Banca sottoposta a risoluzione in favore di un enteponte

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 26 novembre 2019, n. 48091

Massima estrapolata:

«In tema di cessione di beni e rapporti giuridici della banca sottoposta a risoluzione in favore di un enteponte a norma del Decreto Legislativo 16 novembre 2015, n. 180 e della Delib. della (OMISSIS) 22 novembre 2015, n. 559 alla banca cedente deve essere riconosciuta la legittimazione a costituirsi parte civile nel processo nei confronti di ex esponenti per fatti di bancarotta relativi alla sua gestione, sicché la stessa banca cedente titolare della facoltà di proporre domanda di applicazione della misura cautelare del sequestro conservativo».

Sentenza 26 novembre 2019, n. 48091

Data udienza 10 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MICCOLI Grazia – Presidente

Dott. SESSA Renata – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – rel. Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 16/04/2019 del TRIB. LIBERTA’ di AREZZO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CAPUTO ANGELO.
Uditi in udienza camerale il Sostituto Procuratore Generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione Dott.ssa FILIPPI Paola e, per la parte civile, l’Avv. (OMISSIS), che hanno concluso per il rigetto del ricorso, nonche’, per il ricorrente, l’Avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’annullamento del provvedimento impugnato.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata in data 16/04/2019, il Tribunale del riesame di Arezzo ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di (OMISSIS) avverso l’ordinanza del 28/03/2019 con la quale il Tribunale di Arezzo, in accoglimento della richiesta della parte civile (OMISSIS) Soc. Coop. in liquidazione coatta amministrativa (d’ora in poi (OMISSIS)), aveva disposto il sequestro conservativo di immobili dell’imputato nei cui confronti si procedeva per vari fatti di bancarotta fraudolenta e di bancarotta semplice.
Replicando alle censure difensive volte ad escludere la sussistenza del credito risarcitorio vantato dalla parte civile e la stessa legittimazione di quest’ultima (anche in ordine alla sussistenza del requisito del periculum), il Tribunale del riesame ha, in particolare, ricostruito il procedimento di risoluzione dell’ente creditizio adottato a norma del Decreto Legislativo 16 novembre 2015, n. 180, soffermandosi sul provvedimento della (OMISSIS) n. 559 del 22 novembre 2015 (d’ora in poi, Delib. n. 559 del 2015), con il quale e’ stata disposta la cessione in favore dell’ente-ponte nel frattempo costituito – (OMISSIS) – dei diritti, delle attivita’ e delle passivita’ di (OMISSIS). Premesso che, come si desume dal Decreto Legislativo n. 180 del 2015, articolo 43, la cessione in favore dell’ente-ponte puo’ non avere carattere onnicomprensivo, il giudice del riesame sottolinea che la Delib. n. 559 del 2015 non e’ suscettibile di essere interpretata nel senso prospettato dagli imputati, in quanto il punto 1.2. stabilisce che la cessione comprende gli eventuali diritti risarcitori che “dovessero essere azionati dalla banca cedente” nei confronti di ex esponenti aziendali: la disposizione indica che la cessione ha ad oggetto i crediti risarcitori non ancora azionati al momento della cessione, ma che “dovessero essere azionati” evidentemente in futuro, tanto piu’ che il punto 1.3. della delibera non contempla, in relazione alla cessione disciplinata al 1.2., un immediato subentro dell’ente cessionario nei rapporti gia’ facenti capo al cedente: l’esclusione dell’immediata successione nei rapporti individuati al punto 1.2. trova razionale spiegazione solo ove si ritenga che, in tale ultima ipotesi, non si e’ in presenza di una cessione immediata dei rapporti considerati. Nel percorso argomentativo del giudice del riesame, la ricostruzione della portata della cessione stabilita dalla Delib. n. 559 del 2015 trova ulteriore conferma nella disciplina di cui al punto 3.1., che non prevede, in relazione alla cessione disciplinata dal punto 1.2., un immediato subentro dell’ente cessionario nei rapporti considerati, il che conferma l’esistenza anche di soggetti aventi una posizione passiva nei confronti dell’ente in risoluzione (che, dunque, risulta titolare di una posizione attiva) non oggetto di – almeno immediata – cessione. L’ordinanza impugnata ravvisa dunque un criterio di individuazione che esclude dall’immediatezza della cessione i crediti risarcitori non ancora azionati, salvo poi includerli nella cessione stessa una volta posti a fondamento di un’azione: in esito alla cessione, osserva ancora il Tribunale del riesame, trova applicazione l’articolo 111 c.p.c., trattandosi di cessione a titolo particolare nel diritto controverso, con conseguente prosecuzione del giudizio tra le parti originarie, il che non si pone in contrasto con l’articolo 81 c.p.c. sotto il profilo della dedotta illegittimita’ della previsione in via amministrativa di un’ipotesi di sostituzione processuale, posto che, anteriormente all’azionamento del diritto, quest’ultimo non puo’ considerarsi oggetto di cessione.
