Corte di Cassazione, sezione sesta lavoro, Ordinanza 25 giugno 2018, n. 16664.
La massima estrapolata:
Nell’area del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, cui si ascrive il licenziamento per sopravvenuta inidoneita’ alle mansioni, l’onere di allegazione e di prova relativo alla impossibilita’ di un utile reimpiego del lavoratore in mansioni diverse cade interamente a carico del datore di lavoro e non e’ condizionato da una previa allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, delle mansioni disponibili.
Ordinanza 25 giugno 2018, n. 16664
Data udienza 4 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2142-2017 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L. P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo STUDIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2827/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 21/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/04/2018 dal Consigliere Dott. SPENA FRANCESCA.
RILEVATO IN FATTO
che con sentenza in data 8 – 21 novembre 2016 numero 2827 la Corte d’Appello di Bari, giudice del reclamo, confermava la sentenza del Tribunale di Trani che, come il giudice della prima fase, aveva accolto l’azione proposta da (OMISSIS) per la dichiarazione di illegittimita’ del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatogli dalla societa’ (OMISSIS) S.r.l. in ragione della sopravvenuta inidoneita’ alle mansioni di manovale;
che a fondamento della decisione la Corte territoriale riteneva possibile il reimpiego del (OMISSIS) in mansioni diverse;
che ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la societa’ (OMISSIS) Srl, articolato in due motivi, cui ha opposto difese con controricorso (OMISSIS);
che la proposta del relatore e’ stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c.;
che la societa’ ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che la parte ricorrente ha dedotto:
– con il primo motivo- ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 115, 116 e 132 c.p.c. nonche’ dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., della L. n. 604 del 1966, articolo 3, degli articoli 1175, 1375 e 2697 c.c.. Ha impugnato la sentenza per avere ritenuto che l’obbligo di allegazione e di prova dell’impossibilita’ di reimpiego gravino interamente sul datore di lavoro, escludendo anche il residuale obbligo di collaborazione del lavoratore per l’individuazione di posti di lavoro disponibili.
In ogni caso ha dedotto la non corretta applicazione in sentenza delle norme indicate nella rubrica del motivo, in ragione del fatto che la Corte di merito:
– aveva ritenuto inattendibile la lista anagrafica dei dipendenti prodotta dalla societa’, in quanto di provenienza unilaterale
– aveva valorizzato le prove testimoniali introdotte dal lavoratore in mancanza di idonea motivazione, ritenendo invece non attendibili le testimonianze a proprio favore con valutazione sommaria;
– aveva assunto una ctu sulla possibilita’ di’ assegnare il lavoratore a mansioni diverse benche’ fosse preclusiva la mancanza di posizioni lavorative vacanti;
– con il secondo motivo- ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 32 e 41 Cost., degli articoli 1463, 1464 e 2087 c.c.. Ha esposto che il datore di lavoro e’ obbligato a procedere alla risoluzione del contratto nel caso di inidoneita’ del lavoratore alle mansioni e di impossibilita’ di un’idonea collocazione nell’ambito aziendale e che il giudizio di inidoneita’ era nella specie divenuto definitivo, in quanto non impugnato secondo la procedura prevista che ritiene il Collegio il ricorso debba essere respinto;
che, infatti:
– quanto al primo motivo, la giurisprudenza di questa Corte, che in questa sede va ulteriormente ribadita, si e’ ormai attestata, a partire da Cass. sez. lav. 22 marzo 2016 nr. 5592, nel senso che nell’area del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, cui si ascrive il licenziamento per sopravvenuta inidoneita’ alle mansioni, l’onere di allegazione e di prova relativo alla impossibilita’ di un utile reimpiego del lavoratore in mansioni diverse cade interamente a carico del datore di lavoro e non e’ condizionato da una previa allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, delle mansioni disponibili. Piu’ specificamente, con riguardo alla ipotesi del licenziamento per sopravvenuta inidoneita’ fisica alle mansioni si veda Cass. sez. lav. 6 dicembre 2017 nr. 29250. Non senza considerare che la Corte di merito ha espressamente evidenziato (si veda pagina 6, primo capoverso) che nella fattispecie di causa il ricorrente si era fatto carico di individuare sin dall’atto introduttivo del giudizio le mansioni che avrebbero potuto essergli assegnate sicche’ la censura presenta sul punto evidenti profili di inammissibilita’, per non essere pertinente ai contenuti della sentenza impugnata.
Per il resto il motivo si risolve nella contestazione dell’accertamento di fatto compiuto dal giudice del merito, all’esito dell’esame delle prove testimoniali e dei documenti, della effettiva esistenza delle posizioni di lavoro indicate dal lavoratore come disponibili. Tale giudizio e’ sindacabile in questa sede di legittimita’ esclusivamente con la deduzione di un vizio di motivazione, che, tuttavia, nella fattispecie di causa resta preclusa dal disposto di cui all’articolo 348 ter c.p.c., applicabile ratione temporis- trattandosi di accertamento conforme nei due gradi di merito. Contrariamente a quanto si assume nella memoria difensiva, e’ estranea allo sviluppo del motivo la deduzione della violazione delle norme di diritto. Il vizio di violazione di legge consiste nella denunzia di una erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa mentre la allegazione – come prospettata nella specie da parte della ricorrente – di una erronea ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa, e’ esterna alla esatta interpretazione della norme di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Come ripetutamente affermato da questa Corte, lo scrimine tra l’una e l’altra ipotesi violazione di legge in senso proprio a causa della erronea ricognizione della astratta fattispecie normativa, ovvero carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – e’ segnato, in modo evidente, dal fatto che solo questa ultima censura e non anche la prima e’ mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (in termini, Cass. 5 giugno 2007, n. 13066, nonche’ Cass. 20 novembre 2006, n. 24607, specie in motivazione; Cass. 11 agosto 2004, n. 15499, tra le tantissime).
– il secondo motivo e’ inammissibile, in quanto non pertinente ai contenuti della sentenza impugnata; la Corte di merito ha ritenuto il licenziamento illegittimo per la esistenza di altre posizioni di lavoro compatibili con le condizioni di salute del lavoratore sicche’ la ratio decidendi non e’ in contrasto ne’ con la definitivita’ del giudizio di inidoneita’ alle mansioni di assegnazione ne’ con l’obbligo del datore di lavoro di non-assegnare al lavoratore mansioni pregiudizievoli alla sua salute.
che, pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso puo’ essere definito con ordinanza in camera di consiglio ex articolo 375 c.p.c..
che le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, (che ha aggiunto il Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 4.000 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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