Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 19 giugno 2018, n. 28191.
La massima estrapolata:
La minaccia di far valere un diritto, pur avendo un’esteriore apparenza di legalita’, puo’ integrare l’elemento costitutivo del delitto di cui all’articolo 629 c.p. quando sia formulata con il diverso scopo reale di coartare l’altrui volonta’ e conseguire risultati non conformi a giustizia
Sentenza 19 giugno 2018, n. 28191
Data udienza 30 marzo 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMMINO Matilde – Presidente
Dott. PRESTIPINO Antonio – rel. Consigliere
Dott. BORSELLINO Maria Daniela – Consigliere
Dott. PACILLI Giuseppina – Consigliere
Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 14/11/2017 del TRIB. LIBERTA’ di MESSINA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANTONIO PRESTIPINO;
sentite le conclusioni del PG Dr. LIGNOLA FERDINANDO che ha concluso per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata limitatamente all’esigenze cautelari e la trasmissione degli atti al Tribunale del Riesame.
RITENUTO IN FATTO
1. Ricorrono (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso l’ordinanza del Tribunale della liberta’ di Messina del 14 novembre 2017 che in parziale accoglimento dell’istanza di riesame proposta dagli stessi ricorrenti sostitui’ la misura cautelare degli arresti domiciliari applicata nei confronti di entrambi dal gip dello stesso tribunale il 25 ottobre 2017 per il reato di estorsione in concorso, con l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
2. Alla stregua dell’incolpazione provvisoria i due indagati, in passato impiegati presso l’esercizio di ristorazione gestito da (OMISSIS) in localita’ Torre faro, avrebbero costretto l’ex datore di lavoro a versare loro la somma di Euro 3000,00 ciascuno “per non rendere nel corso di una verifica INPS dichiarazioni a lui pregiudizievoli”.
2.1. Si legge a pag. 2 del provvedimento che il (OMISSIS) aveva dichiarato di avere appreso che i due ricorrenti avrebbero dovuto essere sentiti nell’ambito di una verifica ispettiva volta ad accertare l’adempimento degli obblighi contributivi a suo carico nei confronti dei dipendenti. Li aveva cosi’ contattati per sapere se avessero bisogno della documentazione relativa al loro pregresso rapporto di lavoro. Ad un primo incontro interlocutorio, ne era seguito un altro nel corso del quale il (OMISSIS) e il (OMISSIS) si erano lamentati con lui di avere effettuato piu’ ore lavorative di quelle risultanti dai voucher utilizzati per la loro assunzione, asserendo che a cagione di cio’ egli sarebbe stato esposto ad una sanzione amministrativa di 15.000 Euro e lasciando intendere che non avrebbero rivelato agli ispettori INPS le ore lavorative “in nero” se avessero ricevuto un adeguato compenso in cambio del loro silenzio.
Aggiungeva il (OMISSIS) di avere offerto, in risposta, ai due, la somma di Euro 500, pur ritenendo di avere sempre operato correttamente, ma di essersi visto richiedere somme ben maggiori. In questa seconda occasione la persona offesa aveva registrato il colloquio con i suoi ex dipendenti.
3. Il tribunale rileva che la versione dei fatti della persona offesa sarebbe chiaramente inverosimile in riferimento al dichiarato rispetto della normativa regolante il rapporto di lavoro con i due ricorrenti,emergendo, piuttosto, dagli atti, la sua preoccupazione per i possibili esiti dell’attivita’ ispettiva (vedi, amplius, pagg. 3 e 4 dell’ordinanza), ma riteneva ugualmente provata l’accusa di estorsione sul rilievo che la somma richiesta dai due indagati non potesse essere riconducibile a spettanze stipendiali e contributive, tanto piu’ che la seconda voce, in caso di tardivo adempimento del (OMISSIS), non sarebbe stata introitata dai ricorrenti dovendo piuttosto essere versata nelle casse dell’istituto previdenziale.
4. A sostegno del proposto ricorso la difesa articola, in sintesi, i seguenti motivi:
1.violazione dell’articolo 273 c.p.p., comma 1 e dell’articolo 629 c.p. in relazione all’articolo 606 c.p.p., lettera b). Il Tribunale avrebbe illogicamente ritenuto che la volonta’ della presunta persona offesa fosse stata coartata dai ricorrenti con modalita’ intimidatorie, trascurando, tra l’altro, che l’iniziativa degli incontri nel corso dei quali le parti avevano affrontato l’argomento della verifica ispettiva era stata presa proprio dalla persona offesa, timorosa delle conseguenze dei suoi pregressi inadempimenti retributivi e previdenziali, e che le interlocuzioni tra i dialoganti si erano svolte in modo paritario. Non solo, ma i giudici territoriali avrebbero trascurato che i due ricorrenti vantavano in effetti legittime pretese economiche nei confronti del (OMISSIS), come si riconosce nello stesso provvedimento impugnato, del tutto contraddittoriamente rispetto all’affermazione della connotazione estorsiva della condotta degli stessi ricorrenti.