2. Avverso l’indicata ordinanza del Tribunale del riesame di Arezzo ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), attraverso il difensore Avv. (OMISSIS), denunciando – nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1, – erronea applicazione di norme giuridiche. Erroneamente il Tribunale del riesame affronta il problema della titolarita’ o meno del credito risarcitorio in capo alla banca in liquidazione, disancorandolo dalla corrispondente titolarita’ della stessa azione risarcitoria. La tesi secondo cui il diritto risarcitorio da fatto illecito non e’ stato oggetto di cessione all’ente-ponte fin dal momento della costituzione di quest’ultimo confligge, oltre che con i principi generali, con il disposto di cui al punto 1.2. della Delib. n. 559 del 2015, che ricomprende nella cessione anche il diritto di credito posto a fondamento della pretesa risarcitoria azionata in via cautelare, laddove la specificazione prevista dal punto 1.3. ha esclusivo riferimento ai giudizi in essere al momento della cessione. Erroneo e’ altresi’ il richiamo all’articolo 111 c.p.c., in quanto la cessione della titolarita’ del diritto controverso si e’ perfezionata fin dal momento della costituzione dell’ente-ponte, sicche’ e’ avvenuta ben prima del momento in cui tale diritto e’ stato azionato da un soggetto ormai privo della prescritta legittimazione, rendendo, di fatto, del tutto inapplicabile l’articolo 111 c.p.c. cit..
3. In data 24/09/2019, l’Avv. (OMISSIS), per conto di (OMISSIS), ha depositato: l’ordinanza del 23/11/2017 con la quale il G.U.P. del Tribunale di Arezzo, nell’ambito del procedimento principale, ha deciso le richieste di esclusione di alcune parti civili sollevate dalle difese degli imputati, ammettendo la costituzione di parte civile di (OMISSIS); il dispositivo delle sentenza del 31/01/2019 con la quale lo stesso G.U.P. ha condannato gli imputati giudicati con il rito abbreviato al risarcimento del danno cagionato alla parte civile (OMISSIS); l’ordinanza del 03/05/2019 con la quale il Tribunale di Arezzo, nell’ambito del procedimento principale, ha rigettato le richieste di esclusione della parte civile (OMISSIS) formulate dalle difese degli imputati; il ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza di (OMISSIS) proposto dal Commissario liquidatore, al fine di attestare come, esaurito il procedimento di risoluzione, sia residuato in capo alla procedura di liquidazione coatta amministrativa un debito complessivo di 305 milioni di Euro, di cui 283 milioni nei confronti del Fondo Nazionale di Risoluzione istituito presso la (OMISSIS) e 22 milioni nei confronti di titolari di obbligazioni subordinate non computabili nei fondi propri della banca.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, che non articola censure in ordine al periculum, deve essere rigettato.
2. Come si e’ visto, le doglianze del ricorrente sono indirizzate a censurare la titolarita’ in capo alla parte civile del credito azionato e la stessa legittimazione a chiedere la misura adottata: esse, dunque, riguardano la sussistenza del fumus quale requisito della fattispecie che giustifica l’applicazione della cautela reale, ma, sotto questo profilo, l’intervenuta adozione del decreto che dispone il giudizio non dispiega alcun effetto preclusivo nel procedimento incidentale.
2.1. Al riguardo, del tutto consolidato e’ l’orientamento della giurisprudenza di legittimita’, secondo cui, in materia di misure cautelari reali, la proponibilita’ della questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti e’ preclusa se nel frattempo sia intervenuto il decreto che dispone il giudizio del soggetto interessato, in quanto, cristallizzando le imputazioni, esso presuppone una valutazione giudiziale sull’idoneita’ e sufficienza degli elementi acquisiti per sostenere l’accusa in giudizio e non puo’ quindi essere privato della sua rilevanza per ragioni connesse al sistema impugnatorio delle misure reali (Sez. 2, n. 52255 del 28/10/2016, Olisterno, Rv. 268733; conf., ex plurimis e con specifico riferimento al sequestro preventivo, Sez. 2, n. 2210 del 05/11/2013 – dep. 2014, Bongini, Rv. 259420; Sez. 5, n. 30596 del 17/04/2009, Cecchi Gori, Rv. 244476, nonche’, con riferimento al sequestro conservativo, Sez. 5, n. 26588 del 09/04/2014, Miserocchi, Rv. 260569; Sez. 2, n. 805 del 12/11/2003 – dep. 2004, Tuzzolo, Rv. 227802).
Dunque, mentre in sede di riesame del provvedimento che dispone la misura cautelare reale, l’emissione di un decreto di citazione diretta a giudizio degli interessati non preclude la proponibilita’ della questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti, atteso che, in tal caso, a differenza di quanto accade con la emissione di un decreto di rinvio a giudizio, non vi e’ una preventiva verifica giurisdizionale sulla fondatezza dell’azione penale esercitata (cosi’, in una fattispecie relativa a un sequestro preventivo, Sez. 3, n. 13509 del 10/02/2016, Zecconi, Rv. 266762), nel caso sia intervenuto il decreto che dispone il giudizio come nel caso di specie – la ratio della preclusione e’ “collegata all’intervento di una valutazione del giudice dell’udienza preliminare di idoneita’ e sufficienza degli elementi acquisiti a sostenere l’accusa in giudizio, che reca in se’ una positiva delibazione di sussistenza dell’ipotizzata fattispecie di reato, piu’ intensa della mera valutazione sommaria compiuta in sede di emissione della misura cautelare” (Sez. 5, n. 51147 del 02/10/2014, Figari, Rv. 261906, che ha precisato come la preclusione non operi rispetto alla richiesta di rinvio a giudizio, che tale valutazione non reca, trattandosi di atto della pubblica accusa).
