Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 12 giugno 2018, n. 26884.

La massima estrapolata:

Il reato previsto dall’articolo 642 cod. pen. e’ a consumazione anticipata e a dolo specifico. E’, pertanto, necessario che la volonta’ dell’agente sia diretta a “conseguire per se’ o per altri l’indennizzo di un’assicurazione o, comunque un vantaggio derivante da un contratto di assicurazione”, mentre non si richiede il conseguimento effettivo di un vantaggio – che non si identifica necessariamente nell’indennizzo ma puo’ consistere in qualsiasi beneficio connesso al contratto di assicurazione – ma soltanto che la condotta fraudolenta sia diretta a ottenerlo e sia idonea a raggiungere lo scopo

Sentenza 12 giugno 2018, n. 26884

Data udienza 31 marzo 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere

Dott. TARDIO Angela – rel. Consigliere

Dott. BONITO Francesco M. S. – Consigliere

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 17/12/2015 della Corte di appello di Potenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa TARDIO Angela;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa ZACCO Franca, che conclude chiedendo dichiararsi la inammissibilita’ del ricorso;
udito per la parte civile (OMISSIS) s.p.a., ora (OMISSIS) s.p.a., l’avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che chiede in via principale dichiararsi inammissibile e in subordine rigettarsi il ricorso, con la conferma delle statuizioni civili e la condanna dell’imputato al pagamento delle spese di parte civile del grado di giudizio, come da nota spese depositata in allegato alle conclusioni scritte;
udito il difensore del ricorrente avv. (OMISSIS), che insiste nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17 dicembre 2015 la Corte di appello di Potenza ha confermato la sentenza resa in data 8 gennaio 2015 dal Tribunale di Lagonegro, che aveva dichiarato (OMISSIS) e (OMISSIS) colpevoli in concorso dei reati di cui all’articolo 423 c.p., articolo 61 c.p., n. 2 e all’articolo 642 cod. pen., contestati rispettivamente ai capi 1) e 2) della rubrica, e il primo anche dei reati di cui all’articolo 610 c.p., articolo 61 c.p., n. 2 (capo 3), limitatamente alla condotta posta in essere nei confronti di (OMISSIS), all’articolo 611 c.p. e articolo 61 c.p., n. 2 (capo 4) e al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 1 e 1-bis, e articolo 61 c.p., n. 2 (capo 5), e, assolti entrambi gli imputati per insussistenza del fatto dal reato cui all’articolo 483 cod. pen. (capo 1) e (OMISSIS) dalla residua condotta di cui all’articolo 610 c.p., articolo 61 c.p., n. 2 (capo 3), aveva condannato quest’ultimo alla pena di anni sei e mesi uno di reclusione e (OMISSIS) alla pena di anni tre e mesi tre di reclusione, previa esclusione, ai soli fini del computo della pena, della recidiva contestata a (OMISSIS) e unificazione dei reati ascritti a ciascun imputato sotto il vincolo della continuazione ex articolo 81 c.p., comma 2, oltre al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS).
2. I fatti, riportati nei capi di imputazione, attenevano all’incendio che si era verificato la sera del 6 luglio 2013 nell’esercizio commerciale (OMISSIS), sito in (OMISSIS), il cui gestore di fatto era (OMISSIS).
L’incendio, secondo la iniziale ricostruzione dei fatti operata dai Carabinieri della locale Compagnia, si era propagato a detto esercizio a seguito di quello, sviluppatosi fortuitamente nel vano motore dell’autovettura Nissan Micra condotta da (OMISSIS) e schiantatasi contro la vetrina del negozio, penetrandovi quasi completamente e determinando anche l’incendio di uno scooter parcheggiato al suo esterno.
In dipendenza di tale evento la societa’ (OMISSIS), assicuratrice della indicata autovettura, era stata richiesta di risarcire tutti i danni cagionati dall’incendio.
Sulla base di ulteriori accertamenti, era in seguito emerso che (OMISSIS) due giorni dopo l’incendio si era fatto medicare per ustioni presso l’Ospedale di (OMISSIS).
Due testi (OMISSIS) e (OMISSIS), inoltre, avevano riferito notizie sulla cui base si era pervenuti a una diversa ricostruzione della dinamica del fatto.
(OMISSIS), in particolare, aveva riferito che la sera del (OMISSIS) era nell’abitazione di (OMISSIS), all’epoca sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, con (OMISSIS) e l’imputato, che a un certo punto si erano allontanati a bordo di un’autovettura Nissan Micra; dopo un po’ di tempo si era udito un fragore ed egli, richiesto da (OMISSIS) di verificare quanto accaduto, aveva visto (OMISSIS) avvolto tra le fiamme in alcune parti del corpo e l’imputato uscire dall’esercizio commerciale (OMISSIS), interessato da un incendio e nel cui interno vi era l’indicata autovettura.
