Compensatio lucri cum damno è un’eccezione in senso lato

Corte di Cassazione, civileOrdinanza|28 luglio 2022| n. 23588.

Compensatio lucri cum damno è un’eccezione in senso lato

Quella di “compensatio lucri cum damno” è un’eccezione in senso lato, che non integra deduzione di un fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto azionato, ma una mera difesa in ordine all’esatta entità globale del pregiudizio effettivamente patito dal danneggiato, ed è, come tale, rilevabile d’ufficio dal giudice il quale, per determinare l’esatta misura del danno risarcibile, può fare riferimento, per il principio dell’acquisizione della prova, a tutte le risultanze del giudizio. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, nel determinare il danno occorso a una società costruttrice in conseguenza dell’inadempimento, da parte di un Comune, degli obblighi discendenti da una convenzione urbanistica, aveva omesso di considerare il potenziale vantaggio correlato al valore delle opere di urbanizzazione eseguite su terreni rimasti in proprietà della società stessa, sul presupposto del mancato assolvimento, da parte del citato Comune, dell’onere di provare il suddetto vantaggio).

Ordinanza|28 luglio 2022| n. 23588. Compensatio lucri cum damno è un’eccezione in senso lato

Data udienza 10 giugno 2022

Integrale

Tag/parola chiave: EDILIZIA ED URBANISTICA – EDILIZIA E URBANISTICA (IN GENERE)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 22665/2016 proposto da:
Comune di Inverigo, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.r.l. in Liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
Ente di Diritto Pubblico Parco Regionale della Valle del Lambro, (OMISSIS) S.r.l., Provincia di Como;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1843/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, pubblicata il 12/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/06/2022 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

 

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FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Como, per quanto ancora di interesse, all’esito del passaggio in giudicato (Cass. n. 2669/1993) della sentenza che statuiva la risoluzione della convenzione urbanistica stipulata in via definitiva il 2-12-1966 tra (OMISSIS) s.p.a., dante causa della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione (di seguito per brevita’ (OMISSIS)), e il Comune di Inverigo per inadempimento di quest’ultimo, nei cui confronti veniva emessa condanna generica al risarcimento dei danni, venne adito nel 1993 dalla (OMISSIS), subentrata alla (OMISSIS), ed emise sentenza non definitiva, in data 19 novembre 2003, nella quale, decidendo sulla domanda di risarcimento dei danni subiti dalla societa’ per le prestazioni eseguite in forza della convenzione del 1966, condanno’ il Comune a risarcire il valore delle opere di urbanizzazione eseguite nel comprensorio della societa’ e non utilizzate, nonche’ il valore di altre opere eseguite e acquisite dal Comune, ordinando la prosecuzione del processo per l’ulteriore attivita’ istruttoria su altre voci di danno. Il Comune presto’ acquiescenza ai capi decisori riguardanti le opere trasferitegli e propose appello limitatamente a quelli riguardanti le opere di urbanizzazione eseguite sulle aree della societa’, deducendo l’illegittimita’ della condanna al risarcimento di danni che assumeva non collegati da un nesso di causalita’ adeguata con la convenzione del 1966. La (OMISSIS) propose appello incidentale deducendo, oltre che la inammissibilita’ degli interventi in causa, sia l’erroneita’ del coefficiente Istat di rivalutazione applicato alle voci di danno ad essa riconosciute e del computo degli interessi legali sulle somme rivalutate, sia l’incongruita’ della stima di talune opere (edificio scolastico e variante della strada (OMISSIS)) che, a suo avviso, arbitrariamente era stata desunta dalle tabelle delle indennita’ di esproprio. La Corte di appello di Milano, con sentenza 26 novembre 2005, riteneva insussistente la legittimazione ad intervenire in giudizio ad adiuvandum del Consorzio del Parco Regionale della Valle del Lambro, perche’ titolare di un interesse di mero fatto; accoglieva l’appello principale del Comune, con conseguente rigetto della domanda risarcitoria riferita alle opere di urbanizzazione, e accoglieva l’appello della societa’ limitatamente al computo degli interessi; infine compensava le spese del giudizio di appello. In particolare, la Corte d’appello, esaminando il punto nodale della ragione di gravame del Comune, cioe’ il rapporto di causalita’ tra i danni lamentati dalla societa’ e il comportamento dell’Amministrazione comunale, riteneva che la decisione di realizzare le opere di urbanizzazione sul proprio terreno fosse stata adottata dalla societa’ prima ancora che ne fosse stata adeguata la destinazione urbanistica e prima che fossero state rilasciate le concessioni edilizie, quindi a suo rischio e pericolo, con un effetto interruttivo del nesso di causalita’ con il dedotto inadempimento del Comune. In altri termini, il diritto e l’obbligo della societa’ di eseguire le suddette opere, in virtu’ della convenzione, erano sottoposti a concorrenti condizioni di legge e di contratto, tra le quali la previa modifica della preesistente destinazione agricola dei terreni e il previo ottenimento delle concessioni edificatorie, anche tenuto conto che il Comune ben poteva liberarsi dagli obblighi assunti nella convenzione in presenza di sopravvenute esigenze pubblicistiche. Inoltre, la Corte di merito rigettava il motivo di appello incidentale della societa’ che aveva dedotto la contraddittorieta’ tra l’acquiescenza prestata dal Comune alla decisione relativa alle “opere pubbliche” ad esso trasferite e l’impugnazione di quella relativa alle opere rimaste nel patrimonio della societa’.

