In tema di contratto di prestazione d’opera intellettuale, la previsione della possibilità di recesso ad nutum del cliente contemplata dall’art. 2237 cod. civ., non ha carattere inderogabile

Corte di Cassazione, Sezione lavoro, Sentenza 5 luglio 2018, n. 17679.

La massima estrapolata:

In tema di contratto di prestazione d’opera intellettuale, la previsione della possibilità di recesso ad nutum del cliente contemplata dall’art. 2237 cod. civ., non ha carattere inderogabile ed è quindi possibile che, per particolari esigenze delle parti, sia esclusa tale facoltà fino al termine del rapporto. L’apposizione di un termine ad un rapporto di collaborazione professionale continuativa può essere sufficiente ad integrare la deroga pattizia alla facoltà di recesso così come disciplinata dalla legge, nel senso che a tal fine non è necessario un patto specifico ed espresso

Sentenza 5 luglio 2018, n. 17679

Data udienza 14 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere

Dott. LORITO Matilde – Consigliere

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 20073-2013 proposto da:
FONDAZIONE (OMISSIS) O.N.L.U.S., C.F. (OMISSIS), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 112/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 15/03/2013 R.G.N. 291/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/03/2018 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 15.3.2013, la Corte di appello di Brescia, confermando la pronuncia del Tribunale di Bergamo, ha condannato la Fondazione (OMISSIS) Onlus al pagamento nei confronti di (OMISSIS), direttore sanitario della casa di riposo gestita dalla Fondazione, della somma di Euro 92.863,80 a titolo di risarcimento del danno per l’anticipata risoluzione del rapporto di lavoro nonche’ della somma di Euro 2.972,21 a titolo di compenso per lavoro straordinario.
2. La Corte distrettuale, in particolare, ha ritenuto derogata dalle parti, mediante previsione di un termine al rapporto di collaborazione, la facolta’ di recesso ad nutum del cliente di un contratto di prestazione d’opera professionale prevista dall’articolo 2237 c.c., comma 1, nonche’ insussistente una giusta causa di recesso anticipato, ed ha, inoltre, dichiarato inammissibili le eccezioni di prescrizione presuntiva ed estintiva a fronte, rispettivamente, del mancato riconoscimento del debito (per lavoro straordinario) e della genericita’ della deduzione.
3. Per la cassazione della sentenza la Fondazione ha proposto ricorso, affidato a tre motivi cui ha resistito il (OMISSIS) con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la Fondazione lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 1332, 1372, 1373 e 2237 c.c., censurando la sentenza impugnata per avere, in contrasto con i principi elaborati al riguardo dalla giurisprudenza di legittimita’, ritenuto che l’apposizione di un termine di durata al contratto di prestazione d’opera professionale escluda il recesso ad nutum previsto dall’ordinamento a favore del cliente committente, nonostante esplicita facolta’ contemplata nel suddetto contratto individuale.
2. Con il secondo motivo di ricorso li deduce omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti nonche’ la nullita’ della sentenza ex articolo 132 c.p.c., comma 1, e articolo 156 c.p.c., comma 2, avendo, la Corte distrettuale, trascurato l’espressa pattuizione (di cui all’articolo 4 del contratto individuale stipulato tra le parti) della facolta’ di recesso anticipato da parte della Fondazione.
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’articolo 2948 c.c. e articoli 112, 166, 167, 416, 434 e 437 c.p.c. avendo la Corte distrettuale trascurato che la Fondazione aveva fatto esplicito richiamo, oltre che alla maturazione del termine di prescrizione presuntiva, anche alla prescrizione ordinaria.
4. I primi due motivi, che per stretta connessione possono esaminarsi congiuntamente, sono fondati.
Come questa Corte ha affermato (cfr. Cass. n. 469 del 2016), ai sensi dell’articolo 2237 c.c., comma 1, il cliente puo’ recedere ad nutum dal contratto di opera professionale, mentre al prestatore e’ consentito il recesso soltanto per giusta causa: la facolta’ di scioglimento e’ accordata al cliente-committente in considerazione della natura fiduciaria del rapporto caratterizzato dall’intuitus personae.
E’ legittima l’apposizione di un termine di durata del contratto, non essendo vietata da alcuna specifica norma, cosi’ come e’ derogabile pattiziamente la facolta’ di recesso ad nutum del cliente. Peraltro, occorre verificare se, in presenza di una durata convenzionale, il rapporto sia suscettibile di anticipato scioglimento per effetto del recesso ad nutum da parte del cliente ovvero se la previsione di un termine di durata integri rinuncia alla facolta’ di recesso da parte del cliente.
Orbene, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimita’ richiamato dalla sentenza impugnata, in tema di contratto di prestazione d’opera intellettuale, la previsione della possibilita’ di recesso ad nutum del cliente contemplata dall’articolo2237 c.c., non ha carattere inderogabile e quindi e’ possibile che, per particolari esigenze delle parti, sia esclusa tale facolta’ fino al termine del rapporto; l’apposizione di un termine ad un rapporto di collaborazione professionale continuativa puo’ essere sufficiente ad integrare la deroga pattizia alla facolta’ di recesso cosi’ come disciplinata dalla legge, nel senso che a tal fine non e’ necessario un patto specifico ed espresso (Cass. n. 24367 del 2008).
