Configurabilità del delitto di violenza sessuale

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|14 ottobre 2021| n. 37460.

Ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale, non occorre che la violenza si espliciti con forma o veemenza particolare, ovvero in modo brutale ed aggressivo, potendo manifestarsi anche come sopraffazione funzionale e limitata alla pretesa dell’atto sessuale. (Fattispecie in cui l’imputato, nonostante la resistenza opposta, aveva stretto il viso della moglie per imporle un bacio sulle labbra, impedendole di sfuggire alla presa).

Sentenza|14 ottobre 2021| n. 37460. Configurabilità del delitto di violenza sessuale

Data udienza 22 settembre 2021

Integrale

Tag – parola: Sequestro di persona – Violenza privata – Delitto tentato – Circostanze aggravanti – Maltrattamenti in famiglia – Condanna – Sospensione condizionale della pena – Presupposti – Elementi probatori – Dichiarazioni della persona offesa – Attendibilità – Valutazione del giudice di merito – Sentenza della corte di cassazione a sezioni unite 41461 del2012 – Criteri – Decreto legislativo 274 del 2000

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MICCOLI Grazia – Presidente

Dott. SCARLINI E. V. S. – Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere

Dott. SESSA Renata – Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 21/12/2018 della CORTE APPELLO di MESSINA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MATILDE BRANCACCIO;
udito il Sostituto Procuratore Generale Dott. BIRRITTERI Luigi, che ha concluso chiedendo come da requisitoria in atti (per l’inammissibilita’ del ricorso).

Configurabilità del delitto di violenza sessuale

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’Appello di Messina, con la decisione in epigrafe, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Messina il 6.2.2018, ha rideterminato la pena nei confronti di (OMISSIS), fissandola in due anni di reclusione, concedendo il beneficio della sospensione condizionale, ed ha confermato la condanna a suo carico per i reati di sequestro di persona ai danni della moglie (OMISSIS) e dei tre figli minori; lesioni aggravate, tentata violenza privata aggravata, violenza sessuale e maltrattamenti ai danni della citata moglie.
Le condotte sono state commesse tra (OMISSIS) nell’ambito di un rapporto di coppia che l’imputato aveva improntato a prevaricazione, violenza, vessazione ai danni della moglie e dei figli.
2. Propone ricorso l’imputato deducendo, tramite il difensore, due distinti motivi di censura.
2.1. Il primo motivo denuncia vizio di violazione di legge e di motivazione quanto alla ritenuta attendibilita’ della testimone-persona offesa dal reato, nonche’ moglie dell’imputato, la quale avrebbe creato le condizioni per ottenere una separazione consensuale proprio grazie alle querele e raggiungere, cosi’, senza addebiti di sorta, il proprio obiettivo di trasferirsi in (OMISSIS), dove risiede la propria famiglia di origine, senza che il marito potesse opporsi (il ricorso enuncia come elemento di sospetto la mancata costituzione di parte civile da parte della donna, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte d’Appello).
Le sue dichiarazioni dibattimentali non sarebbero sufficienti a provare il reato di maltrattamenti, mancando la necessaria continuita’ e reiterazione delle vessazioni, ne’ quello di violenza sessuale, quest’ultimo peraltro consistito nel baciare sulla bocca la vittima contro la sua volonta’ ma senza violenze fisiche particolari, ne’ violenze verbali. L’utilizzazione delle querele da parte della Corte d’Appello violerebbe i principi del giusto processo dettati dall’articolo 6 CEDU.
Il ricorso denuncia anche l’inidoneita’ a provare i reati delle dichiarazioni degli altri testimoni, ritenute di conforto a quelle della vittima, ed il travisamento della stessa prova dichiarativa da parte dei giudici di merito.
2.2. Il secondo motivo di ricorso eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione rispetto ai reati: di lesioni personali volontarie derivate da un unico schiaffo, che avrebbe invece dovuto essere riqualificato nella meno grave fattispecie di percosse; di violenza privata, della quale nulla e’ stato dichiarato dalla vittima in dibattimento; di sequestro di persona ai danni della moglie e dei figli minori, poiche’ il ricorrente non ha mai dimostrato la volonta’ di privare della liberta’ personale i propri familiari ma soltanto ha inteso impedire che la moglie venisse meno, come gia’ accaduto in passato, ai propri doveri genitoriali. Tanto cio’ e’ vero, che l’imputato, dopo aver chiuso a chiave l’appartamento, ha lasciato le chiavi nella toppa e si e’ recato presso gli uffici degli assistenti sociali, dove poi e’ stato trovato dai carabinieri, allertati dalla moglie, la quale, significativamente, era in possesso di un cellulare, a riprova dell’impossibilita’ di configurare la fattispecie di sequestro di persona.
Infine, la tentata violenza privata sarebbe insussistente, poiche’ semplicemente andrebbe ricondotta ad un litigio tra coniugi nell’ambito della crisi matrimoniale che stavano attraversando: il ricorrente non aveva intenzione di nuocere in alcun modo alla moglie, ma provava a farla ragionare rispetto ai suoi doveri di moglie e madre.
La testimonianza delle assistenti sociali, che prova tale ricostruzione dei fatti, e’ stata ignorata dalla Corte d’Appello.
2.3. Il ricorrente ha depositato motivi nuovi con i quali, da un lato, ribadisce le ragioni di inattendibilita’ della principale testimone dei reati, la sua ex moglie e vittima (fornendo anche particolari sulla sua vita sentimentale in (OMISSIS) e rimarcando l’intenzione di costei, mediante le denunce, di conseguire condizioni di separazione ed affidamento dei figli piu’ favorevoli); dall’altro, deduce violazione di legge, per non avere i giudici di merito ritenuto assorbito il delitto di sequestro di persona in quello di maltrattamenti, nonche’ violazione di legge in relazione alla sanzione inflitta al ricorrente per il reato di lesioni volontarie contestato al capo B, che non avrebbe tenuto conto, irrogando la pena della reclusione pari a 15 giorni, della circostanza che il reato, di competenza del giudice di pace, non ammette sanzioni detentive di sorta.
3. Il PG ha chiesto che venga dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso.
4. Il ricorrente ha depositato memoria difensiva ex articolo 121 c.p.p. con cui contesta le conclusioni del Procuratore Generale.
4.1. Inoltre, con ulteriore memoria, il ricorrente ha depositato un documento da cui afferma sarebbe evincibile la prova dell’inattendibilita’ della propria ex moglie e vittima dei reati, la quale avrebbe una relazione sentimentale con un cittadino tedesco da cui avrebbe avuto un figlio in (OMISSIS).

