E’ fondata la doglianza relativa alla mancata valutazione dell’istituto di cui all’articolo 131 bis c.p.

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 11 maggio 2018, n. 21093.

La massima estrapolata:

E’ fondata la doglianza relativa alla mancata valutazione dell’istituto di cui all’articolo 131 bis c.p.

Sentenza 11 maggio 2018, n. 21093

Data udienza 21 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONITO Francesco M. S – Presidente

Dott. CASA Filippo – Consigliere

Dott. BINENTI Roberto – Consigliere

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere

Dott. MINCHELLA Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
Avverso la sentenza n. 1474/2014 del Tribunale di Crotone in data 21/07/2017;
Visti gli atti e il ricorso;
Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Antonio Minchella;
Udite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del Dott. Canevelli Paolo, che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al punto della particolare tenuita’ del fatto;
Udito il difensore Avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’Avv. (OMISSIS), che si e’ riportato ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 21/07/2017 il Tribunale di Crotone condannava (OMISSIS) alla pena di Euro 2.000,00 di ammenda per avere portato fuori dall’abitazione un coltello a serramanico. Rilevava il Tribunale che in data 06/03/2013 un ordinario controllo stradale della Stazione Carabinieri di (OMISSIS) aveva condotto a scoprire che l’imputato recava con se’, in un marsupio che indossava, un coltello a serramanico a punta concava, affilato dalla parte laterale e con punta concava acuminata; egli, al momento, non forniva alcuna giustificazione per quel porto. Tanto stabilito, il Tribunale notava che l’oggetto in se’, pero’, non era un’arma da punta e taglio bensi’ un arnese utilizzato per l’innesto di piante coltivate nei terreni agricoli di cui l’imputato era proprietario: pertanto veniva ritenuta sussistente la circostanza attenuante della lieve entita’ di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 4, riferibile agli oggetti atti ad offendere. Venivano riconosciute le circostanze attenuanti generiche.
2. Avverso detta sentenza propone ricorso l’interessato a mezzo del difensore Avv. (OMISSIS), deducendo, con motivo unico, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), omessa motivazione: sostiene che la sentenza aveva disatteso la richiesta di applicare l’articolo 131 bis c.p. il quale esclude la punibilita’, ma non aveva motivato sul punto, nonostante avesse considerato il fatto di lieve entita’ ed avesse riconosciuto le circostanze attenuanti generiche.
3. Le parti in udienza hanno concluso come indicato in verbale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.
Premesso che il ricorrente non contesta la dichiarazione di responsabilita’ penale, la doglianza limita la sua censura al rapporto tra le connotazioni del reato ravvisato e la mancata motivazione in ordine alla specifica richiesta di non punibilita’ della condotta per la particolare tenuita’ del fatto.
Nella sentenza impugnata il Tribunale ha ritenuto potersi applicare alla fattispecie la circostanza attenuante del fatto di lieve entita’ prevista dall’articolo 4 citato, riconoscendo a favore dell’imputato anche le circostanze attenuanti generiche.
Tuttavia non sussiste, in effetti, equiparazione tra lieve entita’ del fatto di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 4, comma 3 e la particolare tenuita’ del fatto di cui all’articolo 131 bis c.p..
In realta’, si tratta di fattispecie strutturalmente e teleologicamente non coincidenti, atteso che, mentre ai fini della concedibilita’ della prima il giudice e’ tenuto ad una valutazione dei mezzi, delle modalita’ e delle circostanze dell’azione, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilita’ devono essere considerate le modalita’ della condotta, il grado di colpevolezza da esse desumibile e l’entita’ del danno o del pericolo ed altresi’ il carattere non abituale della condotta.
In effetti, le ipotesi di lieve entita’ di alcuni reati si giustificano alla luce della riconosciuta graduabilita’ del reato, intesa come proprieta’ del reato di presentare diversi gradi di gravita’, i quali determinano l’escursione delle pene (che quindi tendenzialmente non possono essere fisse) ma anche lo stesso persistere o meno di una penale responsabilita’.
L’ente-reato propone una struttura graduabile in ogni sua componente, tanto da potersi parlare di grado del disvalore dell’evento, per indicare la misura variabile del giudizio di contrarieta’ all’ordinamento dell’offesa al bene; di grado di disvalore dell’azione, per indicare la misura variabile del giudizio di contrarieta’ all’ordinamento delle modalita’ della condotta; di intensita’ della colpevolezza, ad indicare la variabile misura della colpevolezza per il fatto.
Pertanto, e’ sempre possibile rinvenire fattori di dimensionamento della gravita’ dell’illecito.
In ordine all’istituto di cui all’articolo 131 bis c.p., per come osservato dalle Sezioni Unite di questa Corte, il giudizio sulla tenuita’ del fatto richiede una valutazione complessa, che ha ad oggetto le modalita’ della condotta e l’esiguita’ del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133 c.p., comma 1, richiedendosi una equilibrata considerazione di tutte le peculiarita’ della fattispecie concreta e non solo di quelle che attengono all’entita’ dell’aggressione del bene giuridico protetto (Sez. Un., n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590).
3. Per come gia’ scritto, e’ fondata la doglianza relativa alla mancata valutazione dell’istituto di cui all’articolo 131 bis c.p.: l’espressa richiesta di questa valutazione risulta riportata tra le conclusioni della difesa dell’imputato nella sentenza stessa.
Ma nessuna decisione ha fatto seguito a questa richiesta, poiche’ di essa non vi e’ cenno nella sentenza impugnata: di conseguenza, si e’ di fronte ad una mancanza di motivazione, che impone l’accoglimento del ricorso sul punto; infatti, la facolta’ delle parti di presentare al giudice richieste implica che esse ben possono formare oggetto del contraddittorio. Il giudice, al quale viene presentata un’istanza, deve prenderne in considerazione il contenuto assumerlo a tema dell’indagine, facendolo quindi oggetto della formulazione del proprio giudizio. L’inosservanza di un siffatto dovere si profilerebbe sotto le spoglie della violazione delle regole che presiedono alla motivazione delle decisioni giudiziarie, comportando la lesione dei diritti di partecipazione al processo. L’obbligo del giudice di motivare su quanto gli e’ stato richiesto deriva dal principio generale secondo cui le esigenze di giustizia impongono il vaglio di tutte le ragioni delle parti, in quanto l’omesso esame delle deduzioni difensive impedisce all’imputato di intervenire concretamente nel processo ricostruttivo e valutativo effettuato dal giudice in ordine al fatto-reato.
La sentenza impugnata va quindi annullata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Crotone in diversa composizione.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Crotone in diversa composizione.

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