Nel caso in cui il debitore eccepisca l’estinzione del debito fatto valere in giudizio per effetto dell’emissione di un assegno

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 11 giugno 2018, n. 15045.

La massima estrapolata:

Ove il convenuto per il pagamento di un debito dimostri di aver corrisposto una somma di denaro idonea all’estinzione del medesimo, spetta al creditore, il quale sostenga che il pagamento sia da imputare all’estinzione di un debito diverso, allegare e provare di quest’ultimo l’esistenza, nonche’ la sussistenza delle condizioni necessarie per la dedotta diversa imputazione; tale regola non trova applicazione nel caso in cui il debitore eccepisca l’estinzione del debito fatto valere in giudizio per effetto dell’emissione di un assegno.
Ed infatti, implicando tale emissione la presunzione di un rapporto fondamentale idoneo a giustificare la nascita di un’obbligazione cartolare, resta a carico del debitore convenuto l’onere di superare tale presunzione, dimostrando il collegamento tra il precedente debito azionato ed il successivo debito cartolare, con la conseguente estinzione del primo per effetto della dazione di assegno.

Sentenza 11 giugno 2018, n. 15045

Data udienza 29 novembre 2017

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. CORTESI Francesco – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 13480/2013 R.G. proposto da:

(OMISSIS), titolare dell’omonima impresa individuale, rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS) e dall’Avv. (OMISSIS), presso il quale ultimo e’ elettivamente domiciliato a (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avv.ti (OMISSIS), presso il quale ultimo e’ elettivamente domiciliato a (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 1280/2012, depositata in data 7.4.2012, non notificata.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 29.11.2017 dal Consigliere dott. Francesco CORTESI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. CELENTANO Carmelo che ha concluso per il rigetto del primo motivo di ricorso e l’accoglimento del secondo e del quinto motivo, assorbiti i restanti;

udito l’Avv. (OMISSIS) per la ricorrente.

FATTI DI CAUSA

1. Con citazione notificata il 28.6.2004, Cartolibreria (OMISSIS) s.n.c. convenne (OMISSIS) innanzi al Tribunale di Pavia per ottenerne la condanna al pagamento dell’importo di Euro 5.500,00, quale corrispettivo per l’acquisto di due volumi d’epoca avvenuto nei mesi di febbraio e marzo 2003.

Il (OMISSIS) si costitui’ deducendo di aver acquistato dall’attrice, nel medesimo periodo, altri sei volumi oltre a quelli indicati in citazione, provvedendo al versamento del complessivo prezzo, pari ad Euro 15.900,00, dei quali l’importo di Euro 15.200,00 aveva versato a mezzo assegni ed il residuo in contanti. Chiese quindi il rigetto della domanda e spiego’ riconvenzionale per la condanna dell’attrice alla restituzione dell’importo di Euro 10.400,00, quale corrispettivo delle restanti opere, mai consegnate.

Con memoria successivamente depositata, l’attrice dedusse che i pagamenti effettuati dal convenuto si riferivano all’acquisto di diverse opere effettuato dal (OMISSIS) in precedenza; insistette dunque nella domanda di pagamento e chiese il rigetto della riconvenzionale.

Con sentenza depositata il 16.1.2009 il Tribunale accolse la domanda principale, respingendo la riconvenzionale.

2. (OMISSIS) appello’ la sentenza e Cartolibreria (OMISSIS) resistette chiedendone la conferma.

La Corte d’appello di Milano accolse il gravame e riformo’ integralmente la sentenza impugnata.

A fondamento della decisione, la corte rilevo’ che il (OMISSIS) aveva ammesso l’acquisto dei due libri d’epoca indicati in citazione, tuttavia adducendo di aver versato il corrispettivo con la produzione di copia degli assegni incassati dalla venditrice; era quest’ultima, pertanto, a dover provare che il pagamento ricevuto si riferiva a pregresse forniture, ma tale prova non era stata da lei fornita.

Analogamente, per quanto concerneva la domanda di restituzione delle somme versate a fronte di opere non consegnate, la corte osservo’ che la venditrice non aveva contestato ne’ l’esistenza dell’accordo ne’ la ricezione degli importi, che pero’ aveva imputato a diverse prestazioni; anche tale assunto, tuttavia, era rimasto sfornito di prova.

3. Per la cassazione di detta sentenza (OMISSIS), titolare dell’omonima impresa individuale subentrata a Cartolibreria (OMISSIS) s.n.c., ha proposto ricorso sulla base di cinque motivi; resiste l’intimato con controricorso; le parti hanno depositato memorie in prossimita’ dell’udienza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, denunziando nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente si duole del fatto che la corte d’appello non ha dichiarato l’inammissibilita’ del gravame quantunque proposto nei confronti di Cartolibreria (OMISSIS) s.n.c., che in data anteriore alla pronunzia di primo grado era gia’ stata cancellata dal registro delle imprese e, come tale, era da ritenersi gia’ estinta.

