Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 2 maggio 2018, n. 18743.
La specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantita’ di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, e’ necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’articolo 133 c.p., le espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravita’ del reato o alla capacita’ a delinquere.
Sentenza 2 maggio 2018, n. 18743
Data udienza 6 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIOTALLEVI Giovann – Presidente
Dott. RAGO Geppino – Consigliere
Dott. MESSINI D’AGOSTINI Pietro – Consigliere
Dott. AIELLI Lucia – Consigliere
Dott. MONACO M. – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/06/2017 della CORTE APPELLO di CATANIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MONACO MARCO MARIA;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. CENICCOLA ELISABETTA, che ha concluso per l’inammissibilita’.
RITENUTO IN FATTO
La CORTE APPELLO di CATANIA, con sentenza in data 06/06/2017, parzialmente riformando la sentenza pronunciata dal TRIBUNALE di CATANIA, in data 17/11/2016, nei confronti di (OMISSIS) confermava la condanna in relazione al reato di cui all’articolo 628 c.p., (piu’ grave) ed altro.
1. Propone ricorso per cassazione l’imputato che, a mezzo del difensore, deduce i seguenti motivi.
1.1 Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’articolo 63 c.p., comma 4, per il doppio aumento di pena per le circostanze aggravanti di cui all’articolo 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3-quionques. La difesa rileva che la pena edittale prevista dall’articolo 628 c.p., comma 3, riguarda l’ipotesi di rapina pluriaggravata e che, quindi, le aggravanti specificamente previste non possono essere considerate singolarmente e determinare ulteriori aumenti di pena.
1.2 Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’istituto della continuazione. La Corte, senza evidenziare l’iter logico argomentativo seguito, avrebbe operato degli aumenti di pena in continuazione sproporzionati (l’aumento di pena per le lesioni sarebbe addirittura superiore al minimo edittale previsto per l’articolo 582 c.p.).
1.3 Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. La Corte, trincerandosi dietro clausole di stile, non avrebbe preso in considerazione gli argomenti della difesa e conseguentemente omesso una effettiva motivazione sul punto.
1.4 Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai criteri di cui all’articolo 133 c.p., nella determinazione della pena. La valutazione degli elementi previsti dall’articolo 133 c.p., effettuata dalla Corte sarebbe parziale ed incompleta e la conclusione “eccessivamente punitiva”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile.
1.1. Il primo motivo e’ manifestamente infondato.
Il calcolo operato dalla Corte in relazione al reato commesso nel (OMISSIS) e’ corretto.
In presenza di piu’ aggravanti di cui all’articolo 628 c.p., comma 3, infatti, prima della nuova formulazione del comma 4, introdotta con la L. n. 103 del 2017, la pena andava calcolata apportando tanti aumenti quante erano le aggravanti ulteriori alla prima, necessaria a determinare la pena base ai sensi del comma 3.
Il “doppio” aumento era errato solo nel caso in cui le circostanze erano raggruppate nel medesimo numero (cfr. Sez. 2, n. 41004 del 06/07/2011, Rv. 251372: “per il delitto di rapina, in presenza di piu’ aggravanti ad effetto speciale trova applicazione il meccanismo di cui all’articolo 63 c.p., commi 3 e 4. Tuttavia va precisato che quando sono contestate le circostanze che, nella formulazione dell’articolo di legge, sono sistematicamente raggruppate nello stesso numero 2) in cui si suddivide il capoverso, (che, sotto lo stesso numero raggruppa la circostanza delle piu’ persone riunite, del travisamento e dell’uso delle armi), si deve far luogo ad un unico aumento”).
1.2. Il secondo motivo e’ manifestamente infondato.
La quantificazione operata dal giudice di merito non e’ in censurabile in questa sede poiche’ in tema di determinazione della pena nel reato continuato, non sussiste obbligo di specifica motivazione per ogni singolo aumento, essendo sufficiente indicare le ragioni a sostegno della quantificazione della pena-base (Sez. 2, n. 18944 del 22/03/2017, RV. 270361; Sez. 4, n. 23074 del 22/11/2016, RV 270197; Sez. 2, n. 43605 del 14/09/2016, RV 268451; Sez. 5, n. 29847 del 30/04/2015, RV 264551).
In questo caso, peraltro, la Corte, con specifica motivazione, ha indicato le ragioni per le quali ha ritenuto che gli aumenti fossero stati correttamente calcolati.
1.3 Il terzo motivo introduce censure in fatto, inammissibili in sede di legittimita’.
La sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’articolo 62-bis c.p., e’ oggetto di un giudizio di fatto e puo’ essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talche’ la stessa motivazione, purche’ congrua e non contraddittoria, non puo’ essere sindacata in cassazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, RV 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, RV 248244; n. 42688 del 24/09/ 2008, RV 242419).
Nel caso di specie la motivazione della Corte, a fronte della specifica doglianza della difesa, evidenziando i precedenti dell’imputato, la “gravita’ ed efferatezza quale manifestata sotto il profilo oggettivo della violenza praticata alle pp. oo “, e’ congrua ed articolata e, quindi, idonea a far emergere in misura sufficiente la valutazione circa l’adeguamento della pena concreta alla gravita’ effettiva del reato ed alla personalita’ del reo. Il diniego delle circostanze attenuanti generiche, peraltro, puo’ essere legittimamente fondato anche sull’apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto prevalente rispetto ad altri, disattesi o superati da tale valutazione ed e’, quindi, sufficiente il diniego anche soltanto in base ai precedenti penali dell’imputato, perche’ in tal modo viene formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di disvalore sulla sua personalita’ (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, RV 265826; n. 3609 del 18/01/2011, RV 249163; Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, RV 248737).
1.4 Anche la doglianza contenuta nel quarto ed ultimo motivo e’ manifestamente infondata.
La Corte ha complessivamente valutato i criteri di cui all’articolo 133 c.p., le conclusioni cui e’ pervenuta non sono censurabili in sede di legittimita’.
Come gia’ affermato in numerose precedenti decisioni, infatti, va qui ribadito che: “La specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantita’ di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, e’ necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’articolo 133 c.p., le espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravita’ del reato o alla capacita’ a delinquere” (Sez. 2, n. 35245 del 26/6/2009, Rv. 245596).
Alla inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila alla cassa delle ammende.
Leave a Reply