Circostanza attenuante della minima partecipazione

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|16 settembre 2021| n. 34539.

Circostanza attenuante della minima partecipazione.

In tema di concorso di persone nel reato, ai fini dell’integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione di cui all’art. 114 cod. pen., non è sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto è necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve rispetto all’evento da risultare trascurabile nell’economia generale dell'”iter” criminoso. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito aveva negato il riconoscimento dell’attenuante della minima partecipazione ad un imputato condannato per il reato di cui all’art. 630 cod. pen. che, pur non avendo partecipato alle operazione di sequestro della vittima, aveva svolto il ruolo di carceriere della persona offesa).

Sentenza|16 settembre 2021| n. 34539. Circostanza attenuante della minima partecipazione

Data udienza 23 giugno 2021

Integrale

Tag – parola: Circostanza attenuante della minima partecipazione – Sequestro di persona a scopo di estorsione – Dichiarazioni della persona offesa – Attendibilità – Attenuante della minima partecipazione – Esclusione in caso di contributo non marginale alla realizzazione del reato – Logicità della motivazione – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente
Dott. COSTANZO A. – rel. Consigliere

Dott. ROSATI Martino – Consigliere

Dott. PATERNO’ RADDUSA Benedett – Consigliere

Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
Avverso la sentenza del 24/06/2020 della Corte di appello di Bologna;
udita la relazione svolta dal Consigliere Angelo Costanzo;
letta la requisitoria scritta con cui il Sostituto Procuratore generale Locatelli Giuseppe, chiede di dichiarare inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 10 del 2020 la Corte di assise di appello di Bologna ha confermato la condanna di (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione al reato ex articolo 61 c.p., n. 11-quinquies, articoli 110 e 630 c.p. per avere privato della liberta’ personale la minorenne (OMISSIS) sequestrandola dentro una abitazione per ottenere un riscatto non conseguito a causa dell’intervento della cugina della vittima e di un gruppo di suoi conoscenti. Tuttavia, riconoscendo loro, oltre alle circostanze attenuanti generiche (gia’ concesse in primo grado), la diminuente della lieve entita’ del fatto ex articolo 311 c.p. ha ridotto la pena.
2. Nel ricorsi congiunti presentati dal difensore dei due imputati si chiede l’annullamento della sentenza deducendo: a) erronea applicazione dell’articolo 192 c.p.p. e articolo 61 c.p.p., n. 11-quinquies, articoli 110 e 630 c.p. e vizio della motivazione nella valutazione della attendibilita’ e credibilita’ della persona offesa; b) violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’articolo 61, n. 11-quinquies e vizio della motivazione in relazione alla sussistenza della minore eta’ della persona offesa; c) violazione di legge e vizio della motivazione nel disconoscere la minima partecipazione di (OMISSIS), trascurando che la sua condotta non fu essenziale per la realizzazione del reato; d) erronea applicazione della legge e vizio della motivazione nel non avere applicato nella massima estensione le circostanze attenuanti generiche e l’attenuante ex articolo 311 c.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili.
1.1. Il primo motivo di ricorso nella parte in cui deduce una erronea applicazione dell’articolo 192 c.p.p. nella valutazione degli elementi di prova acquisiti (o acquisibili) e’ inammissibile perche’ i limiti all’ammissibilita’ delle deduzioni relative alla motivazione, fissati specificamente dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullita’ (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Rv. 280027).
La violazione dell’articolo 192 c.p.p., comma 3, puo’ farsi valere soltanto nei termini indicati dal comma 3 della stessa disposizione, ossia come mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione, se il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravame (Sez. 6, n. 4119 del 30/04/2019, dep. 2020, Romeo, Rv. 27819602).
