Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 novembre 2021| n. 33198.

Ai fini della configurabilità del rapporto di mediazione, non è affatto necessaria l’esistenza di un preventivo conferimento di incarico per la ricerca di un acquirente o di un venditore, ma è sufficiente che la parte abbia accettato l’attività del mediatore avvantaggiandosi della relativa opera. Il rapporto di mediazione, inteso come interposizione neutrale tra due o più persone per agevolare la conclusione di un determinato affare, non postula, infatti, necessariamente un preventivo accordo delle parti sulla persona del mediatore, ma è configurabile pure in relazione ad una materiale attività intermediatrice che i contraenti accettano anche soltanto tacitamente, utilizzandone i risultati ai fini della stipula del contratto: sicché, ove il rapporto di mediazione sia sorto per incarico di una delle parti, ma abbia avuto poi l’acquiescenza dell’altra, quest’ultima resta del pari vincolata verso il mediatore

Ordinanza|10 novembre 2021| n. 33198. Configurabilità del rapporto di mediazione

Data udienza 24 giugno 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Mediazione immobiliare – Diritto alla provvigione del mediatore – Conclusione dell’affare in rapporto causale con l’attività – Sufficienza del contatto tra le parti da parte del mediatore – Preventivo accordo di conferimento dell’incarico al mediatore da parte di un cliente – Non necessità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 16110-2020 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS) E (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS) per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS) per procura speciale in calce ai controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA n. 867/2020 della CORTE D’APPELLO DI FIRENZE, depositata il 27/4/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/6/2021 dal Consigliere Dott. DONGIACOMO GIUSEPPE.

Configurabilità del rapporto di mediazione

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS), in qualita’ dell’agenzia immobiliare (OMISSIS), ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Pisa, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) lamentando che gli stessi, dopo essersi avvalsi dell’attivita’ di mediazione della sua agenzia immobiliare (OMISSIS), avevano acquistato, rivolgendosi direttamente al proprietario, e cioe’ la Immobiliare Servizi s.r.l., un immobile facente parte di un complesso edilizio in Tirrenia, denominato “Villaggio Solidago”, ed ha chiesto, quindi, la condanna degli stessi al pagamento, in via solidale, della provvigione per l’attivita’ di mediazione svolta, nella misura del 2/o del prezzo di vendita, pari ad Euro 4.872,00.
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito alla domanda deducendo di 1) non aver mai concluso alcun contratto formale con l’attrice e 2) negando che quest’ultima avesse svolto un’attivita’ di mediazione con riferimento alla compravendita che gli stessi avevano concluso con la (OMISSIS) s.r.l..

 

Configurabilità del rapporto di mediazione

 

Il tribunale, con sentenza del 21/10/2015, ha rigettato la domanda dell’attrice.
(OMISSIS) ha proposto appello lamentando, in sostanza, che il giudice di primo grado avesse erroneamente valutato le risultanze istruttorie li’ dove aveva qualificato l’attivita’ svolta dall’attrice come “procacciamento d’affari” per conto della societa’ venditrice e non quale autonomo e distinto rapporto di mediazione.
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito al gravame, chiedendone il rigetto.
La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha accolto l’appello proposto dalla (OMISSIS) ed ha, per l’effetto, condannato (OMISSIS)Di Bugno Andrea(OMISSIS)Vuturo Gianluca (OMISSIS)
(OMISSIS)
(OMISSIS)
(OMISSIS)Vuturo (OMISSIS)
(OMISSIS)Vuturo(OMISSIS)Di Bugno (OMISSIS)
(OMISSIS)
(OMISSIS)
(OMISSIS)
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con ricorso notificato il 3/6/2020, hanno chiesto, per cinque motivi, la cassazione della sentenza.
(OMISSIS) ha resistito con controricorso.

