Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 3 maggio 2019, n. 11729.
La massima estrapolata:
Poichè la nozione di condominio è configurabile anche nel caso di immobili adiacenti orizzontalmente in senso proprio, devono essere considerati beni condominiali anche le nicchie di manovra situate nello spazio intermedio tra due gruppi di abitazioni autonome
Sentenza 3 maggio 2019, n. 11729
Data udienza 13 dicembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11283/2015 R.G. proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 392/2015, depositata il 16.2.2015.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13.12.2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. VISONA’ Stefano, che ha concluso, chiedendo il rigetto del ricorso;
uditi gli avv. (OMISSIS) e l’avv. (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Treviso (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), assumendo di esser condomini del complesso denominato (OMISSIS) sito in (OMISSIS), composto da due gruppi di abitazioni autonome, poste in parallelo e divise da uno spazio intermedio ove insisteva una corsia utilizzata dalle auto per giungere alle porzioni esclusive.
Sostenevano gli attori che le controparti, nel modificare la posizione dei cancelli siti all’accesso delle loro proprieta’, avevano ridotto le aree scoperte destinate al parcheggio delle auto ed avevano iniziato a sostare i veicoli, occupando le nicchie di manovra e lo spazio comune, in modo da rendere difficoltosi l’ingresso e l’uscita dei veicoli dai garage degli altri condomini.
Il Tribunale ha respinto le domande ma la pronuncia e’ stata riformata in appello.
La Corte distrettuale di Venezia ha ritenuto – anzitutto – che la lamentata occupazione abusiva dello spazio comune mediante lo spostamento dei cancelli delle proprieta’ (OMISSIS) e (OMISSIS) non fosse stato dedotta tempestivamente in primo grado e non potesse essere presa in esame.
Ha invece stabilito che i ricorrenti avevano occupato abusivamente con i propri veicoli le nicchie di manovra e lo spazio comune, rendendo difficoltoso il transito in entrata ed in uscita dalle proprieta’ individuali.
Ha condannato i ricorrenti a risarcire il danno, quantificato in Euro 1000,00.
Per la cassazione di questa sentenza ricorrono (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria.
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato controricorso e memoria ex articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo censura la violazione dell’articolo 2725 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza ritenuto che le nicchie che si interponevano tra le porzioni esclusive e la corsia di scorrimento fossero di proprieta’ condominiale e non potessero essere utilizzate per il parcheggio delle auto, dando credito alle dichiarazioni del geometra (OMISSIS), teste de relato, contrastanti con le risultanze dei progetti depositati presso gli uffici pubblici, trascurando infine che la prova della condominialita’ delle nicchie doveva esser data per iscritto.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’articolo 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 contestando alla Corte distrettuale di aver dato rilievo, senza alcuna motivazione, alle deposizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), legati da vincoli di parentela e professionali con le parti del giudizio, senza valutare il contenuto delle testimonianze secondo prudente apprezzamento. I due motivi, che sono suscettibili di esame congiunto, sono infondati.
1.1. Non sussiste, anzitutto, la lamentata violazione di legge riguardo al fatto che la natura condominiale delle nicchie collocate lungo il tracciato interposto tra i fabbricati sia stata desunta dalle deposizioni testimoniali in assenza di prova scritta, poiche’ tale accertamento dipendeva dal riscontro della concreta destinazione delle nicchie a servizio delle proprieta’ esclusive e dalla specifica relazione di accessorieta’ tra i beni comuni e quelli di proprieta’ esclusiva, alla stregua delle complessive risultanze di causa.
Tale relazione costituisce – difatti – il presupposto applicativo della presunzione sancita dall’articolo 1117 non essendo richiesto, ai fini dell’accertamento della natura condominiale dei beni, il rigore probatorio proprio dell’azione di rivendica (Cass. 20593/2018; Cass. 11195/2010; Cass. 15372/2000; Cass. 884/2018; Cass.20071/2017), fermo inoltre che la predetta presunzione puo’ essere vinta solo da un titolo contrario (da intendersi come atto costitutivo del condominio: Cass. 11877/2002; Cass. 11844/1997; Cass. 9062/1994), la cui esistenza deve essere dedotta e dimostrata dal condomino che si affermi proprietario esclusivo del bene o della porzione controversa (Cass. 27145/2017).
Va inoltre precisato che, in considerazione del rapporto di accessorieta’ necessaria che lega le parti comuni dell’edificio alle proprieta’ singole, la condominialita’ non e’ esclusa per il solo fatto che le costruzioni siano realizzate, anziche’ come porzioni di piano l’una sull’altra (condominio verticale), quali proprieta’ singole in sequenza (villette a schiera, condominio in orizzontale), poiche’ la nozione di condominio e’ configurabile anche nel caso di immobili adiacenti orizzontalmente in senso proprio, ove dotati delle strutture e degli impianti essenziali indicati dall’articolo 1117 c.c. (Cass. 27360/2016; Cass. 18344/2015; Cass. 4973/2007; Cass. 8066/2005).
1.2. La decisione non e’ infine censurabile, ai sensi dell’articolo 116 c.p.c., per aver ritenuto credibili le dichiarazioni testimoniali de relato o rese da soggetti legami da vincoli di parentela e professionali con le parti.