Il motivo e’ infondato.

Non e’ qui in discussione il principio, richiamato dal ricorrente e piu’ volte affermato da questa Corte (v. per tutte Cass. Sez. Un., 12.3.2013, n. 6070), secondo cui – comportando l’estinzione della societa’ in seguito alla sua cancellazione dal registro delle imprese l’interruzione del processo ai sensi degli articoli 299 e ss. cod. proc. civ. – all’eventuale prosecuzione o riassunzione del giudizio si deve provvedere da parte o nei confronti dei soci, successori della societa’ stessa; ed ove l’evento non sia stato fatto constare nei modi di legge, l’impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della societa’, deve provenire od essere indirizzata, a pena d’inammissibilita’, dai soci o nei confronti dei soci, atteso che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non puo’ eccedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo e’ occorso (conf. Cass. 19.3.2014, n. 6468; Cass. 13.5.2015, n. 9828).

Ne’, tantomeno, puo’ disconoscersi che il medesimo principio, affermato con riferimento alle societa’ di capitali, vada esteso alle societa’ di persone (cfr. Cass., Sez. Un., 22.2.2010, n. 4060), per le quali dunque, analogamente, l’appello successivo al verificarsi della cancellazione deve provenire (o essere indirizzato) dai soci (o nei confronti dei soci) succeduti alla societa’ estinta, a pena di inammissibilita’.

E tuttavia, come questa corte ha gia’ avuto modo di rilevare (Cass. Sez. Un. 4.7.2014, n. 15295; conf., in tempi piu’ recenti, Cass. 9.10.2017, n. 23563), l’incidenza sul processo degli eventi interruttivi deve altresi’ tener conto, in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola dell’ultrattivita’ del mandato alla lite, in ragione della quale, nel caso in cui l’evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all’articolo 300 cod. proc. civ., il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si sia verificato, risultando cosi’ stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti e al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell’impugnazione. Tale posizione giuridica e’ suscettibile di modificazione nell’ipotesi in cui, nella successiva fase d’impugnazione, si costituiscano i successori della parte estinta, ovvero se il procuratore di tale parte, originariamente munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza o notifichi alle altri parti l’evento verificatosi, ovvero ancora se, rimasta la medesima parte contumace, l’evento sia documentato dall’altra parte (come previsto dalla novella di cui alla L. n. 69 del 2009, articolo 46), o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ai sensi dell’articolo 300 c.p.c., comma 4.

Ne deriva, venendo a quanto di rilievo per il caso di specie, che e’ senz’altro ammissibile l’atto di impugnazione notificato alla societa’ cancellata presso il procuratore ai sensi dell’articolo 330 c.p.c., comma 1, e cio’ quantunque la parte notificante possa aver avuto conoscenza dell’evento, che in effetti nella specie non risulta essere stato dichiarato dal procuratore della societa’ estinta nel corso del giudizio di primo grado.

Pertanto, poiche’ nella presente vicenda la sentenza impugnata e’ stata pronunciata sull’appello proposto nei confronti della Cartolibreria (OMISSIS) s.n.c., sebbene quest’ultima fosse gia’ stata cancellata dal registro delle imprese in data anteriore e percio’ estinta, e poiche’ (come emerge dagli atti, cui la Corte accede direttamente, essendo stato denunziato un error in procedendo) l’appello e’ stato proposto a norma dell’articolo 330 c.p.c., comma 1, con atto notificato alla medesima societa’ presso il procuratore domiciliatario della stessa, la sentenza della Corte d’appello di Milano deve ritenersi correttamente pronunciata nei confronti della societa’, pur se nel frattempo estinta.

2. Con il secondo motivo, con il quale denunzia violazione degli articoli 1193, 2697 e 1988 cod. civ., il ricorrente lamenta che la corte d’appello avrebbe erroneamente fatto applicazione dei criteri di riparto dell’onere della prova in materia di imputazione del pagamento.

Assume al riguardo che a fronte della deduzione, da parte sua, del mancato pagamento di due opere di pregio su un totale numericamente piu’ ampio, e dell’eccezione del compratore di aver provveduto al pagamento con imputazione posteriore dello stesso, il criterio adottato dalla sentenza impugnata violerebbe le indicate disposizioni per come interpretate da costante giurisprudenza, avuto particolare riguardo al fatto che il (OMISSIS) aveva fondato la propria eccezione di pagamento sull’emissione di assegni.

