L’inerenza dei costi va parametrata alle regole di mercato: sono inerenti anche i costi che riguardano atti di impresa che si collocano in un nesso di “programmatica, futura o potenziale proiezione normale dell’attività stessa”.

Corte di Cassazione, sezione tributaria, Ordinanza 31 maggio 2018, n. 13882.

La massima estrapolata:

L’inerenza dei costi va parametrata alle regole di mercato: sono inerenti anche i costi che riguardano atti di impresa che si collocano in un nesso di “programmatica, futura o potenziale proiezione normale dell’attività stessa”.

Ordinanza 31 maggio 2018, n. 13882

Data udienza 7 luglio 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente

Dott. GRECO Antonio – Consigliere

Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 3670-2013 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) SAS, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 9/2012 della COMM.TRIB.REG. della Lombardia, depositata il 17/01/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/07/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. TOMMASO BASILE, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con separati avvisi di accertamento l’amministrazione finanziaria, in relazione rispettivamente agli anni 2003 e 2004, ha contestato in danno della (OMISSIS) s.a.s. indebita deduzione di costi con maggiori IVA e IRAP; con ulteriori avvisi di accertamento sono altresi’ stati contestati ai soci (OMISSIS) ed (OMISSIS) (per entrambe le annualita’) e (OMISSIS) (per il 2003) maggiori IRPEF.
La societa’ e i soci (OMISSIS) ed (OMISSIS) hanno impugnato gli atti e l’adita commissione tributaria provinciale di Brescia, previa riunione, li ha annullati con sentenza depositata il 13.9.2007.
La sentenza, appellata dall’Agenzia delle entrate, e’ stata riformata dalla commissione tributaria regionale della Lombardia in Milano con sentenza depositata il 17.1.2012, che ha ritenuto la legittimita’ degli atti impositivi.
Avverso questa decisione la societa’ e i due soci predetti hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi illustrati da memoria, cui l’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
In vista dell’adunanza camerale il procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte nel senso del rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – L’esame del primo motivo di ricorso, da un lato, e quello degli altri motivi, dall’altro, in quanto riferiti a questioni differenziate per gli avvisi di accertamento oggetto dei ricorsi, i quali hanno ricevuto trattazione unitaria a far tempo dal primo grado di giudizio, sono suscettibili di condurre a diversi esiti processuali, come in appresso. Va dunque disposta separazione dei procedimenti quanto alle doglianze concernenti l’avviso di accertamento relativo all’anno 2003 e quanto a quelle relative all’altro ricorso per il 2004, restando affidato alla cancelleria dare separata evidenza documentale agli stessi procedimenti ai fini del prosieguo di ciascuno.
2. – Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), violazione del principio del contraddittorio di cui all’articolo 101 c.p.c. e articolo 111 Cost.. Lamentano essere stati celebrati i giudizi di primo e secondo grado senza la partecipazione, indispensabile trattandosi di litisconsorte necessario, del terzo socio (OMISSIS), quanto alle questioni inerenti l’anno di imposta 2003, essendo egli receduto solo con effetto per il 2004.
2.1. – Il motivo, destinato a incidere sul solo procedimento (oggetto di separazione) relativo all’avviso di accertamento per l’anno di imposta 2003, e’ fondato, per cui in rapporto a tale avviso l’esame degli ulteriori motivi di ricorso resta precluso alla corte e assorbito dal rilievo della nullita’ dei giudizi di primo grado e d’appello e delle sentenze che li hanno conclusi, sempre limitatamente a tale procedimento oggetto di separazione.
2.2 – Invero, come affermato in via consolidata da questa corte (v. Cass. sez. U n. 14815 del 2008) l’unitarieta’ dell’accertamento che e’ alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle societa’ di persone e dei soci delle stesse, con la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili e indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo atto impositivo, da uno dei soci o dalla societa’ riguardi inscindibilmente sia la societa’ che tutti i soci -salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali-, sicche’ tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non puo’ essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi, trattandosi di caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari e’ affetto da nullita’ assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio.