L’orientamento in esame e’ stato ribadito dalla giurisprudenza di legittimita’ anche dopo la declaratoria di illegittimita’ degli articoli 309 e 310 c.p.p., nella parte in cui non prevedevano la possibilita’ di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nell’ipotesi di intervenuta emissione del decreto che dispone il giudizio a norma dell’articolo 429 c.p.p. (Corte Cost., sent. n. 71 del 1996): infatti, rispetto al principio di diritto che esclude la proponibilita’ della questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti una volta che sia stato disposto il rinvio a giudizio dell’imputato, l’indicata declaratoria di illegittimita’ costituzionale non ha alcun effetto data “la non omologabilita’ delle situazioni relative alle misure cautelari personali a quelle riguardanti le misure cautelari reali” (Sez. 5, n. 4906 del 21/07/1998, Frattasio, Rv. 211969; conf., ex plurimis, Sez. 1, n. 5039 del 18/09/1997, Scibilia, Rv. 208969; Sez. 1, n. 2264 del 05/04/1996, Baldassar, Rv. 204820). Una linea ricostruttiva, quella delineata dalle decisioni ora richiamate, ribadita anche di recente dalle Sezioni unite di questa Corte: “le condizioni generali per l’applicabilita’ delle misure cautelari personali, previste dall’articolo 273 c.p.p., non sono estensibili, per le loro peculiarita’, alle misure cautelari reali, essendo precluse per queste ultime, in sede di verifica della legittimita’ del provvedimento di sequestro preventivo, ogni valutazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati e sulla gravita’ degli stessi” (Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, Capasso; conf. Sez. U, n. 4 del 25/03/1993, Gifuni, Rv. 193117). Del resto, il diverso modularsi della disciplina delle misure cautelari personali rispetto a quella delle misure reale e’ stato convalidato anche dal giudice delle leggi, secondo cui “la scelta del codice di non riprodurre per le misure cautelari reali i presupposti sanciti dall’articolo 273 per le misure cautelari personali non puo’ (…) ritenersi in se’ contrastante con l’articolo 24 Cost., essendo graduabili fra loro i valori che l’ordinamento prende in considerazione: da un lato, l’inviolabilita’ della liberta’ personale, e, dall’altro, la libera disponibilita’ dei beni, che la legge ben puo’ contemperare in funzione degli interessi collettivi che vengono ad essere coinvolti” (Corte Cost., sent. n. 48 del 1994).
La preclusione della proponibilita’ della questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti qualora sia intervenuto il decreto che dispone il giudizio trova conferma, sul piano sistematico, nella considerazione delle valutazioni sottese all’adozione di detto decreto, valutazioni che possono essere descritte, per cosi’ dire, “in controluce” guardando ai profili della sentenza di non luogo a procedere delineati dalle Sezioni unite di questa Corte dopo “l’obiettivo arricchimento, qualitativo e quantitativo, dell’orizzonte prospettico del giudice, rispetto all’epilogo decisionale” determinato dalle incisive modifiche impresse alla disciplina dell’udienza preliminare dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479: “la valutazione critica di sufficienza, non contraddittorieta’ e comunque di idoneita’ degli elementi probatori, secondo il dato letterale del novellato articolo 425, comma 3, e’ sempre e comunque diretta a determinare, all’esito di una delibazione di tipo prognostico, divenuta oggi piu’ stabile per la tendenziale completezza delle indagini, la sostenibilita’ dell’accusa in giudizio e, con essa, l’effettiva, potenziale, utilita’ del dibattimento in ordine alla regiudicanda”, sicche’ “il radicale incremento dei poteri di cognizione e di decisione del giudice dell’udienza preliminare, pur legittimando quest’ultimo a muoversi implicitamente anche nella prospettiva della probabilita’ di colpevolezza dell’imputato, non lo ha tuttavia disancorato dalla fondamentale regola di giudizio per la valutazione prognostica, in ordine al maggior grado di probabilita’ logica e di successo della prospettazione accusatoria ed all’effettiva utilita’ della fase dibattimentale, di cui il legislatore della riforma persegue, espressamente, una significativa deflazione” (Sez. U, n. 39915 del 30/10/2002, Vottari). Come questa Corte ha avuto modo di sottolineare, “l’orizzonte cognitivo e deliberativo in cui si muove il giudice in sede di risoluzione dell’alternativa rinvio a giudizio/non luogo a procedere conserva dunque una connotazione eminentemente processuale, correlata ad un giudizio prognostico circa la sostenibilita’ dell’accusa in giudizio, ma si basa su una valutazione critica di sufficienza, non contraddittorieta’ e idoneita’ degli elementi probatori comunque, implicitamente, proiettata nella prospettiva della probabilita’ di colpevolezza dell’imputato” (Sez. 5, n. 8445 del 01/02/2019, Spinazze’).