 

Configurabilità del rapporto di mediazione

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, in relazione agli articoli 115 e 116 c.p.c. e all’articolo 2697 c.c., hanno censurato, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che il tribunale avesse erroneamente qualificato il rapporto tra la proprietaria del complesso e l’agenzia (OMISSIS) come “procacciamento d’affari”, senza, tuttavia, considerare che l’attrice, avendo agito in giudizio per il pagamento della provvigione, aveva il preciso onere, rimasto pero’ inadempiuto, di dimostrare l’esistenza del rapporto di mediazione tra l’agenzia (OMISSIS) e i convenuti, e cioe’ di fornire la puntuale prova che il contratto di compravendita era stato concluso per effetto del suo intervento e che la stessa non era legata ad alcuna delle parti da rapporti di collaborazione, di dipendenza e di rappresentanza.
2. Con il secondo motivo, i ricorrenti, lamentando l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, in relazione agli articoli 115 e 116 c.p.c. e all’articolo 2697 c.c., hanno censurato, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che il tribunale avesse erroneamente escluso la sussistenza del rapporto di mediazione senza, tuttavia, considerare che dagli elementi emersi dalle prove raccolte era risultato ampiamente provato che i convenuti si erano recati presso l’Ufficio Vendite del (OMISSIS) e non presso l’agenzia (OMISSIS) e che i contatti tra i convenuti ed il complesso immobiliare fossero ben risalenti rispetto ai contatti con l’agenzia, la quale si era limitata a fornire informazioni su una tipologia di appartamenti diversa da quella dell’appartamento, mai proposto dall’ (OMISSIS), che gli stessi hanno poi acquistato.
3. Con il terzo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1754 c.c. e s.s., della L. n. 39 del 1989 e del Decreto Legislativo n. 59 del 2010, articolo 73, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha omesso di considerare che, com’e’ emerso dall’istruttoria, i soggetti che avevano interagito con i convenuti non erano iscritti nell’albo dei mediatori, essendo risultato che l’unica iscritta era (OMISSIS) che, pero’, gli stessi non hanno mai incontrato.

 

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4. Con il quarto motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1754 c.c. e s.s e dell’articolo 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha erroneamente ritenuto che era risultata provata in giudizio la consapevolezza dei convenuti di aver instaurato un rapporto di mediazione.
5. Con il quinto motivo, i ricorrenti, lamentando l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, in relazione agli articoli 115 e 116 c.p.c. e all’articolo 2697 c.c., hanno censurato, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’importo della provvigione, pari al 2% del prezzo di vendita, non era stato oggetto di una specifica contestazione da parte degli appellanti e doveva ritenersi congruo, omettendo, tuttavia, di considerare che i convenuti avevano espressamente contestato il quantum debeatur e che tale eccezione era stata dagli stessi espressamente riproposta nell’atto di costituzione in appello.
6.1. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati.
6.2. Escluso, invero, ogni rilievo alle questione giuridiche che implicano un accertamento in fatto delle quali la sentenza impugnata non tratta, come la dedotta mancanza di iscrizione nell’albo dei mediatori dei dipendenti dell’agenzia, tanto piu’ a fronte della riconosciuta iscrizione della titolare della stessa, che ha poi agito in giudizio per il pagamento della provvigione, rileva la Corte che il diritto del mediatore alla provvigione sorge, in effetti, tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attivita’ intermediatrice, pur non richiedendosi che, tra l’attivita’ del mediatore e la conclusione dell’affare, sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo, ed essendo, viceversa, sufficiente che, anche in presenza di un processo di formazione della volonta’ delle parti complesso ed articolato nel tempo, la “messa in relazione” delle stesse costituisca l’antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione del contratto.

 