(OMISSIS) aveva, a sua volta, dichiarato che (OMISSIS), a mezzo di minacce estese anche ai suoi familiari, lo aveva costretto ad accettare la consegna di sostanza stupefacente e di porla nell’autovettura di (OMISSIS), suo vicino di casa, per screditare lo stesso e l’efficacia probatoria delle sue dichiarazioni etero accusatorie nei suoi confronti, e aveva riferito che l’involucro, consegnatogli da uno sconosciuto, e da lui occultato temporaneamente in un muro e consegnato ai Carabinieri in occasione di una perquisizione domiciliare, era risultato contenere marijuana da cui potevano ricavarsi duemilaseicento dosi.
3. La Corte di appello, che richiamava tale analisi fattuale e illustrava le ragioni di censura dedotte con i motivi di appello, rilevava, a ragione della decisione, che:
– era infondata l’eccezione di inutilizzabilita’ delle dichiarazioni di (OMISSIS), escusso come semplice testimone, la cui posizione, sulla base delle informazioni, acquisite dal Pubblico Ministero nel corso della sospensione dell’udienza appositamente disposta, e ritenute congrue, era risultata definita con decreto di archiviazione del 15 aprile 2014;
– nel merito il ragionamento articolato nella sentenza di primo grado era condivisibile per essersi valutato, in modo organico e coordinato, l’intero coacervo indiziario secondo la regole del giudizio inferenziale di cui all’articolo 192 c.p.p., comma 2, avuto riguardo alle circostanze valorizzate in sentenza, cui si aggiungeva l’esito del sopralluogo effettuato dai Carabinieri operanti nella immediatezza dell’incendio nei locali del negozio di calzature, risultato sostanzialmente vuoto e senza tracce residuali di merce interessata dall’incendio, oltre alle verifiche svolte sulla ridetta autovettura, rinvenuta all’interno del negozio e non risultata danneggiata nella parte anteriore in modo compatibile con l’asserito impatto contro lo stesso negozio, a ulteriore conforto della tesi accusatoria del coinvolgimento dell’autovettura nell’incendio dopo la sua collocazione nel negozio e del convincimento espresso in sentenza circa la natura dolosa dell’incendio, materialmente commesso dall’imputato e da (OMISSIS) su incarico di (OMISSIS) e connesso strumentalmente al reato di cui all’articolo 642 cod. pen.;
– era corretta la qualificazione del fatto quale incendio, avuto riguardo alla gravita’ dei danni cagionati, alla diffusivita’ delle fiamme e alle difficolta’ di spegnimento, sorretto dalla volonta’ dei soggetti agenti di procurarlo;
– era risultato univoco il grado di interesse e di coinvolgimento di (OMISSIS) nell’intera vicenda, a partire dal suo momento genetico fino ai momenti esecutivi e successivi, senza che nell’emerso contesto probatorio fosse necessario l’accertamento dell’interesse dell’imputato (OMISSIS) a partecipare attivamente all’incendio del negozio, valendo in ogni caso a suo carico le richiamate dichiarazioni del teste (OMISSIS), ritenute precise, orientate nel tempo e nello spazio, e prive di contraddizioni logiche e fattuali.
4. Avverso la sentenza di appello, divenuta irrevocabile nei confronti dell’imputato (OMISSIS) in data 1 aprile 2016, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato (OMISSIS) con il ministero del suo difensore, avv. (OMISSIS), chiedendone l’annullamento sulla base di due motivi.
4.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e), violazione dei principi normativi in tema di valutazione della prova di cui all’articolo 192 cod. proc. pen. e mancanza, manifesta illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione.
Secondo il ricorrente, che ha ripercorso i contenuti delle due sentenze di merito, la sentenza di secondo grado, a fronte della sua specifica contestazione circa la insussistenza di un suo rapporto di lavoro con (OMISSIS), ha indicato quest’ultimo come suo datore di lavoro senza fornire specificazioni del suo convincimento, nonostante la circostanza assumesse peso decisivo, per essere a essa ricollegato il superamento del problema della sua carenza di interesse rispetto all’incendio, oltre alla ragione giustificativa della collaborazione chiesta dal coimputato per attuare il suo proposito criminoso.
