Concorrenza sleale per denigrazione

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 12 febbraio 2020, n. 3453.

La massima estrapolata:

Ai fini della configurabilità della concorrenza sleale per denigrazione, le notizie e gli apprezzamenti diffusi tra il pubblico non debbono necessariamente riguardare i prodotti dell’impresa concorrente ma possono avere ad oggetto anche circostanze od opinioni inerenti in generale l’attività di quest’ultima, la sua organizzazione o il modo di agire dell’imprenditore nell’ambito professionale (esclusa la sfera strettamente personale e privata), la cui conoscenza da parte dei terzi risulti comunque idonea a ripercuotersi negativamente sulla considerazione di cui l’impresa gode presso i consumatori, dovendosi apprezzare, ai fini della potenzialità lesiva delle denigrazioni, non solo l’effettiva “diffusione” tra un numero indeterminato (od una pluralità) di persone, ma anche il contenuto fortemente diffamatorio degli apprezzamenti stessi. Nello schema tipico configurato dal legislatore e nella stessa elaborazione giurisprudenziale, l’illecito denigratorio è pertanto caratterizzato necessariamente (anche sotto il profilo semantico) dalla diffusione di notizie discreditanti, non essendo configurabile un distinto illecito di condotta denigratoria che prescinda dalla diffusione delle notizie aventi efficacia discreditante. Eventuali altre forme di condotta sleale, che prescindano dalla diffusione di notizie o apprezzamenti inveritieri (ovvero diffamatori) possono rientrare nell’ambito delle fattispecie di cui al n. 3, relativa a comportamenti idonei a danneggiare l’altrui azienda con ogni “altro” mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale, norma che si riferisce a mezzi diversi e distinti da quelli relativi ai casi tipizzati dalle fattispecie di cui ai nn. 1 e 2 dell’art. 2598, c.c.

Ordinanza 12 febbraio 2020, n. 3453

Data udienza 25 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 12670/2016 proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, unitamente all’avvocato (OMISSIS), con procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 754/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 24/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/11/2019 dal Cons., Dott. CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

CHE:
Con sentenza emessa in data 8.8.2014, il Tribunale di Napoli – sezione specializzata in materia di proprieta’ industriale ed intellettuale – accolse parzialmente la domanda della (OMISSIS) s.r.l., accertando il compimento di atti di concorrenza sleale denigratoria da parte della (OMISSIS) s.r.l. il 2.2.2012, in danno dell’attrice, e condannando la convenuta al risarcimento dei danni nella misura di Euro 20.748,22, e inibendo alla stessa societa’ convenuta la continuazione degli atti di concorrenza sleale.
In particolare, la (OMISSIS) s.r.l. propose un ricorso cautelare nei confronti della (OMISSIS) s.r.l., notificato alla Oviesse (rigettato dal giudice della cautela), diretto a tutelare un modello comunitario registrato nel gennaio 2010 da una societa’ cinese, relativo all’orologio da polso denominato (OMISSIS) – distribuito in Italia ed in Europa dalla stessa ricorrente cautelare – a fronte della commercializzazione, da parte della (OMISSIS) s.r.l., dell’orologio “(OMISSIS)”, ritenuto una forma di imitazione servile del modello registrato. Il Tribunale ritenne che tale ricorso cautelare costituisse una forma di concorrenza sleale denigratoria, in quanto proposto nella consapevolezza, o quantomeno nella conoscibilita’, dell’assenza dei requisiti della novita’ e d’individualita’ necessari alla validita’ del modello registrato, cosi’ screditando – per un cliente medio della (OMISSIS) – l’operato e l’attivita’ della societa’ attrice.
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 24.2.2016, accolse l’impugnazione della (OMISSIS) s.r.l., osservando che: premesso che l’oggetto della decisione era limitato alla fattispecie della concorrenza sleale denigratoria, non essendo stata riproposta in appello la diversa domanda di cui all’illecito ex articolo 2598 c.c., comma 1, n. 3, l’ (OMISSIS), nel costituirsi nel suddetto procedimento cautelare, nego’ il carattere di novita’ del modello distribuito dall’appellante, evidenziando che il prodotto acquistato dalla (OMISSIS) s.r.l. era un comune orologio digitale in plastica e che la comprovata divulgazione e vendita, da parte della stessa (OMISSIS) s.r.l. e della (OMISSIS) Ltd, di almeno 5000 esemplari di orologi da polso per cui e’ causa, tra l’ottobre e il novembre 2009, escludesse la novita’ del modello successivamente registrato; il Tribunale aveva erroneamente considerato, ai fini dell’integrazione dell’illecito concorrenziale, solo la conoscenza o la conoscibilita’ dell’appellante del difetto di novita’ del predetto modello, senza tener conto dell’attitudine della procedura cautelare promossa a creare discredito “agli occhi” di un operatore professionale, quale la (OMISSIS), cliente della (OMISSIS) s.r.l., attitudine che la difesa della stessa (OMISSIS) escluse, eccependo l’infondatezza del ricorso cautelare; la novita’ del modello per cui e’ causa era stato escluso anche dal riferimento, fatto dalla (OMISSIS), all’importazione, anteriormente alla registrazione del modello, dei prodotti poi commercializzati dalla (OMISSIS) s.r.l. da un fornitore di (OMISSIS), la (OMISSIS) Ltd; pertanto, era da escludere che il ricorso cautelare suddetto fosse stato idoneo ad ingenerare discredito sull’operato della (OMISSIS)
s.r.l. rispetto al suo cliente (OMISSIS), pur considerando le vicende successive all’ordinanza di rigetto del ricorso cautelare, non essendo stata chiarita la ragione per cui, a seguito di tale decisione, la (OMISSIS) avesse proceduto al reso di parte della merce, circostanza che potrebbe essere stata giustificata da plurimi fattori, non necessariamente da ascrivere alla consapevolezza del carattere discreditante della citata azione cautelare intrapresa nei confronti della (OMISSIS) s.r.l.
Ricorre in cassazione la (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione, con un unico motivo, illustrato con memoria.
Resiste la (OMISSIS) s.r.l. con controricorso.