Il motivo e’ fondato.

Com’e’ noto, ove il convenuto per il pagamento di un debito dimostri di aver corrisposto una somma di denaro idonea all’estinzione del medesimo, spetta al creditore, il quale sostenga che il pagamento sia da imputare all’estinzione di un debito diverso, allegare e provare di quest’ultimo l’esistenza, nonche’ la sussistenza delle condizioni necessarie per la dedotta diversa imputazione; ma e’ parimenti noto – costituendo principio pacifico nella giurisprudenza di questa corte (cfr. Cass. 28.2.2012, n. 3008; conf. Cass. 18.2.2016, n. 3194; Cass. 6.11.2017, n. 26275) – che tale regola non trova applicazione nel caso in cui il debitore eccepisca l’estinzione del debito fatto valere in giudizio per effetto dell’emissione di un assegno.

Ed infatti, implicando tale emissione la presunzione di un rapporto fondamentale idoneo a giustificare la nascita di un’obbligazione cartolare, resta a carico del debitore convenuto l’onere di superare tale presunzione, dimostrando il collegamento tra il precedente debito azionato ed il successivo debito cartolare, con la conseguente estinzione del primo per effetto della dazione di assegno.

Nel presente caso, pertanto, gravava sul debitore l’onere di dimostrare che con il pagamento degli assegni egli aveva estinto il debito oggetto di pretesa, trattandosi di titoli astratti ed autonomi, fonti di presunzione di distinti rapporti sostanziali; ne consegue il rilievo dell’erroneita’ della decisione impugnata, che di tale principio non ha tenuto conto.

In relazione a tale motivo, pertanto, la sentenza va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano, che dovra’ uniformarsi all’indicato principio di diritto.

3. Restano cosi’ assorbiti il terzo motivo – con il quale il ricorrente denunzia violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. e nullita’ della sentenza per aver la corte d’appello omesso di pronunziare sull’eccezione di nullita’ della testimonianza di (OMISSIS) in relazione alla prova del pagamento, quantunque da lui ritualmente e tempestivamente sollevata – ed il quarto motivo, col quale i’l ricorrente deduce violazione degli articoli 115 e 116 cod. proc. civ. assumendo che la corte avrebbe errato nella valutazione delle prove acquisite ai fini dell’imputazione del pagamento.

4. Residua l’esame del quinto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente, con richiamo all’articolo 360 c.p.c., n. 5, denunzia la contraddittorieta’ ed illogicita’ della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sussistente un titolo a fondamento della domanda di restituzione della somma, originariamente svolta dal (OMISSIS) in via riconvenzionale.

Anche tale motivo e’ fondato.

Al riguardo, va anzitutto premesso che al presente giudizio – relativo a sentenza depositata in data 7.4.2012 – e’ applicabile il disposto dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 nella formulazione anteriore all’entrata in vigore del Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, comma 1, lettera b) essendo cosi’ consentita la denunzia di “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio”.

Cio’ posto, si osserva che la sentenza impugnata ha ritenuto fondata la domanda del (OMISSIS) di restituzione del corrispettivo per l’acquisto di libri mai consegnati sul rilievo del fatto che costui aveva “in sostanza eccepito l’inadempimento” della venditrice, con allegazione cui la controparte non aveva “replicato in modo specifico” e che percio’ “in sostanza non ha contestato”.

Tale argomentazione non costituisce valida ragione di supporto della disposta restituzione della somma, che la sentenza impugnata configura quale mera conseguenza dell’eccezione di inadempimento.

E’ appena il caso di rilevare, al riguardo, che l’obbligo di restituzione del corrispettivo puo’ discendere unicamente da una domanda di risoluzione o ad altra idonea a determinare il venir meno della causa adquirendi (cfr. Cass. 6.6.2017, n. 14013; Cass. 25.8.2014, n. 18185), conseguendo all’eccezione di inadempimento il solo diritto della parte a rifiutarsi di eseguire la propria controprestazione; e’ pur vero, al riguardo, che la domanda di risoluzione puo’ ritenersi anche implicitamente avanzata a seguito di un’indagine sul contenuto sostanziale della pretesa (cfr. ad es. Cass. 23.10.2017, n. 24947), ma nel provvedimento impugnato non vi e’ traccia di alcuna indagine in tal senso.

Di conseguenza, la sentenza impugnata va cassata anche sotto tale profilo.

5. Il giudice del rinvio esaminera’ la fattispecie alla luce delle indicazioni fornite da questa corte di legittimita’, provvedendo altresi’ sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo ed il quinto motivo, assorbiti i restanti; cassa la sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano anche per le spese del presente giudizio.

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