 

Configurabilità del delitto di violenza sessuale

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ complessivamente inammissibile.
2. Il primo motivo di censura, relativo all’attendibilita’ della persona offesa-testimone, e’ del tutto privo di fondamento.
La Corte d’Appello ha ampiamente argomentato delle ragioni in base alle quali ha ritenuto pienamente attendibile il narrato della moglie del ricorrente, vittima principale dei reati, sottolineando l’assenza di qualsiasi traccia di intenti calunniatori o strumentali da parte della donna, che, anzi, non ha mai manifestato animosita’ o rancore nei confronti del marito, cercando addirittura di edulcorare le iniziali accuse formulate nei suoi riguardi; neppure ella – evidenziano i giudici d’appello – si e’ costituita parte civile (circostanza che le Sezioni Unite, nell’affermare la sufficienza delle sole dichiarazioni della persona offesa dal reato a sostenere l’accusa, ritengono comunque fondante un onere di piu’ accurata verifica del suo racconto, pur senza mai giungere a ritenere la necessita’ di riscontri ai sensi dell’articolo 192 c.p.p., comma 3: cfr. Sez. U, n. 41461 del 19/7/2012, Bell’Arte, Rv. 253214).
Inoltre, le dichiarazioni della vittima sono state analizzate dai giudici di merito nella loro logicita’, coerenza ed assenza di contraddizioni, nonche’, in ogni caso, si giovano di numerosi elementi esterni di conferma, focalizzati dalla sentenza impugnata e nient’affatto scalfiti da apodittiche ed a tratti generiche obiezioni dell’imputato sulla loro valenza. Ed infatti: quanto alla prima contestazione di sequestro di persona, i testi di polizia giudiziaria intervenuti per “liberare” la vittima ed i suoi tre figli, chiusi a chiave nell’abitazione familiare dall’imputato, hanno constatato come costui avesse lasciato le chiavi inserite nella serratura dall’esterno, proprio per impedire poter aprire dall’interno; le lesioni derivate alla vittima dallo schiaffo subito dal marito si giovano del racconto di testimoni che hanno assistito al fatto e del referto medico conseguente alle cure necessarie; quanto ai maltrattamenti ed all’episodio ulteriore di sequestro di persona ai danni di moglie e figli, la testimonianza precisa di un’amica della vittima pone evidente conferma alla denuncia della persona offesa; infine, per gli ulteriori reati, oltre alla coerenza delle dichiarazioni di quest’ultima, di per se’ sufficienti a fondare l’accusa, i giudici d’appello segnalano anche la valenza delle stesse dichiarazioni dell’imputato, in parte confessorie su tutte le vicende al centro di tutte le imputazioni.