2.2. Una valutazione del genere e’, invece, assente nell’apprezzamento del giudice in ordine all’ammissione della costituzione di una parte civile: infatti, la legittimazione all’azione civile nel processo penale va verificata esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dalla parte a fondamento dell’azione, in relazione al rapporto sostanziale dedotto in giudizio ed indipendentemente dalla effettiva titolarita’ del vantato diritto al risarcimento dei danni, il cui accertamento riguarda il merito della causa, investendo i concreti requisiti di accoglibilita’ della domanda e, percio’, la sua fondatezza, ed e’ collegato all’adempimento dell’onere deduttivo e probatorio incombente sull’attore (Sez. 4, n. 14768 del 18/02/2016, Spalletti, Rv. 266899). Invero, se un effetto preclusivo puo’ essere riconosciuto alla decisione del giudice del procedimento principale in ordine alle questioni attinenti alla ritualita’ della costituzione di parte civile (quali, ad esempio, quella relativa alla legittimazione del curatore speciale di un minore a costituirsi parte civile: cfr. Sez. 3, n. 12423 dei 06/02/2008, Di Bernardino, Rv. 239336), a diverse conclusioni deve giungersi con riguardo alle questioni relative alla presupposto sostanziale della costituzione: su questo piano, la considerazione che, ai fini della legittimazione alla costituzione di parte civile per l’esercizio di un’azione risarcitoria, e’ sufficiente la prospettazione da parte del preteso danneggiato di un fatto astrattamente idoneo a cagionare un pregiudizio, giuridicamente apprezzabile, alla sua sfera di interessi (Sez. 3, n. 18518 del 11/01/2018, Rv. 273647) rende ragione del rilievo secondo cui tale astratta prospettazione non puo’ determinare effetti preclusivi nel procedimento cautelare reale (fermi restando, naturalmente, i limiti della cognizione del giudice di legittimita’ in tale materia).
Le considerazioni fin qui svolte inducono a concludere nel senso che, in tema di sequestro conservativo, il provvedimento che ammette la costituzione di parte civile non determina preclusioni in ordine all’accertamento, ai fini dello scrutinio relativo alla sussistenza dei presupposti applicativi della misura cautelare, della titolarita’ dell’azione in capo alla parte civile che ha proposto la domanda cautelare.
3. Preliminare a detto scrutinio e’ la ricognizione, in termini del tutto sintetici e nei limiti di interesse per le questioni qui in rilievo, del quadro normativo di riferimento.
3.1. Con il Decreto Legislativo 16 novembre 2015, n. 180 (e con il coevo Decreto Legislativo n. 181) e’ stata data attuazione alla direttiva 2014/59/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, volta ad istituire un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento (cd. direttiva BRRD, ossia Bank Revovery and Resolution Directive): il decreto legislativo ha attribuito alla (OMISSIS) il ruolo di autorita’ di risoluzione, prevedendo una serie progressiva di provvedimenti e rimedi calibrati sugli obiettivi perseguibili in relazione alla banca oggetto di intervento. In presenza di una situazione di dissesto o di rischio di dissesto (articolo 17) e qualora la riduzione o la conversione di azioni, partecipazioni o strumenti di capitale non sia sufficiente a farvi fronte (articolo 20), viene avviata la procedura di risoluzione, finalizzata “alla continuita’ delle funzioni essenziali dei soggetti di cui all’articolo 2, alla stabilita’ finanziaria, al contenimento degli oneri a carico delle finanze pubbliche, alla tutela dei depositanti e degli investitori protetti da sistemi di garanzia o di indennizzo, nonche’ dei fondi e delle altre attivita’ della clientela” (articolo 21) ed incentrata su un programma di risoluzione, predisposto dalla (OMISSIS) e da questa attuato con vari strumenti, tra i quali gli atti di uno o piu’ commissari speciali dalla stessa nominati (che hanno la rappresentanza legale dell’ente sottoposto a risoluzione: articolo 37) ovvero l’adozione di provvedimenti di carattere particolare, anche rivolti all’ente sottoposto a risoluzione (articolo 34); in questo quadro, l’esercizio dell’azione sociale di responsabilita’ e di quella dei creditori sociali contro i membri degli organi amministrativi e di controllo e il direttore generale, dell’azione contro il soggetto incaricato della revisione legale dei conti, nonche’ dell’azione del creditore sociale contro la societa’ o l’ente che esercita l’attivita’ di direzione e coordinamento spetta ai commissari speciali sentito il comitato di sorveglianza, previa autorizzazione della (OMISSIS): in mancanza di loro nomina, l’esercizio dell’azione spetta al soggetto a tal fine designato dalla (OMISSIS) (articolo 35).