Ne’, contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, la deposizione del teste (OMISSIS) potrebbe avere valenza di prova diretta, avendo egli dichiarato non di avere visto esso ricorrente appiccare il fuoco, ma di averlo visto uscire dal negozio oggetto di incendio, riferendo pertanto notizie aventi carattere di mero indizio, soggette alle regole di valutazione di cui all’articolo 192 cod. proc. pen., comma 2, che richiede di apprezzare la gravita’ indiziaria con riferimento alla possibile ipotizzabilita’ di soluzioni alternative parimenti plausibili.
La presenza nelle dichiarazioni del detto teste di un distacco temporale tra il momento in cui egli ha visto uscire esso ricorrente dalla casa di (OMISSIS) e il momento in cui lo ha visto uscire dal negozio in fiamme ha lasciato aperte tutte le soluzioni alternative prospettate nei motivi di appello, come la ipotesi che egli si sia avvicinato al luogo della esplosione per verificare l’accaduto e sia entrato nel locale per soccorrere i feriti, come (OMISSIS).
La sussistenza di spiegazioni alternative e’ ulteriormente avvalorata dalla circostanza che la Corte di appello, come il Giudice di primo grado, ha escluso che il boato udito dal teste fosse dipeso dall’urto dell’autovettura contro la vetrina del locale, correlandolo invece alle conseguenze dell’incendio, ampliando in tal modo l’indicato intervallo di tempo tra l’innesco dell’incendio e l’intervento sul posto dello stesso teste.
La Corte neppure ha apprezzato la circostanza, dedotta con l’atto di appello, che egli, considerato parte attiva dell’incendio, non ha subito alcuna conseguenza da esso, e non ha considerato che l’assenza di accertamenti tecnici idonei a dimostrare la natura dolosa dell’incendio ha reso ancora piu’ debole la prova della sua responsabilita’ penale.
4.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione all’articolo 43 c.p., articolo 61 c.p., n. 2 e articolo 642 cod. pen., erronea applicazione della legge penale e mancanza, manifesta illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione.
Secondo il ricorrente, egli e’ stato dichiarato responsabile del delitto di cui all’articolo 642 cod. pen. solo in ragione della sua partecipazione all’incendio del locale commerciale, omettendosi ogni accertamento sull’elemento psicologico del reato, che richiede il fine specifico di conseguire, per se’ o altri, l’indennizzo di un’assicurazione, e non indicandosi alcun elemento dimostrativo della sua consapevolezza circa la preordinazione dell’incendio del locale commerciale a far conseguire a (OMISSIS) detto indennizzo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso merita accoglimento nei termini che saranno precisati, svolgendo per il resto censure infondate ovvero non consentite o generiche.
2. Non hanno, invero, giuridico pregio i rilievi e le deduzioni afferenti, con il primo motivo, alle ragioni della disposta conferma del giudizio di colpevolezza del ricorrente per il reato di incendio, ascritto allo stesso in concorso con (OMISSIS) al capo 1), in dipendenza della denunciata violazione dei criteri di valutazione della prova indiziaria, della carenza e contraddittorieta’ del discorso giustificativo della decisione e della omessa verifica della sussistenza di alternative chiavi di lettura, indotte dalla equivocita’ dei dati indiziari, per l’espressione di un certo convincimento di responsabilita’.
2.1. La Corte di appello, richiamando la sentenza di primo grado e sviluppando, secondo linee logiche e giuridiche concordanti con essa, argomentazioni basate su una corretta utilizzazione e valutazione dei dati fattuali disponibili, ha avuto cura di chiarire, premessa la illustrazione degli acquisiti apporti dichiarativi dei testi (sintetizzati sub 2 del “ritenuto in fatto”), che, mentre detti apporti costituivano prove dirette, soggette alle pertinenti regole di valutazione probatoria, la responsabilita’ dell’imputato, contrariamente al proposto metodo di giudizio volto a disarticolare gli elementi indiziari, era conseguente a una ricostruzione unitaria e complessiva degli stessi, convergente, con le indicate prove, in un medesimo contesto dimostrativo, secondo un diverso corretto metodo logico-giuridico di natura inferenziale.