 

Configurabilità del delitto di violenza sessuale

2.1. In particolare, avuto riguardo alla violenza sessuale consistita nel costringere la moglie, non consenziente, a subire un bacio sulla bocca, il ricorrente sembra adombrare, altresi’, la tesi secondo cui, data l’assenza di una vera e propria violenza fisica o verbale, un tale bacio non potrebbe configurare il reato di cui all’articolo 609-bis c.p..
In proposito, si rammenta anzitutto che, secondo una tesi risalente, ai fini della configurabilita’ del reato di violenza sessuale, va qualificato come “atto sessuale” anche il bacio sulla bocca che sia limitato al semplice contatto delle labbra (potendosi detta connotazione escludere solo in presenza di particolari contesti sociali, culturali o familiari nei quali l’atto risulti privo di valenza erotica, come, ad esempio, nel caso del bacio sulla bocca scambiato, nella tradizione russa, come segno di saluto: Sez. 3, n. 25112 del 13/2/2007, Greco, Rv. 236964; Sez. 3, n. 41536 del 29/10/2009).
Giurisprudenza piu’ recente ha pur sempre ritenuto che un bacio sulla bocca possa configurare il reato di violenza sessuale, sebbene insistendo sulla necessita’, in tale fattispecie (cosi’ come in tutte quei casi nei quali baci o abbracci siano non direttamente indirizzati a zone chiaramente definibili come erogene), di valutare la condotta nel suo complesso, il contesto sociale e culturale in cui l’azione e’ stata realizzata, la sua incidenza sulla liberta’ sessuale della persona offesa, il contesto relazionale intercorrente tra i soggetti coinvolti e ogni altro dato fattuale qualificante (Sez. 3, n. 964 del 26/11/2014, dep. 2015, R., Rv. 261634; vedi anche Sez. 3, n. 10248 del 12/2/2014, M., Rv. 258588). Tanto chiarito, deve rilevarsi come, d’altro canto, ai fini della sussistenza del delitto in esame, non occorra che la violenza sia di forma o veemenza particolare o, men che meno, brutale ed aggressiva, potendo essa manifestarsi anche come sopraffazione funzionale e limitata alla pretesa dell’atto sessuale stesso: nella specie, l’imputato ha stretto il viso della vittima bloccandola per imporle il bacio sulla bocca e, contemporaneamente, e, nonostante la resistenza oppostagli, le ha impedito di sfuggire alla sua presa.
Il piano di mancato consenso in cui si poneva l’atto sessuale, poi, era del tutto pacifico e noto al ricorrente, il quale non voleva rassegnarsi alla fine del rapporto sentimentale con sua moglie, che gli aveva gia’ da tempo comunicato l’intenzione di lasciarlo e trasferirsi in (OMISSIS).
Alla luce della ricostruzione dei fatti operata attraverso l’analisi delle prove emerse, non vi e’ dubbio, pertanto, che, del tutto logicamente e coerentemente rispetto alle indicazioni ermeneutiche di legittimita’, la Corte d’Appello abbia ritenuto configurabile il delitto di violenza sessuale a carico dell’imputato, allargando la verifica ai dati di contesto, oltre che al gesto di valenza sessuale in se’ considerato.

