Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 4 gennaio 2019, n. 172.

La massima estrapolata:

La circostanza attenuante del conseguimento di un lucro di speciale tenuita’ di cui all’articolo 62 c.p., n. 4, sia applicabile al reato di cessione di sostanze stupefacenti, ma tanto la’ dove si tratti di un evento dannoso o pericoloso connotato da un ridotto grado di offensivita’ o disvalore sociale, evidenza, quest’ultima, che chiama non solo il giudice del merito ad una valutazione in concreto dell’indicato elemento accidentale, ma anche e prima ancora l’imputato a denunciare il vizio di motivazione per dedotta sussistenza di elementi in concreto denotanti un minimo rilievo del danno

Sentenza 4 gennaio 2019, n. 172

Data udienza 8 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente

Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere

Dott. GIORDANO Emilia A – Consigliere

Dott. SCALIA Lau – rel. Consigliere

Dott. VIGNA Maria S. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS);
avverso la sentenza del 17/11/2017 della Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Laura Scalia;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Tampieri Luca, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. (OMISSIS), che si riporta ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Napoli con la sentenza in epigrafe indicata, in parziale riforma di quella pronunciata all’esito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Napoli, previa concessione delle attenuanti generiche, ha ridotto la pena inflitta all’imputato, (OMISSIS), nel resto confermando, su rinuncia del prevenuto ai motivi assolutori, il giudizio di penale responsabilita’ per una serie di episodi di detenzione, in concorso con altri e per condotte in continuazione ritenute, di sostanza stupefacente di quantita’ non precisata finalizzata alla cessione a terzi (articolo 110 c.p. e articolo 81 c.p., comma 2; Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 1 e 4).
2. Nell’interesse dell’imputato ricorre in cassazione avverso l’indicata sentenza il difensore di fiducia con due motivi di annullamento.
2.1. Con il primo motivo si denuncia mancanza e manifesta illogicita’ della motivazione per mancata riconduzione dei fatti ritenuti nell’ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5.
L’utilizzo di una cabina telefonica pubblica per i contatti relativi alle concluse transazioni non avrebbe deposto, di contro a quanto ritenuto in sentenza, per modalita’ particolarmente strutturate dell’attivita’ ostative al riconoscimento del fenomeno del cd. piccolo spaccio, trattandosi piuttosto di uno strumento rudimentale che ben si sarebbe conciliato con attivita’ di piccolo cabotaggio.
Il richiamo, pure operato in sentenza per escludere l’indicata fattispecie, alle quantita’ di sostanza avrebbe integrato una motivazione apparente.
In appello si era infatti contestata la natura della sostanza e la certezza e quantita’ del principio attivo; in imputazione nulla era detto sulla quantita’ di sostanza stupefacente che, si dava atto, non era stato possibile accertare.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia la mancanza assoluta di motivazione sul diniego dell’attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 4, che era stata esclusa per “difetto dei presupposti” e tanto la’ dove la giurisprudenza di legittimita’ ne aveva ritenuto l’applicabilita’ al reato di cessione di sostanze stupefacenti in presenza di un evento dannoso connotato da un ridotto grado di offensivita’.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile per non deducibilita’ dei proposti motivi e loro manifesta infondatezza.
2. Quanto al primo motivo come chiaramente esposto nella narrativa dell’impugnata sentenza, l’imputato ha ammesso gli addebiti dinnanzi alla Corte di appello ed ha dichiarato “di rinunciare ai motivi assolutori, insistendo solo nei motivi di appello inerenti il trattamento sanzionatorio” (p. 75).
Sulla indicata premessa vale quindi il principio per il quale, e’ inammissibile il ricorso per cassazione relativo a questioni, anche rilevabili d’ufficio, alle quali l’interessato abbia rinunciato in funzione dell’accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall’articolo 599 c.p.p., comma 4, non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimita’, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione sicche’, in applicazione dell’indicato principio, va ritenuto inammissibile il ricorso dell’imputato rinunciante ai motivi di appello in punto di qualificazione del reato (tra le ultime: Sez. 3, n. 50750 del 15/06/2016, Dantese, Rv. 268385 – 01; Sez. 4, n. 53565 del 27/09/2017, Ferro, Rv. 271258 – 01).
2. Nel resto, risulta in modo erroneo dedotto il motivo sulla violazione dell’articolo 62 c.p., n. 4, nella male intesa, in ricorso, assertivita’ della motivazione adottata dalla Corte di appello di cui si contesta l’adesione a quella giurisprudenza che ritiene che la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuita’, di cui all’articolo 62 c.p., comma 1, n. 4, non applicabile ai reati in tema di stupefacenti.
Nell’affermazione di principio di questa Corte di legittimita’, si e’ invero ritenuto che la circostanza attenuante del conseguimento di un lucro di speciale tenuita’ di cui all’articolo 62 c.p., n. 4, sia applicabile al reato di cessione di sostanze stupefacenti, ma tanto la’ dove si tratti di un evento dannoso o pericoloso connotato da un ridotto grado di offensivita’ o disvalore sociale, evidenza, quest’ultima, che chiama non solo il giudice del merito ad una valutazione in concreto dell’indicato elemento accidentale, ma anche e prima ancora l’imputato a denunciare il vizio di motivazione per dedotta sussistenza di elementi in concreto denotanti un minimo rilievo del danno (arg. ex Sez. 6, n. 20937 del 18/01/2011, Bagoura, Rv. 250028 – 01).
Avendo la difesa censurato la sentenza per difetto di motivazione nella parte in cui ha escluso l’applicabilita’ della circostanza attenuante senza confrontarsi con l’indicato principio, la proposta critica risulta sul punto inammissibile per genericita’.
3. Alla declaratoria di inammissibilita’ dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento dell’equa somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.

Avv. Renato D’Isa

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