 

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2. Avverso la predetta sentenza ricorrevano per cassazione la societa’ (OMISSIS) a mezzo di tredici motivi, cui resistevano il Comune di Inverigo e il Consorzio del Parco Regionale della Valle del Lambro. Quest’ultimo proponeva ricorso incidentale a mezzo di un motivo, cui resisteva la societa’ (OMISSIS). Con la sentenza di questa Corte n. 364/2014 veniva accolto il ricorso principale limitatamente ai motivi secondo, quarto, quinto, sesto e nono, dichiarati inammissibile l’undicesimo e assorbiti il settimo e l’ottavo, rigettati gli altri motivi e il ricorso incidentale del Consorzio.
3. Con sentenza 1843/2016 pubblicata in data 12-5-2016 la Corte d’appello di Milano, pronunciando quale giudice del rinvio all’esito della citata sentenza di questa Corte n. 364/2014, ha cosi’ statuito: “condanna il Comune di Inverigo a pagare a (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione la somma di Euro 4.299.294,52, oltre interessi calcolati nella misura legale sulla somma oggetto di condanna, annualmente rivalutata con decorrenza a partire dalla data della domanda di risoluzione della convenzione per cui e’ causa (2-2-1977), detratte le somme gia’ pacificamente corrisposte dal Comune di Inverigo in esecuzione della sentenza n. 1494/2003 emessa dal Tribunale di Como”, nonche’ condannando il Comune alla rifusione in favore della (OMISSIS) delle spese del giudizio di cassazione e del giudizio di rinvio, ferme le spese di lite come liquidate con la sentenza della stessa Corte territoriale cassata.
4. Avverso questa sentenza il Comune di Inverigo propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, che resiste con controricorso, e nei confronti delle altre parti in epigrafe indicate (Provincia di Como, Ente Parco Regionale della Valle del Lambro, (OMISSIS) s.r.l.), che sono rimaste intimate. Le parti hanno depositato memorie illustrative.

 

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo il Comune ricorrente denuncia la nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 156 c.p.c., comma 2, ed anche per violazione dell’articolo 132 c.p.c., nn. 4 e 5, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4. Deduce la nullita’ della sentenza impugnata per contrasto insanabile tra la motivazione ed il dispositivo in punto di decorrenza della rivalutazione monetaria sull’importo risarcitorio riconosciuto alla (OMISSIS). Rileva che, a pag. 15 della sentenza, la Corte territoriale ha richiamato, e fatto proprie, le determinazioni assunte sul punto dal Tribunale di Como nella sentenza n. 1494/2003, la quale, nel sommare le quattro componenti del danno riconosciuto alla (OMISSIS), giunse all’importo di Euro 4.299.294,52, dichiarandolo gia’ rivalutato al gennaio del 1997. Ad avviso del ricorrente, il dispositivo della sentenza, tuttavia, contraddice quel convincimento, con questa frase: “…condanna… a pagare… la somma di Euro 4.299.294,52 oltre interessi calcolati nella misura legale sulla somma oggetto di condanna, annualmente rivalutata con decorrenza a partire dalla data della domanda di risoluzione della convenzione per cui e’ causa (2.2.1977), detratte le somme…”. Si tratta, secondo il ricorrente, di una antinomia che, da un lato, non consente di comprendere la portata condannatoria del decisum (e cioe’ del titolo esecutivo) e, da altro lato, non concreta ne’ un errore revocatorio, ne’ un errore correggibile con la procedura di cui all’articolo 287 c.p.c., poiche’ il riferimento alla data del 2 febbraio 1977 e’ motivato con la necessita’ di far decorrere la rivalutazione dalla data della domanda di risoluzione della convenzione urbanistica, e, dunque, sottende un giudizio e non la percezione di un fatto. Deduce che la denunciata discrasia e’ causa di nullita’ della sentenza perche’ non e’ superabile attraverso un’opera di selezione ed un giudizio di prevalenza di una delle due componenti della sentenza rispetto all’altra, come da giurisprisprudenza di questa Corte che richiama, secondo cui la nullita’ e’ conseguenza della inidoneita’ del provvedimento a consentire l’individuazione del concreto comando giudiziale, a cui non si puo’ porre rimedio facendo prevalere una parte della sentenza rispetto all’altra in contraddizione (Cass. n. 11717 del 2021; id. n. 26074/2018; id. n. 16014/2017).
2. Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 1223, 1453 e 1458 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte di merito considerato rientranti nel perimetro delle poste risarcibili anche il costo di opere di urbanizzazione pacificamente realizzate in epoca anteriore (nel 1965) alla stipulazione della convenzione risolta, stipulata nel 1966. Deduce che, ai sensi dell’articolo 1223 c.c., il danno deve essere la conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento (o del ritardo) e quello riconoscibile alla (OMISSIS) in conseguenza dell’inadempimento che condusse alla risoluzione della convenzione non avrebbe potuto ricomprendere anche i costi di realizzazione di opere che, in quanto realizzate in epoca anteriore alla convenzione risolta, non potevano essere eziologicamente ricollegate alla sua risoluzione. Rileva di aver dedotto nel giudizio di rinvio, come oggetto di mera difesa, che tali opere avrebbero dovuto escludersi dal computo del danno risarcibile. La Corte d’Appello, nella sentenza impugnata, pur dando atto della suddetta estraneita’ al danno risarcibile delle opere di urbanizzazione anteriori, ha respinto detta difesa in rito perche’ carente in punto di allegazione quanto alle opere di urbanizzazione da escludersi dal calcolo dell’ammontare risarcitorio anzidetto, ritenendo che la questione dell’anteriorita’ di quelle opere dovesse essere risolta in senso sfavorevole al Comune, onerato dalla relativa dimostrazione, che non era stata fornita da detta ultima parte.