2.3. – Peraltro questa corte (a far tempo dalla sentenza Cass. n. 3830 del 2010) ha individuato taluni casi, in presenza di cause decise separatamente nel merito, nei quali deve essere evitata la dichiarazione di nullita’. In particolare, puo’ essere disposta la riunione innanzi a questa corte, e la decisione, dei plurimi ricorsi, invece della declaratoria di nullita’ dei giudizi, quando pur non essendo stato realizzato il litisconsorzio nei procedimenti di merito – la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da:
(1) identita’ oggettiva quanto a causa petendi dei ricorsi;
(2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della societa’ che di tutti i suoi soci e, quindi, identita’ di difese;
(3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito;
(4) identita’ sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici.
Quando sussistano tali presupposti, la ricomposizione dell’unicita’ della causa innanzi a questa corte attua il diritto fondamentale a una ragionevole durata del processo (derivante dall’articolo 111 Cost., comma 2, e dagli articoli 6 e 13 della convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullita’ ed il conseguente rinvio al giudice di merito si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalita’ superflue, perche’ non giustificate dalla necessita’ di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio.
2.4. – Nel caso di specie non sussistono gli anzidetti presupposti. In particolare, come si evince da quanto sopra riepilogato, benche’ i ricorrenti deducano che anche il litisconsorte pretermesso (OMISSIS) abbia impugnato l’avviso di accertamento che lo riguardava (cio’ che l’avvocatura erariale invece non deduce), la trattazione dei procedimenti eventuali non risulta essere stata simultanea; cio’ si evince dal fatto che solo tra i ricorsi della s.a.s. e dei due altri soci (OMISSIS) ed (OMISSIS) e’ stata disposta riunione in primo grado. Dalle evidenze d’ufficio risulta, del resto, che in sede d’appello la commissione tributaria regionale della Lombardia nella sezione staccata di Brescia e non nella sede di Milano – ha deciso con sentenza n. 2087/64/14 depositata il 15/4/2014 il ricorso proposto dall’Agenzia nei confronti di (OMISSIS), richiamando il decisum precedente – e quindi non contestuale tra le altre parti giusta la sentenza 9/34/12 depositata il 17/1/12 dell’articolazione metropolitana della commissione stessa, oggetto di questo procedimento in sede di legittimita’.
2.5. – In virtu’ della disposta separazione di procedimenti va dunque effettuato rinvio al primo giudice, previa dichiarazione di nullita’ degli atti di entrambi i giudizi di primo e secondo grado in cui si e’ violato il contraddittorio, e delle sentenze che li hanno definiti, cio’ parzialmente e nei limiti in cui detti giudizi e sentenze hanno riguardato l’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2003.
2.6. – Alla dichiarazione di nullita’, con rinvio innanzi al giudice che si designa nella commissione tributaria provinciale di Brescia, in diversa composizione, segue la compensazione delle spese dell’intero giudizio, per la quota riferibile a tale procedimento separato, stante la natura del vizio accertato.
3. – Concernendo il motivo dianzi esaminato il solo (primo) procedimento separato relativo all’impugnazione dell’avviso di accertamento quanto all’annualita’ 2003, di modo che il suo accoglimento determina l’assorbimento dei motivi ulteriori, questi vanno invece esaminati relativamente al (secondo) procedimento separato concernente l’avviso relativo all’anno di imposta 2004. Con il secondo motivo, in particolare, si deduce insufficiente motivazione circa un fatto controverso, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5; si lamenta, in particolare, la natura generica e tautologica delle espressioni impiegate nella sentenza impugnata per motivare il giudizio di mancata prova dell’inerenza delle fatture oggetto di deduzione (“non abbiano le caratteristiche che la normativa tributaria impone ecc.” e “non si possano qualificare per la loro genericita’ e mancanza dei requisiti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 21 come inerenti alla produzione dei ricavi ecc.”), in particolare non essendo indicate tali caratteristiche o requisiti carenti.
3.1. Il motivo e’ infondato. In disparte ogni altra considerazione in merito alla circostanza che la sentenza rinvia per relationem, tra l’altro, alle dichiarazioni rese dall’esponente dell’Agenzia in udienza (non riportate pero’ in ricorso), mette conto rilevare che, nella prima parte della p. 3 della sentenza, la commissione regionale da’ conto adeguatamente trattarsi di “fatture passive emesse da alcune societa’ ( (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS))” e che “la motivazione (delle)… riprese a tassazione e’ descritta nel contenuto degli avvisi di accertamento in modo del tutto esaustivo”. Su tali basi, la commissione afferma poi di ritenere la genericita’ e la non provata inerenza delle fatture e dei sottostanti costi (sulla seconda meta’ della p. 3 e alla p. 4), con espressioni anche ulteriori rispetto a quelle riportate nel mezzo di impugnazione.