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6.3. Ne consegue che la prestazione del mediatore ben puo’ esaurirsi nel ritrovamento e nell’indicazione di uno dei contraenti, indipendentemente dal suo intervento nelle varie fasi delle trattative sino alla stipula del negozio, ove la prestazione stessa sia ritenuta come conseguenza prossima o remota della sua opera, tale, cioe’, che, senza di essa, il negozio stesso non sarebbe stato concluso, secondo i principi della causalita’ adeguata (Cass. n. 34:38 del 2002, la quale ha riconosciuto il diritto alla provvigione al mediatore che aveva fissato un appuntamento presso il cantiere della societa’ alienante, aveva fatto visionare al futuro acquirente l’intero complesso edilizio oggetto della trattativa ed aveva mostrato una delle unita’ immobiliari di cui il complesso stesso si componeva, senza attribuire rilievo ostativo all’intervallo di circa sette mesi intercorso tra tale attivita’ e la conclusione del contratto; conf. Cass. n. 9884 del 2008; Cass. n. 23438 del 2004).
6.4. Il diritto del mediatore alla provvigione sorge, quindi, tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attivita’ intermediatrice, non occorrendo un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l’attivita’ del mediatore e la conclusione dell’affare, poiche’ e’ sufficiente che il mediatore – pur in assenza di un suo intervento in tutte le fasi della trattativa ed anche in presenza di un processo di formazione della volonta’ delle parti complesso ed articolato nel tempo – abbia messo in relazione le stesse, si’ da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalita’ adeguata (Cass. n. 869 del 2018, secondo la quale). L’attivita’ consistente nel reperimento e nell’indicazione dell’altro contraente ovvero nella segnalazione dell’affare legittima, pertanto, il diritto alla provvigione tutte le volte in cui la descritta attivita’ costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore e poi valorizzata dalle parti (Cass. n. 4822 del 2012, in motiv.; Cass. n. 7253 del 2002).
2.3. D’altra parte, ai fini della configurabilita’ del rapporto di mediazione, non e’ affatto necessaria l’esistenza di un preventivo conferimento di incarico per la ricerca di un acquirente o di un venditore, ma e’ sufficiente che, come risultato in fatto nel caso in esame, la parte abbia accettato l’attivita’ del mediatore avvantaggiandosi della relativa opera (Cass. n. 11656 del 2018; Cass. n. 25851 del 2014). Il rapporto di mediazione, inteso come interposizione neutrale tra due o piu’ persone per agevolare la conclusione di un determinato affare, non postula, infatti, necessariamente un preventivo accordo delle parti sulla persona del mediatore, ma e’ configurabile pure in relazione ad una materiale attivita’ intermediatrice che i contraenti accettano anche soltanto tacitamente, utilizzandone i risultati ai fini della stipula del contratto: sicche’, ove il rapporto di mediazione sia sorto per incarico di una delle parti, ma abbia avuto poi l’acquiescenza dell’altra, quest’ultima resta del pari vincolata verso il mediatore (Cass. n. 21737 del 2010).

 

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6.5. Il diritto alla provvigione del mediatore per l’attivita’ di mediazione prestata in favore di una delle parti contraenti sussiste, del resto, anche nel caso in cui lo stesso sia stato contemporaneamente procacciatore d’affari dell’altro contraente. Se e’ vero, infatti, che, di norma, il procacciatore d’affari ha diritto al pagamento solo nei confronti della parte alla quale sia legato da rapporti di collaborazione, e’ anche vero, pero’, che tale “normale” assetto del rapporto puo’ essere derogato dalle parti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, ben potendo il procacciatore, nel promuovere gli affari del suo mandante, svolgere attivita’ utile anche nei confronti dell’altro contraente con piena consapevolezza e accettazione da parte di quest’ultimo. Di conseguenza, essendo il procacciatore di affari figura atipica, i cui connotati, effetti e compatibilita’, vanno individuati di volta in volta, con riguardo alla singola fattispecie, occorre avere riguardo, in materia, al concreto atteggiarsi del rapporto e, in particolare, alla natura dell’attivita’ svolta e agli accordi concretamente intercorsi con la parte che non abbia conferito l’incarico (Cass. n. 12651 del 2020; Cass. n. 14582 del 2007): come, in effetti, risulta, in fatto, accertato nel caso di specie.
6.6. La corte d’appello, infatti, con apprezzamento in
fatto che i ricorrenti non hanno censurato per aver del tutto omesso l’esame di uno o piu’ fatti decisivi risultanti dalla sentenza o dagli atti del giudizio, ha accertato, per un verso, che i convenuti avessero accettato l’opera del mediatore, conoscendo addirittura l’entita’ del compenso richiesto, e, per altro verso, che il contratto di compravendita che gli stessi avevano poi stipulato era stato concluso per effetto dell’intervento dell’agenzia (OMISSIS), a nulla rilevando che i convenuti non le avessero conferito neppure verbalmente uno specifico incarico di procurare loro l’acquisto di un immobile con determinate caratteristiche.
6.7. I ricorrenti, per il resto, pur deducendo vizi di
violazione di norme di legge, sostanziale e processuale, hanno lamentato, in sostanza, l’erronea ricognizione dei fatti che, alla luce delle prove raccolte, hanno operato i giudici di merito, li’ dove, in particolare, questi, ad onta delle asserite emergenze delle stesse, hanno ritenuto che il contratto di compravendita immobiliare stipulato dai convenuti era stato concluso per effetto dell’intervento dell’agenzia (OMISSIS) e che i convenuti non avevano specificamente contestato l’entita’ del compenso richiesto in giudizio.