In tale prospettiva la Corte ha posto in evidenza che il coimputato (OMISSIS) (nei confronti del quale, congiuntamente giudicato, la sentenza di appello e’ divenuta definitiva per non essere stato proposto ricorso per cassazione) era gestore di fatto dell’esercizio commerciale (OMISSIS) ed era sottoposto, all’epoca del fatto, alla misura degli arresti domiciliari per altra causa; nella sua abitazione erano (OMISSIS) e il ricorrente, del quale lo stesso (OMISSIS) era datore di lavori, fino a poco prima che gli stessi fossero usciti e si fosse sentito il fragore dell’incendio; il teste (OMISSIS) – che pure era nella indicata abitazione e aveva visto (OMISSIS) e il ricorrente allontanarsi a bordo di un’autovettura Nissan Micra, e che era stato richiesto da (OMISSIS), dopo che, trascorso un po’ di tempo, si era udito un fragore, di verificare l’accaduto – aveva visto uscire dall’interno del negozio il ricorrente e (OMISSIS), avvolto dalle fiamme in alcune parti del corpo, aveva notato la presenza all’interno del negozio della citata autovettura e, su espresso incarico di (OMISSIS), aveva accompagnato il detto (OMISSIS) due giorni dopo nel, non vicino, ospedale di (OMISSIS) per la medicazione delle gravi ustioni; (OMISSIS) aveva minacciato (OMISSIS), suo dipendente, per quanto rivelato a proposito dell’incendio e aveva intimato a (OMISSIS), con minaccia, di collocare marijuana (poi quantificata in duecentonovanta grammi) nell’autovettura di (OMISSIS) per screditare l’attendibilita’ del suo apporto dichiarativo circa la genesi dell’incendio.
Queste circostanze poi sono state unite dalla Corte ad altri elementi di valutazione, e in particolare agli esiti del sopralluogo effettuato all’interno del negozio dagli organi di Polizia giudiziaria nella immediatezza dell’incendio (relativi al mancato rinvenimento di tracce residuali di merce ricollegabile all’attivita’ di commercio di calzature e al rinvenimento dell’autovettura Nissan Micra senza tracce di danno nella sua parte anteriore, compatibili con il suo riferito impatto contro lo stesso negozio) e ad argomenti di natura logica (in ordine all’accreditamento dell’ipotesi che il negozio fosse stato svuotato e l’autovettura vi fosse stata collocata prima dell’apposito appiccamento dell’incendio), fino a pervenire alla conclusione finale del carattere doloso dell’incendio, tale da escludere ogni ipotesi alternativa e segnatamente quella della sua natura accidentale e convergente inequivocabilmente verso il ricorrente quale coautore materiale dello stesso, commesso su incarico di (OMISSIS), interessato alla intera operazione illecita e coinvolto nella stessa dal momento genetico ai momenti esecutivi e successivi.
2.2. La sentenza impugnata, che ha anche rimarcato la non necessita’ dell’accertamento dell’interesse del ricorrente alla partecipazione attiva all’incendio del negozio, stante il detto sintetizzato quadro indiziario e la valenza accusatoria della deposizione del teste diretto (OMISSIS), giudicato attendibile intrinsecamente e nel suo patrimonio conoscitivo e narrativo, ha quindi tratto una conclusione univoca da un insieme di fattori, che hanno contraddetto i presupposti del ragionamento difensivo, senza mai affermare che ogni singolo elemento fosse autonomamente dotato di un significato univoco, con motivazione logica e lineare, senza lasciare vuoti argomentativi e spazio a una valida spiegazione alternativa, in coerenza in diritto con le richiamate regole di inferenza su cui poggia il metodo logico-deduttivo della valutazione degli indizi (Sez. U, n.33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231678; tra le successive, Sez. 1, n. 44324 del 18/04/2013, Stasi, Rv. 258321; Sez. 1, n. 39125 del 22/09/2015, Filippone, Rv. 264780).
2.3. Nell’indicato contesto, esente da vizi logici e giuridici, non possono trovare accoglimento le deduzioni difensive, che, senza correlarsi con l’apparato argomentativo che sorregge la decisione, infondatamente oppongono la non corretta applicazione dei criteri di valutazione della prova e, con rilievi invasivi di un tema di indagine estraneo, per le sue implicazioni di merito, a quello legittimamente proponibile in questa sede, esprimono un diffuso dissenso rispetto al risultato probatorio cui la decisione e’ pervenuta; censurano, in termini generici, il significato e la tenuta dei dati fattuali e logici utilizzati, e piu’ specificamente la tenuta del dato fattuale pertinente al rapporto di lavoro del ricorrente con (OMISSIS), che si assume indimostrato, per la sua incidenza sul tema dell’interesse del medesimo, senza considerare l’espressa esclusione in sentenza della valenza dell’accertamento di detto interesse ai fini della decisione, e la tenuta probatoria delle dichiarazioni del teste (OMISSIS), che la Corte ha apprezzato come prova diretta in ragionevole correlazione con gli altri elementi valorizzati in sentenza; tendono, per tali vie, a impegnare questa Corte in una diversa lettura e valutazione degli stessi dati, pretendendo la sufficienza dimostrativa del singolo elemento e astenendosi dalla loro valutazione unitaria, tesa, invece, a verificare la persistenza della eventuale ambiguita’ o equivocita’ di ciascuno, e formulano generiche e possibilistiche ipotesi alternative (come l’essere il ricorrente entrato nel locale, dopo avere udito il boato, solo per soccorrere i feriti, come (OMISSIS) avvolto dalle fiamme), senza considerarne la plausibilita’ pratica in rapporto con le altre illustrate evidenze (come le circostanze riferite dal teste (OMISSIS)).