 

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Denuncia il Comune che, cosi’ argomentando, la Corte di merito ha indebitamente attribuito ad esso un onere probatorio, inerente alla dimostrazione dei limiti del danno risarcibile, che e’, invece, un elemento costitutivo della domanda, il cui onere probatorio incombeva alla (OMISSIS), e cio’ in violazione dell’articolo 2697 c.c., dell’articolo 1223 c.c. e delle correlate norme di cui agli articoli 1453 e 1458 c.c.. La circostanza della ricomprensione delle suddette opere di urbanizzazione ante 1966 nel coacervo risarcitorio risulta testualmente dalla sentenza (secondo capoverso di pag. 13 “…sebbene risulti dalla CTU che le opere realizzate per la rete stradale siano state effettuate dagli anni 1965/1970…”) e, ad avviso del Comune, si evince con chiarezza, da un lato, la violazione delle norme sulla ripartizione dell’onere della prova da parte della Corte territoriale – non gravando sul Comune l’onere ne’ di individuare, ne’ di liquidare il valore di opere non eziologicamente ricollegate all’inadempimento, e, quindi, alla risoluzione della convenzione – e, dall’altro lato, l’inadempimento di tale onere da parte della (OMISSIS), la quale, confidando sulla sufficienza degli accertamenti peritali, in realta’, almeno parzialmente, inconferenti con la materia del residuo contendere, aveva mancato di dimostrare che il danno da essa lamentato (inclusivo delle opere realizzate nel 1965) fosse integralmente riconducibile, sul piano causale, alla risoluzione della convenzione stipulata nell’anno successivo.
3. Con il terzo motivo il Comune denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 e 1223 c.c. e dei principi che regolano la compensatio lucri cum damno, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 e con il quinto motivo l’omesso esame di fatti decisivi che avevano formato oggetto di discussione tra le parti. Deduce, con riferimento ai terreni rimasti in proprieta’ della (OMISSIS), che la Corte di merito non ha dato corretta ed adeguata risposta all’eccezione svolta dal Comune secondo cui le opere di urbanizzazione realizzate, ancorche’ inutili, avevano determinato un incremento di valore degli stessi (terzo motivo) e il Giudice avrebbe dovuto verificare d’ufficio la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione del principio della compensatio lucri cum damno. La Corte d’appello, nel recepire le risultanze di una consulenza tecnica espletata nel 1997, senza disporre una nuova C.Testo Unico per eseguire l’accertamento di merito demandato da questa Corte con la citata sentenza n. 364/2014, da un lato ha richiamato impropriamente la nozione di arricchimento e dall’altro ha rilevato che il Comune non avrebbe ne’ circostanziato, ne’ provato detta allegazione, cosi’ rifiutando ingresso alla C.Testo Unico perche’ inammissibile in funzione vicaria di oneri probatori asseritamente a carico del Comune, in violazione delle norme citate. Inoltre la Corte d’appello non solo non ha ritenuto di non prendere in considerazione l’incremento di valore dei terreni rimasti in proprieta’ di (OMISSIS) per effetto delle opere di urbanizzazione eseguite, ma ha altresi’ trascurato la circostanza, pacifica in causa, che i suddetti terreni erano rimasti in proprieta’ della societa’ e cio’ nonostante riconoscendo a quest’ultima l’intero controvalore degli stessi (quinto motivo). Deduce, sotto il primo profilo di censura, che il Giudice del rinvio, forse fuorviato dall’uso del termine “arricchimento”, ha erroneamente ritenuto che tale tema – correttamente inquadrabile, invece, nella tematica della compensatio lucri cum damno, e comunque nell’articolo 1223 c.c. – fosse scisso da quello della liquidazione del danno, mentre ne costituiva parte integrante. Ribadisce che l’eccezione di compensatio lucri cum damno e’ un’eccezione in senso lato che non implica affatto l’adduzione di un fatto impeditivo del diritto azionato ex adverso, ma una mera difesa in ordine all’esatta entita’ globale del pregiudizio effettivamente subito dal danneggiato, che mette pertanto conto ad un tema di indagine di cui il Giudice deve farsi carico d’ufficio.