 

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6.8. La valutazione delle prove raccolte, pero’, anche se si tratta di quella conseguente alla mancata contestazione dei fatti dedotti dalla controparte, costituisce un’attivita’ riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale (come quella diretta a stabilire se il contratto di compravendita immobiliare stipulato dai convenuti fosse o meno conseguenza dell’opera d’intermediazione dell’agenzia dell’attrice) non sono sindacabili in cassazione se non per il vizio consistito, come stabilito dall’articolo 360 c.p.c., n. 5, nell’avere del tutto omesso, in sede di accertamento della fattispecie concreta, l’esame di uno o piu’ fatti storici, principali o secondari, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbiano costituito oggetto di discussione tra le parti e abbiano carattere decisivo, vale a dire che, se esaminati, avrebbero determinato un esito diverso della controversia.
6.9. Nel quadro del principio, espresso nell’articolo 116 c.p.c., di libera valutazione delle prove (salvo che non abbiano natura di prova legale), del resto, il giudice civile ben puo’ apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e cosi’ escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti: il relativo apprezzamento e’ insindacabile in sede di legittimita’, purche’ risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, agli elementi utilizzati. (Cass. n. 11176 del 2017). Il compito di questa Corte, in effetti, non e’ quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata ne’ quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il loro ragionamento probatorio, qual e’ reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto, com’e’ accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.).

 

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6.10. La corte d’appello, invero, dopo aver esaminato le prove raccolte in giudizio, ha, in modo logico e coerente, indicato le ragioni per le quali ha ritenuto che l’attrice avesse dimostrato in giudizio sia che i convenuti avevano conosciuto e accettato l’opera della sua agenzia immobiliare, sia che il contratto di acquisto da loro stipulato era conseguito all’attivita’ di mediazione svolta dalla stessa. Ed una volta affermato, come la corte ha ritenuto senza che tale apprezzamento in fatto sia stato utilmente censurato (nell’unico modo possibile, e cioe’, a norma dell’articolo 360 c.p.c., n. 5) per omesso esame di una o piu’ circostanze decisive, che le parti avevano accettato l’opera del mediatore e che l’affare era stato concluso per effetto della sua attivita’ (a tal fine non rilevando l’omesso esame di elementi istruttori qualora il fatto storico, rilevante in causa, vale a dire l’intervenuta conclusione di un accordo in conseguenza dell’opera del mediatore, sia stato, come nel caso di specie, comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie), non si presta, evidentemente, a censure la decisione che lo stesso giudice ha conseguentemente assunto, e cioe’ l’accoglimento della domanda proposta dall’attrice siccome volta al conseguimento della provvigione per l’attivita’ di mediazione svolta: la quale, in effetti, presuppone, a norma dell’articolo 1755 c.c., che la conclusione del’affare sia in rapporto causale con l’attivita’ intermediatrice.
6.11. La violazione del precetto di cui all’articolo 2697 c.c., del resto, si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma: non anche quando, come invece pretende il ricorrente, la censura abbia avuto ad oggetto la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti, li’ dove ha ritenuto (in ipotesi erroneamente) assolto (o non assolto) tale onere ad opera della parte che ne era gravata in forza della predetta norma, che e’ sindacabile, in sede di legittimita’, entro i ristretti limiti previsti dall’articolo 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. n. 17313 del 2020; Cass. n. 13395 del 2018).
6.12. E neppure, infine, rileva l’invocata violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., che e’ deducibile in cassazione, a norma dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, solo se ed in quanto si alleghi, rispettivamente, che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioe’ abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, o contraddicendola espressamente, e cioe’ dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, e cioe’ giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio, ovvero che il giudice, nel valutare una prova ovvero una risultanza probatoria, o non abbia operato, pur in assenza di una diversa indicazione normativa, secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), o che abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento laddove la prova era soggetta ad una specifica regola di valutazione: resta, dunque, fermo che tali violazioni non possono essere ravvisate, come invece pretendono i ricorrenti, nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass. n. 11892 del 2016, in motiv.).
7. Il ricorso dev’essere, quindi, respinto. Peraltro, poiche’ il giudice di merito ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimita’, senza che il ricorrente abbia offerto ragioni sufficienti per mutare tali orientamenti, il ricorso, a norma dell’articolo 360 bis n. 1 c.p.c., e’ manifestamente inammissibile.
8. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
9. La Corte da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte cosi’ provvede: dichiara l’inammissibilita’ del ricorso; condanna i ricorrenti a rimborsare alla controricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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