Tuttavia, nel caso in esame, anche la parte del ricorso che deduce il vizio della motivazione e’ inammissibile poiche’ non individua manifeste illogicita’ nella argomentazione svolta nella sentenza relativamente alla prova dei fatti, ma entra nel merito delle valutazioni discrezionali che, con esiti convergenti, il Giudice di primo grado e la Corte di appello hanno sviluppato, sulla base di pertinenti massime di esperienza, nel ritenere attendibili e credibili le dichiarazioni della persona offesa. In particolare, la Corte di assise di appello non ha mancato di vagliare le difformita’, segnalate dalla difesa, fra i contenuti della denuncia presentata alla Polizia giudiziaria e le dichiarazioni rese dalla persona offesa circa la modalita’ di incontro con gli imputati (p. 8-9), anche alla luce dei contenuti delle conversazioni intercettate e circa il coinvolgimento di piu’ persone nel suo rapimento (p. 10), come anche circa l’utilizzazione di un telefono cellulare e le modalita’ della sua segregazione (p. 10-11). Anche la credibilita’ soggettiva della ragazza e le ambiguita’ del comportamento della zia spagnola che contribui’ alla sua liberazione sono state non implausibilmente spiegate sulla base del desiderio della ragazza di sottrarsi ai condizionamenti che avrebbero potuto condurla alla prostituzione (p. 11).
1.2. Quanto alle deduzioni relative alla conoscenza della minore eta’ della persona offesa, deve rilevarsi che nella motivazione della sentenza impugnata sono puntualmente evidenziati i passaggi delle conversazioni intercettate dai quali emerge con evidenza che lo stesso coimputato (OMISSIS) (assolto) le attribuiva “16, 17 anni”. Su questa base, la Corte d’assise di appello ha ragionevolmente argomentato che se della minore eta’ era consapevole il meno coinvolto dei tre coimputati allora ben puo’ ritenersi che lo fossero anche i fratelli (OMISSIS), tanto piu’ che la parente spagnola nella conversazione con (OMISSIS) aveva precisato che la ragazza aveva 16 anni (p. 13). Non emergono manifeste illogicita’ in siffatto ragionamento, ne’ del resto esse sono evidenziate nel secondo motivo di ricorso che, pertanto, risulta inammissibile.
1.3. Il terzo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
Per integrare la circostanza attenuante della minima partecipazione ex articolo 114 c.p. non basta una minore efficacia causale della condotta di un correo rispetto a quella degli altri, ma occorre che il suo contributo sia stato del tutto marginale nella realizzazione del reato, tale che la sua mancanza non avrebbe comportato apprezzabili conseguenze sullo sviluppo della serie causale produttiva dell’evento. In questa prospettiva, non basta comparare le condotte dei vari concorrenti, ma occorre anche accertarne, valutando tutte le componenti (soggettive, oggettive e ambientali) concrete del fatto, il loro grado di efficienza causale rispetto alla produzione dell’evento (Sez. 2, n. 835 del 18/12/2012, dep. 2013, Modafferi, Rv. 254051; Sez. 5, n. 21082 del 13/04/2004, Terreno, Rv. 229201). In questa linea, correttamente la Corte d’assise di appello ha disconosciuto l’attenuante ex articolo 114 c.p. per (OMISSIS) osservando che l’imputato, quand’anche non intervenuto nel trasferimento della ragazza da Bologna alla Campania nell’abitazione in cui fu segregata, assunse il ruolo di carceriere allo stesso modo del fratello. Infatti, di entrambi i fratelli la persona offesa ha detto che la tenevano segregata, le urlavano contro e le intimavano di convincere la zia spagnola a pagare il riscatto con la minaccia di tenerla segregata per sempre (p. 13).
1.4. Anche il quarto motivo di ricorso e’ manifestamente infondato. In realta’ la sentenza impugnata ha applicato nella massima estensione (da 25 anni a 16 anni e 8 mesi di reclusione) la riduzione della pena conseguente al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, doverosamente precisando (p. 14, nota 8) che in primo grado era stata applicata una riduzione superiore al terzo. In questo contesto ben si giustifica la riduzione della pena non nella massima estensione nell’applicare l’articolo 311 c.p..
2. Dalla inammissibilita’ dei ricorsi deriva la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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