3.2. Cio’ chiarito, va assicurata continuita’ al principio (v. Cass. n. 15964 del 2016 e n. 1236 del 2006) per cui, ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella formulazione vigente ratione temporis, il giudice, quando esamina i fatti di prova, deve sia enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione (contenuto “statico” della dichiarazione motivazionale), sia il processo cognitivo attraverso il quale e’ passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio (contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa). In tale ambito, e’ ammesso il rinvio ad altri provvedimenti amministrativi o giurisdizionali, purche’ la fonte richiamata sia identificabile e accessibile alle parti (cfr. ad es. Cass. sez. U, n. 16277 del 2010).
3.3. Nel caso di specie, la commissione regionale, indicando per relationem al testo dell’avviso di accertamento noto alle parti – la descrizione del contenuto delle fatture ritenute non contenenti una descrizione specifica dei beni o servizi, ha esaurito il proprio compito motivazionale affermando di condividere tali ragioni, fornendo anche chiarimenti sul concetto di inerenza (su cui in prosieguo). Ne’, in un contesto di chiarezza fattuale quale quello di cui trattasi, sono esigibili, come la parte ricorrente pretenderebbe, lunghe elencazioni delle caratteristiche e dei requisiti mancanti, costituenti il nucleo del dibattito processuale. D’altronde, nell’ipotesi di sussistenza di uno o piu’ elementi risultanti dal processo, non evincibili dal richiamo all’avviso di accertamento e non sottoposti ad adeguata critica da parte del giudicante, deve rilevarsi che la parte ricorrente non si e’ curata, come sarebbe stato suo onere affinche’ sia constatabile in sede di legittimita’ il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), di indicare tali elementi trascurati dal giudice di merito e potenzialmente idonei a condurre a diversa decisione, che la stessa parte ricorrente avrebbe dovuto integralmente ed adeguatamente descrivere, nel contenuto e nella decisivita’, nel motivo (cio’ che, invece, e’ avvenuto, ad altri fini, nel successivo motivo).
4. Con il terzo mezzo, la ricorrente deduce omessa motivazione circa un fatto controverso, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5); si lamenta che, a prescindere da quanto innanzi, la motivazione sarebbe comunque carente in ordine al riscontro – che sarebbe stato necessario anche a fronte di lacunosita’ delle fatture – dell’effettiva mancata dimostrazione dell’esecuzione dei servizi acquistati; a tal uopo, la parte ricorrente afferma di aver prodotto documentazione, dichiarata probante, quale un estratto di p.v.c. redatto a carico di uno dei fornitori delle prestazioni ( (OMISSIS) s.r.l.), da cui si evincerebbe il riconoscimento da parte dell’Agenzia dell’effettivita’ della prestazione; uno stralcio e’ trascritto nell’ambito del motivo.
4.1. Con il quarto motivo, poi, la ricorrente deduce violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 109 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dolendosi della erronea interpretazione di tale norma da parte della commissione regionale, che avrebbe ritenuto necessaria la connessione dei costi agli specifici ricavi, invece che semplicemente sufficiente la correlazione di essi con attivita’, oggetto dell’impresa, potenzialmente idonee a produrre utili.
4.2. I predetti terzo e quarto motivo, strettamente connessi in quanto riguardanti preliminari profili interrelati concernenti il concetto di inerenza dei costi documentati da fatture e lo standard di motivazione della sentenza tributaria circa la prova dell’inerenza stessa, sono fondati e vanno accolti.
4.3. Al riguardo, va tenuto conto che il tema del rapporto tra il contenuto letterale delle fatture e la possibilita’ di provare aliunde la natura delle operazioni, rilevante sia ai fini i.v.a. quanto alla detrazione della stessa imposta per prestazioni normalmente documentate da detti atti contabili sia ai fini delle imposte sui redditi quanto alla deduzione dei costi sempre nei medesimi atti rappresentati, ha ricevuto specifica trattazione giurisprudenziale in ambito i.v.a., per essere in detto ambito la fattura normativamente disciplinata (il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articoli 21 e ss. concernono la fatturazione delle operazioni). Le soluzioni raggiunte, peraltro, sono idonee anche ai fini, che qui vengono in rilievo, delle imposte sui redditi.
