Commette il reato di esercizio abusivo della professione di commercialista Il titolare di una società che svolge consulenza aziendale e tributaria senza essere iscritto all’albo professionale.

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 18 luglio 2018, n. 33464.

Sentenza 18 luglio 2018, n. 33464

Data udienza 10 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente

Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere

Dott. AGLIASTRO Mirella – Consigliere

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/07/2017 della CORTE APPELLO di CAGLIARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. LAURA SCALIA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. TAMPIERI Luca, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
L’avvocato (OMISSIS), del foro di LANUSEI difensore della parte civile ORDINE DEI DOTT.RI COMM.STI E DEGLI ESPERTI CONTABILI CAGLIARI nell’associarsi alle richieste del P.G. deposita conclusioni e nota spese.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Cagliari con sentenza del 4 luglio 2017 ha confermato quella emessa dal tribunale della medesima citta’ che aveva condannato l’imputato, (OMISSIS), alla pena di un mese di reclusione nonche’ al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, per il reato di cui all’articolo 348 cod. pen., perche’, agendo quale titolare della ditta ” (OMISSIS)”, egli esercitava abusivamente prestazioni professionali per le quali era richiesta l’iscrizione all’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili o a quello dei consulenti del lavoro.
2. L’imputato, a mezzo di difensore di fiducia, ricorre in cassazione avverso l’indicata sentenza con due motivi di annullamento.
2.1. Con il primo articolato motivo si deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 348 cod. pen..
2.1.1. La Corte di appello aveva ritenuto il carattere abusivo della generica attivita’ di consulenza tributaria e aziendale svolta dal prevenuto perche’ rientrante nelle competenze dei commercialisti e dei consulenti del lavoro e come tale erroneamente ritenuta non soggetta alla L. 14 gennaio 2013, n. 4 di liberalizzazione delle professioni non organizzate o senza albo.
Il criterio ispiratore della regolamentazione dello svolgimento di attivita’ professionale sarebbe stato invece quello della liberta’ di iniziativa economica, tutelata dall’articolo 41 Cost., rispetto alla quale avrebbe dovuto leggersi quale eccezione la disciplina contenuta nell’articolo 33 Cost., comma 5, nella parte in cui essa subordina l’esercizio della professione al conseguimento dell’abilitazione.
Siffatta ipotesi sarebbe valsa infatti soltanto per quelle professioni per le quali la legge prescrive l’iscrizione ad albi e collegi, e tanto a tutela della clientela. L’attivita’ contestata, di consulenza fiscale generica, sarebbe invece rientrata tra quelle non organizzate in ordini o collegi e, quindi, sarebbe stata liberamente esercitabile nei termini di cui alla L. n. 4 del 2013 e tanto in applicazione del principio di retroattivita’ della legge piu’ favorevole.
2.1.2. La consulenza tributaria ed aziendale, contestata e ritenuta, non sarebbe stata riservata agli iscritti all’albo dei dottori commercialisti o dei ragionieri e periti commerciali per i principi affermati dalla Corte costituzionale nel dare interpretazione ad una complessa realta’ in cui avrebbero trovato composizione le esigenze della interdisciplinarieta’ e della parziale concorrenza tra profili professionali ed il sistema degli ordinamenti di categoria della professionalita’ specifica (sentenze n. 418 del 1996 e n. 345 del 1995).
2.1.3. La Corte di cassazione con un “overruling in malam partem” ed in violazione dell’articolo 7 della CEDU, nella non prevedibilita’ della nuova interpretazione data alla materia con sentenza a sezioni unite n. 11545 del 23 marzo 2012, che sarebbe stata inapplicabile nella specie in quanto violativa della riserva di legge, avrebbe affermato, di contro a quanto ritenuto dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, che l’attivita’ di consulenza fosse riservata agli iscritti agli albi.
2.1.4. Poiche’ l’imputato aveva informato i propri clienti di essere privo di un’abilitazione professionale e di agire per esperienza, maturata negli anni, non vi sarebbe stata comunque violazione dell’affidamento dei terzi, nell’interpretazione datane dalla sentenza a Sezioni Unite n. 11545 cit..
La conclusione sul punto formulata dalla Corte di appello di Cagliari, che si sarebbe trattato di indimostrate affermazioni dell’imputato, avrebbe invertito l’onere della prova da valere in materia e per il quale il Pubblico ministero avrebbe dovuto dimostrare le doglianze dei clienti.
2.1.5. La sentenza impugnata avrebbe dovuto essere censurata nella parte in cui aveva escluso la liceita’ della consulenza tributario – aziendale resa dall’imputato con l’ausilio di professionisti abilitati.
(OMISSIS) attraverso la struttura di cui era titolare aveva coordinato l’attivita’ di diverse professionalita’ per poi offrire ai clienti una prestazione completa, dimostrando di aver concluso a tal fine, negli anni, varie convenzioni con avvocati, revisori e commercialisti.
La buona fede dell’imputato sarebbe stata comprovata dall’autorizzazione da lui ottenuta ad operare sul servizio telematico dell’Agenzia delle entrate.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si fa valere il travisamento della prova in cui sarebbero incorsi i giudici di appello.
Il teste, ufficiale di p.g., (OMISSIS) avrebbe riferito che l’imputato si occupava della generica contabilita’ delle imprese, consentita anche a chi non sia iscritto all’albo e che poteva essere svolta dai consulenti, come altresi’ attestato dalle fatture in atti per la causale ivi riportata.
3. Con memoria depositata il 3 maggio 2018, l’Ordine dei commercialisti e degli esperti contabili di Cagliari, costituitosi parte civile, ha dedotto sulla inammissibilita’ del ricorso proposto dall’imputato, contestando la manifesta infondatezza delle argomentazioni difensive ivi portate e richiamando i principi fatti propri dalla sentenza a Sezioni Unite di questa Corte n. 11545 del 2011.