3. E’, invece, fondato il secondo motivo, che attinge la sentenza impugnata, sotto i concorrenti profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, con riguardo alla ritenuta colpevolezza del ricorrente in ordine al delitto di cui all’articolo 642 cod. pen., ascritto al capo 2) allo stesso in concorso con (OMISSIS).
3.1. Si premette in diritto che, secondo condivisi principi, il reato previsto dall’articolo 642 cod. pen. e’ a consumazione anticipata e a dolo specifico. E’, pertanto, necessario che la volonta’ dell’agente sia diretta a “conseguire per se’ o per altri l’indennizzo di un’assicurazione o, comunque un vantaggio derivante da un contratto di assicurazione”, mentre non si richiede il conseguimento effettivo di un vantaggio – che non si identifica necessariamente nell’indennizzo ma puo’ consistere in qualsiasi beneficio connesso al contratto di assicurazione – ma soltanto che la condotta fraudolenta sia diretta a ottenerlo e sia idonea a raggiungere lo scopo (tra le altre, Sez. 2, n. 8105 del 21/01/2016, Nucera, Rv. 266235, e, gia’ in precedenza, Sez. 2, n. 13233 del 05/05/1976, Grassini, Rv. 134921).
3.2. Nella specie, la Corte di appello, che ha argomentato in merito alla legittimita’ del convincimento circa la natura dolosa dell’incendio, che il ricorrente ha materialmente commesso su incarico di (OMISSIS), indicato come la persona interessata alla intera operazione illecita per la sua qualita’ di gestore di fatto dell’esercizio commerciale nel quale si e’ verificato “un autentico incendio Li strumentalmente connesso con (il reato) di cui all’articolo 642 c.p.”, si e’ astenuta dall’apprezzare la sussistenza dell’elemento soggettivo del detto reato in capo al ricorrente.
Tale apprezzamento era tanto piu’ necessario a fronte degli argomenti spesi in sentenza per escludere la necessita’ dell’accertamento dell’interesse del ricorrente alla partecipazione attiva all’incendio del negozio gestito da (OMISSIS), il cui grado di interesse e di coinvolgimento nella intera vicenda si e’ invece rimarcato, lasciandosi sostanzialmente affidata alla convergenza del risultato probatorio in ordine al reato di incendio la evidenza della colpevolezza del ricorrente quanto al reato di frode in assicurazione ex articolo 642 cod. pen..
Ne’ ragioni pertinenti al profilo soggettivo dell’indicato reato possono trarsi dalla sentenza di primo grado, che la Corte di appello ha confermato, essendosi con la stessa posto solo l’accento sull’elemento oggettivo del reato, individuato nel materiale contributo prestato dal ricorrente, conducendo l’autovettura Nissan Micra all’interno del negozio, alla simulazione del reato e alla precostituzione di prove del sinistro.
3.3. Le rilevate carenze impongono, pertanto, un nuovo giudizio nella competente sede del merito relativamente al reato di cui al capo 2).
4. Conclusivamente, per le ragioni espresse e in coerenza con quanto rappresentato, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Salerno, quale Corte piu’ vicina rispetto alla Corte di appello di Potenza, ai sensi dell’articolo 623 c.p.p., lettera c) e articolo 175 disp. att. c.p.p., limitatamente all’indicato reato.
Il Giudice del rinvio dovra’ procedere a nuovo giudizio, in piena autonomia di apprezzamento, ma con motivazione completa e immune da vizi logici e giuridici, comprensiva dell’analisi valutativa di ogni elemento che sia correlato all’indicato reato, compresa la tenuta dell’aggravante teleologica di cui all’articolo 61 c.p., n. 2, contestata e ritenuta con riguardo al reato di cui al capo 1).
Il ricorso deve essere, invece, rigettato nel resto.
5. La regolamentazione delle spese del grado sostenute dalla parte civile deve essere rimessa al giudice di rinvio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo 2) e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Salerno.
Rigetta il ricorso nel reato.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *