Basta l’antieconomicità del comportamento del contribuente per far dichiarare inattendibile la contabilità perché l’Amministrazione ha facoltà di dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate.

Corte di Cassazione, sezione sesta tributaria, Ordinanza 25 giugno 2018, n. 16635.

La massima estrapolata:

Basta l’antieconomicità del comportamento del contribuente per far dichiarare inattendibile la contabilità perché l’Amministrazione ha facoltà di dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate. In tal caso può desumere, in base a presunzioni semplici purché gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o minori costi, con inversione dell’onere probatorio in capo al contribuente.

Ordinanza 25 giugno 2018, n. 16635

Data udienza 9 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 23889/2016 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS) che unitamente la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore e legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5233/5/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI NAPOLI SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata il 07/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 09/05/2018 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE.
RITENUTO
che:
Nella controversia concernente l’impugnazione da parte della Societa’ (OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, dell’avviso di accertamento relativo a IRES, IRAP ed IVA per l’anno di imposta 2007, la Commissione Tributaria Regionale, con sentenza n. 5233/15, depositata il 7.6.2016, rigettando l’appello proposto dalla ricorrente, confermava la decisione di primo grado favorevole all’Agenzia delle Entrate. In particolare la CTR, confermava l’accertamento in presenza di “un comportamento commerciale confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo dell’antieconomcita’” sorretto da presunzioni gravi precise e concordanti, idonee a rendere inattendibile la contabilita’, anche con riferimento alla percentuale di ricarico.
Avverso la sentenza la contribuente propone ricorso in base a quattro motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
CONSIDERATO
che:
1. Il primo motivo di ricorso con il quale si deduce la nullita’ della sentenza per omessa esposizione del fatto, e il secondo motivo, con il quale si deduce, la nullita’ della sentenza impugnata per motivazione apparente, entrambi proposti ex articolo 360, n. 4, sono infondati, contenendo la sentenza impugnata gli elementi necessari, ex articolo 132 c.p.c. e del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 36, al fine di consentire l’individuazione degli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione (cfr. Cass. 1170/2004), ed estrinsecandosi in motivazioni idonee a rilevare la ratio decidendi (cfr. Cass. 16340/2013).
2. Il terzo motivo di ricorso, con il quale si deduce, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 4, la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., per avere la CTR erroneamente valutato i documenti prodotti in giudizio, dando rilievo a circostanze relative a un contenzioso differente da quello sub iudice e’ inammissibile. Trattasi infatti di motivo attinente alla valutazione delle prove, per il quale vige il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli articoli 115 e 116 c.p.c., che opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimita’, sicche’ la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensi’ un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012(Cass. n. 23940/2017). Infatti l’erronea valutazione delle risultanze dell’assunzione di un mezzo di prova, attivita’ regolata dagli articoli 115 e 116 c.p.c., integra un vizio denunciabile ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, nei limiti in cui tale censura e’ proponibile in relazione alla indicata riforma legislativa.
A cio’ si aggiunga come ulteriore profilo di inammissibilita’ che, in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., non puo’ porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorche’ si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. n. 27000/2016).
3. Va rigettato anche il quarto motivo del ricorso, con il quale si deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 3, l’illegittimita’ della sentenza impugnata per violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, comma 1 lettera D), Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54, comma 2, nonche’ dell’articolo 2727 c.c., alla luce del principio consolidato per cui “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimita’ dell’accertamento analitico-induttivo del reddito d’impresa, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 39, comma 1, lettera d), qualora la contabilita’ stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo della antieconomicita’ del comportamento del contribuente. In tali casi, pertanto, e’ consentito all’Ufficio dubitare della veridicita’ delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici, purche’ gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o minori costi, ad esempio determinando il reddito del contribuente utilizzando le percentuali di ricarico, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente” (Cass. 12167/2014, n. 16773/2017).
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese liquidate come in dispositivo. Si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ex articolo 13 comma 1 bis.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 7.000,00 oltre spese prenotate a debito. Si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ex articolo 13 comma 1 bis.

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