Non ricorre neanche la quasi-flagranza se manca la percezione diretta del fatto da parte degli agenti.

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 1 giugno 2018, n. 24760.

La massima estrapolata:

Non ricorre neanche la quasi-flagranza se manca la percezione diretta del fatto da parte degli agenti.

Sentenza 1 giugno 2018, n. 24760

Data udienza 9 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PEZZULLO Rosa – Presidente

Dott. MAZZITELLI Caterin – rel. Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 18/10/2017 del TRIBUNALE di GENOVA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere CATERINA MAZZITELLI;
Letta la requisitoria del Procuratore Generale, nella persona del Sost. Proc. Gen. dott. Luigi Cuomo, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento, senza rinvio, dell’ordinanza impugnata, limitatamente alla disposta convalida.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS), tramite difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di convalida dell’arresto, emessa dal Tribunale di Genova in data 18/10/2017, nei confronti della ricorrente, disponendo il giudizio direttissimo. Parte ricorrente allega un vizio di legittimita’, ex articolo 606, comma 1, lettera b), codice di rito, in relazione agli articoli 380 e 382 c.p.p., con riferimento ad un’errata nozione di quasi flagranza di reato. Dal verbale di arresto emerge che a seguito di una segnalazione telefonica, circa il furto di tubi di rame perpetrato da un uomo e una donna, gli agenti, recatisi sul posto, avevano rinvenuto dei tubi pluviali di rame e un uomo, in possesso di un piede di porco, le cui sembianze erano simili a quelle descritte da coloro che avevano effettuato la segnalazione. Lo sconosciuto, identificato in (OMISSIS), alla presenza degli agenti, aveva ricevuto una telefonata, sul proprio cellulare, da una donna, poi identificata nell’odierna ricorrente, fermata poco dopo nelle vicinanze. Ad avviso della difesa, in questa situazione, non ricorrerebbe la flagranza di reato, essendo avvenuto l’arresto in assenza di un inseguimento, ma solo sulla base di informazioni testimoniali. L’erronea interpretazione di norme procedurali si rifletterebbe, altresi’, sull’articolo 558 c.p.p., essendo il giudizio direttissimo una conseguenza diretta della convalida dell’arresto. Ad avviso di parte ricorrente, tale giudizio non sarebbe stato validamente instaurato.
2. Il P.G., nella requisitoria, ha rilevato la mancanza dei presupposti per la ravvisabilita’ di una “quasi flagranza” di reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ parzialmente fondato.
Il concetto di “flagranza” e “quasi flagranza” di reato presuppongono che la Polizia Giudiziaria abbia avuto una percezione del fatto ovvero degli elementi indicativi di una commissione del reato “immediatamente prima” dell’intervento degli agenti operanti, ossia quasi nell’immediatezza del fatto-reato (Sez. 2, n. 19948 del 04/04/2017 – dep. 26/04/2017, P.M. in proc. Rosca, Rv. 27031701).
E cio’ in considerazione dell’eccezionalita’ del potere, riservato agli agenti di P.G., di limitare la liberta’ personale individuale, in contesti, implicanti, per l’appunto, la certezza o un’altissima probabilita’ della responsabilita’ penale del soggetto tratto in arresto.
In mancanza di una constatazione diretta da parte degli agenti, non si puo’ procedere all’arresto in flagranza.
Ed invero, secondo la giurisprudenza, e’ illegittimo l’arresto in flagranza operato dalla polizia giudiziaria sulla base delle informazioni fornite dalla vittima o da terzi nell’immediatezza del fatto, poiche’, in tale ipotesi, non sussiste la condizione di “quasi flagranza”, la quale presuppone l’immediata e autonoma percezione, da parte di chi proceda all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato. (Sez. U, n. 39131 del 24/11/2015 – dep. 21/09/2016, P.M. in proc. Ventrice, Rv. 267591).
Nella fattispecie, non sussistevano le predette condizioni, posto che gli indizi di colpevolezza convergevano sull’indagata, odierna ricorrente, solo a seguito dell’assunzione di informazioni nell’immediatezza dei fatti e delle comunicazioni telefoniche intercorse con gli operatori di polizia giudiziaria.
Ne consegue l’illegittimita’ del provvedimento di convalida dell’arresto.
2. Per quanto attiene poi alle restanti censure, si osserva che, pur costituendo il decreto di convalida dell’arresto titolo di legittimita’ del giudizio direttissimo, tale giudizio non dev’essere dichiarato nullo qualora l’arresto risulti illegale. (Sez. 2, n. 1797 del 14/10/1988 – dep. 08/02/1989, CARLETTI, Rv. 18040101).
E cio’ in considerazione della diversita’ dei presupposti, intercorrenti tra lo stato di detenzione e la citazione in giudizio dell’imputato, i cui effetti rimangono comunque salvi.
3. Si deve, pertanto, procedere all’annullamento dell’ordinanza impugnata, limitatamente alla convalida dell’arresto eseguito illegittimamente, dichiarandosi inammissibile, nel resto, il ricorso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza di convalida impugnata perche’ illegittimamente eseguito, dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Motivazione semplificata.

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