. Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, la questione dell’appartenenza, o meno, di un’unita’ immobiliare di proprieta’ esclusiva ad un condominio edilizio, ovvero della titolarita’ comune o individuale di una porzione dell’edificio, in quanto inerente all’esistenza del rapporto di condominialita’ ex articolo 1117 c.c., puo’ formare oggetto di un accertamento meramente incidentale, funzionale alla decisione della sola causa sulla pretesa di pagamento delle spese, ma privo – in assenza di esplicita domanda di una delle parti ai sensi dell’articolo 34 c.p.c. – di efficacia di giudicato in ordine all’estensione dei diritti reali dei singoli, svolgendosi il giudizio, ai sensi dell’articolo 1130 c.c., n. 3) e articolo 1131 c.c., nei confronti dell’amministratore del condominio, senza la partecipazione, quali legittimati passivi, di tutti i condomini in una situazione di litisconsorzio necessario (arg. da Cass. Sez. 2, 22/11/2021, n. 35794; Cass. Sez. 6 – 2, 21/02/2020, n. 4697). Cio’ comporta che l’accertamento della appartenenza della proprieta’ esclusiva (OMISSIS) al (OMISSIS) compiuto nel presente giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, cosi’ come i medesimi accertamenti sul punto contenuti nei precedenti giudizi di opposizione ex articolo 63 disp. att. c.c. (richiamati dal ricorrente al fine di lamentare la “nullita’” del decreto o la violazione del “giudicato”), non travalicano l’interesse relativo ai rispettivi giudizi in cui sono stati compiuti e non possono percio’ influire altresi’ su liti diverse insorte o che insorgeranno fra le stesse parti.
D’altro canto, il Tribunale di Milano ha spiegato che la sentenza n. 8395/2014 conteneva una statuizione su una questione di rito, la quale da’ luogo soltanto al giudicato formale ed ha effetto limitato al rapporto processuale nel cui ambito e’ emanata, non essendo idonea a produrre gli effetti del giudicato in senso sostanziale. Ne’ il ricorrente indica quale affermazione contenuta nella decisione da cassare si ponga in contrasto con la portata della pregressa res iudicata, non potendosi altrimenti devolvere alla Suprema Corte di riesaminare officiosamente ogni statuizione contenuta nella prima in rapporto ad ogni statuizione contenuta nella seconda.

 

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2.6. Questa Corte ha piu’ volte affermato che la disciplina del condominio degli edifici, di cui agli articoli 1117 c.c. e ss., e’ ravvisabile ogni qual volta sia accertato in fatto un rapporto di accessorieta’ necessaria che lega alcune parti comuni, quale quelle elencate in via esemplificativa – se il contrario non risulta dal titolo – dall’articolo 1117 c.c., a porzioni, o unita’ immobiliari, di proprieta’ singola, delle quali le prime rendono possibile l’esistenza stessa o l’uso. La nozione di condominio si configura, pertanto, non solo nell’ipotesi di fabbricati che si estendono in senso verticale ma anche nel caso di beni adiacenti orizzontalmente, purche’ dotati delle strutture portanti e degli impianti essenziali indicati dal citato articolo 1117 c.c. Peraltro, pure quando manchi un cosi’ stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, la condominialita’ di un complesso immobiliare, che comprenda porzioni eterogenee per struttura e destinazione, puo’ essere frutto della autonomia privata. Anche, dunque, i proprietari esclusivi di unita’ immobiliari poste al piano terra, che costituiscano un corpo separato avente comunque accesso dalla facciata dell’edificio comune, possono dirsi condomini, in base ai criteri fissati dall’articolo 1117 c.c., e quindi presumersi comproprietari (nonche’ obbligati a concorrere alle relative spese, ex articolo 1123 c.c.) di quelle parti comuni che, al momento della formazione del condominio, si trovassero in rapporto di accessorieta’, strutturale e funzionale, con le singole porzioni immobiliari. Il Tribunale di Milano ha compiuto il proprio accertamento operando una valutazione dello stato effettivo dei luoghi ed un’indagine in ordine all’ubicazione dei beni, nonche’ ricostruendo la volonta’ pattizia in base ai titoli di acquisto, cosi’ pervenendo al convincimento che le unita’ immobiliari di proprieta’ esclusiva (OMISSIS) appartengono strutturalmente al complesso edilizio condominiale e percio’, rispetto ad esse, sussiste il collegamento strumentale, materiale o funzionale, ovvero la relazione di accessorio a principale ed il rapporto di pertinenza – che e’ il presupposto necessario del diritto di condominio – con le parti comuni.
Tale indagine, diretta a stabilire, anche attraverso l’interpretazione dei titoli di acquisto, se la situazione obiettiva presenti i caratteri necessari a rendere applicabile la presunzione di comunione prevista dall’articolo 1117 c.c., si risolve in un apprezzamento di fatto, che esula dal sindacato di legittimita’ se non nei limiti dell’omesso esame di fatto storico ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
2.7. Il quarto motivo di ricorso, prospettando che nell’atto di acquisto in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS) non fosse compreso il diritto sulle parti comuni, trascura di confrontarsi col precetto dell’articolo 1118 c.c., il quale vieta la cessione della proprieta’ esclusiva separata dal diritto sui beni comuni legati ai primi per effetto di incorporazione.
2.8. Il quinto motivo di ricorso trascura che gli aventi causa nei cui confronti, a norma dell’articolo 2909 c.c., fa stato l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato, sono tutti i soggetti che, dopo la formazione del giudicato, sono subentrati alle parti nella titolarita’ delle correlative situazioni giuridiche, attive e passive, dedotte in giudizio e sulle quali incide il comando giurisdizionale passato in giudicato.
2.9. Il sesto motivo di ricorso censura la statuizione del giudice d’appello che ha ritenuto precluso l’esame dell’eccezione di prescrizione, “non avendo l’opponente neppure specificato il tipo di eccezione sottoposta al tribunale ed i termini prescrizionali cui intende riferirsi”, nuovamente senza specificare il tenore dell’eccezione, il tempo e il luogo della sua deduzione, nonche’ il fatto che, permettendo l’esercizio del diritto di credito azionato dal Condominio, aveva determinato l’inizio della decorrenza del termine.
2.10. Il settimo motivo in tema di spese processuali e’ inammissibile perche’ non allega ne’ l’avvenuta violazione delle tariffe professionali, ne’ gli errori commessi dal giudice, ne’ le voci della tabella che si ritengono violate.
3. Il ricorso va percio’ dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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