Illegittima la durata del lavoro di pubblica utilità prestazione fissato in otto mesi perché il limite massimo è di sei.

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 16 maggio 2018, n. 21703.

La massima estrapolata:

Illegittima la durata del lavoro di pubblica utilità prestazione fissato in otto mesi perché il limite massimo è di sei.

Sentenza 16 maggio 2018, n. 21703

Data udienza 23 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente

Dott. CATENA Rossella – Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 24/11/2016 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di PESARO;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. PAOLA BORRELLI;
lette le conclusioni del Sost. Procuratore Generale Dr. PASQUALE FIMIANI, che ha chiesto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata con rideterminazione, ad opera di questa Corte, della durata della prestazione di attivita’ non retribuita a favore della collettivita’ in 156 ore.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza di patteggiamento del 24 novembre 2016, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pesaro applicava a (OMISSIS) la pena di mesi sedici di reclusione condizionalmente sospesa, con l’imposizione, ai sensi dell’articolo 165 c.p., di lavoro di pubblica utilita’ per la durata di mesi otto. L’oggetto dell’accordo intervenuto tra le parti riguardava l’entita’ della pena, la concessione della sospensione condizionale della pena e la subordinazione di quest’ultima alla prestazione di attivita’ non retribuita a favore della collettivita’, la cui durata non era stata, invece, oggetto di pattuizione.
2. La predetta sentenza e’ stata impugnata con ricorso per cassazione da difensore del (OMISSIS), che si duole della violazione dell’articolo 165 c.p., articolo 18-bis disp. trans. c.p. e Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274, articolo 54 perche’ il lavoro di pubblica utilita’ non puo’ superare i sei mesi, giusto il disposto dell’articolo 54, comma 2, cit. richiamato dall’articolo 18-bis cit..
3. Il Sost. Procuratore generale Dr. Pasquale Fimiani, nelle sue conclusioni scritte, ha condiviso l’impostazione del ricorrente, chiedendo annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata con rideterminazione, ad opera di questa Corte, della durata della prestazione di attivita’ non retribuita a favore della collettivita’ in 156 ore.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.
1.1. Secondo l’articolo 18-bis disp. trans. C.p., all’attivita’ non retribuita a favore della collettivita’ cui il Giudice, a seconda dei casi, puo’ o deve subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena ex articolo 165 c.p., commi 1 e 2, va applicata la disciplina del Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274, articolo 54, commi 2, 3, 4 e 6 relativa alla sanzione del lavoro di pubblica utilita’ prevista per i reati di competenza del Giudice di pace.
Ne consegue, a norma del cit. articolo 54, comma 2, che la durata della prestazione a carico del condannato non puo’ superare i sei mesi e che, a norma del cit. articolo 54, comma 3, l’attivita’ deve essere svolta prestando sei ore di lavoro settimanali e, quindi, puo’ avere una durata complessiva non superiore a centocinquantasei ore, pari a sei ore moltiplicate per ventisei settimane (Sez. 4, n. 20297 del 05/03/2015, Iannone, Rv. 263861). Si impone, pertanto, la riconduzione della prestazione nei limiti di legge.
1.2. Come richiesto dal Procuratore generale e come gia’ questa Corte aveva deciso nel precedente sopra citato, l’annullamento puo’ essere senza rinvio, in quanto non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto al fine di determinare la durata della prestazione. Il Collegio si ispira, a quest’ultimo proposito, anche al recentissimo dictum della Sezioni Unite circa la portata della novella dell’articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera l), ad opera della L. 23 giugno 2017, n. 103 secondo cui “La Corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all’esito di valutazioni discrezionali, puo’ decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto gia’ accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando percio’ necessari ulteriori accertamenti di fatto” (Sez. U, n. 3464 del 30/11/2017, dep. 2018, Matrone).
Nell’esercizio della “discrezionalita’ vincolata” alle statuizioni del Giudice di merito di cui le Sezioni Unite hanno parlato in motivazione, la durata della prestazione va quindi rideterminata in mesi sei, vale a dire nel valore massimo dell’intervallo previsto dal legislatore. Tale operazione, infatti, viene effettuata tenendo conto di quanto si ricava dalla sentenza impugnata, laddove e’ stata riconosciuta la recidiva reiterata (il che implica la necessita’ di meglio vagliare l’accondiscendenza dell’imputato al rispetto delle regole prima di rendere effettiva la sospensione condizionale della pena), e dall’impostazione stessa del Giudice, che, nell’individuare in mesi otto la durata della prestazione, ha mostrato – pur debordando da esso – di volersi attestare sul valore massimo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla durata del “lavoro di pubblica utilita’”, che ridetermina in mesi sei.

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