 

Compensatio lucri cum damno è un’eccezione in senso lato

In base ad analoghe considerazioni, circa la motivazione relativa alla liquidazione del danno, censura la totale obliterazione, da parte della Corte di merito, del fatto che dei terreni de quibus la (OMISSIS) aveva continuativamente conservato la piena proprieta’, di tal che riconoscerle, in termini di risarcimento del danno, il loro intero valore, presupponeva la prova che essi, a cagione della realizzazione delle opere di urbanizzazione, avessero perso ogni valore residuo e fossero inservibili. Tuttavia tale prova mancava, ne’ di tale prova vi e’ in sentenza alcun cenno, mentre il riconoscimento risarcitorio del loro pieno valore non poteva che essere la conseguenza dell’omesso esame del fatto, decisivo e pacifico in causa, della piena persistente proprieta’ di quei terreni in capo alla (OMISSIS). L’omesso esame denunciato riguarda anche l’insussistenza di allegazioni e prove dalle quali desumere la totale sopravvenuta perdita di valore dei terreni. A tale ultimo riguardo, ad avviso del ricorrente, e’ incongruo e inconferente, non esplicitando in modo pertinente le ragioni della decisione, il rilievo conclusivo della Corte di merito secondo cui la (OMISSIS) non avrebbe realizzato le opere di urbanizzazione se ne avesse preventivamente conosciuto l’inutilita’, trattandosi, con ogni evidenza, di un rilievo eventualmente idoneo solo a giustificare l’inutilita’ di quella realizzazione, ma nulla attestante sul diverso tema di indagine concernente il se, nella liquidazione del danno da riconoscersi alla (OMISSIS), dovesse farne parte anche il valore dei terreni rimasti in sua proprieta’, valore, peraltro, che, ad avviso del Comune, si era verosimilmente incrementato, invece che essere del tutto perduto.
4. Con il quarto motivo il Comune lamenta la nullita’ della sentenza e del procedimento per violazione degli articoli 112, 384 e 394 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, nonche’ la violazione e falsa applicazione degli articoli 1223 e 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Denuncia, nello specifico, la violazione del principio di diritto fissato da questa Corte nella sentenza disponente il rinvio, la quale, nella ricostruzione della materia del contendere, aveva demandato alla Corte territoriale il compito di definire in sede rescissoria la controversia relativamente ad una “…domanda di risarcimento dei danni concernenti il valore delle opere di urbanizzazione eseguite dalla societa’ ricorrente (OMISSIS)…”. Deduce che solo questo era l’ambito della domanda della (OMISSIS) della cui definizione nel merito la Cassazione ha onerato il Giudice del rinvio, mentre la Corte territoriale non si e’ affatto limitata a liquidare il danno in questi termini, perche’ oltre a ricomprendervi le opere di urbanizzazione realizzate in epoca anteriore alla convenzione urbanistica risolta, vi ha incluso anche il valore dei terreni sui quali dette opere erano state realizzate, sul rilievo che, per ristorare il danno del privato impossibilitato ad utilizzare le opere, si debba ricomprendere anche il pieno valore del terreno ove esse insistono. Rileva che la (OMISSIS) non aveva menzionato nella propria domanda, cosi’ come ricostruita dalla Corte di Cassazione nella sentenza disponente il rinvio, il valore dei terreni di sua proprieta’ impegnati dalle opere di urbanizzazione. Denuncia, pertanto, la violazione dei principi che regolano, non soltanto la corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ma, specificamente, il vincolo che la sentenza della Corte di Cassazione pone al Giudice del rinvio nell’affidargli il compito di completare, in sede rescissoria, il ragionamento decisorio iniziato dalla stessa Corte, ed al quale quel Giudice e’ tenuto a dare consequenziale seguito anche nel caso in cui la sentenza di legittimita’ sia incorsa in un errore nella ricostruzione della fattispecie e/o nella lettura degli atti, come da consolidata giurisprudenza di questa Corte che richiama (Cass. n. 3458/2012).