 

Configurabilità del delitto di violenza sessuale

Infine, appare evidente, sotto il profilo dell’analisi dell’elemento soggettivo del reato, che il ricorrente abbia avuto senza dubbio la volonta’ di compiere un atto invasivo e lesivo della liberta’ sessuale della vittima non consenziente, mentre e’ irrilevante l’eventuale fine ulteriore (di concupiscenza, ludico o d’umiliazione ovvero, come nel caso di specie, di tentativo di riconciliazione con la vittima) che ha spinto l’agente a commettere il reato (Sez. 3, n. 28815 del 9/5/2008, B., Rv. 240989; conf. Sez. 3 n. 39718 del 17/6/2009, Baradel, Rv. 244622; Sez. 3, n. 39710 del 21/9/2011, R., Rv. 251318; Sez. 3, n. 20754 del 17/4/2013, S., Rv. 255907).
2.2. Il ricorso e’, altresi’, generico avuto riguardo al passaggio relativo all’utilizzabilita’ delle querele, posto che la persona offesa e’ stata sentita in dibattimento e il ricorrente si limita a sostenere l’insufficienza complessiva delle dichiarazioni di costei rese in contraddittorio, nonche’ la necessita’ di utilizzare, in ausilio alla decisione, i contenuti delle querele, facendone solo pochi cenni specifici, in via esemplificativa, senza addurre puntuali doglianze.
3. Tutte le censure contenute nel secondo motivo di ricorso, nei motivi e nelle memorie ulteriori, afferenti all’affermazione di responsabilita’ del ricorrente per i reati ascrittigli, sono inammissibili perche’ svolte in fatto, secondo schemi di censura sottratti al sindacato di legittimita’, nonche’ manifestamente infondati.
Essi si risolvono in una rilettura non consentita in sede di legittimita’, di aspetti probatori valutati dal giudice di merito secondo parametri motivazionali non afflitti da vizi di contraddittorieta’, manifesta illogicita’ o carenza.
Il Collegio rammenta come, secondo l’orientamento pacificamente accolto dalla Cassazione, tra i motivi di ricorso per cassazione non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita’, dalla sua contraddittorieta’ (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicche’ sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasivita’, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita’, la stessa illogicita’ quando non manifesta, cosi’ come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilita’, della credibilita’, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 9106 del 12/2/2021, Caradonna, Rv. 280747 e Sez. 6, n. 13809 del 17/3/2015, 0., Rv. 262965).
Cio’ perche’, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimita’ la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., tra le piu’ recenti, Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482).

 

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La tesi del ricorrente, in estrema sintesi, puo’ risolversi nella seguente prospettazione: tutti i reati da lui commessi tali non sono poiche’ finalizzati a recuperare il rapporto sentimentale con la moglie ovvero al benessere familiare e, al piu’, frutto di banali litigi, estranei alla sfera dell’intervento penale.
Il ricorso non si confronta, tuttavia, con le evidenze della prova raccolta in atti, per niente frutto di travisamento che, semmai, e’ il vizio logico che affligge le sue censure, insieme all’assertiva, diversa lettura che si vuol dare a tali prove.
3.1. Infine, manifestamente infondata e’ la censura rivolta al trattamento sanzionatorio inflitto per il reato di lesioni che, in virtu’ della contestata e ritenuta aggravante prevista dall’articolo 576 c.p., comma 1, n. 5, in relazione al reato di maltrattamenti, in occasione del quale e’ stato commesso nella specie il delitto, non rientra nella competenza del giudice di pace e, dunque, non segue il regime sanzionatorio speciale.
Infatti, come noto, ai sensi del Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 4 il giudice di pace e’ competente, tra l’altro, “per i delitti consumati o tentati previsti dagli articoli 581, 582, limitatamente alle fattispecie di cui al comma 2 perseguibili a querela di parte”.
L’articolo 582 c.p., comma 2 prevede, a sua volta, che “se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute negli articoli 61, n. 11-octies, 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nell’articolo 577, n. 1 e u.p., il delitto e’ punibile a querela della persona offesa”.
Orbene, nel caso di specie, l’aggravante dell’aver commesso il fatto in occasione della commissione del delitto di maltrattamenti rientra nella previsione dell’articolo 585, che richiama tout court le aggravanti previste dall’articolo 576, a loro volta, quindi, da ritenersi ricomprese tutte nella clausola di esclusione della competenza del giudice di pace dettata dall’articolo 582 c.p., comma 2 (cfr., quanto alla procedibilita’, Sez. 6, n. 11002 del 22/1/2020, B., Rv. 278714).
4. Alla declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso segue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonche’, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilita’ (cfr. sul punto Corte Cost. n. 186 del 2000), al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000.
4.1. Deve essere disposto, altresi’, che siano omesse le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
In caso di diffusione del provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

 

Configurabilità del delitto di violenza sessuale

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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