Le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 28 giugno 2018, n. 17085.

La massima estrapolata:

Le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – si’ da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attivita’ istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovra’ indicare la relativa questione ex articolo 183 c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex articolo 101 c.p.c., comma 2

Ordinanza 28 giugno 2018, n. 17085

Data udienza 18 ottobre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 18014-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1258/2016 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 01/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/10/2017 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA.
Lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore generale SERVELLO GIANFRANCO, che ha chiesto rigetto.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Napoli, decidendo in grado di appello, in riforma di sentenza del locale Giudice di Pace, ha dichiarato improponibile la domanda proposta dal perito assicurativo (OMISSIS) nei confronti della compagnia (OMISSIS) (oggi (OMISSIS) spa), per ottenere il pagamento del compenso relativo a un incarico esperito per conto della societa’.
Il Tribunale, disattesa la doglianza sulla mancata riunione dei numerosi giudizi instaurati dall’attore, ha ravvisato un abusivo frazionamento del credito, posto che gli incarichi professionali, seppur diversi (in quanto riguardanti ciascuno un distinto sinistro), erano tutti riconducibili ad un unico accordo-quadro esistente tra la compagnia di assicurazioni e il perito nell’ambito di un rapporto di collaborazione professionale, svoltosi per anni mediante il pagamento di un compenso forfettario, senza richiesta di ulteriori importi.
Secondo il Tribunale, proprio la circostanza che il (OMISSIS) si fosse adeguato alle modalita’ previste per il pagamento delle spettanze attraverso un particolare sistema informatico, che accettava le parcelle solo se conformi ai criteri amministrativi elaborati, portava ad escludere che tra le parti venisse concluso di volta in volta un separato contratto.
Infine il Tribunale di Napoli ha rilevato che non risultava dimostrata l’esistenza di alcun interesse meritevole di tutela alla base della parcellizzazione del credito in una miriade di processi.
(OMISSIS) ricorre per cassazione con quattro motivi.
La societa’ (OMISSIS) spa resiste con controricorso.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
2) Preliminarmente va esaminata l’eccezione di nullita’ della notifica del controricorso sollevata dal ricorrente con la memoria depositata ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
L’eccezione, che si fonda sulla omessa indicazione del nome del file nella attestazione di conformita’ della copia informatica ai sensi dell’articolo 19 ter delle specifiche tecniche del PCT, introdotto dal decreto 28 dicembre 2015, in vigore dal 9 gennaio 2016 e’ infondata per il principio del raggiungimento dello scopo dell’atto (articolo 156 c.p.c., comma 3): se il ricorrente interloquisce unicamente sulla mancata indicazione del “nome del file” nella attestazione di conformita’ della copia informatica, quindi su un aspetto meramente formale, e’ evidente che il documento informatico contenente il controricorso per cassazione e’ stato da lui ricevuto e quindi lo scopo della notifica e’ stato pienamente raggiunto.
3) Con il primo motivo parte ricorrente denuncia nullita’ della sentenza e del procedimento per omessa pronuncia in relazione all’eccezione di cessazione della materia del contendere sollevata in atto di appello.
La censura e’ priva di fondamento.
Parte ricorrente si limita a rinviare alle righe da 3 a 10 della comparsa di appello, senza null’altro dedurre circa il contenuto della eccezione e sulla sua attitudine a definire il giudizio di appello.
In tal modo la doglianza si presta in primo luogo ai rilievi di inammissibilita’ dedotti dal pubblico ministero e dalla resistente, a causa della mancata illustrazione dei profili di fatto e di diritto. In particolare non e’ stato neppure dedotto che l’eccezione sia stata mantenuta nel corso del giudizio e riproposta in sede di conclusioni, come e’ indispensabile affinche’ non sia ritenuta abbandonata e possa essere dedotto in questa sede che si era consolidato l’obbligo del giudice di appello di decidere sul punto in sentenza.
Parte resistente ha inoltre opportunamente osservato che e’ del tutto infondata una eccezione di cessazione della materia del contendere basata sul semplice fatto che nelle more dei procedimenti la societa’ aveva dovuto provvedere ai pagamenti delle somme dovute in forza alle sentenze esecutive di primo grado, somme richieste anche con atti di precetto. Ha fatto rilevare che tale comportamento, inevitabile per adempiere all’obbligo esistente, non configura certo alcuna volonta’ di rinunciare al gravame, che infatti e’ stato coltivato anche dopo il deposito della comparsa di risposta avversaria.
4) Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 151 disp. att. c.p.c. e articolo 274 c.p.c. (articolo 360 c.p.c., nn. 1 e 3), dolendosi della mancata riunione dei procedimenti connessi pendenti davanti al tribunale di Napoli. Sostiene che la modifica dell’articolo 151 induce a credere che la prescrizione si rivolga non allo stesso giudice davanti al quale pendano procedimenti connessi, ma all’intero ufficio.