Le misure di risoluzione possono consistere, oltre che nel cd. ball in, nella cessione di beni e rapporti giuridici a vari soggetti, tra i quali un ente-ponte (articolo 39), costituito con “l’obiettivo di mantenere la continuita’ delle funzioni essenziali precedentemente svolte dall’ente sottoposto a risoluzione e, quando le condizioni di mercato sono adeguate, cedere a terzi le partecipazioni al capitale o i diritti, le attivita’ o le passivita’ acquistate” (articolo 42); il Decreto Legislativo n. 180 del 2015 precisa che la cessione, in una o piu’ soluzioni, a un ente-ponte ha ad oggetto tutte le azioni o le altre partecipazioni emesse da uno o piu’ enti sottoposti a risoluzione, o parte di esse, e tutti i diritti, le attivita’ o le passivita’, anche individuabili in blocco, di uno o piu’ enti sottoposti a risoluzione, o parte di essi (articolo 43).
3.2. La (OMISSIS) e’ stata una delle quattro protagoniste della prima applicazione della disciplina introdotta dal Decreto Legislativo n. 180 del 2015. In un serrato susseguirsi di provvedimenti, di diverso rango normativo, con atto del 21/11/2015 della (OMISSIS) e’ stato disposto l’avvio della risoluzione della (OMISSIS) – Societa’ cooperativa in amministrazione straordinaria ed e’ stato varato il programma di risoluzione. Il Decreto Legge 22 novembre 2015, n. 183 ha disposto la costituzione dell’ente-ponte, denominato (OMISSIS): il decreto-legge non e’ stato convertito, ma abrogato dalla L. 29 dicembre 2015, n. 208, articolo 1, commi 842 – 862, (legge di stabilita’ 2016), che ne ha sostanzialmente recepito i contenuti e salvato gli effetti medio tempore prodotti. Con una serie di provvedimenti del 22 novembre 2015, la (OMISSIS) ha disciplinato vari profili della procedura di risoluzione (compresa la nomina del Commissario speciale e dei componenti del Comitato di sorveglianza di (OMISSIS)), tra i quali, con la gia’ citata Delib. n. 559, la cessione Decreto Legislativo n. 180 del 2015, ex articolo 43, delle situazioni giuridiche soggettive della banca in risoluzione nei confronti dell’ente-ponte.
3.3. La Delib. n. 559 del 2015 disciplina al punto 1 l’oggetto della cessione dell’azienda bancaria, stabilendo che “fatto salvo quanto previsto al successivo punto 2, tutti i diritti, le attivita’ e le passivita’ costituenti l’azienda bancaria della banca in risoluzione, ivi compresi i diritti reali sui beni mobili e immobili, i rapporti contrattuali e i giudizi attivi e passivi, incluse le azioni di responsabilita’, risarcitorie e di regresso, in essere alla data di efficacia della cessione, sono ceduti, ai sensi del Decreto Legislativo n. 180 del 2015, articoli 43 e 47, all’ente ponte” (punto 1.1.); in forza del punto 1.2., “la cessione comprende gli eventuali diritti risarcitori che dovessero essere azionati dalla banca cedente nei confronti degli ex esponenti aziendali, del soggetto incaricato della revisione legale dei conti e di ogni altro soggetto responsabile dei danni patrimoniali alla stessa arrecati. La cessione comprende altresi’ gli eventuali diritti di regresso derivanti dal pagamento da parte della societa’ cedente, quale obbligata in solido, delle sanzioni irrogate dalle competenti Autorita’ di vigilanza nei confronti degli ex esponenti aziendali”; il punto 1.3. stabilisce poi che “ai sensi del Decreto Legislativo n. 180 del 2015, articolo 43, comma 4, l’ente ponte succede, senza soluzione di continuita’, alla banca in risoluzione nei diritti, nelle attivita’, nelle passivita’, nei rapporti e nei giudizi di cui al precedente punto 1.1.”.
Il punto 2, rubricato “Esclusioni”, indica le passivita’ che “restano escluse dalla cessione”, mentre il punto 3 stabilisce che “salvo quanto disposto dal Titolo 6 del Decreto Legislativo n. 180 del 2015, gli azionisti, i titolari di altre partecipazioni, i creditori della banca in risoluzione e gli altri soggetti i cui diritti, attivita’ o passivita’ non sono oggetto di cessione non possono esercitare pretese sui diritti, sulle attivita’ o sulle passivita’ oggetto della cessione e nei confronti di membri degli organi di amministrazione e controllo o dell’alta dirigenza dell’ente ponte ai sensi del Decreto Legislativo n. 180 del 2015, articolo 47, comma 7”.
Il punto 6 colloca l’inizio dell’efficacia della cessione in corrispondenza del giorno di costituzione dell’ente-ponte, mentre il punto 7 disciplina i ritrasferimenti che la (OMISSIS) puo’ disporre dall’ente-ponte in favore della banca in risoluzione.
4. Le censure proposte dal ricorrente in ordine alla sussistenza in capo alla parte civile del credito azionato e alla stessa legittimazione a chiedere la misura adottata non sono fondate.
