La mancata o tardiva esplicitazione della riserva comporta solo la decadenza dall’impugnazione differita, senza, peraltro, precludere l’impugnazione immediata della sentenza non definitiva

Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 31 maggio 2018, n. 13957.

La massima estrapolata:

La mancata o tardiva esplicitazione della riserva comporta solo la decadenza dall’impugnazione differita, senza, peraltro, precludere l’impugnazione immediata della sentenza non definitiva, che deve, ovviamente, essere proposta nel rispetto dei termini (breve o lungo, a seconda che la sentenza sia stata o meno notificata dalla parte vittoriosa) di cui agli articoli 325 e 327 c.p.c.

Sentenza 31 maggio 2018, n. 13957

Data udienza 9 maggio 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente

Dott. MANNA Antonio – Consigliere

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere

Dott. SPENA Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 21160/2012 proposto da:
(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente –
e contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BACCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in calce al ricorso notificato;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 41/2012 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 28/03/2012 R.G.N. 129/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/05/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS), dipendente della (OMISSIS) S.p.A., con ricorso del 28/2/2005, chiedeva al Tribunale di Orvieto, Sezione lavoro, il riconoscimento della categoria di funzionario o, in subordine, di quadro direttivo e le relative differenze retributive con decorrenza dal 15/7/1994, assumendo di avere svolto, da quella data, sino al marzo 1996, mansioni di Responsabile del Reparto CED della detta (OMISSIS). Chiedeva, altresi’, l’accertamento della illegittimita’ della condotta della societa’ datrice di lavoro, con conseguente condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni dallo stesso subiti, deducendo che, successivamente al marzo 1996, era stato adibito a mansioni inferiori, essendo stato, in sostanza, emarginato e privato di quelle che gli sarebbero spettate.
Con sentenza non definitiva depositata il 16/4/2010, il Tribunale dichiarava l’intervenuta prescrizione del diritto alle differenze retributive richieste dal dipendente, con riferimento al periodo sino al 9/12/1997; dichiarava, inoltre, che il (OMISSIS) aveva svolto le mansioni superiori di quadro dal 15/7/1994 al 30/3/1996 e, per l’effetto, condannava la (OMISSIS) ad inquadrare lo stesso nella qualifica corrispondente a partire dal novantesimo giorno dal 15/7/1994, ed altresi’ alla corresponsione delle differenze economiche tra la retribuzione versata ed il trattamento corrispondente alle superiori mansioni svolte ed a versare all’INPS i relativi oneri contributivi.
Con sentenza definitiva del 24/9/2010, lo stesso Tribunale condannava la datrice di lavoro al pagamento, in favore del ricorrente, della somma di Euro 34.098,55.
Quest’ultimo interponeva appello avverso le due sentenze con atto depositato il 16/4/2011, chiedendo la riforma di entrambe le sentenze.
La Corte territoriale di Perugia, con sentenza depositata il 28/3/2012, dichiarava l’inammissibilita’ del gravame, non avendo il dipendente fatto riserva di appello, ai sensi dell’articolo 340 c.p.c., avverso al sentenza non definitiva con la quale il Tribunale aveva parzialmente accolto la domanda.
Per la cassazione della pronunzia ricorre il (OMISSIS) articolando due motivi, ulteriormente illustrati da memoria.
La (OMISSIS) S.p.A. resiste con controricorso.
L’INPS ha depositato delega in calce al ricorso notificato.
Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullita’ della sentenza per violazione degli articoli 325, 326, 327 e 340 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sostenendo che la pronunzia oggetto del giudizio di legittimita’ avrebbe equivocato la funzione ed il contenuto dell’istituto processuale di cui all’articolo 340 c.p.c., poiche’ non ha considerato che la norma, disciplinando la riserva facoltativa di appello contro sentenze non definitive, prevede una mera facolta’, ma non un onere decadenziale; per la qual cosa, se non viene proposta riserva di appello avverso la sentenza non definitiva, resta comunque proponibile il gravame secondo la disciplina generale di cui agli articoli 325-327 c.p.c..