La censura e’ inammissibile ex articolo 360 bis c.p.c., perche’, come ripetutamente affermato da questa Corte, anche a sezioni unite, in tema di connessione di cause, il provvedimento relativo alla riunione, fondandosi su valutazioni di mera opportunita’, costituisce esercizio del potere discrezionale del giudice, e ha natura ordinatoria, essendo pertanto insuscettibile di impugnazione e insindacabile in sede di legittimita’ (v. Sez. U, n. 2245 del 06/02/2015; Cass. n. 1194 del 19/01/2007 Cass. n. 1053 del 21/01/2016).
5) Terzo e quarto motivo, che possono essere trattati congiuntamente, concernono la declaratoria di improcedibilita’ della domanda a causa dell’abusivo frazionamento “della pretesa contrattuale”.
Parte ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 1175 e 1375 c.c. e articolo 111 Cost.. Evidenzia in primo luogo la natura giuridica dell’attivita’ svolta dai periti assicurativi, che sarebbe assimilabile a quella dell’impresa, con conseguente assunzione di rischio imprenditoriale.
In secondo luogo, con il motivo numerato sub 4), lamenta “erronea interpretazione del principio nomofilattico espresso dalle Sezioni Unite nella pronuncia del 15.11.2007 n. 23726 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Il ricorrente analizza la citata sentenza delle Sezioni Unite, osservando che il frazionamento abusivo (e la conseguente violazione del principio di buona fede, correttezza e giusto processo) ricorre solo in presenza di un unico rapporto obbligatorio, di un’unica causa petendi, ipotesi non ravvisabile nel caso in esame in cui si discute di una attivita’ di perito assicurativo svolta in favore della (OMISSIS) spa attraverso singoli incarichi ricevuti. Ritiene irrilevante l’invio delle parcelle in conformita’ dello schema predisposto dalla societa’ assicuratrice, rispondendo tale modalita’ solo ad una necessita’ organizzativa della convenuta. Ribadisce la sussistenza di distinti rapporti professionali intercorsi con il medesimo debitore e quindi la possibilita’ di instaurare tanti giudizi quanti sono i sinistri nei quali egli aveva eseguito le perizie. In memoria afferma, tra l’altro, l’irrilevanza della gestione informatica delle parcelle e invoca tre pronunce favorevoli rese da questa Corte nel 2016.
Le censure sono infondate, dovendosi confermare, con le precisazioni che seguono, la decisione del tribunale.
5.1) Il giudice del tribunale ha accertato che nell’ambito di un’attivita’ continuativa svolta per molti anni con le medesime modalita’ e regolata in maniera uniforme, la remunerazione del perito per il singolo incarico era collegata unicamente al numero dei sinistri periziati, con accettazione delle parcelle mediante il sistema informatico della compagnia, indipendentemente dal contenuto concreto della prestazione.
Su tali presupposti deve ritenersi ineccepibile il giudizio secondo cui i distinti crediti maturati dal (OMISSIS) siano inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo e fondati su un medesimo rapporto di durata.
Le Sezioni Unite di questa Corte, intervenute di recente sul tema della possibilita’ di frazionamento giudiziale del credito, hanno affermato che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – si’ da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attivita’ istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovra’ indicare la relativa questione ex articolo 183 c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex articolo 101 c.p.c., comma 2, (Sez. U, Sentenza n. 4090 del 16/02/2017 Rv. 643111).
Nel caso di specie, la questione relativa alla mancanza di un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (riscontrata dal primo giudice e posta a base della pronuncia di improponibilita’) ha formato oggetto di precedente deduzione nel giudizio di merito, atteso che linea difensiva adottata dalla societa’ convenuta era improntata principalmente sulla improponibilita’ della domanda per abusivo frazionamento del credito, concetto che, come e’ evidente, presuppone logicamente proprio la contestazione dell’esistenza di un interesse meritevole di tutela giuridica.
E sul tema dell’interesse concreto alla proposizione di separati giudizi – fondamentale per la soluzione della questione di diritto che la Corte deve oggi risolvere – il ricorrente si limita ad un generico richiamo al rischio di prescrizione, ma non allega alcun concreto elemento a sostegno della sua affermazione (decorrenza del termine e sua scadenza), ne’ deduce l’esistenza di elementi di fatto idonei a diversificare le prestazioni di volta in volta eseguite e tali da giustificare una trattazione separata delle sue pretese creditorie. Di conseguenza, il fugace accenno al rischio prescrizione si rivela privo di consistenza ai fini che qui interessano, anche perche’ sarebbe stato sufficiente l’invio di un mero atto di costituzione in mora per interrompere il decorso del termine (articolo 2943 c.c., u.c.).
5.2) Le considerazioni fin qui esposte non contrastano con la sentenza n. 18810 del 26/09/2016 Sez. 6 – 2, tra le stesse parti, peraltro emessa prima dell’intervento chiarificatore delle sezioni unite, e resa in fattispecie in cui, anche alla luce della assenza di attivita’ difensiva della controparte, occorreva chiarire il necessario vincolo di unitarieta’ intrinseca del rapporto controverso.
6) Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.
Va dato atto della sussistenza ratione temporis delle condizioni per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite liquidate in Euro 645 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge, rimborso delle spese generali (15%).
Da’ atto della sussistenza delle condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 per il versamento di ulteriore importo per contributo unificato.

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