Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 22 giugno 2020, n. 4003.
La massima estrapolata:
Non è ammissibile l’azione per l’ottemperanza di una sentenza che abbia dichiarato irricevibile l’appello proposto avverso una sentenza di rigetto emanata in primo grado.
Sentenza 22 giugno 2020, n. 4003
Data udienza 28 maggio 2020
Tag – parola chiave: Esecuzione – Permesso di costruire – Istanza di rilascio – Destinazione urbanistica – Variante – Consentito rilascio titolo – Impugnazione – Rigetto – Appello – Improcedibilità – Giudicato – Ricorso per l’ottemperanza – Inammissibilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2294 del 2015, proposto dalla Im. It. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché da Gi. Ca., rappresentati e difesi dagli avvocati An. Ca. e Lu. Se., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato An. Co. in Roma, via (…);
contro
il Comune di (omissis), in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ga. De Gi. Ce. e Br. Se., con domicilio eletto presso il dr. Ma. Ga. in Roma, via (…);
nei confronti
i signori Ca. Lu. ed altri, non costituiti in giudizio;
per l’ottemperanza
alla sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 5047 del 13 ottobre 2014.
Visti il ricorso in ottemperanza e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2020 – svoltasi in conferenza video ed audio ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge n. 18 del 2020, convertito in legge n. 27 del 2020 – il Cons. Roberto Caponigro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La controversia attiene ad un’istanza di permesso di costruire, pratica edilizia 30/2012, in un’area del Comune di (omissis) (TA).
1.1. Dalla sentenza n. 5074 del 2014 di questa Sezione – di cui si chiede l’ottemperanza nel presente giudizio – in fatto, emerge che:
– il T.a.r. per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, Sezione Terza, con sentenza n. 1545 del 2000, confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 434 del 2009, aveva annullato la variante, adottata con delibera consiliare del Comune di (omissis) n. 51 del 1995, con cui erano stati reiterati tutti i vincoli urbanistici imposti dal PRG e dal Piano Particolareggiato e, in particolare, il vincolo a “H1- verde pubblico” relativo alla proprietà ;
– il T.a.r. per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, Sezione Terza, con la sentenza n. 1943 del 2013, ha poi respinto il ricorso della Regione Puglia avverso le delibere 1 e 1bis del Commissario ad acta, (in precedenza nominato dal T.a.r. in sede di ottemperanza), di adozione di una variante urbanistica che ha impresso ai terreni la nuova destinazione “E1 – zona di espansione semintensiva”;
– la successiva delibera commissariale n. 2/2011 ha approvato definitivamente la suddetta variante.
1.2. La sentenza di questa Sezione, n. 5047 del 2014, ha dichiarato irricevibile l’appello proposto dalla Regione Puglia avverso la citata sentenza del T.a.r. Lecce n. 1943 del 2013.
2. I ricorrenti si dolgono del fatto che l’Amministrazione avrebbe ripetutamente impedito il conseguimento del permesso di costruire nonostante, già in primo grado, fosse intervenuta una sentenza di pieno accoglimento e con effetto immediatamente esecutivo e sostengono che, dalla sentenza del Consiglio di Stato di cui chiedono l’esecuzione, non potrebbe che derivare il connesso effetto conformativo, nell’ambito del quale sarebbe doveroso e non altrimenti dilazionabile il rilascio del permesso di costruire sinora negato.
A tal fine, hanno chiesto anche la nomina di un Commissario ad acta.
3. Il Comune di (omissis) ha eccepito l’inammissibilità del ricorso che non sarebbe proponibile avverso le sentenze di rigetto, atteso che sono le statuizioni preordinate ad una pronuncia di accoglimento del ricorso a determinare per l’Amministrazione soccombente un obbligo di ottemperanza. Ha altresì eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, in quanto la inoppugnata e vigente disciplina urbanistica destina le aree dei ricorrenti a zona “H1 verde pubblico”.
L’Amministrazione comunale, in ragione della parziale ed erronea ricostruzione del fatto contenuta nel ricorso, ha chiesto la condanna dei ricorrenti alle spese di cui all’art. 96, commi 1 e 3, c.p.c.
4. Il Comune di (omissis) ha depositato altra memoria a sostegno delle proprie ragioni.
5. L’appello è inammissibile per una pluralità di ragioni.
5.1. In primo luogo, occorre rilevare che non è ammissibile l’azione per l’ottemperanza di una sentenza che abbia dichiarato irricevibile l’appello proposto avverso una sentenza di rigetto emanata in primo grado.
L’effettività della tutela giurisdizionale è la capacità del processo di conseguire risultati nella sfera sostanziale, vale a dire di garantire la soddisfazione dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio dal ricorrente il cui ricorso, rivelandosi fondato, sia stato accolto.