RITENUTO

CHE:
Con l’unico motivo di ricorso la (OMISSIS) s.r.l. – premesso di aver proposto, innanzi a questa Corte, un ricorso per revocazione della medesima sentenza impugnata per errore di fatto consistito in un travisamento della vicenda relativa al reso della merce da parte della (OMISSIS) – denunzia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2598 c.c., n. 2, in quanto la Corte d’appello aveva erroneamente escluso la condotta illecita di concorrenza sleale denigratoria dedotta dall’attrice, deducendo che l’efficacia denigratoria del procedimento cautelare promosso dalla (OMISSIS) s.r.l. era desumibile dal reso della merce alla ricorrente, avvenuto prima dell’ordinanza che decise il procedimento cautelare, e dalla successiva interruzione dei rapporti commerciali con la ricorrente, che ne aveva poi causato la messa in liquidazione.
Il motivo e’ infondato. La societa’ ricorrente si duole che la Corte d’appello avrebbe qualificato erroneamente la condotta illecita ascritta alla societa’ controricorrente con la domanda introduttiva del giudizio, sulla base della valutazione della qualifica di “operatore professionale” della (OMISSIS) che, invece, era del tutto irrilevante ai fini della configurabilita’ dell’illecito concorrenziale in esame che sarebbe stato commesso attraverso la notificazione del ricorso cautelare ad un cliente primario della (OMISSIS) s.r.l.
Va rilevato che, a norma dell’articolo 2598 c.c., n. 2, compie concorrenza sleale chi “diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attivita’ di un concorrente, idonei a determinare il discredito o si appropria di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente”.
Altra fattispecie di concorrenza sleale e’ quella di cui al n. 3 del medesimo articolo, in ordine alla condotta di chi “si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”.
Ora, la fattispecie di cui all’articolo 2598 c.c., n. 2 puo’ concretizzarsi attraverso due distinte condotte illecite di cui la prima presenta, quale elemento costituivo, la diffusione di notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attivita’ di un concorrente aventi l’idoneita’ a discreditarlo. Ne consegue che la condotta denigratoria non implicante la diffusione di notizie discreditanti non configura l’illecito di cui alla fattispecie contemplata dal n. 2 citata norma, ma potrebbe rientrare nell’ambito della diversa fattispecie di concorrenza sleale di cui all’articolo 2598 c.c., n. 3.
Alla stregua della richiamata normativa, pertanto, la doglianza secondo la quale l’illecito concorrenziale in questione sarebbe concretizzato dalla mera notificazione del ricorso cautelare non ha pregio.
Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte – cui il collegio intende dare continuita’ – ai fini della configurabilita’ della fattispecie di concorrenza sleale per denigrazione, le notizie e gli apprezzamenti diffusi tra il pubblico non debbono necessariamente riguardare i prodotti dell’impresa concorrente ma possono avere ad oggetto anche circostanze od opinioni inerenti in generale all’attivita’ di quest’ultima, la sua organizzazione o il modo di agire dell’imprenditore nell’ambito professionale (esclusa la sfera strettamente personale e privata), la cui conoscenza da parte dei terzi risulti comunque idonea a ripercuotersi negativamente sulla considerazione di cui l’impresa gode presso i consumatori, dovendosi apprezzare, ai fini della potenzialita’ lesiva delle denigrazioni, non solo l’effettiva “diffusione” tra un numero indeterminato (od una pluralita’) di persone, ma anche il contenuto fortemente diffamatorio degli apprezzamenti stessi (Cass., n. 22042/16).
Nello schema tipico configurato dal legislatore, e nella elaborazione giurisprudenziale, l’illecito denigratorio e’ quindi caratterizzato necessariamente (anche sotto il profilo semantico) dalla diffusione di notizie discreditanti, non essendo configurabile un distinto illecito di condotta denigratoria che prescinda dalla diffusione delle notizie aventi efficacia discreditante, come addotto dalla ricorrente.
In effetti, eventuali altre forme di condotta sleale, che prescindano dalla diffusione di notizie o apprezzamenti inveritieri (ovvero diffamatori), come detto, possono rientrare nell’ambito delle fattispecie di cui al n. 3, relativa a comportamenti idonei a danneggiare l’altrui azienda con ogni “altro” mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale, norma che si riferisce a mezzi diversi e distinti da quelli relativi ai casi tipizzati dalle fattispecie di cui all’articolo 2598 c.c., nn. 1 e 2.
Il motivo e’ da considerare invece inammissibile nella parte in cui critica la sentenza impugnata sull’interpretazione del rilievo da attribuire al reso della merce da parte di (OMISSIS) alla (OMISSIS) s.r.l., prima della decisione del ricorso cautelare, in quanto diretta a conseguire una diversa interpretazione dei fatti (sulla questione, peraltro, la ricorrente ha proposto anche un ricorso per revocazione per errore di fatto, avendo il Tribunale affermato, invece, che tale ordinanza fu emessa prima del reso).
Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida nella somma di Euro 6200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis ove dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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