 

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5. Per priorita’ logica e giuridica devono essere prima esaminati i motivi di ricorso dal secondo al quinto.
6. Il secondo motivo, con cui il ricorrente si duole della ritenuta risarcibilita’ delle opere di urbanizzazione realizzate da (OMISSIS) in epoca anteriore (nel 1965) alla stipulazione della convenzione risolta (1966), e’ fondato, ricorrendo le violazioni di legge denunciate.
6.1. Il fulcro della censura, in parte comune anche ai motivi terzo e quinto, concerne la corretta determinazione, da parte della Corte di merito, del perimetro del danno risarcibile, mediante l’applicazione del criterio di cui all’articolo 1223 c.c., dei principi generali in tema di ripartizione dell’onere della prova e del principio di diritto affermato con la pronuncia di questa Corte n. 364/2014.
6.2. Il Giudice del rinvio, nell’individuare quali fossero le opere di urbanizzazione inutilmente effettuate in esecuzione della convenzione del 1966, ha escluso le spese per la recinzione del terreno, perche’ quest’ultima era stata pacificamente realizzata nel 1962, ossia prima della convenzione del 1966, e non era stata richiamata all’interno delle opere di urbanizzazione descritte nell’articolo 4 della convenzione (pag.13 sentenza impugnata). Di seguito, la Corte di merito, pur dando atto che in base alla C.Testo Unico risultavano eseguite nel 1965, ossia sempre ante convenzione del 1966, anche altre opere, le ha ritenute, in ogni caso, comprese nell’ambito di quelle risarcibili. In particolare, la Corte d’appello ha qualificato la relativa deduzione difensiva del Comune come eccezione, ossia come allegazione di un fatto impeditivo, che ha ritenuto generica, per mancata specificazione, da parte del Comune, delle opere realizzate in precedenza, ed ha inoltre ritenuto che, in mancanza della suddetta specifica allegazione, non potesse disporsi alcun approfondimento istruttorio a riguardo mediante C.T.U., che sarebbe stata del tutto esplorativa (pag.13 sentenza impugnata).
6.3. Orbene, l’individuazione delle opere di urbanizzazione inutilmente realizzate in nesso eziologico ex articolo 1223 c.c. con la convenzione del 1966, illegittimamente risolta dal Comune, non e’ affatto configurabile come fatto impeditivo, modificativo o estintivo, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, ma e’ elemento costitutivo della fattispecie, poiche’ trattasi delle conseguenze dannose causate dall’illecito contrattuale, alias l’inadempimento del Comune rispetto alle obbligazioni assunte con la citata convenzione del 1966. Dunque, si tratta di un elemento funzionale alla determinazione del credito risarcitorio, che riguarda l’esatta entita’ globale del pregiudizio effettivamente patito dal danneggiato, della cui dimostrazione e’ onerato quest’ultimo ex articolo 2697 c.c., anche se il giudice, per determinare l’esatta misura del danno risarcibile, puo’ fare riferimento, per il principio dell’acquisizione della prova, a tutte le risultanze del giudizio (cfr. tra le tante Cass. 24177/2020 e Cass. 26757/2020 sul criterio di qualificazione della deduzione di fatti incidenti sull’entita’ del pregiudizio patito, configurabile, in quanto tale, come mera difesa e non come fatto impeditivo, modificativo o estintivo).
Per contro, in difetto della risultanza istruttoria del giudizio sul punto, e quindi, nel caso di specie, in difetto della prova che anche le opere realizzate nel 1965 fossero riconducibili causalmente all’inadempimento del Comune, la Corte territoriale non avrebbe dovuto disattendere, con la motivazione di cui si e’ detto, la deduzione del Comune, che era mera difesa, e nel contempo non avrebbe potuto ritenere, per cio’ solo, dimostrata la circostanza di cui infra, poiche’ l’onere di dimostrare il perimetro dell’ambito risarcibile era a carico di (OMISSIS), secondo la regola ordinaria in tema di ripartizione dell’onere probatorio ex articolo 2697 c.c.. In altri termini, la Corte di merito, a fronte di un accertamento fattuale riscontrato mediante la CTU (esistevano opere di urbanizzazione eseguite ante convenzione del 1966), avrebbe dovuto, anche d’ufficio, sulla scorta delle risultanze acquisite, verificare se anche per le opere realizzate nel 1965 ricorresse il nesso causale ex articolo 1223 c.c. ed invece di detta verifica non v’e’ menzione alcuna nella sentenza impugnata.
6.4. (OMISSIS) sostiene che la convenzione del 1966 era stata adottata “in via definitiva” e si poneva a conclusione di una serie di convenzioni precedenti che recepiva, ma di nessun accertamento o indagine interpretativa in tal senso si da’ conto nella sentenza impugnata. Inoltre nella pronuncia di questa Corte n. 364/2014 e’ richiamato il giudizio amministrativo, conclusosi da tempo, in cui (OMISSIS) aveva documentato di avere eseguito “tra il 1966 e il 1973” le opere di urbanizzazione richieste, ossia in un arco temporale iniziale coincidente con l’anno di stipulazione della convenzione urbanistica, e non precedente alla stessa. Va aggiunto che all’evidenza non e’ consentito in sede di legittimita’ l’esame del contenuto della convenzione urbanistica del 1966, la cui interpretazione da parte di questa Corte viene sollecitata dalla controricorrente (pag.20 e 21 controricorso), senza che risulti specificamente posta la relativa questione nei giudizi di merito.
7. I motivi terzo, quarto e quinto riguardano, sotto distinti profili (il terzo in punto di compensatio lucri cum damno, il quarto circa l’errata applicazione del principio di diritto affermato da Cass. n. 364/2014 e il quinto in ordine a omesso esame di fatto decisivo), la questione del danno relativo al valore dei terreni occupati dalle opere di urbanizzazione rimasti di proprieta’ di (OMISSIS).