Al riguardo occorre chiarire che la predeterminazione di un termine di durata del contratto intanto puo’ integrare rinuncia da parte del cliente al recesso ove dal complessivo regolamento negoziale possa inequivocabilmente ricavarsi la volonta’ delle parti di vincolarsi per la durata del contratto vietandosi reciprocamente il recesso prima della scadenza del termine finale e che l’orientamento giurisprudenziale richiamato dalla sentenza impugnata fa riferimento alle ipotesi in cui era stato pattuito, tra le parti, un termine di durata minima garantito evincibile dal contesto complessivo del contratto individuale ove, oltre al termine di durata, non erano previste (a differenza del caso in esame) altre specifiche clausole concernenti il recesso delle parti.
L’indagine del giudice di merito doveva essere diretta a verificare se nel caso concreto – in relazione alle pattuizioni convenute – le parti avessero inteso limitarsi a fissare la durata massima del rapporto o piuttosto avessero voluto escludere il recesso ad nutum del cliente prima di tale data.
Ebbene, la sentenza impugnata non ha compiuto correttamente siffatto accertamento ove ha affermato che l’apposizione del termine al contratto doveva intendersi, secondo orientamento giurisprudenziale consolidato, quale deroga pattizia alla facolta’ di recesso ad nutum del cliente, avendo trascurato di esaminare integralmente il regolamento negoziale (peraltro riportato nel provvedimento impugnato) ed in particolare l’articolo 4 del contrato individuale ove si prevedeva espressamente che “l’Ente potra’ rescindere unilateralmente il contratto prima della sua naturale scadenza mediante formale disdetta motivata, con un preavviso di 60 giorni, senza che il professionista possa vantare alcuna pretesa risarcitoria nei confronti dell’ente”, pattuizione da valutarsi con riferimento anche al particolare vincolo fiduciario richiesto dalla natura della prestazione professionale affidata al (OMISSIS) e consistente nella direzione sanitaria di una casa di riposo. La clausola inserita nel contratto d’opera professionale stipulato fra le parti consentiva chiaramente il recesso anticipato della Fondazione e, conseguentemente, preclude ogni pretesa risarcitoria.
5. Il terzo motivo e’ fondato.
Va preliminarmente osservato che l’eccezione di prescrizione (a differenza dell’eccezione di interruzione della prescrizione) configura un’eccezione in senso stretto, cioe’ rilevabile soltanto ad istanza di parte (articolo 2938 c.c.). E poi vero che il principio secondo cui l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti da’ luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione abbia determinato, come nella specie, un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (articolo 112 c.p.c.), trattandosi in tal caso della denuncia di un “error in procedendo”,che attribuisce alla Corte di cassazione il potere-dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti.
Le Sezioni Unite di questa Corte, proprio in considerazione di orientamenti giurisprudenziali difformi, ha affermato che la parte che eccepisce in giudizio la prescrizione ha l’onere di puntualizzare se intende avvalersi di quella presuntiva o di quella estintiva, poiche’ si tratta di eccezioni tra loro logicamente incompatibili e fondate su fatti diversi, mentre non e’ necessaria la specificazione del tipo legale e della durata della prescrizione estintiva, la cui identificazione spetta al giudice secondo le varie ipotesi previste dalla legge, in base al principio “iura novit curia” (Cass. Sez. U. n. 10955 del 2002; Cass. nn. 16486 del 2017, 1203 del 2017).
Ebbene, la Corte distrettuale ha dichiarato inammissibile la prescrizione presuntiva (eccepita ai sensi degli articoli 2955 e 2956 cod.civ.) in quanto incompatibile con la deduzione della Fondazione dell’insussistenza del credito (per lo svolgimento di ore di lavoro ulteriori rispetto all’orario ordinario pattuito) vantato (profilo non censurato dal ricorrente) ed ha, del pari, dichiarato inammissibile l’eccezione di prescrizione estintiva per genericita’ della formulazione, avendo – la Fondazione – fatto riferimento “ad ogni altro termine di prescrizione, anche ordinario stabilito dalla legge”. Il giudice del merito, precisato che l’eccezione di prescrizione contemplava altresi’ specificamente quella presuntiva (annuale e triennale di cui agli articoli 2955 e 2956 c.c.), si e’ sottratto all’accertamento della natura e del termine dell’ulteriore termine di prescrizione eccepito dalla Fondazione, gia’ indicato dalla stessa come “ordinario”e ontologicamente compatibile con la negazione della sussistenza di un credito del professionista.
La sentenza va, pertanto, cassata e la causa va rinviata alla Corte distrettuale di Milano per la valutazione della fondatezza dell’eccezione di prescrizione estintiva che deve ritenersi ritualmente proposta dalla Fondazione.
6. In conclusione, la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Milano per la valutazione della fondatezza dell’eccezione di prescrizione estintiva proposta dalla Fondazione, nonche’ per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Milano cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

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