4.1. Il nucleo essenziale della ricostruzione prospettata dall’ordinanza impugnata e’ senz’altro rappresentato dal riferimento alla disciplina dettata dai punto 1.2. della Delib. n. 559 del 2015 della (OMISSIS), dal cui tenore letterale il giudice del riesame ha tratto argomento per sostenere che la cessione in favore dell’ente-ponte ivi prevista ha ad oggetto “i crediti risarcitori non ancora azionati al momento della cessione che “dovessero essere azionati”, evidentemente in futuro”. Il rilievo e’ condivisibile in quanto il chiaro dato testuale conforta questa tesi, stabilendo, come si e’ visto, che la cessione in favore dell’ente-ponte comprende anche “gli eventuali diritti risarcitori che dovessero essere azionati dalla banca cedente nei confronti degli ex esponenti aziendali”: pertanto, vengono in rilievo diritti “eventuali” e, dunque, non gia’ diritti incontestabilmente facenti parte del patrimonio della banca in risoluzione (questi ultimi, come tali, oggetto di cessione in favore dell’ente-ponte all’atto della sua costituzione), ma diritti il cui accertamento – indipendentemente dalla definizione della relativa fattispecie costitutiva – richiede l’esperimento di un’azione giudiziale, la cui titolarita’ e’ attribuita non gia’ all’ente-ponte, bensi’ alla banca cedente (sintagma, quest’ultimo, univocamente riferibile alla banca in risoluzione, come si evince dalla ricostruzione della disciplina complessiva dettata dalla Delib. n. 559 del 2015, dai riferimenti al “cedente” contenuti, ad esempio, nel Decreto Legislativo n. 180 del 2015, articolo 47, comma 5, richiamato dal punto 6.3. della delibera e dalle stesse prospettazioni dei ricorrenti). L’indicata connotazione dei diritti risarcitori presi in considerazione dal punto 1.2. come “eventuali” trova conferma nella seconda parte della disposizione, dove detta connotazione e’ riferita anche ai diritti di regresso, collegati a vicende all’evidenza suscettibili di non essere definite – e neppure avviate – al momento della cessione.
Il chiaro tenore letterale del punto 1.2. della Delib. n. 559 del 2015 delinea un assetto in cui e’ la banca cedente ad essere investita della legittimazione ad agire in giudizio per far valere i diritti al risarcimento dei danni o, comunque, la relativa pretesa.
4.2. L’interpretazione accolta e’ coerente con la disciplina complessiva dettata dalla Delib. n. 559 del 2015. La disposizione di cui al punto 1.3. stabilisce la successione “senza soluzione di continuita’” dell’ente-ponte alla banca in risoluzione nei diritti, nelle attivita’, nelle passivita’, nei rapporti e nei giudizi di cui al punto 1.1.: l’espressa esclusione dalla successione “senza soluzione di continuita’” degli “eventuali diritti risarcitori” di cui al punto 1.2. si ricollega al carattere, appunto, “eventuale” di questi ultimi e alla loro “dipendenza” dall’esito del giudizio instaurato con l’azione esercitata dalla banca in risoluzione; conclusione, questa, che trova ulteriore conferma nell’inciso “in essere alla data di efficacia della cessione” che rimarca la distinzione tra le situazioni soggettive prese in considerazione dal punto 1.1. da quella disciplinate dal punto 1.2.
Ne’ potrebbe invocarsi una sorta di “inversione” del rapporto regola/eccezione che la tesi del giudice del riesame comporterebbe, a fronte della cedibilita’ anche in parte ed anche “in una o piu’ soluzioni” delle situazioni soggettive della banca in risoluzione all’ente-ponte statuita dal Decreto Legislativo n. 180 del 2015, articolo 43; a cio’ si aggiunga la considerazione del ruolo rivestito dalla (OMISSIS) nel complesso iter della procedura di risoluzione (Decreto Legislativo n. 180 del 2015, articolo 32, e s.s.), un ruolo che, come si e’ visto, comporta anche il potere di designare il soggetto cui e’ rimesso l’esercizio dell’azione di responsabilita’ (Decreto Legislativo n. 180 del 2015, articolo 35, comma 3); dati normativi, questi appena richiamati, che offrono una sicura base legale all’interpretazione del punto 1.2. della Delib. n. 559 del 2015 in linea con il suo tenore letterale.
Ne’ in senso contrario puo’ argomentarsi richiamando la disposizione di cui al punto 2 della Delib. n. 559 del 2015, che e’ si’ dedicata alle esclusioni dalla cessione, ma riguarda solo le passivita’ ivi indicate, o quella di cui al punto 6, che fa coincidere l’efficacia della cessione con il giorno di costituzione dell’ente-ponte, ma, all’evidenza, con disciplina che non puo’ riguardare gli “eventuali diritti risarcitori” di cui al punto 1.2.
4.3. Il ricorso, in estrema sintesi, deduce il difetto di legittimazione della parte civile richiedente la misura cautelare reale in quanto non titolare del diritto al risarcimento azionato con la costituzione di parte civile, diritto gia’ sorto al momento della costituzione dell’ente-ponte e ad esso quindi ceduto, con conseguente carenza di legittimazione in capo alla parte civile.