RITENUTO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile in quanto fondato sui motivi gia’ proposti con l’appello e congruamente respinti in secondo grado e tanto sia per l’insindacabilita’ delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate sia per la genericita’ delle doglianze che, cosi’ prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260608).
2. Il primo motivo ripropone il tema dell’assoggettamento alla disciplina ordinistica dell’attivita’ di consulenza tributaria ed aziendale e quindi all’integrazione del reato di esercizio abusivo di una professione, nei termini di cui all’articolo 348 cod. pen., la’ dove l’attivita’ professionale venga esercitata in difetto della speciale abilitazione dello Stato.
La giurisprudenza di legittimita’ ha dato dell’esercizio della professione, integrativo del reato di cui all’articolo 348 cod. pen., una lettura espressiva del rispetto dei livelli di competenza necessari a garantire tutela ad interessi pubblici a protezione costituzionale.
Per il meccanismo del rinvio alla disposizione extrapenale, l’articolo 348 cod. pen. diviene una “norma penale in bianco” in quanto presuppone l’esistenza di altre norme volte ad individuare le professioni per le quali e’ richiesta la speciale abilitazione dello Stato e, con l’indicato titolo, le condizioni, soggettive e oggettive, tra le quali l’iscrizione in un apposito albo, in mancanza delle quali l’esercizio della professione risulta abusivo (ex multis: Sez. 2, n. 16566 del 07/03/2017, D.F., Rv. 269580; Sez. 6, n. 47028 del 10/11/2009, Trombetta, Rv. 245305; Sez. 5, n. 41142 del 17/10/2001, Coppo, Rv. 220186).
In applicazione dell’indicato principio con riguardo alla professione di dottore commercialista e di consulente del lavoro, la Corte di appello di Cagliari, in piena e corretta adesione alle affermazioni di questa Corte – puntualmente segnate dalla sentenza a Sezioni Unite n. 11545 del 2012 dalle cui persuasive conclusioni questo Collegio non ha ragione di discostarsi – ha debitamente valutato le attivita’ svolte dall’imputato, per poi apprezzarne la piena riconducibilita’ alla contestata fattispecie di reato.
2.1. Viene in considerazione, nella sua duplice accezione, la nozione di abusivo esercizio della professione che e’ tale sia perche’ svolta nella sua natura liberale-ordinistica in assenza della prescritta abilitazione sia perche’ si e’ comunque tradotta in una pluralita’ di atti che, pur non riservati in via esclusiva alla competenza specifica di una professione, nel loro continuo, coordinato ed oneroso riproporsi ingenerano una situazione di apparenza evocativa dell’attivita’ professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato, con conseguente affidamento incolpevole della clientela (Sez. U, n. 11545 del 15/12/2011, dep. 2012, Cani, Rv. 251819).
La motivazione impugnata, articolata lungo le indicate coordinate, perviene per debito scrutinio del materiale di prova a conclusioni che sfuggono a censura in sede di legittimita’.
2.2. La Corte territoriale ha ricondotto le attivita’ ascritte all’imputato, di tenuta della contabilita’ delle imprese ed in materia del lavoro, a quelle riservate dal Decreto Legislativo n. 139 del 2005, contenente la “Costituzione dell’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, a norma della L. 24 febbraio 2005, n. 34, articolo 2 ai dottori commercialisti” e dalla L. n. 12 del 1979, contenente norme “Norme per l’ordinamento della professione di consulente del lavoro”.
Delle prime i giudici di appello hanno apprezzato il rilievo penale dopo aver escluso, con argomenti congrui che non si espongono a critica in questa sede, l’esistenza di meccanismi diretti a ricondurre l’operativita’ delle strutture stesse (la (OMISSIS) S.r.l. che priva di dipendenti, e riconducibile al prevenuto, si relazionava direttamente con i clienti finali ed il Centro studi aziendali – (OMISSIS), dotato di dipendenti privi dell’autorizzazione all’esercizio della professione), alle quali l’attivita’ professionale era riferibile, al modello del professionista abilitato.
2.3. Ancora, della L. n. 4 del 2013, contenente “Disposizioni in materia di professioni non organizzate”, si e’ data nell’impugnata sentenza una corretta cornice di operativita’ per debito distinguo tra le figure professionali cc.dd. protette, e non.