4.4. Va in particolare considerato che il predetto articolo 21, al comma 2, lettera g), prescrive che la fattura debba indicare, tra l’altro, la “natura, qualita’ e quantita’ dei beni e servizi oggetto dell’operazione”. Tale norma e’ in linea con il principio contenuto nell’articolo 226 punto 6 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio UE (di contenuto analogo alla corrispondente norma della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977), che prescrive l’indicazione della quantita’ e natura dei beni ceduti o l’entita’ e la natura dei servizi resi, in uno con la specificazione della data (di cui all’articolo 226, punto 7); cio’ al fine di consentire alle amministrazioni finanziarie di controllare l’assolvimento dell’imposta dovuta e, se del caso, la sussistenza del diritto alla detrazione. Cio’ posto, e fermo restando che neanche la fattura regolarmente compilata rappresenta prova inconfutabile della sussistenza dell’operazione effettuata, ma solo elemento per consentire le verifiche da parte dell’amministrazione finanziaria, la giurisprudenza unionale ha dovuto affrontare la questione della portata dell’inosservanza di tali norme impositive degli obblighi formali, di solito concretantesi nell’incompleta, imprecisa o parzialmente erronea descrizione in fattura. Argomentando in base al diritto dei soggetti passivi di detrarre l’i.v.a. dovuta o versata a monte per i beni acquistati o per i servizi loro prestati, cosi’ come sancito dall’articolo 178 della direttiva 2006/112/CE, che costituisce un principio fondamentale del sistema, e al principio di neutralita’ dell’i.v.a., che esige che la sua detraibilita’ a monte sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche quando taluni obblighi formali siano stati omessi dai soggetti passivi, la corte di giustizia UE ha concluso nel senso che l’inosservanza di tali obblighi formali non comporta l’automatica indetraibilita’ dell’i.v.a.. In tal senso, l’amministrazione finanziaria non si puo’ limitare all’esame della sola fattura, ma deve tener conto anche delle informazioni complementari fornite dal soggetto passivo, come emerge, d’altronde, dall’articolo 219 della direttiva 2006/112/CE, che assimila alla fattura tutti i documenti o messaggi che modificano e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale. Incombe, tuttavia, su colui che chiede la detrazione dell’i.v.a. l’onere di dimostrare di soddisfare le condizioni per fruirne e, per conseguenza, di fornire elementi e prove, anche integrativi e succedanei rispetto alle fatture, che l’amministrazione ritenga necessari per valutare se si debba riconoscere o no la detrazione richiesta (cosi’ Corte giust. UE, 15 settembre 2016, causa C-516/14, Barlis 06 – Investimentos Imobiliarios e Turisticos SA v Autoridade Tributaria e Aduaneira).
4.5. – In relazione a cio’, incorrendo nell’insufficienza motivazionale denunciata con il terzo mezzo, la commissione regionale, accertata ritualmente, come innanzi esaminato, la genericita’ delle fatture (o di alcune di esse), avrebbe poi dovuto valutare se, per una o piu’ di esse, la documentazione in questione, se fornita nelle forme di rito all’amministrazione finanziaria, supplisse alla genericita’ della descrizione delle fatture medesime al fine di evidenziare entita’, natura ed epoca delle operazioni. Va dunque cassata la sentenza sul punto, dovendo procedere la commissione regionale in sede di rinvio a rinnovato esame fornendo congrua motivazione, fermo restando che – come per le fatture formalmente regolari – anche le fatture carenti ma integrate nel loro contenuto da elementi ulteriori non forniscono ex se la prova dell’effettivita’ delle operazioni e che incombe su colui che chiede la detrazione dell’i.v.a., o la deduzione dei costi, l’onere di dimostrare di soddisfare, attraverso idonei elementi probatori aggiuntivi rispetto alle fatture, anche di natura presuntiva, le condizioni per fruirne.