 

Compensatio lucri cum damno è un’eccezione in senso lato

8. Il quarto motivo, da scrutinare prioritariamente perche’ involge il preliminare tema dell’ambito di vincolativita’ dei principi espressi con la pronuncia di questa Corte n. 364/2014, e’ in parte infondato e in parte inammissibile.
Sostiene il Comune che il principio di diritto dettato da Cass. 364/2014 faccia riferimento esclusivamente al costo delle opere di urbanizzazione eseguite su terreni rimasti in proprieta’ di (OMISSIS), non anche al valore di detti terreni, occupati con le opere di urbanizzazione.
8.1. La doglianza non coglie nel segno, con riguardo all’individuazione del decisum della citata pronuncia di questa Corte, da leggersi sia in necessaria correlazione con i motivi in allora scrutinati, sia avuto riguardo al globale contenuto delle statuizioni ivi espresse.
8.2. Nello specifico, sotto un primo profilo, il riferimento al costo delle opere di urbanizzazione inutilmente eseguite, espresso nell’enunciazione del principio di diritto di cui alla citata pronuncia, va letto in correlazione con l’oggetto dei motivi secondo, quarto, quinto, sesto e nono del ricorso per cassazione in allora proposto da (OMISSIS). La sentenza di questa Corte n. 364/2014, nell’accogliere i citati motivi, ha infatti affermato che anche i danni per le opere di urbanizzazione eseguite sui terreni della (OMISSIS) dovessero essere risarciti ex articolo 1223 c.c., poiche’ il nesso causale non poteva ritenersi interrotto solo in quanto le opere erano rimaste sui terreni di proprieta’ di (OMISSIS), dovendo la Corte d’appello spiegare perche’ l’onere di urbanizzazione dovesse rimanere a carico di (OMISSIS) e perche’ quell’onere non potesse ritenersi una conseguenza dannosa del medesimo illecito contrattuale (cfr. in particolare la motivazione dell’accoglimento del nono motivo di ricorso per cassazione).
8.3. Sotto un secondo profilo, si rileva che il giudizio aveva ad oggetto, tra l’altro, la quantificazione dei danni lamentati dalla societa’ per le opere di urbanizzazione eseguite su terreni di sua proprieta’ (cfr. par. 4.2 Cass. 364/2014) e la formulazione del principio di diritto mediante la locuzione “comprendono il costo delle opere di urbanizzazione…” (cfr. par.4.5) avvalora detta conclusione, stando a significare letteralmente che quella posta risarcitoria si aggiungeva ad altre, e cio’ in coerenza con l’ulteriore principio chiaramente espresso, secondo cui il danneggiato ha il diritto di conseguire “l’effetto ripristinatorio della situazione antecendente al contratto, stante la regola della retroattivita’ della risoluzione”(cfr. ancora par. 4.5.della citata sentenza)
8.4. Da ultimo, ogni questione concernente il tema della concreta liquidazione del danno e’ stata interamente rimessa al giudice del rinvio (cfr. par. 8 Cass. 364/2014, che ha dichiarato inammissibile l’undicesimo motivo), perche’ la ratio della sentenza in allora impugnata era imperniata sul nesso di causalita’, avendo la Corte d’appello erroneamente escluso detto nesso per il fatto che le opere di urbanizzazione erano state eseguite prima che si verificassero le condizioni di legge e di contratto a cui era sottoposta la convenzione di urbanizzazione del 1966.
Pertanto, secondo il dictum di Cass. 364/2014, la Corte d’appello avrebbe dovuto accertare, senza distinguere tra le opere realizzate sui terreni rimasti in proprieta’ di (OMISSIS) e quelle realizzate su terreni acquisiti dal Comune, quali fossero state le conseguenze dannose dell’illecito contrattuale (risoluzione illegittima della convenzione urbanistica del 1966), e cio’ con ampia latitudine, stante la finalita’ ripristinatoria, sicche’ la doglianza e’ infondata sotto il profilo ora considerato.