Il (OMISSIS) lamenta, inoltre, che la sentenza della Corte di merito avrebbe completamente equivocato anche sulla funzione dell’istituto che e’ quella di prevedere una eccezionale facolta’ di differire l’impugnazione oltre i termini di cui agli articoli innanzi citati, al fine di consentire la possibilita’ di presentare un appello congiunto e concentrato avverso entrambe le pronunzie, quella non definitiva e quella definitiva.
2. Con il secondo motivo si denunzia ancora la violazione degli articoli 325, 326, 327 e 340 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “nella subordinata ipotesi” in cui “si ritenga che i vizi suindicati ricadano nella sfera dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, invece che in quella dell’articolo 360 c.p.c., n. 4” e “si propone, richiamando tutto quanto sopra esposto, un motivo di gravame, anche ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3”.
3. Il ricorso, che, all’evidenza, propone con i due motivi un’unica censura, e’ fondato.
Invero, dall’esegesi della disposizione di cui all’articolo 340 c.p.c., ed alla stregua degli arresti giurisprudenziali di legittimita’, si evince che, nel caso in cui non venga proposta riserva di appello, non si verifica una preclusione all’impugnazione della sentenza non definitiva, restando proponibile il gravame nel rispetto dei criteri dettati dalla disciplina generale di cui agli articoli 325, 326 e 327 c.p.c., poiche’ la predetta mancata riserva produce decadenza del diritto oggetto della riserva, ma non dell’esercizio del potere di impugnazione della sentenza non definitiva, secondo le regole generali (cfr., tra le molte, Cass. nn. 3807/1998, 4285/2000, 12482/2003, 212/2007; Cass., S.U., n. 7940/2008; Cass. nn. 7340/2009, n. 2188/2016).
Nella fattispecie, la Corte territoriale ha, invece, mostrato di ritenere – contrariamente al consolidato indirizzo della Suprema Corte al riguardo – che la parte soccombente che non faccia riserva di impugnazione della sentenza non definitiva entro il termine individuato dall’articolo 340 c.p.c. (“non oltre la prima udienza dinanzi al giudice istruttore successiva alla comunicazione della sentenza stessa”) decade non soltanto dal potere di proporre il gravame differito, ma anche dalla possibilita’ di proporlo nei termini ordinari stabiliti (per l’impugnazione immediata) dagli articoli 325 e 327 c.p.c..
Al contrario, la mancata o tardiva esplicitazione della riserva comporta solo – lo si ribadisce – la decadenza dall’impugnazione differita, senza, peraltro, precludere l’impugnazione immediata della sentenza non definitiva, che deve, ovviamente, essere proposta nel rispetto dei termini (breve o lungo, a seconda che la sentenza sia stata o meno notificata dalla parte vittoriosa) di cui agli articoli 325 e 327 c.p.c. (cfr., ancora, Cass. nn. 21417/2014, 3376/2015, 10755/2016).
Orbene, nel caso di specie, secondo quanto risulta anche dalla pronunzia oggetto del giudizio di legittimita’, la sentenza non definitiva del Tribunale di Orvieto e’ stata depositata il 16/4/2010; alla successiva udienza del 25/6/2010 nessuna delle parti ha esercitato la facolta’ di proporre la “riserva facoltativa” prevista dall’articolo 340 c.p.c.; la sentenza definitiva reca la data del 24/9/2010; nessuna delle due sentenze di cui si tratta e’ stata notificata da alcuna delle parti presso lo studio del legale dell’altra parte; in data 16/4/2011, quindi entro un anno dal deposito della motivazione della sentenza non definitiva, il (OMISSIS) ha depositato l’atto di gravame presso la Corte di Appello di Perugia; risulta, quindi, rispettato il termine annuale previsto per le cause iniziate prima del 4/7/2009, dall’articolo 327 c.p.c., nel testo vigente all’epoca di svolgimento dei fatti di cui si tratta.
4. Per tutto quanto esposto, la sentenza va cassata con rinvio della causa alla Corte di Appello di Perugia, in diversa composizione, che si atterra’, nell’ulteriore esame del merito, ai principi innanzi affermati, provvedendo altresi’ alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’ ai sensi dell’articolo 385, c.p.c., comma 3.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’, alla Corte di Appello di Perugia, in diversa composizione.
Motivazione semplificata.

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