2. Violazione degli articoli 273 e 274 c.p.p. e vizio di motivazione con riferimento alla mancata risposta del Tribunale alle deduzioni difensive consacrate in una memoria scritta depositata nel corso del procedimento di riesame. In particolare, la difesa deduce di avere fatto riferimento, in quelle note scritte, al contenuto delle registrazioni dei colloqui, e di avere prodotto alcuni documenti relativi al rapporto di lavoro in precedenza intercorso tra le parti.
3. Violazione dell’articolo 274 c.p.p., lettera c) in punto di valutazione delle esigenze cautelari. La motivazione del tribunale sul periculum libertatis sarebbe illogica e contraddittoria, nella misura in cui formula un giudizio prognostico di probabile recidiva pur dando atto della giovane eta’ e dell’incensuratezza dei ricorrenti e, soprattutto dell’occasionalita’ della loro condotta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.In punto di gravita’ indiziaria, le censure mosse dalla difesa al provvedimento impugnato devono ritenersi manifestamente infondate.
Nello sviluppo argomentativo dell’ordinanza si coglie senza sbavature logiche l’aspetto essenziale della vicenda processuale, cioe’ il fatto che i ricorrenti, appreso del timore del (OMISSIS) per i possibili esiti della verifica ispettiva (timore che rende poco credibili, in effetti, le sue affermazioni di avere sempre rispettato la normativa lavoristica), avanzarono nei confronti del loro comune ex datore di lavoro pretese del tutto svincolate da legittime rivendicazioni salariali, facendo leva proprio sulla preoccupazione del (OMISSIS) di incorrere in pesanti sanzioni amministrative. D’altra parte, osserva efficacemente il Tribunale, per la parte relativa alle omissioni contributive nulla avrebbero potuto i ricorrenti pretendere direttamente per se’, dovendo i contributi omessi essere versati al competente istituto previdenziale.
1.1. Tanto i giudici territoriali colgono plausibilmente dal tenore complessivo delle conversazioni registrate, non essendo quindi dato di comprendere la doglianza relativa al mancato esame della memoria scritta depositata dalla difesa nella parte in cui faceva riferimento alle stesse conversazioni. Anche la censura relativa al mancato esame dei documenti allegati alla memoria, relativi ai precedenti rapporti di lavoro tra le parti, appare poco apprezzabile, sia perche’ la difesa non illustra in nessun modo l’interferenza delle invocate risultanze documentali sulle valutazioni del caso, sia perche’ nella motivazione del provvedimento impugnato e’ testuale il riferimento agli inadempimenti contrattuali del (OMISSIS) e si riconosce, in sostanza, l’esistenza di legittime pretese dei ricorrenti in relazione a quegli inadempimenti, congruamente svalutate, pero’, sul rilievo che, in concreto, i ricorrenti formularono richieste economiche svincolate dai precedenti rapporti contrattuali con la persona offesa, senza che la difesa ne indichi concretamente l’esatta corrispondenza.
1.2. In questo contesto, poco importa chi avesse preso l’iniziativa degli incontri fissati per discutere della prossima verifica ispettiva; e poco importa il tono piu’ o meno velato delle minacce dei ricorrenti, una volta che si possa ritenere che entrambi avessero comunque prospettato alla persona offesa l’intenzione di inchiodarlo alle sue responsabilita’ se non avessero ottenuto le somme richieste.
1.2.1. Sotto questo profilo, il Tribunale ha fatto retta applicazione del principio secondo cui la minaccia di far valere un diritto, pur avendo un’esteriore apparenza di legalita’, puo’ integrare l’elemento costitutivo del delitto di cui all’articolo 629 c.p. quando sia formulata con il diverso scopo reale di coartare l’altrui volonta’ e conseguire risultati non conformi a giustizia (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36365 del 07/05/2013 Rv. 256874, Braccini e altri; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17574 del 21/03/2013 Ud. Rv. 256219).
2. Il ricorso e’ fondato, invece, con riguardo alla valutazione, da parte del Tribunale, delle esigenze cautelari, pur con riferimento alla blanda misura in concreto applicata. Il giudizio sulla proclivita’ a delinquere dei ricorrenti contrasta, in effetti, con i rilievi della giovane eta’ e dell’incensuratezza di entrambi e, soprattutto, con il riconoscimento dell’occasionalita’ della condotta estorsiva, in definitiva suscitata dalle iniziative della stessa persona offesa, talche’ la prognosi di probabile recidiva finisce con l’essere ancorata esclusivamente al titolo del reato.
Alla stregua delle precedenti considerazioni, deve essere pronunciato l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente alla valutazione delle esigenze cautelari, con rinvio per nuovo esame, con integrale trasmissione degli atti, al tribunale di Messina, sezione per il riesame delle misure coercitive. Il ricorso va dichiarato nel resto inammissibile per manifesta infondatezza.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla valutazione delle esigenze cautelari, e rinvia per nuovo esame, con integrale trasmissione degli atti, al tribunale di Messina (sezione per il riesame delle misure coercitive). Dichiara nel resto inammissibile il ricorso.
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