Al riguardo, va osservato che tale ricostruzione si sostanzia in una interpretatio abrogans del punto 1.2. della Delib. n. 559 del 2015 (e delle norme primarie attributive alla (OMISSIS) dei poteri di determinazione dei contenuti e dei tempi delle cessioni), poiche’ conduce ad escludere quella legittimazione ad agire in giudizio per far valere i diritti risarcitori chiaramente prevista dalla disposizione citata. Ora, al riconoscimento della legittimazione ad agire in giudizio relativamente ai diritti risarcitori in questione non puo’ non essere associata la titolarita’ degli strumenti cautelari offerti dal sistema: invero, e’ principio generale affermato dalla giurisprudenza costituzionale che la tutela cautelare, in quanto preordinata ad assicurare l’effettivita’ della tutela giurisdizionale, in particolare a non lasciare vanificato l’accertamento del diritto, e’ uno strumento fondamentale e inerente a qualsiasi sistema processuale (Corte Cost., sent. n. 190 del 1985), anche indipendentemente da una previsione espressa (Corte Cost., sent. n. 403 del 2007); previsione, peraltro, nel caso in esame individuabile nella disciplina codicistica sul sequestro conservativo. Di conseguenza, l’attribuzione alla banca cedente della legittimazione ad esercitare l’azione relativa agli “eventuali diritti risarcitori” di cui al punto 1.2. della Delib. n. 559 del 2015 comporta l’attribuzione alla medesima banca anche della legittimazione a proporre domanda per l’adozione del sequestro conservativo a tutela dei crediti per i quali e’ intervenuta la costituzione di parte civile.
Del resto, molteplici sono le previsioni legislative relative alla cessione di azioni (in materia fallimentare, ad esempio, la L. Fall., articoli 106 e 124 stabiliscono la cedibilita’ delle azioni ivi indicate): in questa prospettiva di autonoma circolabilita’ dell’azione rispetto al rapporto sostanziale sottostante, l’autorita’ di risoluzione ha enucleato dal patrimonio aziendale oggetto di cessione all’ente-ponte le azioni nei confronti degli ex esponenti aziendali relative agli “eventuali” diritti risarcitori, escludendole dalla cessione (a differenza dei giudizi attivi e passivi “in essere alla data di efficacia della cessione” stessa); alle azioni relative agli “eventuali” diritti risarcitori e’ stato dunque riconosciuto un regime particolare, collegato all’incertezza – al momento della cessione – della stessa iniziativa giudiziale volta al riconoscimento della pretesa risarcitoria.
4.4. Osserva inoltre il Collegio che, nell’attribuire alla (OMISSIS) il potere discrezionale di designare il soggetto cui e’ rimesso l’esercizio dell’azione di responsabilita’ in termini del tutto svincolati dalla titolarita’ del diritto risarcitorio, il Decreto Legislativo n. 180 del 2015, articolo 35, comma 3, costituisce una base legale idonea ad attribuire a detto soggetto la veste di sostituto processuale a norma dell’articolo 81 c.p.c.. Al riguardo, va osservato che l’attribuzione da parte della (OMISSIS) dell’esercizio dell’azione di responsabilita’ a norma del citato articolo 35 presenta affinita’, sotto il profilo che qui viene in rilievo, con l’attribuzione della qualifica di sostituto processuale che, in vista dell’esercizio dell’azione di responsabilita’, e’ attribuita, rispettivamente per le societa’ per azioni e le societa’ a responsabilita’ limitata, ai soci che rappresentino una parte determinata del capitale o al singolo socio dall’articolo 2393-bis c.c. e articolo 2476 c.c., comma 3: a proposito di quest’ultima previsione, la giurisprudenza di legittimita’ ha sottolineato appunto la legittimazione individuale straordinaria che consente al socio di proporre l’azione sociale di responsabilita’, legittimazione ritenuta riconducibile alla sostituzione processuale ex articolo 81 c.p.c. (Sez. 1, Sentenza n. 19745 del 25/07/2018, Rv. 650162 – 03); alla stessa conclusione giunge la dottrina con riguardo all’ipotesi di cui all’articolo 2393-bis c.c..
D’altra parte, anche il Decreto Legislativo n. 180 del 2015, articolo 36 attribuisce ai commissari speciali una legittimazione ad causam nell’ipotesi – non ricorrente nel caso di specie – che l’ente sottoposto a risoluzione si trovi in stato di insolvenza alla data di adozione del provvedimento di avvio della risoluzione: sia che rinvenga il proprio fondamento nell’articolo 35, comma 3, cit., sia che agisca a norma dell’articolo 36 appena richiamato, il commissario speciale e’ espressamente legittimato a costituirsi parte civile, a norma della L. Fall., articolo 240 (come sostituito dal Decreto Legislativo n. 180 del 2015, articolo 100, comma 3). Norme, queste di cui alle due disposizioni da ultimo richiamate, che confermano l’attribuzione ex lege in varie ipotesi della legittimazione processuale al commissario speciale, pur, di per se’, non risolvendo, quella L. Fall., ex articolo 240, la questione posta dai ricorrenti in correlazione alla titolarita’ del rapporto sostanziale e all’oggetto della cessione in favore dell’ente-ponte.