4.6. – Con la sentenza impugnata, altresi’, la commissione regionale, oltre a non aver fornito la motivazione necessaria in ordine a quanto esposto, ha affermato che la descrizione era necessaria al fine di valutare l’inerenza dei costi, presupposto della deducibilita’, in tale contesto ritenendo che “l’inerenza intesa in senso tecnico – sul piano tributario – non ha bisogno di interpretazioni logiche… bensi’ di constatazioni oggettive di natura qualitativa e quantitativa, tali da evidenziare sia sul piano contabile che gestionale-amministrativo il nesso stretto che concorre alla… formazione di ricavi di impresa”; ha chiarito anche che il costo, per essere inerente, dovrebbe “concorrere in modo diretto e chiaro alla determinazione dei ricavi”.
4.7. – Cosi’ giudicando, la commissione regionale non si e’ uniformata all’interpretazione che questa corte reputa piu’ corretta in tema di principio di inerenza.
Al riguardo, deve escludersi che la nozione di inerenza si desuma adeguatamente dall’articolo 109, comma quinto, del t.u.i.r. (Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ex articolo 75), per effetto del quale “Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilita’ sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attivita’ o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attivita’ o beni produttivi di proventi computabili e ad attivita’ o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi”. Dalla lettura di tale disciplina si ricava in via diretta, infatti, meramente il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili (escludendosi la deducibilita’ dei costi relativi a ricavi esenti), cio’ che non afferisce alla nozione di inerenza come in appresso.
Al di la’ di tale correlazione, invero, il principio di inerenza traduce la diversa necessita’ (sul piano logico-giuridico, e quindi in via derivata sul piano probatorio) di un nesso di riferibilita’ delle operazioni comportanti costi – che si assumono sostenuti nell’attivita’ d’impresa – all’esercizio dell’attivita’ stessa. In tal senso, la possibilita’ di deduzione dei soli costi inerenti si ricava dalla nozione di reddito d’impresa.
In quanto funzionalmente riferibili all’attivita’ imprenditoriale, sono in tal senso inerenti, secondo un giudizio che deve essere di natura qualitativa e oggettiva parametrato alle regole di mercato, anche costi attinenti ad atti di impresa che si collocano in un nesso di programmatica, futura o potenziale proiezione normale dell’attivita’ stessa, senza correlazione necessaria con ricavi o redditi immediati, mentre non sono inerenti – secondo il medesimo giudizio qualitativo e oggettivo di pertinenza del giudice del merito – le operazioni comportanti costi che, siano o meno idonee a recare vantaggio all’attivita’ imprenditoriale, incrementandone ricavi o redditi (secondo un giudizio utilitaristico e quantitativo precedentemente accolto in giurisprudenza – v. da ultimo Cass. n. 10269 del 2017), si riferiscano a una sfera non coerente o addirittura estranea all’esercizio dell’impresa.
In adesione all’indirizzo teso a precisare la nozione di inerenza ora accolto da questa corte (v. ad es. Cass. n. 450 del 2018 resa all’ud. del 03/07/2017, richiamata da Cass. n. 6288 del 2018), va precisato che si pone su un altro piano la valutazione di congruita’ dei costi (cosi’ Cass. n. 450 del 2018 cit.).
4.8. – Ne deriva che anche in relazione al quarto motivo, come accolto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla commissione tributaria regionale cui resta demandato applicare il principio di diritto esposto nel paragrafo precedente.
5. – Alla commissione tributaria regionale della Lombardia in Milano, in diversa composizione, designata come giudice di rinvio quanto al (secondo) procedimento separato relativo all’accertamento per l’annualita’ 2004, si rimette altresi’ il governo delle spese del giudizio di legittimita’, per la quota riferibile al detto secondo procedimento oggetto di separazione.
P.Q.M.
la corte:
a) dispone la separazione dei procedimenti quanto da un lato alle impugnazioni delle parti dell’avviso di accertamento per l’anno di imposta 2003 (primo procedimento) e quanto d’altro lato alle impugnazioni relative a quello per il 2004 (secondo procedimento);
b) nel primo procedimento, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, dichiara la nullita’ dell’intero giudizio e delle sentenze in esso intervenute, rinvia alla commissione tributaria provinciale di Brescia, in diversa composizione, e compensa le spese del medesimo intero giudizio;
c) nel secondo procedimento, rigetta il secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo e il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla commissione tributaria regionale della Lombardia in Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

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