8.5. La censura e’, peraltro, inammissibile nella parte in cui e’ carente la puntuale esposizione del contenuto dei motivi di ricorso in allora proposto da (OMISSIS) ai quali il Comune si riferisce per inferirne la preclusione, nel successivo giudizio di rinvio, di accertamenti fattuali diversi dal “costo delle opere”, nei termini infra precisati. Il ricorrente non precisa, al fine di esattamente illustrare la propria doglianza, a quale motivo di ricorso, accolto o rigettato, faccia riferimento, ma si limita a rimarcare il tenore del principio di diritto sopra richiamato, a cui non puo’ attribuirsi il significato invocato per quanto gia’ detto.
9. Alla stregua delle considerazioni che precedono, puo’, dunque, procedersi all’esame dei motivi terzo e quinto, che sono fondati nei limiti che si vanno ad illustrare.
9.1. Quanto al terzo motivo, in concreto, ad avviso del Comune, l’accertamento del danno patito non e’ avvenuto correttamente, poiche’ i terreni rimasti in proprieta’ di (OMISSIS) avrebbero acquisito un maggior valore per essere ora dotati delle opere di urbanizzazione, che costituiscono un vantaggio, qualificando il ricorrente detta deduzione come eccezione di compensatio lucri cum damno.
9.2. La Corte d’appello ha affermato che il danno era da ritenersi accertato poiche’ il costo delle opere era stato inutilmente sostenuto da (OMISSIS) ed ha esaminato la deduzione del potenziale vantaggio riportato dalla stessa (pag. 13 e 14 della sentenza impugnata), idoneo in concreto, secondo la prospettazione del Comune, a diminuire il danno, ma ha disatteso l’eccezione di compensatio lucri cum damno perche’ il Comune non aveva fornito la prova del suddetto vantaggio.
Al riguardo, richiamate le considerazioni espresse in ordine al secondo motivo, va ribadito che al giudice del rinvio era demandato di stabilire l’esatta entita’ globale del pregiudizio effettivamente patito dalla danneggiata. L’eccezione di compensatio lucri cum damno e’ un’eccezione in senso lato, vale a dire non l’adduzione di un fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto azionato, ma una mera difesa in ordine all’esatta entita’ globale del pregiudizio effettivamente patito dal danneggiato, ed e’, come tale, rilevabile d’ufficio dal giudice il quale, per determinare l’esatta misura del danno risarcibile, puo’ fare riferimento, per il principio dell’acquisizione della prova, a tutte le risultanze del giudizio (tra le tante Cass. 24177/2020 gia’ citata).
La Corte territoriale non si e’ attenuta ai suesposti principi, incorrendo anche nella violazione dell’articolo 2697 c.c., atteso che spettava a (OMISSIS) dimostrare il perimetro, cioe’ l’esatta misura, del danno subito e comunque alla Corte d’appello determinarlo, valutando d’ufficio tutte le risultanze di causa. La Corte di merito, peraltro, ha affermato che (OMISSIS) aveva allegato, ma non dimostrato, che in ogni caso le opere di urbanizzazione avevano ricevuto una destinazione pubblica, senza, tuttavia, attribuire valenza alcuna a detto assunto, neppure oggetto di alcun approfondimento o indagine istruttoria al fine di verificare se, invece, quelle opere avessero una qualche utilita’ per la danneggiata o comunque avessero inciso positivamente sul valore dei terreni su cui erano state realizzate.
9.3. Analoghe considerazioni vanno espresse in ordine al quinto motivo, con cui il Comune censura la totale obliterazione, da parte della Corte di merito, del fatto che dei terreni de quibus la (OMISSIS) aveva continuativamente conservato la piena proprieta’, sicche’ riconoscerle, in termini di risarcimento del danno, il loro intero valore, presupponeva la prova della perdita totale di ogni loro valore residuo, in dipendenza della realizzazione delle opere di urbanizzazione, mentre detta prova non era stata fornita.
Occorre precisare che nella sentenza impugnata si legge che il danno comprende anche il valore, all’epoca della convenzione del 1966, delle aree occupate per l’esecuzione delle opere “di cui ai punti precedenti” (cfr. pag. 8 sub c della sentenza; il valore e’ quantificato in 300 milioni di Lire rivalutate al gennaio 1997) e che, dunque, effettivamente e’ stato riconosciuto a (OMISSIS) l’intero valore dei terreni occupati e rimasti in proprieta’.