Premesso che, a seguito della pronuncia di incostituzionalita’ dell’articolo 247 c.p.c. (Corte Cost. 248/1974), la sussistenza di rapporti di parentela tra i testi e le parti non si traduce in un motivo di incapacita’ a testimoniare, ne’ comporta ex se alcun giudizio di inattendibilita’ delle dichiarazioni rese in giudizio, e che la testimonianza de relato, pur se munita di una valenza probatoria attenuata, e’ certamente utilizzabile per la decisione specie se, come nel caso concreto, confermata dal raffronto con le altre risultanze processualita’ (cfr. sentenza pag. 9; Cass. 8358/2007; Cass. 43/1998), resta che l’apprezzamento delle prove ed il giudizio di attendibilita’ dei testi, anche in presenza di particolari legami con le parti, e’ rimessa al giudice di merito ed e’ sindacabile solo per vizi di motivazione (Cass. 25358/2015; Cass. 1109/2006; Cass. 7061/2002).
La violazione dell’articolo 116 c.p.c. non e’ – invece – invocabile per censurare il modo in cui il giudice abbia valutato le risultanze probatorie e selezionato quelle ritenute idonee a sostenere le decisioni assunte, ma solo se sia stato disatteso il principio di libera valutazione delle risultanze processuali in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, se sia stata valutata secondo prudente apprezzamento una prova soggetta ad un diverso regime. (Cass. 11892/2016; Cass. 13960/2013; Cass. 26965/2007).
2. Il terzo motivo censura l’omesso esame e l’omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, eccependo che il c.t.u. aveva precisato che la corsia di scorrimento tra gli edifici aveva una larghezza effettiva di mt. 5,20, a fronte di quella di mt. 4,50 risultante dai progetti, conseguendone che la proprieta’ esclusiva si estendeva di circa cm. 35 oltre la linea dei muretti di recinzione delle singole porzioni.
Pertanto, avendo le nicchie un’ampiezza di pari a circa 20 c.m., doveva escludersi che esse fossero di proprieta’ condominiale, conseguendone che i ricorrenti non avevano affatto effettuato il parcheggio delle auto in violazione dei diritti degli altri condomini. Infine, poiche’ tutti i proprietari avevano demolito i muretti di delimitazione delle nicchie, non sussisteva alcuna violazione dell’articolo 1102 c.c..
Il motivo e’ infondato.
La Corte distrettuale ha accertato che le nicchie, nella configurazione rilevata dal consulente tecnico di ufficio, erano destinate a servizio delle proprieta’ esclusive ed erano condominiali poiche’ servivano ad agevolare le manovre di accesso e di uscita dalle singole proprieta’. Sebbene il giudice di merito potesse tener conto di tutte le emergenze processuali utili a stabilire la natura condominiale delle nicchie, inclusi lo stato di fatto e le opere realizzate dai singoli condomini, resta che l’appartenenza comune dei beni e’ stata accertata, in base alla valutazione delle risultanze processuali (cfr. pag. 9), il che esclude che la sentenza abbia omesso di valutare circostanze di fatto decisive ai fini del giudizio, non occorrendo che la Corte di merito desse conto di tutti gli elementi acquisiti (Cass. 8053/2014).
Sotto altro profilo, l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo qui applicabile, non consente di dedurre eventuali vizi della motivazione (avendo la norma riguardo all’omesso esame di un fatto decisivo, inteso quale dato materiale ed oggettivo, acquisito al processo: Cass. 23940/2017; Cass. 21257/2014; Cass. 13928/2015; Cass. s.u. 8053/2014), ed inoltre l’eccepita carenza assoluta di motivazione (che andava correttamente dedotta quale violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4), non e’ in concreto sussistente, poiche’ la Corte di merito ha chiaramente indicato le ragioni per le quali ha ritenuto che le nicchie fossero condominiali, avendone accertata la concreta destinazione a spazio di manovra a servizio delle proprieta’ individuali sulla base della consulenza e delle dichiarazioni testimoniali (cfr. sentenza pag. 9).
Nessun rilievo poteva tributarsi al fatto che anche gli altri condomini avessero modificato i muretti di delimitazione delle nicchie, occupando lo spazio comune, poiche’, in disparte ogni altra questione, la violazione contestata ai ricorrenti non riguardava l’alterazione dello stato di fatto in violazione dei diritti degli altri contitolari (come inizialmente ritenuto dal tribunale: cfr. sentenza pag. 6), ma il parcheggio delle auto sulla aree di manovra, con modalita’ che impedivano l’accesso delle altre vetture alle singole proprieta’ individuali (cfr. sentenza pag. 6).
3. Il quarto motivo censura la violazione dell’articolo 92 c.p.c. in relazione all’articolo 360c.p.c., comma 1, n. 3, contestando alla Corte di merito di aver posto a carico dei ricorrenti le spese di entrambi i gradi e quelle e di c.t.u., nonostante il rigetto di gran parte delle doglianze dedotte in giudizio e benche’ fosse stata mantenuta la sanzione irrogata agli appellanti con il provvedimento di rigetto dell’inibitoria ex articolo 351 c.p.c..
Il motivo e’ infondato, poiche’ i ricorrenti sono risultati soccombenti all’esito del giudizio rispetto all’unica domanda che il giudice di merito ha ritenuto ritualmente introdotta (cfr. sentenza pag. 6) ed il fatto che le tesi avanzate in giudizio non siano state condivise in toto non impediva di condannare i ricorrenti all’integrale pagamento delle spese processuali, stante l’integrale accoglimento della domanda.
Il ricorso e’ quindi respinto.
Le spese seguono la soccombenza come da liquidazione in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, apri ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1800,00 per compenso, oltre ad iva, cnpa e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%,
Si da’ atto che sussistono le condizioni per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.
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