Le une organizzate per sistemi ordinistici a previsione costituzionale (articolo 33 Cost.) – per le quali, con il meccanismo del rinvio alla disposizione extrapenale, l’articolo 348 cod. pen. diviene una “norma penale in bianco” in quanto presuppone l’esistenza di altre norme volte ad individuare le professioni per le quali e’ richiesta la speciale abilitazione dello Stato e le condizioni, soggettive e oggettive, tra le quali l’iscrizione in un apposito albo, in mancanza delle quali l’esercizio della professione risulta abusivo (sul punto, Sez. 6, n. 2691 del 09/11/2017, dep. 2018, Dus, in motivazione, p. 9) – e le altre in cui lo svolgimento dell’attivita’ libero-intellettuale, in attuazione dell’articolo 117 Cost., comma 3, e nel rispetto dei principi dell’Unione Europea in materia di concorrenza e di liberta’ di circolazione (articolo 1 L. n. 4 cit.), resta emancipato dalle indicate forme.
Il tutto, comunque, per una complessiva disciplina in cui si accompagnano, nella coesistenza dei due sistemi, alle spinte di ispirazione convenzionale, dirette a favorire il mercato e la concorrenza, quelle, interne, di tutela delle professioni liberali, riservate.
2.4. Il tema dell’ovveruling, pure oggetto del primo motivo e che si vorrebbe integrato, nelle difese articolate dall’imputato, dalle affermazioni in diritto contenute nella sentenza di questa Corte a Sezioni Uniti n. 11545 del 15/12/2011 cit., riceve debito apprezzamento da parte dei giudici di appello di Cagliari la’ dove essi evidenziano la mancanza, nei principi in sentenza sostenuti, del carattere dell’imprevedibilita’, in quanto elaborazione di una precedente giurisprudenza di legittimita’.
Tale e’ stata nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione della non rilevanza ai fini della configurabilita’ del reato di abusivo esercizio di una professione della distinzione tra i cc.dd. atti tipici della professione o atti riservati in via esclusiva a soggetti dotati di speciale abilitazione ed atti cc.dd. caratteristici o strumentalmente connessi ai primi ove compiuti in modo continuativo e professionale (Sez. 6, n. 49 del 08/10/2002, dep. 2003, Notaristefano, Rv. 223215).
La prospective overrulig che ha ricevuto elaborazione della giurisprudenza civile di legittimita’ vuole un mutamento di orientamento, repentino ed inopinato, della regola del processo che comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa e che richieda una tutela dell’affidamento incolpevole della parte nella norma in precedenza enunciata (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 8445 del 05/04/2018 (Rv. 647572 – 01); Sez. 6 5, Ordinanza n. 15530 del 27/07/2016 (Rv. 640763 – 01).
Si tratta invero di modifica dei termini processuali la cui affermazione non si attaglia alla fattispecie scrutinata dalle indicate Sezioni Unite Cani, nella squisita valenza sostanziale della disciplina nella stessa prevista.
Il motivo di ricorso e’ quindi, nel suo complesso, inammissibile perche’ manifestamente non fondato e perche’ reiterativo di critica che ha trovato nell’impugnata sentenza corretta e congrua risposta.
3. Il motivo sulla prova resta anch’esso inammissibilmente proposto perche’ denuncia un travisamento che manca di individuare della prova stessa il carattere decisivo non confrontandosi sul punto con le conclusioni, sostenute da un’articolata piattaforma di prova, della Corte di appello rispetto alle quali, restano estranei e non concludenti gli argomenti portati dalla difesa.
4. Conclusivamente il ricorso e’ inammissibile.
5. All’inammissibilita’ segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma equitativamente stimata in ragione dei profili di colpa che connotano l’assunta iniziativa giudiziaria di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende nonche’ alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel grado dalla costituita parte civile, Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Cagliari, spese liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende nonche’ alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Cagliari, spese che liquida in complessivi Euro tremilacinquecento oltre accessori di legge.

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