Cio’ posto, non e’ fondata la censura di omesso esame del fatto che i terreni fossero rimasti in proprieta’ di (OMISSIS), perche’ detta circostanza e’ data per presupposta dalla Corte d’appello, e non poteva non esserlo, considerato lo specifico oggetto del giudizio di rinvio.
E’ fondata, invece, la doglianza sull’incomprensibilita’ del ragionamento decisorio sul punto, perche’ nulla ha affermato la Corte territoriale circa la sussistenza di elementi probanti la totale perdita di valore dei terreni rimasti in proprieta’ di (OMISSIS), tale da giustificare il riconoscimento alla stessa dell’intero loro controvalore.
La controricorrente afferma (pag. 33 controricorso) di avere provato la totale inservibilita’ dei terreni perche’ sono attraversati da opere non aventi alcuna utilita’ se non quella pubblica e sono attualmente beni di pubblico utilizzo, ma non v’e’ alcuna menzione di cio’ nella sentenza impugnata. La Corte di merito, infatti, si e’ limitata ad affermare che nella quantificazione del danno si deve “tenere conto anche delle aree occupate per l’esecuzione delle opere, atteso che tale occupazione e’ dovuta alla realizzazione delle opere di urbanizzazione inutilmente eseguite, essendo pacifico che essa non sarebbe avvenuta nell’ipotesi in cui non fosse stata data esecuzione alla convenzione, poi risolta” (pag.14 sentenza). Si tratta di un percorso argomentativo che non consente di comprendere il ragionamento decisorio, ne’ risulta accertato il valore concreto ed effettivo dei terreni all’esito della realizzazione delle opere di urbanizzazione (nella sentenza – pag.8 – si rinviene solo il riferimento, recepito dalla sentenza del Tribunale del 2003, al valore dei terreni all’epoca della convenzione di urbanizzazione). I giudici di merito dovranno, dunque, accertare, in base agli elementi istruttori gia’ acquisiti e se del caso mediante C.T.U., se i terreni rimasti in proprieta’ di (OMISSIS), a causa della realizzazione delle opere di urbanizzazione, avessero perso ogni valore residuo e fossero inservibili oppure, qualora fosse residuato un valore, determinare la perdita in concreto subita dalla danneggiata per il deprezzamento dei beni.
10. Poiche’ l’accoglimento dei motivi che precedono comporta una nuova valutazione e decisione, da parte dei giudici di merito, circa alcune poste risarcitorie, nei termini precisati, nonche’ l’eventuale ricalcolo del quantum alla stregua dei criteri suesposti, rimane assorbito il primo motivo, attinente all’errata indicazione nel dispositivo della sentenza impugnata della decorrenza della rivalutazione, fermo restando che, in forza del giudicato di cui alla sentenza della Corte appello di Milano n. 2761/2005, e’ gia’ stato definitivamente statuito che gli interessi compensativi sulla sorte capitale del credito risarcitorio che verra’ accertato debbano avere decorrenza dal 2 febbraio 1977. Per quanto occorra e per completezza espositiva va aggiunto che con la sentenza oggetto di impugnazione si e’ proceduto alla quantificazione del credito in base ai dati di calcolo indicati nella sentenza del Tribunale Como n. 1494/2003, con detrazione, rispetto alla somma complessivamente riconosciuta dal primo Giudice, solo della posta risarcitoria attinente al costo della recinzione dei terreni eseguita nel 1962, senza ulteriori indagini e approfondimenti istruttori, e la somma ivi liquidata era stata, pacificamente, gia’ oggetto di rivalutazione fino al 1997.
11. In conclusione, il quarto motivo va rigettato, i motivi secondo, terzo e quinto vanno accolti nei sensi infra precisati, dichiarato assorbito il primo, la sentenza impugnata va cassata, nei limiti dei motivi accolti, e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte rigetta il quarto motivo, accoglie i motivi secondo, terzo e quinto nei sensi di cui in motivazione, dichiarato assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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