In altri termini, il principio di effettività della tutela si traduce nella capacità del processo di garantire al ricorrente vittorioso in giudizio il bene della vita, finale o strumentale, del quale sia stata accertata la spettanza.
Il giudizio di ottemperanza è uno strumento fondamentale per garantire che la tutela dell’interesse legittimo sia piena ed effettiva, in quanto, attribuendo al giudice amministrativo la giurisdizione con cognizione estesa al merito, ha la funzione di adeguare la situazione di fatto, ove del caso attraverso la sostituzione del giudice all’amministrazione inerte, alla situazione di diritto scolpita nel giudicato o, comunque, in una sentenza esecutiva.
Nel caso di specie, la sentenza di cui è chiesta l’esecuzione è di irricevibilità rispetto all’appello, proposto dalla Regione Puglia, avverso la sentenza del giudice di primo grado che ha respinto il ricorso.
Pertanto, non sussiste alcun giudicato attributivo di un bene della vita da eseguire, essendo la sentenza di rigetto evidentemente autoesecutiva, mentre il bene della vita, id est il permesso di costruire, cui aspirano le parti ricorrenti, costituisce oggetto del potere amministrativo che l’Amministrazione comunale deve esercitare, come ha esercitato, sulla relativa istanza pretensiva presentata dagli interessati.
Di qui, la prima ragione di inammissibilità del ricorso.
5.2. Il ricorso è altresì inammissibile per carenza di interesse, atteso che, prima della proposizione della presente azione di ottemperanza, la Giunta della Regione Puglia, con delibera n. 537 del 28 marzo 2013, ha concluso il procedimento di variante, con conferma e reiterazione del vincolo a standard di PRG “H1 – verde pubblico” per l’area di interesse, per cui, in presenza di tale disciplina urbanistica, che non consta essere stata oggetto di impugnazione in sede giurisdizionale e che preclude l’edificazione della loro area, nessun interesse i ricorrenti possono avere alla ipotetica, e come detto, ontologicamente impossibile, esecuzione della sentenza.
5.3. Infine, un ulteriore profilo di inammissibilità può trarsi dal fatto che, prima della proposizione della presente azione, il Comune di (omissis), con provvedimento del 13 febbraio 2014, ha definitivamente negato il permesso di costruire sulla pratica edilizia 30/2012, in applicazione della disciplina urbanistica dettata dalla delibera di G.R. n. 537 del 28 marzo 2013.
Tale provvedimento è stato impugnato dagli interessati e la relativa azione di annullamento è stata respinta dal T.a.r. per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, Terza Sezione, con la sentenza n. 961 del 2015, mentre il giudizio di appello introdotto dalla Im. It. e dal signor Giovanni Cassano è stato dichiarato estinto per perenzione con decreto presidenziale di questa Sezione n. 204 del 21 febbraio 2018.
6. In definitiva, per la pluralità di ragioni esposte, il presente ricorso per l’ottemperanza deve essere dichiarato inammissibile.
7. In ordine alle spese processuali, il Collegio, considerate le ragioni che hanno reso manifestamente inammissibile il ricorso, ritiene di accogliere l’istanza proposta dall’Amministrazione resistente per l’applicazione dell’art. 96, comma 3, c.p.c., e, di conseguenza, tenuto altresì conto del disposto di cui all’art. 26, comma 1, c.p.a., liquida equitativamente le spese del presente giudizio, considerati anche i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014, in complessivi euro 8.000,00 (ottomila/00), oltre accessori di legge, e pone le stesse a carico, in parti uguali (ciascuna per euro 4.000,00, oltre accessori di legge) ed in solido, dei due soggetti ricorrenti (Im. It. s.r.l. ed il signor Giovanni Cassano) ed in favore del Comune di (omissis).
7.1. Viceversa non è accoglibile la domanda di risarcimento del danno per lite temeraria proposta dal comune ex art. 96, comma 1, c.p.c., difettando ogni prova del pregiudizio in concreto subito.
8. La condanna dei ricorrenti, ai sensi degli artt. 26, comma 1, c.p.a. e 96, comma 3, c.p.c., rileva anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2-quinquies, lettere a) e d), della legge 24 marzo 2001, nr. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso per l’ottemperanza in epigrafe (R.G. n. 2294 del 2015).
Condanna i ricorrenti, in parti uguali ed in solido, al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di (omissis), che liquida in complessivi euro 8.000 oltre accessori (I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15%).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2020 – svoltasi in conferenza video ed audio, ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge n. 18 del 2020, convertito nella legge n. 27 del 2020 – con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
Roberto Caponigro – Consigliere, Estensore
Michele Conforti – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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