Ma, su questo versante, e’, come si e’ detto, l’idoneita’ dell’articolo 35, comma 3, cit. a conferire al commissario speciale la veste di sostituto processuale a rendere ragione dell’infondatezza delle plurime doglianze dei ricorrenti incentrate sulla dedotta violazione dell’articolo 81 c.p.c.: il che conduce a disattendere anche le censure fondate sull’anteriorita’ dei diritti creditori azionati con la costituzione di parte civile rispetto alla cessione stabilita dalla Decreto Legislativo n. 180 del 2015, anteriorita’ dalla quale i ricorrenti vorrebbero far discendere l’insussistenza della legittimazione della parte civile ad avanzare la domanda cautelare.
4.5. Le conclusioni fin qui raggiunte mettono in luce, a ben vedere, l’inconferenza, in questa sede, della questione relativa all’individuazione del fatto genetico del diritto al risarcimento e della sua eventuale cessione. Individuazione, peraltro, non agevole, posto che la stessa giurisprudenza di legittimita’ e’ orientata a far coincidere il momento genetico dell’obbligazione risarcitoria ora con quello del fatto illecito dal quale ha origine (cfr., ad esempio, Sez. 2 civ., n. 2523 del 31/01/2017, Rv. 642492 – 01, che individua la banca responsabile in solido ex articolo 145, comma 10, TUB in quella cui apparteneva il responsabile delle violazione alla data della loro consumazione), ora con quello in cui il danno risarcibile si sia effettivamente verificato (cfr. ad esempio, Sez. 6 civ., n. 21776 del 27/10/2016, Rv. 642666 – 02, secondo cui, in tema di concorrenza sleale, il luogo di commissione dell’illecito e’ quello nel quale si siano materialmente verificati sia gli atti che si assumono lesivi, sia i conseguenti effetti sul mercato dell’attivita’ concorrenziale vietata), laddove non mancano indirizzi dottrinali che, anche valorizzando il profilo della “certezza” del diritto al risarcimento, delineano una stretta connessione tra la responsabilita’ dell’amministratore della societa’ e lo strumento processuale volto ad accertarla.
Al riguardo, fermo restando che, in generale, la legittimazione ad agire prescinde dall’effettiva titolarita’ della situazione sostanziale fatta valere con l’azione, ma dipende dalla sola fattispecie giuridica con l’azione stessa prospettata (ex plurimis, Sez. 2 civ., n. 11284 del 10/05/2010, Rv. 613149 01), va sottolineato che, come si anticipato, la complessa questione che chiama in causa il rapporto tra credito e azione non e’, pero’, decisiva ai fini che qui rilevano, in quanto, anche a voler ritenere perfezionate sia la fattispecie costitutiva del diritto al risarcimento del danno (pur ancora oggetto di accertamento giudiziale) prima dell’esercizio dell’azione, sia la cessione dello stesso all’atto della costituzione dell’ente-ponte (ovvero attraverso l’esercizio dell’azione, con la costituzione di parte civile, secondo la prospettiva seguita dall’ordinanza impugnata), la spettanza della legittimazione all’esercizio dell’azione (e, con essa, della facolta’ di proporre domanda cautelare) in capo alla banca cedente non verrebbe in alcun modo messa in discussione: tale facolta’ e’ espressamente – e in via esclusiva – attribuita dal punto 1.2. alla banca cedente, che, anche a voler ritenere gia’ perfezionata la cessione, agirebbe comunque quale sostituto processuale del cessionario, per le considerazione esposte al punto che precede.
Invero, la puntuale ricostruzione della fattispecie costitutiva del diritto al risarcimento del danno e del momento in cui si e’ perfezionata la cessione del diritto stesso puo’ eventualmente venire in rilievo in sede di cognizione, in ipotesi e a solo titolo di esempio, al fine di individuare il beneficiario della statuizione di condanna al risarcimento dei danni, ma, alla luce delle considerazioni svolte, le soluzioni prospettabili sul punto non hanno ricadute sul piano della titolarita’ della facolta’ di proporre l’azione di responsabilita’ e, con essa, la domanda cautelare.
Di conseguenza, devono essere disattese le censure che chiamano in causa la titolarita’ dei diritti risarcitori e il momento della loro cessione, nonche’ quella relativa alla tematica – anch’essa, pur inconferente, affrontata dall’ordinanza impugnata – dell’articolo 111 c.p.c..
5. Pertanto, deve concludersi che, in tema di cessione di beni e rapporti giuridici della banca sottoposta a risoluzione in favore di un ente-ponte a norma del Decreto Legislativo 16 novembre 2015, n. 180 e della Delib. della (OMISSIS) 22 novembre 2015, n. 559 alla banca cedente deve essere riconosciuta la legittimazione a costituirsi parte civile nel processo nei confronti di ex esponenti per fatti di bancarotta relativi alla sua gestione, sicche’ la stessa banca cedente titolare della facolta’ di proporre domanda di applicazione della misura cautelare del sequestro conservativo.
Di conseguenza, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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